14 agosto 2011
Peretola che fatica spazi ristretti e pochi serviziViaggio nell'aeroporto che scoppia. Attese in piedi e su per le scale con i bagagli. E manca anche l'Internet Point
di ERNESTO FERRARAChi parte, chi arriva. Chi cerca il bagno con il pupo in braccio e faticosamente lo trova, ma per accedere all’agognato water deve scavalcare un cumulo di valigie ammassate. Chi è costretto ad aspettare il cugino che rientra da Timisoara in un atrio angusto e brulicante di americani in partenza dove finisce per perdersi il cugino. Chi vuole sedersi a leggere il giornale e invece no perché non c’è posto: le 20 seggiole del pian terreno vanno a ruba e la sala d’aspetto Masaccio è chiusa da mesi per lavori. Chi cerca uno spazio internet o il deposito bagagli e scopre che né uno né l’altro esistono.
Chi è in fila alla biglietteria e a un certo punto, smarrito, si ritrova nella coda per il check in del volo diretto a Francoforte. Chi va per chiedere una cartina all’ufficio informazioni turistiche e scopre che il suddetto è un bugigattolo di 10 metri quadri senza finestre e col telefono rotto a cui si accede da un corridoio tre metri per due: lo stesso che porta all’ambulatorio, dove capita che i medici debbano passare con una barella e al trafficatissimo ufficio bagagli smarriti. Tutti insieme appassionatamente all'aeroporto di Peretola. Uno accanto all’altro, stretti come sardine, nell’ennesima estate calda della «scatola» dedicata ad Amerigo Vespucci: l’aeroporto «fatti un po’ più in là».
Presto l’emergenza finirà: tra meno di un anno, giurano i vertici di Adf, la società che gestisce
lo scalo. Quando il primo lotto dei lavori di ammodernamento dell’aerostazione sarà terminato qualcosa in effetti cambierà: 40 desk per il check in invece dei 22 di oggi, nuovi ascensori e scale mobili, 200 metri quadri in più di servizi. Già meglio, ma non ancora abbastanza per fare del Vespucci il moderno «business airport» che Firenze sogna dal dopoguerra: il progetto del nuovo terminal firmato da Pascall e Watson, gli stessi architetti di Heatrow, Dublino e Abu Dhabi, prevede 1.000 metri quadri in più di spazi per le partenze e 800 in più per gli arrivi, nuovi bagni, spazi nursery e servizi.
Ma che senso ha gettare soldi su uno scalo che con la pista attuale continua a subire 350 dirottamenti di voli l’anno, quasi uno al giorno, 70 solo a luglio? «Per ora abbiamo speso 13 milioni di euro dopo i 15 del 2006: non ne investiremo altri prima di sapere che sviluppo avrà lo scalo, in soldoni se si farà o non si farà la pista», ragionano in Adf, la spa da poco guidata da Biagio Marinò. Parallela all’autostrada, obliqua o semiobliqua che sia, è solo da una pista lunga 2 mila metri contro i 1.600 attuali, in grado di evitare i dirottamenti per il vento in coda e la nebbia e portare lo scalo da 2 a 4 milioni di passeggeri l’anno, che può passare la rivoluzione del Vespucci.
Eppure, nonostante i cantieri in corso e la sensazione di precarietà che assale anche il viaggiatore abituato, Peretola macina record: 196 mila passeggeri a luglio, +14% rispetto al 2010. Meridiana se ne vuole andare, ma Lufthansa e Air France ci credono: solo da e per Roma in Italia ci sono più collegamenti giornalieri per Francoforte e Parigi. Anche Alitalia ora pare credere nel Vespucci, che macina 80 voli e quasi 7mila passeggeri al giorno nonostante i prezzi medi doppi rispetto a quelli di Pisa e Bologna che lavorano con i low cost. Però l’aeroporto di Firenze appare «fermo a 60 anni fa: il provvisorio appare fossilizzato», come qualche mese fa ebbe modo di raccontare niente di meno che sul New York Times l’editorialista Roger Cohen.
La fila di chi parte si intreccia con quella della biglietteria, di chi ciondola fra i negozi e di chi aspetta i passeggeri in un corridoio che assomiglia a quello di un centro commerciale di periferia. Chi sbarca a Peretola, raccontano gli habitué, può attendere il bagaglio anche un’ora: solo tre i nastri. Quattro i bagni in tutto il terminal e nemmeno grandi: però puliti. Chiusa la sala d’aspetto: ci si arrangia su poltroncine di fortuna sparse tra il pian terreno, il check in e l’area imbarchi, mentre d’estate ci si accomoda sulle panchine fuori. Pochi gli ascensori, niente scale mobili, la valigia si porta a mano. Manca il deposito bagagli. E l’ufficio turistico dell’aeroporto della capitale toscana è un tugurio, chi sbarca non lo trova perché è nascosto: basti pensare che totalizza appena 100 utenti al giorno. Il personale si arrabatta: l’addetta del mattino deve far fronte da sola al desk informazioni e alle telefonate. L’ufficio chiude alle 20: chi atterra da Francoforte o Londra alle 21 e avesse bisogno di informazioni può rassegnarsi: il desk turistico più vicino è a Santa Maria Novella. Il parcheggio è un disastro: 640 posti per la sosta lunga in cui si spendono 10 euro al giorno e sempre pieni, soprattutto ora che le auto delle società di noleggio sono state sfrattate dal cantiere della futura linea 2 del tram. Capita di perdere l’aereo perché non si trova parcheggio per la macchina, le rastrelliere per le bici invase di motorini. La segnaletica che indica il parcheggio del «rent a car» è ben visibile sull’asfalto: solo che le frecce guidano l’autista dritto dritto in una staccionata: quella del vecchio parking, dove ora sorge un cantiere.
Firenze.La Repubblica