La Caduta di Malazan, Steven Erikson

« Older   Newer »
  Share  
Pist@cchio
view post Posted on 9/1/2007, 21:07




Che dire... altra saga, questa volta puramente fantasy che consiglio vivamente a TUTTI, amanti e non del genere. Visto che erano fatti bene i commenti ho preso tutto il materiale che riporterò di seguito dal sito http://www.fantasymagazine.it/
Se qualcuno ha voglia di leggere tutto quello sotto riportato bene... altrimenti vada pure in libreria a ordinare il libro che fa prima :D

I giardini della luna

SPOILER (click to view)
L'impero Malazan ha perso il suo Imperatore.

L'arcigna Surly, ex sottoposta, si è impossessata del potere, divenendo l'Imperatrice Laseen, nome che nella sua lingua madre significa “Signora del Trono”.

Il malcontento si sta però diffondendo rapidamente nell'Impero Malazan, per via dell'estenuante guerra espansionistica. Persino le legioni imperiali, sottoposte a continui massacri, desiderano ardentemente una tregua. Ma il dominio dell'imperatrice Laseen, sostenuta dai temibili sicari dell'Artiglio, rimane assoluto e incontrastato, e i suoi eserciti muovono alla conquista delle città ancora libere dal giogo imperiale. E proprio quando sembra vicina la capitolazione dell'ultima città a resistere, si mettono in moto poteri oscuri al di là di ogni immaginazione e gli dei stessi dovranno schierarsi nell'imminente lotta.




[Andrea D'Angelo]

Erano anni che non leggevo un romanzo fantasy che mi appassionasse a tal punto. Così, tanto per comunicarvi subito il mio entusiasmo per questo I giardini della luna di Steven Erikson.

Il mondo della narrativa fantasy è stato spesso tacciato di ripetitività, d’incapacità di rinnovamento, di estenuante emulazione del glorioso passato.

Sono d’accordo, tutto sommato. Ma per un motivo, se mi permettete, un po’ più sottile di quanto si blatera nei salotti della “cultura” italiana.

A ben leggere, ultimamente tutto ciò che si è visto di “nuovo” appartiene ad autori che strizzano l’occhio alla commistione di generi (il pluripremiato China Mieville con il suo Perdido Street Station, ad esempio) o allo storico (come George Martin, che nelle sue Cronache del ghiaccio e del fuoco si fa forte di un’ambientazione medievale nel senso più stretto del termine).

Ma il fantasy, quello puro, quello basato su un’ambientazione priva di compromessi e ammiccamenti, dov’è finito?

Nella saga di Steven Erikson (che l’Armenia ha importato in Italia con un triplo carpiato, dal momento che solitamente traduce Dragonlance e Forgotten Realms — ormai non proprio il top della gamma, non me ne vogliamo i fan di Raistlin & Co...). Tendenze di mercato, ché il fantasy tira anche in Italia, ma sicuramente operazione meritoria.

Fantasy puro, quindi, e di gran impatto, ricco di un’ambientazione caleidoscopica e sbalorditiva, animata da razze umane e non-umane che sono una gioia per il cuore, radicata in un retroterra storico dettagliato ed evocativo, incantata da una magia che per varietà ricorda i mille e mille riti e credo del nostro pianeta Terra.

Sono troppi i meriti di Erikson per tentare di elencarli tutti, anziché consigliarvi di leggervi il romanzo e basta.

Ecco, leggetevi I giardini della luna, alla peggio avrete letto qualcosa che ha un capo e una coda; a suo modo uno sputo in faccia alle solite saghe prive di coda che vanno per la maggiore. E permettetemi un primo grido di giubilo.

Parlavo di troppi meriti, ma alcuni sono sicuramente macroscopici e vanno sottolineati.

Lo stile è veloce, privo di fronzoli, eppure tutt’altro che trascurato nello stile (rapidità di scrittura non è sinonimo di piattezza espressiva, cosa che ultimamente qualcuno vuol far passare per “rivelazione”). Non perde tempo: ogni scena porta avanti il romanzo, lo sospinge. Nulla è statico. Nel contempo, nulla è superficiale. Pensando a certe estenuanti descrizioni che mi sono sorbito ultimamente... che folata d’aria fresca (secondo grido di giubilo)!

L’autore considera il lettore acuto e attento, catapultandolo nel bel mezzo di una vicenda che parte al galoppo, intrisa di dialoghi impossibili da seguire mentre ci si assopisce la sera, zeppa di personaggi e di particolari che soltanto una mente sveglia registra a dovere.

Inoltre, finalmente considera il lettore adulto, dandogli in pasto personaggi tormentati, spesso tratteggiati con poche pennellate, vero, ma magistrali.

E, sbalorditivo, per quanto potere scateni a mezzo magia, Erikson riesce sempre a impressionare con qualcosa di ancora più terrificante o, sublime, con qualcosa di umanamente inquietante o di sottilmente emozionale. Tanto che termini come climax e pathos vengono giustamente celebrati tra le pagine del suo romanzo.

Lasciate che mi abbandoni al mio giubileo personale.

Ancora una volta, dunque, perché “ottimo” e non “eccellente”? Sono davvero così incontentabile? Be’, sì, immagino di sì. Ma, vi giuro, questa volta l’unica cosa che mi ha trattenuto dal dare un “eccellente” è stata l’idea che l’autore possa migliorarsi: in fondo, mi dico, questo è un romanzo d’esordio (da impallidire, lo confesso)!

I difetti oggettivi ci sono, sebbene minimi. A tratti Erikson è stato davvero troppo diretto nel dare informazioni circa l’ambientazione per mezzo delle voci dei personaggi (info-dump). E mi è rimasto il sottile dubbio che a volte la natura esigente di questo testo (tantissimi personaggi e una certa frenesia) non nasconda sempre e solo l’intenzione d’esigere, ma anche una certa inesperienza che ha portato l’autore a una narrazione poco equilibrata, che pretende troppo.

