SUEZ 1956

LA SFIDA DELL'EGITTO

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  1. kiccasinai
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    SUEZ 1956
    LA SFIDA DELL'EGITTO


    Alessandria d’Egitto, 26 luglio 1956.
    «Stiamo costruendo il nostro Paese su basi solide…se torniamo al passato è per cancellare le tracce di una colonizzazione dannosa, e ritrovare la nostra dignità. Per questo motivo firmo, d’intesa con il governo, questa legge». Così afferma il Presidente della Repubblica egiziana, Gamael Abdel Nasser.

    Dopo queste parole la folla inizia ad acclamare il suo leader: finalmente un egiziano ha il coraggio di lanciare una sfida all’Occidente. Nasser ha deciso di nazionalizzare il Canale di Suez, fino a quel momento sotto il controllo militare dell’Inghilterra.



    Questa sfida ha fatto tremare il mondo, portandolo sull’orlo della Terza guerra mondiale.

    18 giugno 1953: la nascita della Repubblica Egiziana
    Nel ’52 Gamal ‘Abd al-Nasser, 38 anni, Colonnello dell’esercito, insieme al movimento dei "Liberi Ufficiali", rovescia il regime di Re Farouk e, un anno dopo, allontana il Presidente provvisorio della Repubblica d'Egitto, il generale Muhammad Nagib, il quale aveva cercato di restituire il potere ai partiti, ripristinando un regime liberal-democratico. Nasser, sostenuto inizialmente dai Fratelli musulmani e dal Partito Comunista egiziano, si allontana gradualmente dai suoi compagni preferendo una politica di unità nazionale. In pochi mesi riesce a imporsi e, abbandonate le strategie cooperative con le potenze europee, afferma da subito un'identità indipendente e nazionalista Araba. Questa politica gli vale la simpatia dell’America che vede in lui un argine contro il comunismo; ma Nasser comunque pensa che l’Egitto non debba schierarsi con nessuno dei due blocchi.

    Il 18 aprile del ‘55 si apre a Bandung la prima Conferenza dei Paesi non allineati dove Nasser incontra i leader del terzo mondo, i precursori del movimenti di decolonizzazione. È la sua prima apparizione sulla scena internazionale, e poiché sa che l’indipendenza dell’Egitto potrà passare solo attraverso la lotta armata, per lui la Conferenza è l’occasione per costruire nuove alleanze e trovare le armi di cui ha bisogno.

    Sarà il Primo Ministro cinese, Chou En-Lai, ha dargli un consiglio importante e a proporgli di rivolgersi ai Paesi dell’Est. Così Nasser, per ottenere le armi, si rivolge all’Unione Sovietica e quando finalmente le ottiene organizzerà una sfilata per le vie del Cairo, per esibirle al popolo e al resto del mondo.

    Intanto gli attriti con Israele si moltiplicano, il raid di Gaza del 28 febbraio ‘55, nel quale forze di difesa israeliane uccisero quaranta soldati egiziani, rappresenta il punto di svolta nelle relazioni tra le due nazioni. A seguito di questo incidente Nasser, come prima cosa, si reca personalmente nella Striscia di Gaza dove si addestrano i Fedayn palestinesi, e poi decide di impedire l’accesso al Mar Rosso agli Israeliani.

    Oltre a Israele per Nasser l’altra priorità da risolvere è l’economia: non trovando più sbocco nel mercato inglese, infatti, le piccole imprese egiziane che trattano il cotone sono costrette a chiudere. L’industria egiziana è praticamente inesistente; tutto quello che resta sono le coltivazioni, ma si tratta di un’agricoltura arretrata, che necessita di acqua e di irrigazioni adeguate per sfamare una popolazione che, intanto, continua ad aumentare.

    La rivoluzione promessa da Nasser quindi si basa sulla riforma agraria, ma si rivela subito inattuabile a causa dell’assenza di mezzi di sviluppo e di finanziamenti. Il leader egiziano inizia così a cercare il prestito necessario per costruire la Grande Diga di Assuan e dare un nuovo impulso all’agricoltura egiziana, e propone diversi progetti sia ai francesi che agli inglesi, ma riceve promesse di aiuto solo dagli americani, tramite la Banca mondiale.

