STORIA DELLA DANZA ORIENTALE

Dalle origini ad oggi

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  1. kiccasinai
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    :1208269852.gif: LA STORIA DELLA DANZA ORIENTALE :1208269943.gif:

    fonte: www.salua.it/danza.asp

    Purtroppo non esiste nessuna documentazione scritta sulla Danza Orientale che risale a periodi antecedenti il 1800. Possiamo comunque provare a riscoprire nel corso della storia quelle danze che ci ricordano e si avvicinano alla danza orientale.



    Testimonianze archeologiche indicano che le donne erano molto considerate nelle civiltà pre-urbane e solo in seguito persero importanza. Ritrovamenti di numerose statuine e decorazioni parietali di molti luoghi sacri rappresentano soprattutto figure femminili e indicano che il culto della dea-madre era praticato in tutto il Medio Oriente nel periodo neolitico, e in alcune zone sopravvisse fino al 2000 a.C.

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    La dea babilonese “Ishtar” rappresenta il prototipo della Grande Dea, simbolo di fertilità, dell’amore e della sensualità.


    Le sacerdotesse la onoravano con Danze sacre. Danze propiziatorie e rituali magici che coinvolgevano anche i fedeli attraverso il movimento del corpo allo scopo di raggiungere uno stato mistico per entrare in contatto con la Divinità. Con la danza entravano in relazione profonda con i ritmi della natura. Imitandoli e identificandosi con essi, danzavano gli eventi più importanti della loro esistenza quali, ad esempio, la nascita, la semina, il raccolto, il matrimonio ecc. Le Danze non erano strutturate secondo canoni estetici, che si sono formati successivamente, ma improvvisate per dare libero sfogo all’espressività e all’emozione.

    Gesti semplici che rievocano i movimenti degli animali, del mare, della luna, del fuoco. Nella danza orientale molti movimenti imitano diversi animali come il serpente o il cammello, le onde del mare, la forma della luna o del cerchio-uovo primordiale, movimenti che ricordano il parto o l’atto sessuale. Nella danza della fertilità (praticata da giovani donne che ballavano in onore della Dea Madre per affrontare i dolori e i segreti della maternità) ritroviamo i particolari movimenti dei fianchi che contraddistinguono la danza del ventre e lo shimmy - la particolare vibrazione del bacino.image

    Successivamente con l’affermarsi delle culture patriarcali si distinse in danza laica, organizzata nelle celebrazioni a carattere sociale come nozze, banchetti ed anche feste dedicate al ricordo dei morti poiché esisteva la credenza che i morti dovevano godere di un ambiente grande ed allegro dentro la loro tomba, e che i loro parenti dovevano organizzare gioiose feste in loro memoria; danza ufficiale, organizzata dai Re ed i loro rappresentanti generalmente in onore di alcuni Dei; danza popolare o civile, che si celebrava generalmente nei palazzi o nelle case ed era eseguita da gruppi di ballerini di ambo i sessi che erano alle dipendenze dei Signori degli Alcazar (palazzi fortificati).


    Pur essendo stata praticata a livello popolare, la danza orientale ebbe varianti raffinate nei secoli X e XI e durante il periodo ottomano, fino all’800. Dopo tale data subì un lento declino, che la condusse, in seguito a influenze occidentali, a forme di danza impoverite e distorte. E’ probabile che lo sfaldamento delle comunità rurali abbia contribuito direttamente a questa fase involutiva.


    Le schiave dell'Harem (giariya)

    Nel Medioevo donne di “straordinaria bellezza” venivano acquistate al mercato degli schiavi o venivano rapite come bottino di guerra. Tra le schiave (Indiane, Turche, Etiopi, Armene, etc.) che venivano portate nei palazzi di uomini potenti, Califfi, Sultani e ricchi mercanti, alcune si dedicavano al canto ed al ballo ed altre, le meno fortunate, ai lavori domestici.
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    Il padrone dell’harem le affidava ad esperti maestri che insegnavano loro a cantare, ballare, a recitare poesie, a suonare strumenti musicali ed anche a conoscere la medicina, l’astronomia ed altre scienze indispensabili in quel periodo.



