Alviero Chiorri (1975-1981 e 1982-1984)

attaccante (2° punta)

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    Mi è venuta in mente un immagine di una rete di Alviero di testa, che salta 30 cm più in alto dello zar e lo anticipa in un Sampdoria Como di serie B. Auguri Marziano!
     
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    Sapere che oggi Alviero compie 60 anni mi fa venire i brividi.
    Auguri al più grande fenomeno inespresso del calcio mondiale.
     
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    Alviero #Chiorri: “I veri marziani erano altri, io facevo solo le cose a modo mio. Negli ultimi anni ho seguito poco il calcio ma ho sempre fatto un’eccezione per la mia Samp. L’unico vero rimpianto? Non avere mai segnato al Genoa. Vialli presidente? Sarei felice, è un fatto di pelle, di cuore e di affetti”.

    L’ex idolo della #Sud Alviero #Chiorri, meglio conosciuto all’epoca della sua militanza in blucerchiato come il “marziano”, a pochi giorni dalla #stracittadina ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano #IlSecoloXIX parlando dei suoi ricordi a partire proprio da quel soprannome coniato dai tifosi: “L’appellativo di “marziano”? Troppo impegnativo: i marziani che ho visto io nel calcio erano altri, gente come Baggio, Ronaldo dell’Inter, Messi. Marziano è chi fa cose extraterrestri, io facevo cose a modo mio. È diverso".

    Tipo presentarsi in costume da mare il giorno del primo raduno con Bersellini?
    "Era un altro mondo e un altro calcio, se la mettete così sembra anarchia, all’epoca era più normale essere normali come persone comuni".

    Sarà, ma per quei comportamenti, oltre che per le magie in campo, diventò il Marziano adorato dai tifosi doriani e oggetto di culto.
    "Non lo so, io facevo le cose che mi venivano naturali, poi tutti gli davano un significato e sono diventato quello che sono. Credetemi non volevo fare il personaggio".

    Non vive più a Cuba?
    "Da quando è mancato papà sono tornato in Italia per stare vicino a mia madre. A Cuba, ho dato... (sorride)».

    Ora che fa nella vita? Tornerà mica nel calcio?
    «Io nel calcio? Dite davvero?! È passato troppo tempo".

    Domenica c’è il derby, lo seguirà?
    "Ho guardato poco calcio in tutti questi anni ma le uniche eccezioni le ho fatte per la mia Samp. Tiferò dalla tv. E visto che me lo chiederete lo anticipo: sì, il vero rimpianto è non aver mai segnato al Genoa".

    Ci andò vicino almeno?
    "Beh avendone giocati parecchi, sì. Ricordo in particolare un bel cross su cui andai di testa ma il solito Fabrizio (Gorin, ndr), pace all’anima sua, mi stava troppo attaccato. Con lui duelli leali e amicizia fuori dal campo, mi manca molto".

    Che rapporto ha oggi con Genova?
    "Sapete quanto sono legato alla città e anche al blucerchiato.Lì ho iniziato, lì ho la mia casa e a Genova vive mio figlio Simone che naturalmente è sampdoriano. Ci sono Legami che non si spezzeranno mai".

    C'è un Chiorri oggi nel calcio?
    "Ai miei tempi il calcio era diverso, potevi capitarci dentro per talento ma anche per caso. C'era più romanticismo. Oggi i giocatori nascono già molto più inquadrati. Se devo indicare un giovane che un pò ricorda i miei primi colpi dico Kean"

    Ricorda la battuta di Paolo Mantovani "Il mio più grande rimpianto ..."?
    "Certo ma era un rimpianto suo, non mio. Io non mi posso lamentare per come è andata la mia vita. Si, probabilmente avrei potuto fare molto di più ma mi ritengo comunque fortunato"

    Sta seguendo le trattative per la cessione della Sampdoria? Vialli potrebbe diventare il nuovo presidente ...
    "Non ho seguito da vicino ma penso che se il Club dovesse finire nelle mani di un sampdoriano vero come Gianluca sarebbe una cosa positiva e ne sarei felice. E' un fatto di pelle, di cuore ma anche di affetti che si potrebbero tramandare tra chi ha dentro questi colori"

    #rassegnastampa

    https://it-it.facebook.com/permalink.php?s...RlxS&__tn__=K-R

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    Come al solito illuminante alviero
     
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    Paura e delirio all'Havana