    Ma in seguito l’America, temendo che Nasser stesse giocando su due fronti: instarurando da un lato un rapporto privilegiato con l'Occidente per diventarne il suo principale interlocutore nel Mondo arabo, e iniziando però dall'altro un dialogo più costruttivo con l'URSS di Nikita Krusciov, cambia idea e dichiara di non concedere più il prestito all'Egitto.
    Per l’Egitto si tratta di un fulmine a ciel sereno; queste in seguito le parole di Nasser: «Sono rimasto sorpreso dall’atteggiamento offensivo di questo rifiuto, non tanto dalle ragioni addotte, quanto dall’atteggiamento insultante con cui è stato espresso, e dall’umiliazione che ha arrecato al nostro Paese. Il rifiuto è la diretta conseguenza della nostra situazione finanziaria e dello stato della nostra economia».

    La nazionalizzazione del Canale di Suez
    Poiché i 400 milioni di dollari promessi dagli Americani non arrivano e il progetto di costruire una grande diga nel territorio di Assuan rischia di svanire, il leader egiziano cerca un altro modo per ottenere il denaro, prendendo una decisione impensabile per un Paese del Terzo mondo.
    La Compagnia Internazionale del Canale di Suez, i cui azionisti erano inglesi e francesi, infatti, guadagna moltissimi soldi dallo sfruttamento dello stesso, versando all’Egitto solo il 7 % dei ricavi: Nasser decide di cambiare le regole del gioco e il 23 luglio del ’56 annuncia la nazionalizzazione del Canale.

    La notizia arriva al Parlamento francese durante un dibattito sulla crisi algerina: è come una bomba. Il Ministro degli Esteri francese Christian Pinot dichiara: «Dobbiamo spezzare Nasser». Abel Thomas, Direttore di Gabinetto e Ministro della Difesa Francese, ricorda: «La nostra generazione era l’erede del fallimento di Monaco, quando avevamo creduto alle menzogne di Hitler. Nasser, non dimentichiamolo, era un dittatore militarista; il suo disegno era di riunificare in un’unica nazione 400 milioni di arabi; a quel punto ci siamo detti: "Questo Nasser vuole fare come Hitler"».

    Da Londra a Parigi la stampa è unanime: tutti denunciano il colpo di mano di Nasser. E mentre Francia e Inghilterra valutano l’ipotesi di un intervento militare, Washington prende tempo: mancano pochi mesi alle elezioni e il Presidente Eisenhower è ancora in vacanza. In uno scarno comunicato il Dipartimento di Stato precisa: “La situazione egiziana interessa esclusivamente le nazioni europee che fanno affidamento sul Canale di Suez per il trasporto del petrolio”. È dunque come semplice mediatore che il Segretario di Stato americano John Foster Dulles si reca a Londra per proporre una Conferenza Internazionale tra tutti gli Stati interessati.

    La crisi algerina e la Conferenza Internazionale
    La Francia è interessata alla soluzione militare perché proprio in quei mesi Nasser sta finanziando il Fronte Nazionale per la Liberazione algerina, che dal ’54 combatte in nome dell’indipendenza. A questo proposito, nel mese di marzo Christian Pinot chiede a Nasser di sospendere gli aiuti agli Algerini, ma riceverà un netto rifiuto. Gli aiuti militari da parte dell’Egitto, comunque, sono di fatto inferiori rispetto a quanto dichiara la Francia, e consistono per lo più nell’addestramento dei giovani algerini.

    Proprio mentre Marocco e Tunisia ottengono l’indipendenza, il parlamento francese conferisce a Jacques Soustelle poteri speciali per risolvere la crisi in Algeria e ristabilire la pace. Lo Stato Maggiore francese è convinto che per reprimere definitivamente la rivolta sia necessario isolare i ribelli del FNL dalle loro basi in Egitto e chiudere la partita con il dittatore del Cairo. Il Generale Brohon, Comandante in Capo dell’Aeronautica Militare francese, racconta: «Elaborammo un piano che prevedeva un’incursione molto rapida: dovevamo sbarcare nel giro di otto giorni, spazzare via la resistenza, ed eliminare Nasser. Raggiunto l’obiettivo saremmo ripartiti subito per evitare problemi con gli Arabi».