Questa stessa frenesia, inoltre, circa i personaggi a volte sembra sfociare in superficialità — soprattutto nel caso di Paran, uno dei principali protagonisti -; e, se non è superficialità, è un'erronea sottovalutazione dell'aspetto umano.

Ultima nota di merito e demerito per la traduzione: è sicuramente un buon lavoro, soprattutto rispetto agli orrori perpetrati con Dragonlance e Forgotten Realms.

A fronte della versione inglese, però, ho notato alcuni tagli (marginali? Non posso controllare tutte e 600 le pagine) e a volte delle scelte opinabili (dal basso della mia scarsa conoscenza dell’inglese). Di queste scelte opinabili, una su tutte, il titolo dato alla saga in italiano: La caduta di Malazan. In originale i romanzi della saga sono legati dal titolo comune “Malazan Book of the Fallen” (Libro Malazan dei Caduti) e l’autore stesso ne spiega il motivo in un’intervista reperibile su internet, in cui sottolinea che i suoi romanzi parlano dei caduti, in tutti i sensi (ossia non soltanto fisicamente — morte). E questa ragione, ancora una volta profonda, non ha nulla a che fare con la caduta di un impero (Malazan), che per quanto ne sappiamo potrebbe anche non avvenire.

Note di demerito finali: una copertina orrenda, con pezzi illustrati appiccicati sopra la fotografia di un paesaggio simile all'Arizona e le mappe, compresse e annerite a tal punto rispetto alle versioni originali da essere quasi illeggibili. Non facciamoci notare per fare le cose sempre con meno cura...

Fine. Mi fermo! Secondo i miei parametri, Steven Erikson è il migliore in circolazione. Ancora qui?



[Daniele Urso]

L’arrivo in Italia de “I Giardini della Luna” di Steven Erikson ha segnato un profondo cambiamento nella politica editoriale Armenia, che si era contraddistinta fino ad ora nella pubblicazione di autori conosciuti (Salvatore) e di libri ambientati nel mondo D&D e DragonLance. Ambientazioni godibili, ma non necessariamente molto innovative.

La scelta, però, di puntare su un autore affermato (tra Inghilterra, Canada e Stati Uniti la saga Malazan spopola da 5 anni) e che verrà seguito da altri scrittori bestseller (pare di prossima pubblicazione anche L.E. Modesitt jr.), alza il livello delle pubblicazioni Armenia e si traduce in una scorpacciata di qualità per noi amanti della fantasy.

Va premesso che non è semplice scrivere la recensione di un romanzo come questo. La struttura scelta da Erikson è sicuramente avvincente, ma si regge sulla scoperta passo per passo del mondo in cui ci si trova e delle vicende in atto. Molta deve essere quindi la cautela con la quale ci si deve accostare a questa recensione.

Non vedevo l’ora di leggere “Gardens of the Moon”, su tutti i forum specializzati se ne parlava molto positivamente.

L’impatto non è stato semplicissimo.

Erikson adotta una struttura narrativa decisamente insolita, iniziando a narrarci le vicende dell’impero Malazan come se l’interlocutore ne conoscesse già la storia e le tradizioni nei minimi particolari. Per chi è abituato ad una struttura narrativa di tipo “classico”, tutto questo può risultare frustrante, almeno inizialmente. Con il passare delle pagine, però, Erikson ci dispensa informazioni e lascia cadere sulla nostra strada qualche indizio che permette di comprendere meglio le leggi e gli equilibri di forza che regolano il mondo in cui ci siamo calati.

Non è un processo immediato, infatti dopo quasi 200 pagine non si è ancora ben capito cosa sia un “ascendente”, o cosa sia un “canale” che, per intenderci, sono due elementi fondamentali per la comprensione del romanzo. Lungi dall’esserne frustrato, però, il lettore si getta a capofitto nella storia e divora una pagina dopo l’altra nel tentativo di dirimere una trama molto evoluta e complessa.

Lo stile di Erikson, diretto e brillante, ingolosisce ulteriormente il libro. Non ci si perde in inutili e infinite descrizioni e la trama è incalzante. Si può pensare talvolta a una narrazione scarna, ma ci si ricrede subito, quando si giunge a momenti di svolta o confronti fondamentali; in questi momenti Erikson riesce magistralmente a comunicare pathos e drammaticità, trasmettendo il senso epico del momento.

Un merito va immediatamente riconosciuto a Steven Erikson: il mondo che ha creato è stupendo e complesso. Ci speravo veramente, perché cercavo da un po’ un autore che si elevasse al di sopra della media e che proponesse un mondo vasto e particolareggiato. La ricerca alla base della saga del “Libro Malazan dei Caduti” (non è un errore mio, fidatevi, poi ci arriveremo) è straordinaria e la si può evincere anche solo sbirciando tra le appendici del libro. Aiutato dal proprio retaggio antropologico, Erikson ci propone un mondo ricco e popolato in cui la componente magica e la cosmologia sono ben strutturate e molto accurate. La magia non viene spiegata in ogni suo minimo aspetto, ma con il passare delle pagine il quadro generale e le regole che la caratterizzano emergono in maniera molto chiara. La cosmologia religiosa segue lo stesso schema. Inizialmente ci si perde tra canali, ascendenti, dei e case, anche perché magia e religione sono profondamente intrecciate, ma con l’evolversi della storia tutto comincia a prendere una conformazione precisa. L’idea degli ascendenti, dei canali e degli dei, come l’ha strutturata Erikson, diventa ben presto geniale e affascinerà anche il lettore più esigente.

