Sporcata la lapide di Borsellino

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LadySunset
view post Posted on 10/7/2005, 01:49




WWW.CENTOMOVIMENTI.COM - 5 LUGLIO 2005

Sporcata la lapide di Borsellino (STEFANO SANTACHIARA)

Un'altra schifezza, un altro giorno in cui vergognarsi di essere italiani. La lapide con i nomi delle vittime della strage di via Mariano D'Amelio, in cui il 19 luglio 1992 fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino e 5 agenti di scorta, è stata imbrattata con un pennarello. Sul cippo, ai piedi di un ulivo, vi sono scritti i nomi delle vittime: Paolo, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter. La sorella Rita Borsellino: "Il gesto è più grave della profanazione di una tomba. Siamo ancora lontani dall'aver sconfitto la mafia e la mentalità che la supporta. Se la lapide è stata sporcata da un ragazzino la cosa è ancora più grave. In quale contesto si fanno crescere i nostri ragazzi? Con quale educazione? La maturità è lontana".

Come la dignità di questo paese. Che ogni giorno di più disonora il suo eroe dell'antimafia: attaccato, isolato e lasciato morire ammazzato quando lottava contro Cosa Nostra e i pezzi di Stato collusi con essa, ipocritamente celebrato dopo la strage, ma nei fatti volutamente e pervicacemente ancor oggi censurato. Fa paura per ciò che rappresenta, per l'esempio di legalità, onestà e coraggio che potrebbe far risorgere un'Italia diversa, pulita, che non s'inchina alla legge della violenza e della paura, che denuncia il pizzo, l'appalto mafioso, il traffico di droga, di armi e di esseri umani. Che non si arrende a convivere con la mafia (perchè mafia, anche e ancor di più oggi che non spara ma moltiplica i suoi sporchi affari indisturbata, significa appunto questo: morte, sopraffazione, perdita della dignità di un popolo) come ha biascicato un tale Ministro della Repubblica, che sgomenta di fronte alla riduzione e all'abolizione delle scorte ai giudici, alla diminuzione di mezzi e uomini delle forze dell'ordine, che non digerisce i condoni fiscali ed edilizi, l'evasione e la speculazione selvaggia, la legge del più forte che non rispetta la legge, la certezza della prescrizione per gli imputati eccellenti, che non considera i magistrati "un cancro da estirpare".

Perchè il cancro è la mafia. Che ha il diritto di pretendere una classe dirigente al di sopra di ogni sospetto e si ritrova con un europarlamentare fondatore di Forza Italia condannato a nove anni per concorso in associazione mafiosa, un presidente di Regione incriminato per mafia non sulla base di accuse di pentiti ma per via di inconfutabili intercettazioni, e un ex agente del Sisde che dovrà essere ri-processato in Appello perchè sospettato di agevolare fughe e latitanze dei boss ed è stato sorpreso a telefonare a Roma da una barca al largo di Palermo pochi istanti dopo l'esplosione del tritolo in Via d'Amelio; si ritrova con un giudice di Cassazione detto "ammazzasentenze" perchè in grado di assolvere a più riprese i mafiosi condannati in Appello, sorpreso amabilmente a conversare con imputati e indicato da diversi testimoni come autore di pressioni su colleghi del suo e di altri collegi della Suprema Corte (al processo è stato prosciolto, guarda caso, dalla sua sezione di Cassazione: le testimonianze su ciò che è avvenuto in camera di consiglio sono state escluse dal dibattimento.. idem su ciò che è avvenuto fuori!) noto per i reiterati insulti a Falcone e Borsellino e dunque rientrato in servizio sponsorizzato dalla Casa delle Libertà; un senatore a vita sette volte presidente del Consiglio per il quale la sentenza definitiva ha sancito la prescrizione del "reato di associazione a delinquere commesso fino alla primavera del 1980", e una maggioranza politica che vieta per legge l'ingresso alla Procura nazionale Anti-mafia a Giancarlo Caselli, che ha ottenuto i più importanti risultati nella lotta alla mafia: cattura di numerosi latitanti, decine di ergastoli per boss di primo piano, maxisequestri di beni a Cosa Nostra e condanne anche di politici ed affaristi collusi.