    Così Francia e Inghilterra dispiegano tutta la loro forza militare. È essenziale infatti dimostrare all’opinione pubblica, e soprattutto all’Egitto, la loro determinazione a intervenire militarmente qualora l’Egitto non receda dall’intento di nazionalizzare il Canale. Anthony Eden, allora Primo Ministro inglese, dichiarò: «Perché non abbiamo fiducia in Nasser? La risposta è semplice: guardate cos’è accaduto in passato. Non abbiamo nulla contro l’Egitto, e ancor meno contro gli Arabi, ma solo contro il Colonnello Nasser. Nasser ha detto di volere un nuovo spirito di collaborazione nelle relazioni anglo-egiziane, per parte nostra eravamo ben disposti, ma invece di incontrarci con spirito costruttivo, il Colonnello Nasser ha condotto una campagna ingiuriosa contro il nostro Paese, si è dimostrato incapace di rispettare qualsiasi accordo».

    Per Nasser negoziare con gli Occidentali da un lato significa rinunciare alla propria sovranità, e dall’altro, cosa ancora più importante, tradire la fierezza che egli ha fatto rinascere nel mondo arabo. Il leader egiziano decide quindi di non partecipare alla Conferenza Internazionale. Durante la Conferenza le nazioni aderenti dimostrano di essere contrarie a un regime di forza.

    Gli Usa propongono una soluzione internazionale che però viene rifiutata dall’Egitto, mentre Francia e Inghilterra iniziano a prendere accordi segreti tra loro. E intanto, a Cipro, i Francesi sbarcano diverse truppe di paracadutisti. Il 12 settembre ’56 Eisenhower, venuto a conoscenza dei movimenti militari anglo-francesi, dichiara: «Come sapete il nostro Paese non entrerà in guerra, mai, almeno finché io svolgerò le mie funzioni o che il Congresso non si riunisca e decida di dichiarare lo stato di guerra».

    A Francia e Inghilterra, quindi, resta solo la carta dell’ONU. Per tutto il mese di settembre tra i due Paesi ci sarà un continuo scambio di accordi diplomatici, ripresi da televisione e stampa. Il 14 ottobre, alle Nazioni Unite diviene ben chiaro che ogni nazione persegue il suo scopo: i Russi mirano a sostenere il loro nuovo alleato egiziano, gli Inglesi vogliono ottenere il sostegno degli Usa che però sono più interessati alla pace che al Canale.
    I Francesi dal canto loro, approfittando del fatto che il sostegno egiziano agli Algerini è ormai esplicito, sperano di eliminare definitivamente Nasser.

    Gli accordi segreti di Sèvres
    Il 22 ottobre, mentre ad Algeri viene arrestato il leader algerino Ahmed Ben Bella, fatto che però non aiuterà ad allentare le tensioni in Algeria, a Sèvres, nei pressi di Parigi, si tiene un incontro segreto per mettere in pratica un piano congiunto tra Francia, Inghilterra e Israele contro l’Egitto.

    In un villino si incontrano il Primo Ministro israeliano, Ben Gurion, quello francese, Guy Mollet, e il Ministro degli Esteri britannico, Selwyn Lloyd. I tre concorderanno un comune attacco militare contro l’Egitto per la riconquista del Canale di Suez. Ma poiché Lloyd non è in grado di prendere decisioni a nome dell’Inghilterra, a mezzanotte spiega di dover tornare in patria per consultare il Primo Ministro. Da Londra, però, non manderà più nessuna notizia.

    Per ottenere l’aiuto inglese, quindi, i Francesi si recano direttamente da Anthony Eden il quale, molto probabilmente, proprio in quel colloquio si impegna a far intervenire l’aviazione inglese 36 ore dopo l’ultimatum agli Egiziani e il ritiro degli Israeliani.
    Il protocollo segreto di Sèvres prevede due fasi: nella prima si garantisce a Israele il sostegno per la distruzione del nuovo esercito egiziano, mentre la seconda prevede il controllo sul Canale da parte di Francia e Inghilterra. Ma non solo: Shimon Peres riesce a ottenere anche di poter produrre energia atomica per uso civile, adducendo come ragione il fatto che Israele essendo circondata da 400 milioni di Arabi aveva un solo modo per proteggersi, ovvero proprio attraverso il nucleare.