    Le schiave-ballerine più esperte godevano di maggiore libertà, ed erano ammesse a competere con musicisti e poeti nelle grandi feste organizzate nei palazzi che duravano anche tutta la notte.


    Si racconta: “Intrattenevano gli ospiti, ballando e cantando e, a volte, prendevano le spade dei guardiani, se le sistemavano sopra la testa e continuavano a danzare al suono degli zagat”. In altre occasioni ballavano con un vaso sulla testa, come è mostrato da disegni di pittori orientali.

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    Durante queste feste alle altre donne del palazzo non era permesso assistere agli spettacoli. Potevano solo sbirciare da dietro le persiane chiuse attraverso piccole aperture del pannello di legno intagliato.



    Quando le schiave finivano lo spettacolo per gli uomini si recavano nella zona delle donne-mogli (Harem - di solito situato nei piani superiori del palazzo) e insieme ballavano lontane da sguardi di estranei.


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    L’influenza delle schiave si rinforzò poco a poco grazie alle loro capacità intellettuali e professionali. Molte di loro riuscirono ad impadronirsi di mente e sensi dei loro padroni tramite un intenso scambio verbale, in cui veniva usato corpo e cervello.

    Per poter progredire nella scala sociale le schiave si resero competitive nelle arti e nelle scienze ed ebbero un ruolo decisivo nel mantenimento e, allo stesso tempo, nell’evoluzione della danza orientale: aggiunsero quegli elementi che caratterizzavano le loro diverse culture.

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    Dalle GHAWAZEE ad oggi

    Si è scritto molto sulle ballerine egizie grazie a viaggiatori e scrittori del XIX secolo. :1208270290.gif:



    Le testimonianze mettono in evidenza più la donna che la danza e si basano su esperienze e teorie molto soggettive per i differenti sentimenti, pregiudizi, culture e opinioni dei diversi scrittori.



    In realtà possiamo distinguere le danzatrici egizie in due categorie principali:

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    - le awalim (sing. alma), note in occidente attraverso il termine almée, di origine francese, donne o studiose istruite. Scrivevano poesie, componevano musica, improvvisavano e cantavano. Danzavano, anche, ma solo per le donne. Spesso suonavano anche uno strumento per accompagnare le loro canzoni ed erano tenute in gran considerazione per i loro MAWAL, canti improvvisati.





    - le gawazee (sing. gaziyah generalmente tradotto con “zingara”) si pensa appartenessero ad una Cabila (tribù di berberi o beduini del nord Africa e Arabia) di dubbia provenienza, parlavano anche una lingua segreta, il sim. Erano donne molto eccentriche che si tingevano i capelli con l’hennè, si truccavano il volto, si delineavano gli occhi con l’antimonio, indossavano braccialetti, pendenti alle orecchie e piccoli cerchi d’oro al naso, anelli alle mani e alle dita dei piedi e collane di perle al collo. Danzavano durante le feste, celebrazioni, per la strada o di fronte ai caffè e risiedevano in quartieri speciali della città. Oltre a dedicarsi al ballo e al canto avevano altre attività come il disegno di tatuaggi, la preveggenza tramite conchiglie e sabbia, la lettura dei fondi del caffè, la circoncisione sui bambini e l’animazione delle feste.

    Oggi possiamo trovare le GAWAZEE solo occasionalmente durante celebrazioni svolte nell’Alto Egitto dove finalmente si sono insediate.



    Nel 1871 raggiunse la fama una ballerina chiamata SHAWQ. Fu lei che ballò davanti ad un numeroso gruppo di illustri spettatori durante la festa dell’inaugurazione del Canale di Suez, occasione in cui si fece conoscere anche il compositore italiano Verdi. Lo storico francese Charles Deday descrisse questa ballerina come “una selvaggia che attirava gli sguardi degli spettatori, pieni di ammirazione per la sua danza. Ballava con un velo sul volto che ad un certo punto toglieva, la sua figura era snella e flessibile, elementi che aggiungevano seduzione alla sua arte”. :1208269857.gif:

    Nel frattempo la strada del Cairo dove si erano concentrati gli spettacoli e dove viveva un gran numero di artisti era la Muhammad Alì Street. Aveva preso questo nome, nel 1845, dal governante dell’Egitto, Muhammad Alì, che ordinò di far aprire una strada che unisse il centro della città, la piazza Azbakia, alla fortezza.