    "Señor? Señor? La Tricolor ya esta en la cancha!
    El partido! El partido señor! Todos estan esperando!”
    “Finisco questo mojito e arrivo niño.”
    Come quasi sempre vengo a bere un mojito corroborante prima di affrontare la partita con la Tricolor.
    Il chiringuito poi è proprio vicino al campo di gioco, un posticino pulito, illuminato bene, dove i mojitos sono deliziosi e la mulata che li prepara ancora di più.
    Sullo sgabello accanto a me c’è una maglietta della Nazionale Italiana, una di quelle con cui l’Italia ha vinto la Coppa del Mondo nel duemilasei a Berlino. Me l’ha spedita, insieme ad altre dieci, il mio amico Marcello. La Tricolor doveva pur avere una maglia! Ed io dovevo pur avere l’occasione di vestire l’Azzurro!
    Gioco per la Tricolor insieme ad altri Italiani che vivono a Cuba. Lo facciamo tanto per divertirci, tanto per passare il tempo, infatti partecipiamo a un torneo over quaranta.
    Però senza di me non giocano. Mi aspettano. Altrimenti prendono di quelle batoste sul campo! Perché tutti dicono che vogliono solo divertirsi, però, alla fine, sotto sotto, nessuno vuole mai perdere.

    Così mi mandano a chiamare.

    Io con Marcello ci ho giocato insieme nella Sampdoria. Quella di fine anni Settanta. Se chiedete a lui, vi dirà, che è lui ad aver giocato insieme a me, comunque sia, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, io ero giovanissimo, lui un giocatore fatto e finito.
    “C’è un suo compagno di squadra che avrebbe meritato molto di più di quello che ha avuto dal calcio?” gli hanno chiesto una volta. Lui ha risposto: “Alviero Chiorri, qualità tecniche e atletiche a livello dei più grandi”. Detto da uno che ha allenato Zidane e Del Piero!

    Alviero Chiorri, appunto. Sono io.

    Al collo, allacciate l’un l’altra, porto gli scarpini da calcio. Sono diversi. È sempre stato così. Molti l’hanno dipinto come il mio piccolo segreto, in realtà l’ho sempre fatto. Al piede destro tenevo i sei tacchetti da campo pesante anche se il terreno era asciutto, perché volevo che la gamba d’appoggio fosse stabile, ben radicata. Al sinistro, estate o inverno che fosse, mettevo lo scarpino coi tredici tacchetti perché volevo che la gamba creativa mantenesse più libertà di movimento. Tutto qui.

    Sono nato il due marzo del Cinquantanove a Roma.

    Ho iniziato a giocare al calcio perché mi faceva impazzire far impazzire quelli che venivano a vedermi giocare. Era per loro che rischiavo sempre la giocata più spettacolare, quella meno scontata. Io ho sempre giocato solo per il pubblico, fosse una sola persona o fossero ottantamila!
    Questa è la cosa mi ha spinto a giocare al calcio, sono sempre stato così, fin da ragazzino, quando calcavo i campi di provincia con la Pro Roma. Chissà poi se esiste ancora. Però spero proprio di sì!

    Avevo quindici anni quando è arrivata la Sampdoria, prima fra tante altre squadre, e si è presentata con una di quelle offerte che proprio non si potevano rifiutare. Così risalgo la costa tirrenica da Roma direzione Genova.
    Nelle giovanili della Doria mi diverto e subito arrivano le prime gratificazioni, vengo convocato dalla Nazionale Italiana Juniores. Arrivo a Coverciano dove mi aspettano Allodi e il mister Acconcia che mi comunicano che sono uno dei convocati per partecipare ai Mondiali di categoria che si svolgeranno in Tunisia. Ho strabuzzato gli occhi! Non potevo credere alle mie orecchie. Rispondo semplicemente: “Voi siete pazzi! Io devo andare al mare con i miei amici! Non se ne parla proprio!”. Il risultato è stato semplice. Mi hanno mandato via, anzi, mi hanno cacciato, scortato da due carabinieri.

    Quel giorno ha segnato il mio addio alla maglia Azzurra.

    Subito dopo arriva anche la convocazione per il raduno in prima squadra con la Sampdoria. Il mio primo raduno. Una di quelle presentazioni ufficiali in cui si arriva in divisa, eleganti e precisi. Io ci sono arrivato in sandali e bermuda, una catena d’oro al collo in bella vista così come i tre orecchini. Avevo fatto una corsa direttamente dalla spiaggia. Che poi fra l’altro sono stato il primo calciatore a sfoggiare l’orecchino al lobo sull’album di figurine Panini. La bibbia del calcio!

