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Magda Wassef: "A Luxor aspetto il cinema italiano, da Sorrentino a Tornatore"23 gennaio 2014
Magda Wassef
Di Boris SollazzoLa parola alla direttrice del Luxor Film Festival, Magda Wassef, una donna minuta solo nell'aspetto fisico. Da due anni è lei che ha letteralmente riportato il cinema a Luxor, perché tra la Valle dei Re e il tempio di Karnak, non c'era neanche una sala dedicata alla Settima Arte. Dopo trent'anni in Europa è tornata in patria per una "mission impossible", che le sta riuscendo. Creare un ponte tra il Vecchio Continente e la terra delle Piramidi che vada oltre a quella che l'egittologo Khaled Fangazy definisce "l'ossessione dei vostri telegiornali solo per i fatti di sangue che succedono qua. Raccontate anche questo, piuttosto, siamo un grande paese".
Perché questo questo festival e perché proprio Luxor?Abbiamo pensato a Luxor perché è un luogo mitico, tutto il mondo la conosce, ma allo stesso tempo una città che, ho scoperto con enorme sorpresa, essere priva di cinema. Più di mezzo milione di persone senza una sala in cui poter vedere i film: quelle poche che ci sono state in passato sono state chiuse. Qui si è fatta la storia dell'umanità ma c'è anche un deserto culturale troppo esteso. Abbiamo pensato - anche in base alla mia esperienza trentennale a Parigi nel cinema e non solo - di creare un ponte tra Egitto ed Europa per far fiorire una nuova vivacità intellettuale.
Quanto è difficile organizzare qualcosa del genere nell'Egitto di oggi?Non dobbiamo essere banali nell'analisi. Il regime passato aveva gravissime colpe, ma anche delle cose buone. Ora, da tre anni, c'è un'instabilità politica costante, il paese vive una rivoluzione permanente che lo tiene in ginocchio, soprattutto sul piano economico, e sì, vivere da due anni quest'avventura in una situazione tale non è facile. Sul piano dei finanziamenti egiziani, in particolare quelli istituzionali, su quello tecnico, su quello della formazione e dell'esperienza del personale, indietro anche rispetto all'evoluzione tecncologica. Nel cinema stiamo passando a una nuova epoca, ma qui non riusciamo a uscire da questa impasse, addirittura siamo costretti a usare le sale municipali e adattarle per la visione di cortometraggi e lunghi. Dobbiamo crescere per Luxor, per i suoi abitanti e per tutto il paese.
I due governi arrivati dopo Mubarak hanno cercato di fare pressioni politiche?Non viviamo alcun tipo di pressione politica, né, francamente, ne accetteremmo neanche di lievi. Posso permettermi di dirlo anche per la forza della nostra fondazione che raduna molti intellettuali e ha fatto della libertà di espressione la prima base, irrinunciabile, di questo festival. Ci aiuta anche l'investimento privato, come quello della fondazione Sawiris e di molti altri, che hanno un alto profilo e non pretende cotillons ma contenuti.
Nessuna seduzione per lo star system o i tappeti rossi? Sarebbe più facile, così, attirare pubblico e stampaQuesto è un festival di cinema, non di star e tappeti rossi. Che poi cosa vuol dire star? Le nostre sono i registi, gli attori che hanno dato vita a film così belli, in una selezione che molti riconoscono di alto livello, sia nel lato europeo che in quello egiziano. Abbiamo puntato sul cinema giovane e indipendente, ci sono tanti under 40 e ben quattro registe donne, e non è un caso. Le vere rivoluzioni passano per chi porta qualcosa di nuovo, per chi finora ha avuto meno accesso al mezzo cinematografico. Ecco perché abbiamo approntato un programma a parte per la Casa della Gioventù, con visite ai monumenti la mattina e una fitta sequenza di proiezioni dopo le 15 solo per quei ragazzi di Luxor che, se non avessero il cinema, cosa farebbero? Resterebbero nei bar o andrebbero nella moschea. Con ovvie conseguenze.
Ecco perché ci sono tanti ragazzi anche nella squadra del festival, a partire da chi conduce le interviste dopo le proiezioni. Se si crede nel ricambio generazionale, bisogna essere coerenti, non solo cavalcarlo a parole.
Ma non rischia di diventare un po' snob e troppo poco popolare questo atteggiamento?No, perché non lo siamo. Abbiamo Nour El Sherif, uno dei più grandi divi del cinema egiziano, uno che ha fatto la storia da queste parti. Di sicuro non siamo di quelli che vogliono alimentare sprechi: una star italiana l'avevamo invitata, ma ha preteso tali privilegi ed extra che abbiamo rinunciato. Ovviamente non ti dirò il nome, ma ti confesso che volevamo dedicare un omaggio come quello fatto quest'anno al cinema tedesco - non quello di Fassbinder, Wenders o Herzog, che tutti conoscono, ma quello moderno, da Lola Corre a Le vite degli altri -, anche a quello italiano. Paolo Sorrentino e La grande bellezza per gli Oscar hanno declinato l'invito, Marco Bellocchio ci ha provato fino all'ultimo, mi sarebbe piaciuto avere in giuria Nanni Moretti e Laura Morante, ho provato a invitare anche Tornatore e Scola, ho amato molto Miele di Valeria Golino ma non siamo riusciti a organizzarci con lei. Avevano altre priorità, forse siamo ancora troppo piccoli e non abbastanza conosciuti per loro, ma non demordo. Credo che Italia ed Egitto abbiano molto da dirsi e farebbero bene a entrambi incontrarsi (qui sentono molto il rapporto tra i due paesi, non sono pochi i monumenti e gli scavi archeologici che hanno un contributo italiano: e rimangono sconvolti se gli racconti che stiamo facendo morire Pompei -ndr). Non vogliamo star, ma chi fa grande cinema. Al di là dei problemi organizzativi di una rassegna che ha solo due anni, la cosa più bella l'ho sentita dalla giuria. Una frase breve ma inequivocabile "abbiamo visto diversi film davvero eccellenti".
Lei, confessi, però non fa tutto ciò solo per un paese migliore, ma anche per séSì, sono nata in Egitto e ci ho passato tutta la gioventù, poi sono andata in Francia e alla fine del mio lavoro all'istituto culturale in cui ero dovevo scegliere cosa fare. E ho voluto tornare qui: lo ammetto, questo festival per me è anche un affare di cuore.
Cosa sogna per il futuro?Delle sale cinematografiche. Che il nostro lavoro spinga Luxor a costruire dei cinema. Sarebbe importante per la città, prima ancora che per noi. Soffro quando sento che chiudono negli altri paesi, anche in Italia so che diminuiscono. Qui dovremmo dare un segnale in controtendenza. Questo luogo, questo paese hanno bisogno di arte.
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