    Nel 1893, negli Stati Uniti si svolse la celebrazione del quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’America e in questa occasione fu introdotta nel paese la danza orientale, denominata per la prima volta “belly dance”

    La danza di “Little Egypt” (così si fece chiamare la ballerina per l’occasione) accompagnata da un gruppo di musicisti, suscitò molto scalpore. Dopo questa prima apparizione la danza orientale trovò molti imitatori, particolarmente fra gli artisti di cabaret, che ne esageravano i movimenti del bacino - chiamato hoochie kookie - e introdussero gingilli vari e modifiche ai costumi (il costume del “belly dance” risulta così essere un parto della fantasia occidentale).


    image La condizione della danza era talmente cambiata che gli egiziani stessi la percepirono come qualcosa di disdicevole. La fiorente industria cinematografica egiziana degli anni ‘40 e il cinema hollywoodiano ebbero un ruolo fondamentale come veicolo di diffusione della danza e delle sue protagoniste, antenate della celebre sequenza del film 007 La spia che mi amava, nella quale una danzatrice “orientale” esegue la sua performance con un rubino nell’ombelico.

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    Nel contempo si assiste ad un declino della vitalità artistica della Muhammad Alì Street, dove era raggruppata la maggioranza dei locali in cui le danzatrici si esibivano e dove esse stesse vivevano.



    La loro condizione migliorerà quando, dopo la seconda guerra mondiale, all’emergere di teatri e concerti pubblici e alla diffusione del cinema, verrà loro riservato una spazio più “rispettabile” in cui esibirsi. Nel 1930 con l’apertura del “Casino Badia” di Badia Mansabny (ballerina di origine siriana), si afferma un tipo di ballerina diversa dalla alma e dalla gaziyah. Fu il primo locale di stile europeo al Cairo dove si esibirono alternandosi centinaia di ballerine, molte delle quali divennero famose. Ricordiamo Tahia Carioca, Samia Gamal, ....



    Dagli anni Sessanta in poi, inoltre, si va verso una professionalizzazione dell’espressione coreutica. Sorgono scuole d’arte finanziate dal governo, che sostiene il mantenimento di quelle tradizioni che sottolineano la loro appartenenza alla nazionalità egiziana. Le migliori danzatrici professioniste si esibiscono negli hotel a 5 stelle del Cairo. Alcune come Dina, Fifi Abdo, Lucy lavorano anche nel teatro e nel cinema.


    Edited by kiccasinai - 10/10/2010, 10:00
     
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    Danza orientale

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    La danza orientale, (in arabo raqs al sharqi, رقص شرقي, danza orientale) comprendente il Baladi, una danza che si trova solo in Egitto e Giordania (رقص بلدي, danza popolare), il sharqi (l'orientale) danzato da danzatrice occidentale , è anche nota come danza del ventre, anche se questo termine riduttivo è mal visto dalle danzatrici professioniste: non è del tutto corretto perché in realtà è il bacino a muoversi, mentre il ventre ne segue i movimenti. È un'arte ancestrale, una danza che esalta la femminilità. Il saidi che si trova solo in Egitto, suddivisa in Tahtib praticata solo da uomini e il Raks Al Assaya.

    1 Storia
    2 Danza del Ventre
    3 Le danze popolari
    4 La musica e i ritmi
    5 Bibliografia
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    Storia

    La danza orientale o baladi è una danza originaria del Medio-Oriente e dei paesi arabi, eseguita soprattutto, ma non esclusivamente, dalle donne. É considerata come una delle più antiche danze del mondo, soprattutto nei Paesi del Medio-Oriente e del Maghreb, come Egitto, Libano, Irak, Turchia, Marocco, Algeria.

    Si pensa che l'origine di questa danza si trovi nei riti di fertilità, associata sia alla religione che all'esoterismo. In senso stretto, il termine indica la danza classica orientale che si è sviluppata nelle corti principesche del Medio-Oriente. In un senso più vasto, può indicare tutte le forme che si conoscono al giorno d'oggi.

