AGGIORNAMENTO 15 GIUGNO 2008Ho inviato la lettera postata qui sotto ai programmi tv e alle testate qui elencate:
COMINCIAMO BENE ESTATE;
IL GIORNALE ;
LA STAMPA;
LA REPUBBLICA;
IL MESSAGGERO;
CORRIERE DELLA SERA LA SICILIA ;
PANORAMA ;
L'ESPRESSO ;
LA VOCE ;
IL SOLE 24 ORE ;
TG1.
La lettera inoltre è già stata pubblicata sul blog del "Comitato del Castello di Arrone"
http://blog.libero.it/castellodiarrone di utente del forum che lotta insieme a noi e che ringrazio di cuore per l'impegno!
Il disagio di una nazione dietro un difetto di fabbricazione di Chiara Conti
Possono dipendere da un difetto di fabbricazione ( di un comune bene d'acquisto) problemi economici e sociali di un'intera nazione?!
Purtroppo sembra di si. Tutto ha inizio dalla presenza di un difetto di fabbricazione su una serie di prodotti della stessa casa produttrice. Potrebbero essere lavatrici, lavastoviglie, in questo caso si tratta di computer portatili, ma non è importante, non è questa infatti la sede appropriata per enunciare gli aspetti tecnici della questione, poiché lo scopo di questa lettera non è accusare qualche marchio famoso o provare la difettosità di un prodotto, ma evidenziare cosa esiste dietro un caso all’apparenza banale nella sua quotidianità.
All’origine di tutto vi è un principio: preferire ad un prodotto a basso costo, con conseguente rischio di affidabilità limitata, uno più costoso, garantito dal Marchio sinonimo di qualità.
A questo bisogna aggiungere due genitori che hanno la fortuna di lavorare entrambi, seppur con contratti a termine. Questo li "costringe" a valutare maggiormente la necessità o meno di qualsiasi spesa. L'esperienza gli ha insegnato ad evitare i risparmi facili che nel tempo potrebbero richiedere spese impreviste. Davanti quindi alla richiesta della figlia di un portatile necessario per lo studio, si decide di affidarsi al principio.
Purtroppo è anche vero che non tutte le ciambelle riescono col buco, e proprio il prodotto da loro acquistato presenta dei difetti dopo poco più di un anno dall'acquisto. Avendo dalla loro parte la legge che prevede 26 mesi di garanzia data dal venditore su un qualsiasi bene acquistato per uso personale, che presenti entro 24 mesi un difetto di conformità (Decreto del 24/2002), ma anche il nome del Marchio, sinonimo sempre di qualità anche nel rapporto con il cliente, la famiglia si reca dal venditore il quale invia il prodotto all'assistenza della casa produttrice. Dopo due mesi di attesa ecco arrivato il portatile, ma con una sorpresa: la casa produttrice non considera difetto quel problema presentatosi sul bene, che sarebbe secondo questa solo una “normale usura” di un componente, quindi niente riparazione. Come scritto sopra, non è il caso di entrare in merito a questioni tecniche, non è qui che si deve soffermare la nostra attenzione, chi sarà interessato potrà consultare on-line tutti i documenti relativi al caso. Continuiamo a dare per buono questi fatti e a raccontare le vicende.
Riparare il difetto costerebbe troppo, quasi quanto l'acquisto del prodotto nuovo, per questo la famiglia tenterà di risolvere la situazione chiedendo appoggio ad una associazione consumatori e rifiutando la subdola offerta di un rappresentante di quel Marchio di poter riparare il prodotto sottobanco, pur di evitare pubblicità negativa al Marchio stesso. L’associazione consumatori appoggia subito la famiglia, ma con la stessa velocità si dimenticherà di loro, tra le scuse di impegni inderogabili. Sembra non ci siano più possibilità di vedere i propri diritti rivendicati.
A differenza di quello che si sente negli speciali tv sui figli italiani, abituati ad avere tutto dalla vita e incapaci di lottare per qualcosa, Chiara, la figlia alla quale avevano acquistato il portatile, non accetta la perdita di quei soldi immolati ad un principio non più valido o non valido forse solo per quel Marchio che dall'alto decide di aggirare le leggi degli stati. La ragazza deciderà quindi di servirsi di uno strumento simbolo della sua gioventù, tacciato a volte come veicolo di idee malsane, ma strumento a volte di grande unione: Internet. Grazie ad esso scoprirà di non essere la sola a possedere un portatile di quel Marchio con quel difetto, ma che tanti altri in Italia e nel mondo denunciano lo stesso problema.
Aprirà quindi un forum, per riunire i consumatori con il suo stesso problema. Nonostante sia poco visibile nella grande rete internet, il forum riesce ad unire più di cento persone sparse per tutta l'Italia in pochissimi mesi.