I personaggi sono interessanti e molto vari. A fianco dei classici stereotipi della letteratura fantasy moderna (l’ufficiale disilluso Paran, l’assassino retto Rallick Nom, il giovane ladro Crokus, il generale amato e temibile Dujek, ecc...) troviamo caratterizzazioni insolite e accattivanti, come Hairlock, Kruppe e l’enigmatico Onos T’oolan. Collegati con questi personaggi ci sono i vari dei e ascendenti ed è proprio qui che Erikson compie un altro sforzo brillante e meritevole. Gli dei nella cosmologia Malazan non sono né deus ex machina invincibili, né piagnucolanti divinità decadute. I confini tra mortali, razze antiche, ascendenti e divinità sono molto sottili e non certo per puro caso. L’insieme che si forma è decisamente intrigante e fornisce un senso di vulnerabilità dei personaggi che rende la lettura avvincente.

Dopo tutta questa agiografia eriksoniana ci si dovrebbe aspettare un bel “eccellente”, ma a conti fatti non è così. La mia valutazione non va oltre l’ottimo meno.

Perché?

Alcuni aspetti negativi ci sono. Innanzitutto la traduzione: ottima per quasi tutto il libro si perde nel titolo della saga. Tradotta correttamente a pag. 590 (l’ultima del libro) con “Libro Malazan dei Caduti”, la copertina si presenta con un erroneo e pericolosamente fuorviante “La Caduta di Malazan”.

Per quanto riguarda il contenuto del romanzo, invece, l’aspetto che maggiormente mi ha lasciato perplesso riguarda i rapporti interpersonali. Erikson, non so quanto volutamente, risolve questioni importanti quali l’amore, l’amicizia e la fedeltà con poche pennellate. Ne emerge una senso di superficialità, soprattutto se si tiene conto che l’amore tra uno dei protagonisti, Paran e un altro personaggio (rimango volutamente vago per non rovinarvi il libro) è alla base di moltissime scelte importanti. Le lacune maggiori riguardano proprio Paran, la cui caratterizzazione si basa molto sulla ricerca del proprio posto nel mondo e sul proprio ruolo nel rapporto con gli altri personaggi. La facilità con cui Paran si innamora, si affeziona e sceglie i propri amici appiattisce un pò il personaggio e talvolta dà la sensazione di servire da escamotage per svolte drammatiche e drammi personali. Tutto sembra un po’ casuale e sbrigativo.

Altro esempio riguarda la fedeltà dello squadrone di Whiskeyjack per il proprio comandante e il rapporto di amicizia che ne lega gli elementi: nel romanzo la fedeltà e l’amicizia si percepiscono, ma solo a livello intuitivo. Ovviamente non servono le lunghe descrizioni introspettive, come quelle che ammorbano tanti romanzi fantasy, ma in questo caso rimane tutto un po’ troppo sottointeso.

Un ultimo aspetto che stride un po’ con il livello, peraltro altissimo e ben oltre la media, del resto del libro riguarda l’esito di alcuni confronti finali. Preparati benissimo e titanici, sembra quasi che sul finire non mantengano quello che avevano promesso inizialmente. In effetti è un’osservazione un po’ criptica, ma non posso scendere maggiormente nei dettagli. Penso che ve ne accorgerete durante la lettura.

Forse nei prossimi libri questi aspetti verranno approfonditi e in tal caso i prossimi volumi varranno un bel “eccellente”.

Alla fine cosa ci rimane? Un romanzo assolutamente da prendere. Migliorabile, come lo è stato spesso un primo romanzo, ma indubbiamente di grande valore ed estremamente innovativo. Se, come ho letto, i romanzi successivi sono migliori di questo… siamo di fronte ad uno dei massimi autori della fantasy contemporanea.

Autore: Andrea D'Angelo e Daniele Urso - Data: 29 luglio 2004


La Dimora Fantasma


SPOILER (click to view)
Nel vasto dominio di Sette Città, nel Deserto Santo di Raraku, la veggente Sha’ik e i suoi seguaci si preparano ad affrontare l’insurrezione da lungo tempo predetta con il nome di Vortice di Vento. Il popolo la conosce e l’attende come l’Apocalisse... Questa tempesta, che non conosce precedenti in quanto a proporzioni e furore, trascinerà l’Impero Malazan nel conflitto più sanguinoso che abbia mai conosciuto, forgiando il destino di molti e dando origine a imperiture leggende...

Sullo sfondo di una terra buia e desolata, sconvolta dalla guerra e da inesplicabili magie, un appassionante romanzo di guerra, intrighi e tradimenti.



Attendevo con grande impazienza il secondo volume della saga di Steven Erikson. Di primo acchito, ci si accorge di qualche sorpresa e di qualche triste conferma. Partiamo, come dicono gli uomini marketing, dal packaging. L’edizione che l’Armenia ha voluto per Erikson è pregevole, con sovraccoperta e copertina con la stessa veste. Un libro piacevole e corposo da tenere in mano. Peccato che non sia stato risolto il problema della grafica: Lucia Croce dà vita a una copertina che, se possibile, è ancora più brutta di quella de I Giardini della Luna. Pazienza. Di buono c’è il deciso miglioramento delle cartine all’interno del libro, molto più chiare e grandi di quelle del primo volume.

La saga continua a chiamarsi La Caduta di Malazan, quando il titolo originale è The Malazan Book of the Fallen (Libro malazan dei caduti). Probabilmente, però, non è più stato possibile correggere il tiro.

Un’ottima scelta Armenia è stata quella di affiancare due traduttrici, Chiara Arnone e Lucia Panelli. Il risultato è senza dubbio migliore rispetto a I Giardini della Luna, la prosa è più piacevole e scorrevole.