    Avevo una testa diversa, volevo solo divertirmi, e lo facevo, in campo e fuori. Alla Sampdoria eravamo un bel gruppo davvero, frequentavamo un bar dove suonavano i New Trolls, presto siamo diventati molto amici.
    C’era una cosa che non riuscivo a farmi entrare in testa: ero un professionista. Ma se l’avessi capito non staremmo certo qui a parlare di Alviero Chiorri detto “Il Marziano”!

    “Il Marziano”, così mi chiamavano con affetto i tifosi blucerchiati, avevano coniato per me questo nomignolo che mi ha accompagnato per tutto il resto della carriera.
    Ad appena diciassette anni, nonostante tutti i casini che combinavo, riesco a fare il mio esordio in massima serie, era la stagione Settantasei/Settantasette, ed Eugenio Bersellini, allora tecnico della Samp mi manda in campo.
    Un sergente di ferro Bersellini, un vero rompicoglioni, però sotto sotto mi ha sempre voluto bene, è solo che non era in grado, come nessuno d’altronde, di trovarmi una collocazione in campo. Intendiamoci, non perché non fosse preparato! Il problema piuttosto ero io, che ero ingestibile!
    Bersellini! Mi cacciò, pure lui, il giorno del primo raduno perché ero impresentabile! Però capì quanto talento avevo. Era duro con me, molto più che con gli altri. Si incazzava perché non riusciva a capire il mio atteggiamento, la mia indisciplina. Sapeva di avere davanti un grande talento, ma sapeva pure che quel talento io l’avrei buttato nel cesso! Quando due anni dopo andò via, a vincere lo scudetto con l’Internazionale, il sergente Bersellini mi voleva portare con lui, invece la dirigenza nerazzurra alla fine decise per Beccalossi.

    Così rimasi a Genova. Alla gente di Marassi piacevo da impazzire; erano gli anni della riapertura delle frontiere, in Italia c’era la corsa ad accaparrarsi campioni o presunti tali provenienti da ogni dove, e invece la gente di Marassi cantava allegra in coro: “Alviero Alviero sei tu il nostro straniero!”

    Durante una gara di Coppa Italia a Firenze, mi marcava Roggi, ero in una giornata di grazia. Ero scatenato: finte, contro finte, dribbling, tiri, passaggi impossibili. Ad un certo punto sento una voce alle mie spalle: “Ragazzino, ci hai rotto le palle! O la smetti o ti fermiamo con le cattive!” Era il grande Antognoni, capitano della Viola che difendeva il suo compagno.

    Ma come vi dicevo ero davvero troppo anarchico, in campo e fuori, così mi spedirono in prestito a Bologna, “a fare esperienza”. In rossoblù incontro due ragazzi incredibili, Mancini e Macina. Eravamo un trio favoloso. Tecnicamente Macina era il più forte, ma la differenza tra noi la faceva Roberto, più potente, più calciatore. Mancini era stregato dai miei numeri. Pensando al “Mancio” nel corso degli anni ho capito che nel calcio non è solo una questione di tecnica, semplicemente il campione vero è più completo sotto tutti gli aspetti.

    Comunque l’anno dopo faccio ritorno a Genova. Con me arriva anche il “Mancio”. Doveva essere la mia consacrazione, invece la Sampdoria stava crescendo, e io non andavo al passo con la squadra, così, dopo due anni a un certo punto il Presidente Mantovani si vide costretto a cedermi alla Cremonese, nell’operazione che portò in blucerchiato Gianluca Vialli. Quando mi salutò, aveva le lacrime agli occhi, mi lasciò con una frase che mi sono portato dentro fino all’ultimo giorno che sono sceso in campo: “Alviero, sei stata la più grande delusione della mia vita: con la tua tecnica chissà dove saresti potuto arrivare…”.

    Il Presidente Mantovani era una persona meravigliosa. Non credo ci siano più uomini come lui nel mondo del calcio. A Genova stavo bene, mi ero sposato e avevo un figlio, i tifosi impazzivano per me e quella squadra che pochi anni dopo sarebbe arrivata allo scudetto.

    Ma io non ero pronto.