Anche Caselli, come Borsellino, fa paura. Per i suoi convincimenti, che erano quelli di Falcone, Caponnetto, del primo pool antimafia. Il pool delle informazioni condivise all'interno e segrete per l'esterno, della partecipazione anche emotiva e della stretta collaborazione con tutte le forze dell'ordine, che dopo tante battaglie riuscì per la prima volta a sbattere all'ergastolo i fino ad allora "intoccabili" boss mafiosi (anche grazie all'intervento di Falcone che riuscì, da Roma, a imporre la rotazione dei collegi di Cassazione, levando il maxi-processo alla prima sezione dell'"ammazzasentenze" ) e che venne smantellato nell'89 dai professionisti della "carte-a-posto", con le nomine di Meli e di Gianmanco a capo dell'Ufficio istruzione e della Procura di Palermo, a cui seguirono l'obbligo per i pm di non occuparsi più solo di reati di mafia, la suddivisione dei sostituti procuratori per competenze territoriali, e le informazioni "gerarchizzate". Ma anche divisi, isolati, attaccati e depotenziati, Falcone e Borsellino facevano paura.

E perciò furono fatti ammazzare. Tra i loro convincimenti c'era, oltre alla negazione di ogni possibile trattativa con quella macchina di morte, malaffare e calpesta dignità che è Cosa Nostra, la necessità di svelare gli intrecci mafia-economia-politica, non fermandosi di fronte a nessun livello di potere. Convincimenti poi messi in pratica dal pool di Giancarlo Caselli, che potè avvalersi dei dati elaborati dopo tanti anni di lavoro, di una legislazione anti-mafia voluta anche e soprattutto da Falcone e Borsellino (ossia lo strumento-pentitismo per scardinare l'omertà che assicura lunga vita a Cosa Nostra, il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, il carcere duro, il sequestro dei beni, il reato di concorso esterno, la valenza probatoria della "convergenza del molteplice", ossia le accuse convergenti di più pentiti considerati attendibili, che per esempio portarono a decine di condanne ai boss nel maxiprocesso) e delle dichiarazioni di quei pentiti che finalmente iniziarono a parlare anche della mafia non militare, cosa che non avevano osato fare fino alle stragi di Capaci e Via d'Amelio.

Ma Borsellino ancora oggi fa paura per i pensieri e le parole, ragion per cui vengono accantonate le sue lezioni di legalità agli studenti, che furono riprese dalle telecamere ma trasmesse di rado e solo nottetempo. Così come è censurato da un decennio un documento di valore inestimabile, l'ultima sua intervista, rifiutata persino dal Tg1 di Gad Lerner e tenuta ancor oggi ben nascosta nei cassetti della Rai. In quell'intervista a un giornalista francese, pochi giorni prima che Giovanni Falcone venisse ammazzato assieme alla moglie e agli agenti della scorta, Paolo Borsellino parlò dei rapporti tra la mafia e il mondo economico milanese, di un inchiesta su Berlusconi, Dell'Utri e del mafioso Mangano e di un'intercettazione telefonica in cui proprio Dell'Utri e Mangano parlavano di cavalli da consegnare in un albergo. In gergo mafioso, ricordò il giudice, cavalli significa partite di droga (tesi accolta anche al maxiprocesso). E aggiunse, sorridendo, che i cavalli si portano al maneggio, non in albergo. Nessuna censura, nessuna vergogna, potrà mai cancellare quel sorriso.
 
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LonelyPhoenix
view post Posted on 14/7/2005, 09:34




l'ho sentito...già odio di mio il genere umano poi dopo queste notizie...che dite, sarò il nuovo Hitler? però invece di limitarmi agli ebrei farei fuori tutti senza di distinzione di razza e credo....eheh almeno non faccio distinzioni
 
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1 replies since 10/7/2005, 01:49   228 views
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