Veniamo ora al romanzo in se stesso, 782 pagine che necessitano molte riflessioni. Il giudizio complessivo è positivo, un romanzo sicuramente da leggere. Tuttavia, alcuni dei dubbi che il primo volume aveva suscitato in me si sono ampliati e se ne sono aggiunti di nuovi. D’altro canto, alcuni degli spigoli del primo volume sono stati smussati e alcune risposte sono state fornite.

Da dove iniziare? La trama. L’autore ha strutturato il volume in tre distinti fili narrativi, che con il passare delle pagine diverranno cinque: Duiker, Coltaine, i Wickan e il Settimo; Felisin, Heboric e Baudin; Kalam; Fiddler, Apsalar e Crokus; Mappo e Icarium. Molti personaggi saltano da un gruppo all’altro, come nel caso del mago del Quadro del Settimo Esercito, Kulp, che comincia la propria avventura con lo storico Duiker e il pugno Coltaine, per poi essere catapultato — non vi spiegherò come — nelle vicende che coinvolgono Felisin, Heboric e Baudin.

Se molti di questi nomi non vi dicono assolutamente nulla, non preoccupatevi, non è la vostra memoria. Steven Erikson ci sommerge di volti nuovi, nomi ed eventi, ma per fortuna siamo preparati e il senso di scoramento è decisamente minore rispetto a quello generato dalle prime pagine de I Giardini della Luna.

Proviamo a mettere un po’ di ordine in un libro che ordinato non è e non desidera esserlo.

L’intera vicenda si svolge in un nuovo continente, quello di Sette Città, dove si era formato il mito degli Arsori di Ponti e dove molti misteri sono ancora celati negli antichi deserti. I giocatori di una complicata partita a scacchi hanno portato la rivoluzione nella terra di Sette Città. Contro la marea incalzante della violenza e della vendetta sanguinaria vi è solo un nuovo Pungo, Coltaine, proveniente da terre lontane, e le truppe Malazan, tra cui i fedeli Wickan.

Kalam, Fiddler e il suo gruppo devono passare in mezzo alla rivolta, per giungere alla meta del loro lungo viaggio, che dovrebbe portarli di fronte al loro nemico, l’imperatrice Laseen. Poteri e creature antiche convergono su Raraku, il deserto santo, alla ricerca di risposte, come nel caso di Icarium e Mappo, o di un potere ancora maggiore, come quello che cercano Soletaken e Diver’s.

Tre sono gli aspetti che Erikson approfondisce ne La dimora fantasma: la guerra, l’animo umano e il piano magico.

La guerra, nella fattispecie la “Catena dei Cani” di Coltaine, è a parer mio il vero punto di forza del libro. Erikson per la prima volta si cimenta compiutamente con gli aspetti della guerra e ne emerge quale fine e competente narratore. Tattica, strategia, dolore, crudeltà, coraggio, sofferenza, speranza e disperazione sono mescolate magistralmente nel ricreare una campagna militare decisamente avvincente. Gli eventi sembrano susseguirsi con ripetitività, cadenzando però il ritmo infernale della prova alla quale sono sottoposti gli uomini del Settimo. Due sole note stonano in questo affascinante affresco e sono facilmente distinguibili verso la fine del libro. Vi do solo un indizio, per chi non noterà immediatamente la cosa: gli interventi “deus ex machina”, per quanto originali ed evocativi, appannano la tragicità e la veridicità della guerra di Coltaine, sminuendone il coraggio.

Personaggio fondamentale di questa ordalia è Duiker, lo storico imperiale. Osservatore distaccato, ritroverà nel deserto di Sette Città le proprie origini, giungendo ad appartenere intrinsecamente a ciò che sta registrando. Attraverso gli occhi e le esperienze di Duiker, Erikson descrive un’infinita moltitudine di personaggi riservati e forti, mettendoli a nudo con la stessa bravura di David Gemmell. Coltaine, Bult, Sormo, Lull, List, Nill, Nether, sono maghi e soldati che divengono leggenda nel corso del loro viaggio.

Erikson estrae anche questa volta dal cilindro, forse grazie al retroterra antropologico, ventate di novità che tanto fanno bene alla fantasy. Il lettore accorto si troverà a compiere uno sforzo naturale nel tentativo di trovare riscontri reali nella fantasia dello scrittore.

Gli stregoni bambini Wickan, il dio Semk, i genieri Malazan e le loro trovate, sono forme affascinanti di miti forse esistenti? Cosa si può vedere nell’esercito Malazan? Forse le legioni di Scipione l’Africano e Druso? Le tribù Wickan sono più simili alle orde di Kublai Khan o rappresentano le tribù delle praterie americane nel più classico dei “what if” — se si fossero unite...?

Tante domande che si perdono nella complessità della trama, che mescola realtà e finzione, canali e ascendenti.

È difficile riuscire a descrivere compiutamente un libro con così tanti spunti. Sembra che Erikson abbia condensato molti libri in uno stesso volume. Le prove e i cambiamenti che subirà la giovane Felisin a Skullcup incollano il lettore alle prime pagine del libro, quando il completo cambio di scenario e di personaggi rischierebbe di scoraggiare anche il più volonteroso fan. L’amicizia tra Icarium e Mappo, che fa da sfondo alla ricerca disperata del primo e ai segreti del secondo, spingono a divorare pagine e pagine in cerca di risposte che si teme non possano giungere all’interno dello stesso volume... e per fortuna non è così, molti dei misteri emersi ne I Giardini della Luna trovano soluzione in questo libro, sebbene l’autore crei nuove deviazioni e bivi.

Proprio da questa ultima riflessione partiamo alla ricerca di quali possano essere i limiti de La Dimora Fantasma.

