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| Immaginate un mondo dove la prosperità e la cultura hanno reso l' Africa ricca e potente, mentre la miseria e l' arretratezza hanno fatto scivolare i paesi occidentali in un drammatico medioevo. Un mondo capovolto, insomma, dove orde di miserabili migranti cercano di entrare illegalmente nell' eldorado africano per sfuggire alla fame, alle guerre, alle malattie e all' analfabetismo che sconvolgono l' Europa. E' questa la paradossale provocazione da cui trae forza e significato Gli Stati Uniti d' Africa, l' originale romanzo di Abdourahman A. Waberi, scrittore nato a Gibuti ma residente in Francia da diversi anni, dove con i suoi romanzi si è conquistato innumerevoli consensi e riconoscimenti.
Sullo sfondo di questo universo rovesciato, descritto con precisione e non senza ironia, l' autore intreccia due storie. Quella di un povero cittadino svizzero emigrato per necessità nel continente nero, dove cerca di sfuggire alle minacce di chi dà la caccia ai bianchi sans papier. E quella di Maya, una scultrice trentenne nata in una Normandia poverissima, abbandonata dalla madre e adottata da una coppia agiata dell' Asmara. Alla morte della madre adottiva, la giovane donna, in preda a una grave crisi d' identità, partirà per l' Europa alla ricerca delle proprie origini e alla scoperta di quel mondo disperato in cui è nata.
Pur con qualche incertezza sul piano della costruzione narrativa, la favola morale di Waberi risulta abile ed efficace, riuscendo a conciliare intenti polemici e forza letteraria. Rovesciando i ruoli tradizionali, lo scrittore gioca sull' effetto spiazzante di una situazione nota che però cambia di segno. Il romanzo agisce allora come uno specchio deformante che ci costringe ad abbandonare sicurezze e punti di riferimento abituali, invitandoci a guardare le relazioni nord-sud attraverso il punto di vista di chi di solito le subisce. Ne risulta un esercizio salutare, frutto di una lettura che riserva non poche sorprese.
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