    Il patron della Cremonese era Domenico Luzzara, un altro galantuomo. Aveva da poco perso un figlio e lo rivedeva in me. Mi aiutava in tutti i modi, mi coccolava addirittura. Mi hanno cercato tanti grandi club in otto anni di Cremonese, ma non me la sono più sentita di lasciarlo. Diceva sempre in modo affettuoso che ero un pazzo a cui volevano bene tutti. Lo stadio Zini custodisce ancora il ricordo delle mie esibizioni migliori.

    Non potrò mai dimenticare una partita contro il Messina. Ero in panchina, ultimi secondi di gioco, risultato inchiodato sullo zero a zero, punizione dal limite per noi. L’accompagnatore si butta ai miei piedi e mi strappa la tuta, mentre il mister mi butta in campo. Mi ritrovo senza riscaldamento, a sistemare il pallone per calciare la punizione: palla oltre la barriera. Rete!

    In grigiorosso ho vissuto anche la peggiore esperienza della mia vita.
    È la stagione Ottantotto/Ottantanove. Non sto più bene. Sono stanco, svogliato, nervoso. Vorrei smettere. Mi manca entusiasmo e litigo con tutti.
    È la depressione. Difficile accettarlo. Inizialmente rifiuto i medicinali, poi alla fine hanno dovuto ricoverarmi in clinica. Quattro mesi di cure e psicofarmaci. E il cortisone che mi ha regalato quindici chili di sovrappeso.
    In quei quattro mesi intanto la Cremonese era arrivata a giocarsi la promozione in Serie A allo spareggio con la Reggina. Vengo convocato giusto per la partita decisiva. La sfida che vale la promozione finisce ai rigori. Il mister mi manda in campo per i tiri dagli undici metri: è il mio turno. Tocca a me. Metto con delicatezza la palla sul dischetto. Prendo la rincorsa ma, in quel piccolo, insignificante tragitto che è la rincorsa mi tornano in mente la depressione, la clinica e tutto il resto.
    Il tiro infatti è senza forza, sbilenco. In sostanza ho calciato un rigore di merda. In definitiva fuori.
    Mi crolla tutto addosso, penso: “ci risiamo!”
    Inizio a pingere per la rabbia, forse per la disperazione, poi arriva Rampulla, mi dice calmo: “Tranquillo Alviero, ora ci penso io!”
    Va in porta: tiro, parata; tiro, parata. La Cremonese torna in Serie A, ed io mi sento rinato.
    Poi gli ho reso il favore a Rampulla. Su mio assist ha segnato una rete all’ultimo minuto diventando il primo portiere a segnare in Serie A su azione.

    Alla fine, il ventiquattro maggio millenovecentonovantadue ho detto basta. L’ho fatto davanti ai tifosi della Samp indossando la maglia grigiorossa della Cremonese. La migliore conclusione possibile. Sono uscito dal campo accompagnato dal mio coro: “Alviero Alviero sei tu il nostro straniero!”

    Complessivamente ho totalizzato centotré presenze e nove reti in Serie A e duecentotrentaquattro presenze con quarantatré reti fra i cadetti. In definitiva una buona carriera, nonostante tutto.

    “Beh, mulata, me voy!”
    Infilo la maglia della Nazionale Italiana. La tengo fuori dai calzoncini. Come sempre.
    Calzettoni abbassati. Come sempre.
    Non è una questione di apparenza, è solo pura e meravigliosa pigrizia.
    Come sempre!
    D’altronde a Cuba ho la mia vita, non faccio niente e mi piace non fare niente, o quasi.
    Come sempre!

    https://futbolismo.it/paura-e-delirio-a-cuba
     
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    Il suo modo di incedere col pallone tra i piedi (sembra incollato), mi ricorda un pò Cassano, ma soprattutto Best.
     
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    CITAZIONE (Tore MB @ 20/3/2020, 18:45) 
    Il suo modo di incedere col pallone tra i piedi (sembra incollato), mi ricorda un pò Cassano, ma soprattutto Best.

    Leve più lunghe di Cassano che era un brevilineo e meno rapido nel breve rispetto a Best, anche se il paragone in questo caso ci può stare. Ma sulla palla incollata al piede e sulla morbidezza del sinistro non aveva nulla di meno. A me un poco me lo ha ricordato Giggs. Pochi giocatori ho visto con delle potenzialità simili.
     