    Sarà quindi la Francia ad aiutare Israele a diventare una potenza nucleare, anche se questa clausola non verrà mai scritta di fatto sugli accordi di Sèvres.

    I combattimenti tra Egitto e Israele
    Secondo l’accordo Israele ha il compito di far scoccare la scintilla iniziale per provocare il conflitto. Intanto il 29 ottobre si passa alla fase operativa: la decima divisione paracadutista francese lascia Algeri per congiungersi con le forze aeree e navali dislocate a Cipro proprio davanti alle coste egiziane. Altre truppe vengono inviate con un ponte aereo.

    Ma poiché la prima fase deve essere di minimo impatto, gli obiettivi per la prima notte, ossia tra il 29 e il 30 ottobre, sono solamente due: lasciare parte del battaglione a est del Mitla, e quindi nella regione a est del Golfo di Suez, e prendere posizione più a nord, nel tratto centrale della strada per Ismailia. La prima domanda che gli Egiziani si pongono è perché gli Israeliani abbiano lanciato i paracadutisti sul passo Mitla. La risposta è che Mitla si trova ad appena 50 km dal Canale di Suez e poiché eventuali combattimenti in questo territorio pongono a rischio la zona sotto il controllo francese e inglese, le due nazioni europee potranno lanciare un pretestuoso ultimatum all’Egitto e a Israele, chiedendo il cessate il fuoco.

    È la seconda fase del piano: in caso di rifiuto, infatti, per Parigi e Londra sarà legittimo intervenire militarmente per garantire la libera circolazione sul Canale. Intanto iniziano i primi combattimenti e l’Egitto concentra gran parte delle sue forze nel punto strategico di Abu-aghillà: caduta questa, infatti, per gli Israeliani sarà facile avanzare verso Ismailia.

    Il 30 ottobre, quindi, Francia e Inghilterra lanciano l’ultimatum dall’ONU: come previsto Israele accetta, l’Egitto invece rifiuta. Così, per contrastare l’intesa anglo-francese e per timore che l’Unione Sovietica intervenga affianco degli Egiziani, gli Usa chiedono al Consiglio dell’ONU di comandare l’immediata cessazione delle ostilità. Ma grazie al loro diritto di veto, Parigi e Londra bloccano l’iniziativa, e il piano di Sèvres procede come previsto.

    Ormai, per risolvere la crisi, non c’è che una strada: la guerra
    Il ricordo di Nasser: «Quando ho sentito le sirene dell’allarme aereo ero con l’ambasciatore indonesiano; subito dopo c’è stato un blackout, poi ho sentito passare un jet, ho detto all’ambasciatore: “Sono aerei a reazione, gli Israeliani non ne hanno, possono essere solo Inglesi». Gli Inglesi, infatti, hanno mantenuto il loro impegno e hanno iniziato a bombardare gli aeroporti egiziani.

    Il giorno dopo, il 31 ottobre, i bombardamenti aerei vincono la resistenza di Abu-aghillà: la strada verso Ismailia è quindi libera. Per proteggere il Cairo da un possibile attacco francese, Nasser decide di ritirare le truppe dal Sinai e gli armamenti che sono ancora inutilizzati. Nasser: «Quando abbiamo dovuto contrastare l’attacco aereo congiunto di Inghilterra e Francia, oltre che di Israele, è stato chiaro che non avevamo più speranza. Il solo risultato sarebbe stato il sacrificio di tutta l’aviazione; avevamo numerosi aerei sul confine e perciò abbiamo deciso di inviarne alcuni in Arabia Saudita e in Sudan».

    L’esercito israeliano, quindi, attraversa il Sinai, e si dirige verso nord. Una seconda brigata raggiunge Gaza dove disarma i fedayn, per poi congiungersi con le altre forze, tra cui quella di Ariel Sharon, sulla “linea delle dieci miglia” (16 km a nord del Canale di Suez). La macchina militare è ormai in moto, ma gli Usa non si rassegnano e continuano a far sentire la propria voce contro la guerra. John Foster Dulles, Segretario di Stato, dichiara il 2 novembre: «Gli Stati Uniti sono in totale disaccordo con i tre Paesi, malgrado i profondi legami di amicizia e rispetto che ci legano a loro; due di loro sono nostri vecchi e fedeli alleati».