La trama globale — e si potrebbe anche discutere circa l’esistenza o meno di tale trama — non si evolve in maniera sensibile. Dopo infinite pagine, abbiamo finalmente messo insieme i pezzi del puzzle iniziale, quello imperiale, ma la saga sembra ben lungi dallo svelare la propria vera natura. Il senso generale è quello di “dispersione”. Tale dispersione relega in secondo piano tanti aspetti importanti. L’amore continua a essere un punto debole della narrazione di Erikson, che non sembra saperne descrivere la natura; o forse non è interessato a farlo. I rapporti sentimentali tra i personaggi, anche quando sono la molla alla base di importanti avvenimenti e scelte — come per esempio nel caso di Felisin o nel caso di Kalam -, sono appena accennati e mai veramente esplorati. L’amore viene dato semplicemente per scontato ed è un peccato, visto che per quanto riguarda valori come l’amicizia, il rapporto tra Mappo e Icarium insegna ed Erikson si dimostra un fine dicitore.

Altro dubbio emerso è la reale necessità di alcuni dei molti personaggi di Erikson. Lo scrittore di origine canadese sembra molto spesso inserire delle pedine coreografiche, delle quali si disaffeziona dopo alcune pagine. Tali pedine non portano nulla di realmente fondamentale alla trama, almeno per ora, tranne grande confusione in chi legge. Un po’, spiazza anche la rapidità con la quale Erikson sembra risolvere nodi fondamentali della trama narrativa: eventi preparati per centinaia di pagine, che poi si risolvono “come per magia”, con escamotage...

Il dubbio/speranza è che una vera valutazione di The Malazan Book of the Fallen potrà essere dato solo a posteriori, una volta conclusa la saga. Quanti dei bivi creati da Erikson si riveleranno dei vicoli chiusi? Quanti veramente porteranno a delle conclusioni? Per ora, queste potrebbero sembrare questioni speciose, ma vista la mole dell’opera e la quantità enorme di carne al fuoco, forse in futuro andranno affrontate.

Erikson, oltre ad aver ignorato molti protagonisti del primo volume, abbandona in parte anche un aspetto che aveva fatto molto amare I Giardini della Luna: la dimensione epica. La Dimora Fantasma è un libro molto più “umano”, dove sembrano ridimensionarsi gli scontri divini. Personalmente ho sentito solo parzialmente la mancanza degli scontri epici. La descrizione più accurata delle vicende militari ha compensato i miei bisogni di lettore, ma a molti questa “mancanza” potrebbe pesare più che al sottoscritto.

Alla fine, di questa valanga di parole cos’altro si può dire? Il romanzo va decisamente acquistato e letto. Fatelo, perché sicuramente è un volume che farà discutere e i cui pareri varieranno in maniera considerevole da persona a persona. Come scrissi alla fine della recensione del primo volume, c’è sicuramente molto che può essere migliorato — e in parte è stato fatto, scoprendo però nuove falle, inesistenti nel primo libro.

Che il rischio sia una coperta troppo corta?

Il giudizio rimane ottimo, sebbene meno convinto che per il primo volume.

Autore: Daniele Urso - Data: 26 febbraio 2005



Memorie di Ghiaccio Prima Parte


SPOILER (click to view)
Nel continente di Genabackis è sorto un nuovo e terrificante impero: il Dominio Pannion, che, come un copioso fiotto di putrido sangue, invade la terra inghiottendo tutti coloro che non si sottomettono al volere del Veggente. Ma una scomoda alleanza intralcia il cammino del re-sacerdote del Dominio: mentre diversi clan di più antica discendenza si accingono a riunirsi, in risposta a un richiamo primordiale, i T’lan Imass insorgono poiché un’ombra cupa e malvagia minaccia il mondo…



“E’ talmente bello che…”



Chissà quante volte potete aver usato questa frase, con il “che” pronto magari a introdurre chissà quali dichiarazioni d’amore, o ammissioni di beltà.



“Talmente bello che… mi sono quasi dimenticato dell’infelice scelta della casa editrice Armenia”. In questo caso la frase si conclude con la spina spesso celata dai petali della rosa.



Avete immaginato bene, quel “prima parte” sulla copertina di Memorie di Ghiaccio sta a significare esattamente quello che avete lungamente temuto.



Dopo aver pubblicato integralmente i primi due volumi della saga, la casa editrice italiana ha pensato bene di spezzare a metà il libro migliore di Steven Erikson giunto fino ad ora nel nostro paese.



Non voglio entrare nel merito delle scelte editoriali di Armenia, che si merita il mio plauso per il coraggioso investimento fatto su autori come Farland (speriamo che ci sia un seguito al primo volume), Modesitt Jr. e appunto Erikson. Il discorso purtroppo riguarda l’editoria fantasy italiana più in generale. Abbiamo talvolta il bruttissimo vizio di spezzare i libri. L’abbiamo visto fare con Martin e Goodkind, ora capita anche con Erikson.



I motivi di una simile scelta possono essere vari: problemi con le legatorie (e allora Il Signore degli Anelli?), traduzione, mero e semplice profitto ecc.



Non mi interessa quale sia il ragionamento alla base della scelta Armenia. Fatto sta, che ci troviamo con un libro bellissimo tagliato in due tronconi (la seconda parte è attesa per Gennaio 2006). Mettiamoci l’anima in pace e lasciamo che il nostro lamento giunga a chi di dovere.



Memorie di Ghiaccio, terzo libro di The Malazan book of the fallen, è uno dei migliori fantasy in circolazione. Alla luce delle qualità di questa prima parte del terzo volume anche i libri precedenti, in particolare il primo, aumentano il proprio valore. Moltissimi riferimenti oscuri de I Giardini della Luna trovano la propria spiegazione in questo libro, fornendo il quadro generale: un sofisticato, complesso e geniale affresco fantasy. Potrebbe sembrare una grave lacuna, dover leggere tre libri per riuscire a comprendere al meglio l’inizio della saga, così non è. Nella miriade di libri fantasy tutti uguali, Erikson si staglia decisamente al di sopra di molti.