Anche questa volta lo stato è dalla sua parte: la finanziaria 2008 approva un emendamento: sarà possibile sostenere una causa risarcitoria collettiva, diversa dalla class action americana, ma permetterà di portare avanti una causa tutti insieme appoggiati da un’associazione consumatori. Mancano solo due cose: gli avvocati e qualche sito o programma tv che possa fargli pubblicità, in modo da far salire il numero di partecipanti alla causa. Chiara e gli altri cento partecipanti contattano tutte le associazioni consumatori e i programmi tv, ma…..nessuno li appoggia.
Che delusione: tutte queste associazioni che invitano i cittadini a farsi sentire, sono proprio loro, adesso, a voltargli le spalle. Proprio da qui partono le riflessioni su quel che sta dietro questa storia. Tornando indietro con il racconto infatti torna subito alla mente l’idea dell’italiano medio, del lavoratore precario e di tutti quei discorsi dei politici che elogiano questo nuovo stile di vita, in quanto stimola il cittadino a lavorare con maggiore impegno. Ripensando a quel padre, per il quale è necessario avere denaro da parte ( non avendo un impiego sicuro per tutta la vita ) spendere mille o duemila euro per un computer portatile è una spesa importante, che può sicuramente essere affrontata, ma solo nel momento in cui quella cifra ha un valore reale. Ma se dopo un anno si è costretti a ricomprare il prodotto, la spesa sarà insostenibile per un lavoratore che non ha una certezza economica. Allora si può dire SI al lavoro precario, ma solo nel momento in cui quello che circonda il lavoratore è a misura del suo stile di vita. E allora viene in mente un’altra cosa: lo stato con le sue leggi effettivamente tutela il cittadino: esiste infatti quella legge sopraccitata che garantisce un bene di acquisto per due anni, ma il problema sta in chi deve farle rispettare queste leggi, in chi deve fare da tramite tra il cittadino e lo stato. Le tanto blasonate associazioni consumatori dove sono? La famiglia di cui abbiamo parlato infatti, convinta inizialmente di esser appoggiata da una associazione consumatori forte, ha scoperto di essere invece in mano ad avvocati inesperti che avevano interpretato male la legge, lasciando che i termini utili per fare causa al venditore scadessero.
Eppure lo stato va nuovamente incontro al cittadino con l’approvazione del decreto sulla causa risarcitoria collettiva ( entrerà in vigore a giugno 2008) , ma anche in questo caso, chi doveva aiutare queste cento persone dove sta??
Allora il precariato non è solo nel lavoro, ma anche nella quotidianità. Questa storia insegna infatti che è meno rischioso spendere il meno possibile in un prodotto, se tanto offre le stesse garanzie di uno costoso. Ecco allora il problema della merce contraffatta, della merce taroccata, che destabilizza il commercio italiano. Ma se un giorno, la nostra famiglia, stanca di tutte queste lotte, di tutto il tempo perso con gli avvocati, dovendo far i conti con il portafoglio, scegliesse quel prodotto non italiano, poco costoso, forse non originale…chi gli punterebbe il dito contro?
E se potesse tornare indietro nel tempo, pensate rifiuterebbe nuovamente di farsi riparare sottobanco il portatile da quel rappresentate del Marchio, pur essendo una scelta vile? Non lo sapremo mai, ma di sicuro l’italiano non si scandalizzi se l’Italia è il paese dei favoritismi e degli aiuti sottobanco. Non si scandalizzi se Chiara è stata chiamata “fessa” per aver continuato a lottare per far rispettare i propri diritti. Ecco cosa si nasconde dietro un difetto di fabbricazione non riconosciuto: il disagio di una nazione incapace di dare strumenti al cittadino per poter vivere tranquillamente la legalità. E il difetto di fabbricazione è l’esempio più stupido: è quell’imprevisto quotidiano, che sembra passare inosservato, ma è dalle piccole cose che si deve cominciare a lottare per sentirsi tutelati davanti agli eventi gravi.
Ovviamente avrete capito che Chiara sono io, una ingenua e disillusa studentessa ventenne, stanca di vedere la propria generazione additata come la generazione dipendente dal telefonino, dall’alcol o dalla droga, perché parte della nostra generazione, nonostante non faccia notizia, dipende anche da quella sostanza…come si chiama..ah si “Legalità” !
Se qualcuno volesse approfondire la questione nei suoi aspetti tecnici, può visitare il forum
http://petizionecontrohp.forumfree.net/ o scrivermi all’indirizzo
[email protected]Edited by kia44 - 15/6/2008, 15:13