    Intanto le immagini del 3 novembre in cui si vedono carri armati egiziani, nuovi di zecca, abbandonati nel deserto vicino al Sinai, fanno il giro del mondo, mostrando chiaramente la rapidità e la portata della vittoria israeliana. Ma la guerra continua: Nasser fa affondare tutte le 40 navi egiziane presenti nel Canale, chiudendolo di fatto fino all'inizio del 1957.
    All’alba del 5 novembre il terzo battaglione del reggimento paracadutisti francese si lancia sul campo aereo di El Gamil, stabilendo una base sicura per i rinforzi in arrivo.

    Le pressioni di Usa e Urss e la fine del conflitto
    La soluzione finale sembra ormai alle porte quando, sempre il 5 novembre, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, un delegato sovietico consegna una lettera durissima redatta lo stesso giorno da Nikolai Bulganin, indirizzata a Guy Mollet e Eden. Il timore di Washington è diventato realtà: la Russia non può accettare passivamente che venga attaccato un suo alleato, e se l’ultimatum di Bulganin non riceverà una risposta adeguata, Kruscev è deciso a intervenire al fianco dell’Egitto. L’America, quindi, rischia di essere coinvolta.

    Ma alle prime luci del 6 novembre le navi da guerra inglesi, in posizione al largo di Port Said, iniziano a sparare, dando fuoco di copertura per gli sbarchi e causando danni considerevoli alle batterie egiziane. A Port Fouad i paracadutisti del primo contingente iniziano a controllare le strade, ma la loro avanzata viene rallentata dai tiratori appostati sugli edifici. Mentre infuriano i combattimenti però, a Londra, Eden è stretto in una doppia morsa: da un lato il Primo Ministro indiano Jawaharlal Nehru e altri leader minacciano di abbandonare il Commonwealth, dall’altro Eisenhower minaccia di vendere le riserve statunitensi della sterlina, provocando così il crollo della valuta britannica.

    Il messaggio americano è arrivato e Eden prende la sua decisione: poco prima di pranzo telefona a Guy Mollet per bloccare l’operazione. Ma questi lo ignora e cerca di guadagnare tempo perché sa che entro poche ore il suo corpo d’armata arriverà a Suez e centrerà quindi l’obiettivo: per lui vale la pena aspettare. Ma nel pomeriggio la BBC annuncia la decisione del governo inglese di cessare il fuoco a partire dalla mezzanotte del 6 novembre. Il 7 quindi le armi tacciono. I caduti per la Francia alla fine saranno 11, le perdite egiziane invece centinaia.

    Costretti dalle pressioni degli Usa e dell’Urss, Francia e Inghilterra decidono di lasciare all’ONU le postazioni appena conquistate. Ma a Parigi si continua a credere che la partita sia ancora aperta e in Egitto i paracadutisti, nonostante non avessero ricevuto nessun ordine, continuano a minare i terreni egiziani per creare tensioni. Vogliono finire la questione con Nasser. Lester Pearson, Ministro degli Esteri canadese, propone quindi all'ONU la creazione di una Forza di emergenza delle Nazioni Unite (UNEF) a Suez per “mantenere i confini in pace, mentre si cerca un accordo politico”.

    Le Nazioni Unite accettano e la forza viene inviata migliorando enormemente le condizioni dell'area. Pearson, nel 1957, verrà premiato con il Nobel per la pace proprio per il suo impegno apportato nella Crisi di Suez: egli sarà considerato il padre del moderno concetto di "peacekeeping".

    Esiti e scenari finali
    Di fatto Londra e Parigi escono sconfitte dalla crisi, e Anthony Eden darà le dimissioni nel 1957. L’Egitto, invece, ha ottenuto la sua rivincita nei confronti dell’Occidente: nonostante le perdite e la distruzione della sua aviazione, infatti, ha conquistato il controllo del Canale di Suez e si è guadagnato il rispetto e l’ammirazione del mondo arabo. Israele da parte sua ha ottenuto molto dal conflitto, avviandosi a diventare una potenza militare anche grazie all’accesso all’energia nucleare; inoltre il suo vicino più forte, l’Egitto appunto, si è seriamente indebolito militarmente.

    Ma neanche questa guerra basterà a garantire la pace in una regione da sempre teatro di contese e conflitti
     
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