Il focus torna sul continente di Genabackis e ci ritroviamo dove ci aveva lasciati la fine de I Giardini della Luna. Il Veggente Pannion e il suo nascente impero sono la minaccia più immediata. Cosa si nasconda alle spalle della sanguinaria teocrazia, fa parte della gustosissima trama che lo scrittore di origine canadese ci sta apparecchiando.



Ci troviamo in contemporanea con le vicende di Sette Città, raccontate ne La Dimora Fantasma. I tanti riferimenti e rivelazioni del secondo libro, soprattutto quelli relativi alla cosmologia Eriksoniana, sono il reale filo conduttore che, almeno fino a questo momento, legano Genabackis a Sette Città.



Il libro possiede come sempre vastità e complessità tali da accontentare anche il lettore più esigente.



Mancano purtroppo gli aspetti più interessanti di military fantasy che ci avevano conquistati nel secondo libro. E’ però molto probabile che ne godremo nella seconda parte del romanzo.



Piccola riflessione/digressione: probabilmente Memorie di Ghiaccio meriterebbe una recensione unica, ma questa prima parte è troppo bella per non parlarne.



Il lavoro fatto da Erikson sulle popolazioni, le lingue, la storia e le tradizioni dei popoli e delle razze che percorrono il suo mondo è stupefacente.



L’iniziale coacervo di etnie differenti ha assunto un’immagine chiara. Non ci troviamo più di fronte allo sconvolgente insieme di nomi che ci aveva affascinato, ma anche scioccato nelle pagine de I Giardini della Luna. Ricordo ancora i tantissimi riferimenti oscuri… Ora il mosaico finalmente si compone e razze a lungo dimenticate si stanno risvegliando.



E poi il ritmo… 469 pagine che si leggono tutte d’un fiato.



Erikson ci serve subito nel prologo una ghiotta chicca. Abbandonata la ritrosia nello spiegare, l’autore ci spiazza di nuovo. In Memorie di Ghiaccio aspettatevi le tante agognate risposte alla moltitudine di domande che la saga fa emergere a getto continuo.



Non temete però, come si dice spesso in altri ambiti “chiusa una porta, si apre un portone”. Vero, anzi verissimo. Le molte spiegazioni e risposte di Memorie di Ghiaccio creano nuovi intrecci, finalmente quelli giusti. Il mondo di Erikson sembra avviarsi verso una divisione in due schieramenti contrapposti, ricchi di personaggi vecchi e nuovi.



Oltre che con lo spazio lo scrittore gioca anche con il tempo. Eventi in epoche differenti sono le cause-effetto di ciò che avviene nella trama principale.



Se non sembrasse tutto così abilmente studiato prima a tavolino, si potrebbe avere la sconfortante sensazione che quella di Erikson sia un scappatoia: appoggiarsi ad una storia infinita e ignota per poter far emergere sempre nuove svolte e colpi di scena nella trama. Non lo nego, ogni tanto il dubbio mi è venuto e sotto sotto ancora rimane.



Il miglioramento più sensibile in questo ultimo libro è nei personaggi. Già i vari Duiker, Coltaine, Felisin ecc. avevano dimostrato uno spessore superiore rispetto ai protagonisti del primo libro. La differenza ora è ancora più sensibile.



I personaggi lasciati abbozzati ne i Giardini della Luna vengono riproposti in una nuova luce in Memorie di Ghiaccio . Whiskeyjack, Paran, Tool e compagni completano la loro maturazione stilistica. Erano già interessanti, ma il tratteggio era migliorabile ed è stato migliorato. Più completi, sfaccettati e sostanziosi di come li avevamo lasciati.



Il cambiamento è sensibile, ma difficilmente percepibile e localizzabile. Come spesso accade con Erikson, infatti molte cose vengono avvertite, più che comprese dal lettore.

Ogni tanto infatti potrebbe sembrare che ci sia qualche lacuna nello sviluppo dei personaggi. Se cerchiamo però bene gli indizi, da qualche parte nelle tante pagine ci sono.



Se dovessi trovare degli aggettivi per potervi descrivere la prima parte di Memories of Ice, il primo che mi viene in mente è “epico”.



Epico, perché il libro è un susseguirsi di incontri-scontri tra personaggi mitologici propri del mondo eriksoniano. Gli attori sono tutti a modo loro straordinari e misteriosi e questo serve solo ad accrescere l’aspettativa del lettore. Un duello per esempio perde la propria semplice dimensione di azione e ne assume una più complessa. Del resto c’è molto più gusto a veder combattere due spadaccini imbattibili, che due mezze tacche. Dei, ascendenti e razze antiche si mescolano; uomini mortali cambiano la propria condizione e nuovi attori — vedi per esempio i Seguleh, Bauchelain, Korbal Broach, solo per citarne alcuni — si inseriscono al momento giusto e nel posto giusto. Se è vero che saltano fuori all’improvviso, è anche vero che nel corso delle pagine l’autore ci spiega il perché.



Qualche riferimento? Molti si godranno il viaggio di Tool e dei Seguleh e rileggeranno i combattimenti con i Cacciatori K’ell.



Protagonisti e comprimari sono troppi per poter concedere a tutti il giusto spazio. Ritornano l’enigmatico Kruppe e il misterioso Anomander Rake e conosciamo finalmente Caladan Brood e Kallor l’Alto Re, del quale ci viene svelato l’oscuro e fondamentale per la trama passato. Tanti, troppi per citarli tutti…



Con dovizia di particolari Erikson ci svela finalmente il segreto alla base della sua cosmologia. Canali, Case degli Azath, Dei e Ascendenti prendono finalmente posto in uno schema non più caotico e casuale, ma ancora ricco di misteri. Ad alcuni questa nuova chiarezza potrebbe andare “stretta” e sembrare riduttiva. Molti altri, me compreso, godranno della cervellotica efficienza e precisione dello scrittore canadese: un’idea alla base forse un po’ semplice, ma una vera cattedrale gotica costruitavi sopra.