    Durante la Campagna d'Egitto di Napoleone, i soldati francesi vennero a contatto con questa danza: provenendo da una società relativamente puritana, il corpo scoperto delle danzatrici veniva percepito come un potente afrodisiaco. Nell'Inghilterra all'epoca questa danza era considerata azione del demonio: il sinuoso ancheggiare del bacino delle danzatrici venne erroneamente associato come invito alla prostituzione. È da questo motivo, ancora oggi associato alla danza, che dipende il termine "danza del ventre".
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    Danza del Ventre

    La danza orientale è tradizionalmente praticata dalle donne, perché esprime interamente la femminilità, la vitalità e la sensualità. La danza del ventre è unica nel suo genere: esistono diversi stili, che cambiano a seconda del Paese d'origine, come la danza col velo. In generale, questa danza è caratterizzata dalla sinuosità e dalla sensualità dei movimenti: è di effetto sia con musiche ritmate che lente. Di solito è praticata da danzatrici professioniste.

    La pratica della danza orientale è giunta in Europa e in America grazie ai cabaret degli anni '30 e '40: è da questo periodo, ma soprattutto dagli anni '90, che questa danza è diventata famosa in tutto il mondo.
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    La danza del ventre è particolarmente adatta al corpo femminile, perché aumenta la felssibilità e la tonicità del seno, delle spalle, delle braccia, del bacino, ma soprattutto della pancia: gli addominali sono coinvolti profondamente nei movimenti, modellando la linea e giovando agli organi interni. Tonifica le cosce, migliora l'agilità delle articolazioni e sembra ritardare l'osteoporosi. Inoltre, la danzatrice orientale ha il diritto di essere in carne - le danzatrici formose sono le più apprezzate - e può mostrare le proprie forme, come una statua di Maillol. Quello che importa non è la rotondità ma la sensualità, la grazia e la sinuosità dei movimenti.

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    Le danze popolari

    Nei villaggi egiziani, la danzatrice professionista è chiamata ghaziya (plurale, ghawazi). In origine, le ghawazi erano zingare: il termine è generico e non indica una particolare tribù di provenienza. Il ruolo della cultura tzigana si riconosce nel termine turco per danzatrice, ovvero cengi, che deriva da cingene, tzigana.

    In egiziano, ghawazi significa invasore o straniero e infatti ancora oggi gli zingari vivono alla periferia delle città e ai margini della società.

    Il cinema egiziano ha reso note grandi danzatrici come Tahia Carioca, Samia Gamal, Neima Akif, per nominare le più conosciute. Oggi, i nomi più noti sono Najwa Fouad, Fifi Abdou, Dina, Ketty "la francese", Amani "del Libano" e Samara "di Marsiglia".


    La musica e i ritmi

    Per una danzatrice è molto importante saper riconoscere i vari ritmi della musica araba, poiché, essenzialmente, la danza del ventre è soprattutto improvvisazione e ad ogmi ritmo vanno associati vari tipi di movimenti e vari stili.

    Tra i ritmi più utilizzati ricordiamo:

    Ritmo Maqsoum,un ritmo a 2/4, caratterizzato dal susseguirsi di due battute di suono acuto(taK) e un suono grave(dum).

    Ritmo Malfouf, ritmo a 4/4 che solitamente accompagna l'entrata in scena della danzatrice.

    Ritmo Fallahi, è un ritmo a 4/4 tipico dei contadini che lavoravano nei campi, è molto veloce e viene spesso accompagnato da passi bilanciati dei fianchi.

    Ritmo Baladi(4/4), che significa "mia terra"o "mio paese", è un ritmo popolare e viene accompagnato da alcuni movimenti di base della raqs sharqi, ma molto più marcati.
    Ritmo Saidi, è un ritmo a 4/4 originario dell'alto Egitto e viene utilizzato per la danza col bastone. image
     
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  3. kiccasinai
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    La danza del velo

    a cura di Francesca Sesto

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    Nell' antichità il VELO (Dal latino "Velum" = Tenda ) era un simbolo spirituale e si usava per dividere zone sacre da zone profane o per coprire le statue degli dei, in particolar modo era usato per i rituali di culto delle dee lunari. Ad esempio Ishtaar, dea dell'antica babilonia, scende negli inferi per ritrovare Tammos, il suo amato e riesce nel suo intento dopo essersi liberata dei vestiti ma soprattutto, alla fine, del suo velo.