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    Alviero Chiorri (Roma, 2 marzo 1959) è un ex calciatore italiano, di ruolo attaccante. Mezzala sinistra, cresce nelle giovanili della Pro Roma e prosegue la sua formazione di giovane calciatore nella Sampdoria con cui conquista tra l'altro il Torneo di Viareggio. Esordisce in Serie A con la casacca blucerchiata a poco più di diciassette anni e mezzo, nel corso del campionato 1976-77, al "Comunale" di Torino contro i granata. Chiude la stagione con 8 presenze e 2 reti non sufficienti tuttavia a evitare la retrocessione dei genovesi.

    Disputa coi blucerchiati 4 stagioni da titolare in Serie B, rivelandosi come buon realizzatore (8 reti nelle stagioni 1979-80 e 1980-81) e uomo-assist, ma evidenziando una certa mancanza di continuità e qualche intemperanza di troppo.
    Nell'estate 1981 viene ceduto in prestito al Bologna ma dopo un inizio positivo (rete all'esordio contro il Cagliari), la stagione è negativa sia per Chiorri, che subisce un grave infortunio che limita a 13 le presenze in campionato, sia per i felsinei, che retrocedono in Serie B per la prima volta nella loro storia. Tornato alla Sampdoria (a sua volta tornata in Serie A) per la stagione 1982-83, soffre il dualismo col suo erede designato Roberto Mancini e progressivamente viene relegato in panchina (solo 9 presenze nella stagione 1983-84, dimostrando di non essere neppure molto efficace sotto rete (1 rete in 33 presenze complessive in due stagioni).

    Nell'estate 1984 passa quindi alla Cremonese, all'interno dell'affare che portò Gianluca Vialli a fare il percorso inverso. Con i grigiorossi resta fino a fine carriera per otto stagioni, risultando uno degli elementi di maggior spessore della formazione conquistando due promozioni in Serie A nel 1988-89 (quando però salta gran parte della stagione per una depressione poi superata positivamente) e 1990-91, prima di chiudere con il calcio professionistico nel 1992, proprio dopo l'ultima giornata di campionato contro la sua amata Sampdoria. Furono proprio i tifosi blucerchiati a coniare per lui il soprannome di 'marziano' che lo accompagnò nella sua carriera.

    Ha complessivamente totalizzato 103 presenze e 9 reti in massima serie e 234 presenze e 43 reti fra i cadetti.

    Ritiratosi, dal 1994 vive a L'Avana (Cuba) insieme alle sue due figlie. Nel 2015 torna agli onori della cronaca grazie al suo ex mister Renzo Ulivieri, il quale in un'intervista lo definisce superiore a Roberto Mancini e Roberto Baggio.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Alviero_Chiorri
     
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    Oggi leggendo la storia del Trinche Carlovich, mi è venuto in mente un po Alviero Chiorri. Anche lui idolatrato dai tifosi del Rosario per le sue genialate fatti di tunnel e per i colpi di tacco, a discapito dei risultati che non sono stati eccezionali.
     
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    Mi sono imbattuto in questo video che ripercorre, in modo abbastanza scorrevole, la sua carriera, elencando caratteristiche tecniche, tattiche e caratteriali del Marziano. E non mancano gli aneddoti. Semplice ma ben fatto.
    Io, per questioni anagrafiche, non lo ricordo nelle stagioni in blucerchiato ma so che è nel cuore di molti tra coloro che hanno qualche anno più di me percui spero di aver fatto cosa gradita a postarlo.
     
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    Oggi ero nella Nord.
    La bandiera nella Sud con la figurina era di Chiorri?
     
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    CITAZIONE (Busterkeaton @ 27/4/2024, 19:09) 
    Oggi ero nella Nord.
    La bandiera nella Sud con la figurina era di Chiorri?

    Me lo sono chiesto anche io, in effetti non si distingueva bene dalla nord.
     
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    Sventola da qualche tempo sul tetto di un palazzo di via gramsci, la si vede bene dalla sopraelevata. Replica la figurina Panini 82/83, idea originale che approvo....
     
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    CITAZIONE (Mario66 @ 27/4/2024, 21:10) 
    Sventola da qualche tempo sul tetto di un palazzo di via gramsci, la si vede bene dalla sopraelevata. Replica la figurina Panini 82/83, idea originale che approvo....

    Non credo di averla mai vista una bandiera di questo tipo. Concordo: bella idea e originale.
     
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