Che cosa dire ancora. Probabilmente ci sono in giro penne migliori di Erikson, ma nell’ultima generazione di scrittori fantasy, pochissimi hanno creato un mondo vasto e complesso come quello affrescato dallo scrittore di Memorie di Ghiaccio.



Un libro assolutamente da non perdere. Leggetevi tutta La Caduta di Malazan, non ve ne pentirete assolutamente.

{#Eccellente, ampiamente meritato.}


Autore: Daniele Urso - Data: 3 agosto 2005



Memorie di Ghiaccio Seconda Parte

SPOILER (click to view)
Con l’inizio dell’offensiva del Dio Storpio, deciso a vendicarsi degli dei e degli ascendenti che hanno causato la sua Caduta e l’Incatenamento, i Canali sono diventati difficili da utilizzare, infettati da una sorta di veleno che sta lentamente uccidendo Burn la Dea Dormiente. Inoltre il Dio Storpio si sta servendo di un ignaro strumento, il Veggente Pannion come mezzo per seminare rovina e distruzione nel mondo. E per contrastare le orde di Pannion si forma un’improbabile alleanza: da una lato Caladan Brood e Anomander Rake, dall’altro l’Armata di Dujek Un Braccio, dichiarato fuorilegge dell’imperatrice Laseen dopo la mancata conquista di Darujhistan. Insieme, queste forze avanzano nel cuore del Dominio di Pannion, coadiuvate dai T’lan Imass, convenuti da tutto il mondo per il loro Secondo Raduno…




A distanza di un semestre dalla prima parte pubblicata da Armenia, si completa con l’uscita del secondo volume Memorie di Ghiaccio, terzo capitolo di The Malazan Book of the Fallen (La Caduta di Malazan nella superficiale traduzione italiana) di Steven Erikson. Scansiamo subito ogni equivoco e mettiamo bene in chiaro il valore di questa opera: non sono uno scrittore fantasy, ma se lo fossi Memories of Ice è il libro che mi sarebbe piaciuto scrivere.



Si possono consumare fiumi di inchiostro nella amletica disquisizione sulla natura degli elementi fantasy che rendono un libro indimenticabile, ma ai primi posti di questa speciale classifica non può mancare l’epicità, semplice e inadeguato termine che non rende appieno la dimensione di Memorie di Ghiaccio. Fidatevi, da questo punto di vista Erikson regala, nella buona traduzione della Guarnieri, momenti che pochissimi mostri sacri del genere possono eguagliare. Un solo esempio tra i mille che si possono citare: a pagina 473 segnatevi questa semplice frase "era giunto il momento che la Prima Spada dei T’lan Imass annunciasse la sua presenza". Poche parole per chiude un paragrafo che vi farà venire i brividi lungo la schiena; questa semplice nota in pochi istanti getterà la luce sull’insondabile spessore di uno dei protagonisti più amati di questa epopea e sul suo straordinario popolo.



Già al termine del primo volume di questo terzo capitolo di The Malazan Book of the Fallen era facilmente intuibile la bellezza racchiusa nel libro una volta completo. Le aspettative non sono andata deluse, perché la seconda parte è perfino superiore al banchetto preparato l’estate scorsa. Spesso nelle nostre recensioni si cerca di fornire una visione critica di pregi e difetti emersi nella lettura di un libro. In questo caso però il compito è particolarmente arduo, perché Memorie di Ghiaccio non sembrerebbe avere falle. Andiamo però con ordine. La struttura immaginata da Erikson per la sua saga ci permette di percepire questo terzo capitolo come conclusivo di una sorta di prima trilogia. Non allarmatevi, la strada è ancora lunga e di carne al fuoco ne abbiamo in abbondanza con nuovi nemici e inaspettati sviluppi che assicureranno molta longevità alla saga. La maggior parte dei temi aperti dallo scrittore di origine canadese ne I Giardini della Luna però vengono affrontati e finalmente chiariti nelle pagine di Memorie di Ghiaccio. Al termine della lettura la machiavellica trama creata dal narratore sarà percepita in tutta la sua complessità, gli schieramenti e le forze in campo ben delineati e la maggior parte dei personaggi principali sarà assunta al ruolo per il quale era stata creata.



Memorie di Ghiaccio è una saga all’interno della saga. Una sorta di Guerra e Pace fantasy (non me ne voglia Lev Tolstoj), dove si intrecciano le vicende di personaggi umani e sfaccettati sullo sfondo di un affresco storico unico per profondità e accuratezza e che solo una minuziosa e monumentale ricerca può aver reso possibile. Piccola riflessione: è confortante sapere che pur rimanendo nei canoni della più classica fantasy, si possa scrivere un libro innovativo per complessità e approccio a temi altrimenti già visti.



La guerra in tutti i suoi aspetti è la vera protagonista di questa saga: nella prima parte del volume era stata anticipata, mentre in questa seconda metà scoppia in tutta la sua cruda bellezza. La trama si articola principalmente su due eventi: l’assedio di Capustan e quello Coral. Erikson dimostra nella descrizione dei due conflitti di essere un profondo conoscitore di strategia e tattica, affrontando il tema dell’assedio sia dalla parte degli assediati (Capustan) che degli assedianti (Coral). Si arricchisce così il tema della Guerra, portante finora in tutti i libri giunti in Italia. Guerra tra uomini, tra dei, tra nazioni, tra emozioni, tra credi, tra culture, il tutto alla luce di mille battaglie che ricalcano quelle interiori che i protagonisti hanno rivelato nel corso delle pagine: un fiore che si schiude mostrando al suo interno una bellezza precedentemente solo intuita. Iktovian, Dujek, Whiskeyjack, Paran, Ben lo Svelto, Caladan Brood, Anomander Rake, Volpe d’Argento, la Mhybe, Korlat, Kallor, Krul solo per citarne alcuni, hanno tutti in comune una cosa, il realismo. Vittorie, sconfitte, amori e dolori sono l’insieme degli elementi magistralmente descritti che rendono ogni personaggio plausibile, indipendentemente dalla propria forza o potere. E nel mezzo di questi perfetti — imperfetti eroi, il piccolo gioiello che è Kruppe.