    Anche alla dea Iside viene attribuita la frase: "io sono ciò che è stato,è e sarà, e finora nessun mortale ha mai sollevato il mio velo".

    In questo senso quindi, come dice anche W.Buonaventura nel suo libro "Il serpente e la sfinge", il velo è metafora di una verità ancora nascosta che può essere appunto "svelata" o meno.

    Per quanto riguarda l'utilizzo del velo nella danza orientale ci troviamo di fronte a due stili principali.

    Nel primo, quello EGIZIANO, il velo viene tenuto con un'impugnatura più corta e non è di grandi dimensioni. La danzatrice lo utilizza in una breve introduzione per poi lasciarlo e cominciare la sua danza.

    Il secondo invece è uno stile meticcio, utilizza un ampio velo e per definizione potremmo chiamarlo AMERICANO. Esso ha in realtà subito influenze differenti, da una parte quella della danza moderna dei primi del novecento ispirata all'oriente, in particolar modo con Loüe Fuller e i suoi vorticosi veli(ispiratori anche dell' Art Nouveau). Dall' altra parte grande fu l'effetto di Samia Gamal e del suo particolare utilizzo del velo in scena, suggeritole, per migliorarne il portamento, dalla sua insegnante Anna Ivanova che a sua volta si era ispirata ad alcune danze caucasiche.

    Quest'ultimo stile venne molto rielaborato in America fino a creare quasi una danza a se stante fatta di molteplici figure.


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    Il sama' dei Dervisci Melvevi


    a cura di Giovanni Canova

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    La confraternita del dervisci mevlevi si ispira all’insegnamento del mistico Jalâl al-Dîn Rûmî “Mevlânâ”, morto nel 1273 a Konya, autore del Mesnevî e di un celebre Dîwân poetico in persiano. Al centro delle pratiche religiose della confraternita si pongono la musica e la danza, le cui forme rituali e solenni furono fissate nel XV secolo. La cerimonia prende nome dal vocabolo arabo samâ´, lett. ‘ascolto’ (trascritto in turco moderno sema, con conseguente confusione con sema ‘cielo’), interpretabile come ‘oratorio mistico’, ‘audizione spirituale’, ‘concerto mistico’. Nel sema meditazione, musica e danza interagiscono nel suscitare nei ‘dervisci ruotanti’ (sema-zenler) una esaltazione estatica. Il rito (ayin) si svolge in un’area cerimoniale a esso deputata: la sema-hâne (arabo: samâ´khâna). Nella sua forma tradizionale, l’edificio è costituito da un’ampia struttura sormontata da una cupola, rappresentazione simbolica del cosmo. L’orchestra (mutrib), collocata su un ballatoio, è composta di cantori e musicisti (di ney, flauto; rebab, cordofono; kudüm, percussioni, e altri strumenti); i dervisci, durante la ‘danza’, ruotano su se stessi sotto la guida dello shaykh, procedendo in senso antiorario nell’area circolare sottostante.

    Il sema si articola in sequenze esecutive, a cui corrispondono le varie fasi del rito:

    1. ingresso dello shaykh e dei dervisci;

    2. na’t-i ºerif: invocazione al Profeta, voce solista/meditazione;

    3. taksim: solo di flauto/meditazione;

    4. peºrev: preludio, musica strumentale/deambulazione;

    5. selâm (ripetuto quattro volte): ‘saluto’, canto e musica strum./movimenti rotatori;

    6. son peºrev: ultimo preludio, musica strum./movimenti rotatori;

    7. yürük semaî: danza veloce, musica strum./movimenti rotatori;

    8. son taksim, ultimo solo di flauto/conclusione dei movimenti rotatori;

    9. recitazione di passi coranici/meditazione;

    10. al-Fâtiha (1° capitolo del Corano) e saluto di commiato.

     
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