La tecnica utilizzata da Erikson per caratterizzare i propri personaggi è mirabile ed è l’alchimia di diversi fattori. Alle semplici e chiare spiegazioni si intervallano gesti contestualizzati in maniera ammirevole al fine di creare l’effetto voluto e far sorgere la comprensione nel lettore. E' impressionante come un’intera serie di eventi concatenati con la bravura propria di un maestro di scacchi, si risolvano in un solo episodio che mette a posto tutti i pezzi del mosaico, creando un unico disegno chiaro e affascinante. Come per incanto il lettore si trova di fronte a un’improvvisa rivelazione, che sembrerebbe quasi casuale se non fosse il risultato di una trama articolata, come non se ne trovavano da tempo.



In Erikson nulla è mai banale. Il libro si legge dall’inizio alla fine tutto d’un fiato in un continuo susseguirsi di elementi leggendari, colpi di scena e scontri apocalittici che fanno di queste pagine un’opera imperdibile per gli amanti del genere. Anche nei momenti di relativa quiete la narrazione scivola fluida, avvincendoci, perché il lettore è intimamente consapevole che nulla in Memorie di Ghiaccio è superfluo, ma tutto contribuisce a creare “l’incantesimo”. Erikson condivide con Gemmell la rara capacità di scrivere ciò che una persona ha bisogno di leggere, parlando alla stesso tempo alla nostra mente e al nostro cuore, emozionandoci come solo un grande scrittore ha il dono di fare. Anche quando l’ennesimo colpo di scena sembra sconvolgerci e privare il libro di un elemento fondamentale, ci si accorge che il quadro generale ne risulta inesorabilmente arricchito.



Stilisticamente in questo terzo volume lo scrittore raggiunge una maturità e completezza solo lontanamente immaginabili dopo la lettura de I Giardini della Luna e La Dimora Fantasma. La costruzione è più chiara e la tecnica affinata. Alla luce dello spessore di questo libro, i primi due capitoli della saga ne risulteranno allo stesso modo sminuiti e arricchiti. Sminuiti stilisticamente, perché l’Erikson di Memorie di Ghiaccio è una spanna sopra al buon scrittore intravisto ne i Giardini della Luna e apprezzato ne La Dimora Fantasma. Arricchiti invece come contenuti, perché questi primi tre volumi sbocciano in pieno solo alla luce delle rivelazioni di Memorie di Ghiaccio.



L’appagamento che ricaverete dalla lettura rischierà di creare in voi un curioso effetto collaterale. Tempo addietro avevo criticato la scelta di Armenia di dividere questo libro in due parti. A mente fredda non posso che continuare a condannare questa triste politica, ma sulle ali dell’entusiasmo, quando con rammarico vedrete diminuire le pagine ancora da leggere e preoccupati penserete alla sensazione di vuoto che segue la fine di un’opera particolarmente amata, inconsciamente ringrazierete la venale scelta della casa editrice. Memorie di Ghiaccio nella sua interezza sarebbe stato un gioiello, ma in questo modo siamo riusciti morbosamente a farlo durare il più a lungo possibile.



Un consiglio: non fatevi scoraggiare dalle poche, normali lacune presenti nei libri precedenti e dallo stile insolito, rischiereste di abbandonare la saga, commettendo un errore madornale e perdendo la possibilità di godervi uno dei migliori libri che il genere fantasy abbia prodotto. Spesso saghe come queste si trascinano stancamente oltre il decoro, ma se il livello prodotto da Erikson nei prossimi libri sarà anche solo vicino a quello di questo volume, spero che The Malazan Book of the Fallen non abbia fine.

Autore: Daniele Urso - Data: 15 febbraio 2006



[size=7]La Casa delle Catene/size]
In uscita a gennaio 2007... non si sa il giorno preciso però...

SPOILER (click to view)
Nel nord di Genabackis, una turba di bellicosi guerrieri tribali scende dalle alture montuose verso le pianure del meridione. Il loro intento e quello di fare scempio delle disprezzate genti delle pianure, sennonché per un guerriero chiamato Karsa Orlong sembrano aprirsi le premesse per uno straordinario destino. Qualche anno dopo, i evidenziano le conseguenze delle Chain of Dogs. Tavore, la nuova inviata dell’Imperatrice, raggiunge ciò che rimane dell’ultima roccaforte di Malazan sulle Sette Città. Inesperta, ha il compito di guidare dodicimila soldati (perlopiù semplici reclute, ad eccezione di un pugno di veterani della leggendaria marcia di Coltaine), trasformandoli in un’armata in grado di resistere all’assalto delle orde sterminate del Turbine di Sha’ik acquartierate nel cuore del Deserto Sacro. Ma l’attesa non è mai facile. I signori della guerra del Veggente sono paralizzati in una lotta per il predominio che minaccia l’anima stessa della ribellione, mentre la stessa Sha’ik è in preda alla sofferenza, ossessionata dalla sorella Tavore che minaccia di venire la sua nemesi…


Per questo ultimo volume la fonte è http://www.armenia.it/

 
Top
Delmar
view post Posted on 2/6/2021, 18:43




Delmar
 
Top
1 replies since 9/1/2007, 21:07   779 views
  Share