PIRAMIDI EGIZIE

Architett.,meccanismi di difesa,operazioni di chiusura della piramide,scavo delle gallerie...

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  1. kiccasinai
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    IL MISTERO DELLA SFINGE

    - prima parte -

    L'architettura delle piramidi egiziane.
    Gli ambienti interni della piramide di Cheope.
    Il meccanismo di difesa.
    Le operazioni di chiusura della piramide.
    Il sollevamento e il trasporto dei blocchi di marmo.
    Lo scavo delle gallerie e la cava dei blocchi.


    L'architettura delle piramidi egiziane.

    La piramide di Cheope, la più antica e l'unica rimasta delle sette meraviglie del mondo, è ancora, a distanza di millenni, il più grande monumento mai costruito nella storia dell'umanità.
    Insieme alle altre maggiori piramidi, continua a destare la nostra meraviglia, e ancora facciamo fatica a capire come e perché è stata costruita, con quanta manodopera, con quale organizzazione del lavoro. image

    Lo scopo principale che il faraone Cheope si prefiggeva, però, non era tanto quello di stupire e meravigliare i posteri, quanto piuttosto di realizzare una inviolabile dimora ultraterrena, e assicurarsi così l'immortalità. Gli ambienti interni sono stati sicuramente progettati per rispondere alle esigenze dei rituali di sepoltura, che più correttamente dovrebbero essere definiti riti di resurrezione. Ma questo riguarda la forma e la disposizione delle cripte, mentre i corridoi di accesso erano predisposti in modo da essere trasformati al momento della chiusura in barriere insuperabili.
    Prima di Cheope il meccanismo di difesa dalle incursioni dei ladri era costituito da un corridoio di piccola sezione che, partendo da una delle facciate, di solito il lato Nord, scendeva con una pendenza di 26 / 27 gradi verso le cripte, situate in basso e al centro del monumento. Dopo che il corridoio era servito per portare all'interno la mummia del faraone con il tesoro e le suppellettili funerarie, esso veniva riempito con blocchi di marmo spinti dall'esterno sul piano inclinato del pavimento. Alla fine l'ingresso veniva camuffato con un'ultima lastra di marmo che si confondeva tra le pietre del rivestimento. Un sistema di chiusura apparentemente inviolabile ma in realtà piuttosto ingenuo, dato che per penetrare all'interno sarebbe stato sufficiente scavare un semplice cunicolo nel corpo della piramide, in un periodo in cui la maggior parte delle tombe erano ambienti scavati nella roccia.
    I corridoi di collegamento con le cripte hanno una sezione molto piccola allo scopo di ridurre la dimensione dei blocchi tappo, e sono inclinati per far sì che possano scivolare facilmente verso il basso.
    La progettazione degli ambienti interni ha dovuto superare moltissimi problemi, che non furono da meno di quelli che gli ingegneri egiziani dovettero affrontare per garantire la stabilità dell'intera costruzione.
    Il faraone Snofru, il padre di Cheope, ha legato il suo nome a ben tre piramidi, la prima delle quali, conosciuta come piramide di Meidum, era crollata mentre ancora era in costruzione.
    Fino al allora le piramidi erano a gradini e avevano contrafforti interni fatti con blocchi di marmo ben squadrati e ben connessi, disposti a forma di involucri successivi sempre più distanti dal centro. L'ultimo involucro di marmo costituiva il rivestimento esterno, mentre lo spazio intermedio era riempito con blocchetti non squadrati.
    Nella piramide di Meidum, forse iniziata dal faraone Huni e proseguita da Snofru, l'ultimo involucro avrebbe dato per la prima volta al monumento una forma geometrica piramidale. Ma il crollo, avvenuto quando la costruzione era quasi terminata, aveva dimostrato l'inaffidabilità di questa soluzione strutturale.
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    Immagine e disegno della piramide di Meidun.

    Il crollo, avvenuto quando la piramide era ancora in costruzione, ha messo in vista i contrafforti interni.


    Da allora la stabilità della costruzione è stata affidata ad una muratura interna più regolare fatta con blocchi di grandi dimensioni, e ad un unico involucro esterno costruito con elementi ancora più grandi e meglio assestati sul quale sarebbe stato posato il rivestimento di marmo.
    Una muratura più regolare consentiva anche di realizzare le cripte nel corpo del massiccio anziché sottoterra, cripte che però dovevano essere costruite in modo da resistere al peso enorme della muratura sovrastante.
    A risolvere i problemi strutturali dei vani interni si è arrivati per gradi. Infatti la seconda piramide attribuita a Snofru, quella a doppia pendenza, presenta all'interno gravi segni di dissesto, che si sono manifestati fin da quando era in costruzione. La pendenza più lieve della parte superiore è stata da molti interpretata come un tentativo di diminuire il peso gravante sugli ambienti interni. Da qui, forse, la decisione di costruire un'altra piramide meglio progettata e più solida.
    Sta di fatto che la terza piramide attribuita a Snofru, la piramide rossa, ha una pendenza bassa quanto la parte superiore della piramide a doppia pendenza. Ma, nonostante ciò, anche questa presenta all'interno qualche segno di dissesto.

    Gli ambienti interni della piramide di Cheope.

    Cheope, pur conoscendo bene queste difficoltà, ma forte dell'esperienza maturata fino ad allora (quasi sicuramente aveva ricoperto incarichi di responsabilità nei cantieri delle piramidi del padre), ha voluto anch'egli costruire le cripte all'interno della sovrastruttura. E ha adottato anche lo stesso sistema di difesa dalle incursioni dei ladri, costituito da un piccolo corridoio discendente destinato ad essere riempito al momento della chiusura da blocchi tappo. Ma ha deciso di raddoppiarlo. In questo modo avrebbe anche potuto costruire le cripte molto in alto nel corpo del monumento, cosa importante, come si vedrà, per rendere ancora più difficile il lavoro dei ladri.
    L'aggiunta di un secondo meccanismo di chiusura avrebbe però costretto gli architetti a progettare una piramide molto più grande, cosa che non solo avrebbe comportato di per sé più lavoro, ma anche maggiori difficoltà nella costruzione di questi criptici ambienti.
    E' proprio questo ciò che rende sbalorditiva la più famosa delle piramidi: non solo le sue colossali dimensioni, ma anche l'incredibile difficoltà e perfezione esecutiva dei suoi vani interni.
    Gli architetti e i pianificatori dei lavori hanno dovuto lottare contro due opposti ordini di problemi: da una parte costruire la piramide più grande possibile; dall'altra assicurare la massima robustezza e stabilità delle strutture interne, compito questo tanto più difficile quanto maggiori sono le dimensioni del monumento. Spinti da queste due opposte esigenze, gli ingegneri, gli architetti e gli operai della piramide hanno fatto uno sforzo sovrumano per soddisfare la pretesa di immortalità di Cheope. Il risultato è stato il più grande monumento mai costruito nella storia dell'umanità.
    Eppure gran parte di questo lavoro doveva servire a risolvere un problema molto semplice: evitare il dissesto anche minimo dei corridoi, in modo che i blocchi tappo, al momento opportuno, potessero scivolare senza intoppi verso il basso. Una semplice esigenza "meccanica", ma dalla quale dipendeva la sicurezza stessa della piramide.
    Sulla facciata Nord, ora che non esiste più il rivestimento di marmo bianco, si vede l'inizio del piccolo corridoio discendente. Questo passaggio, della sezione di un metro per m. 1,19, ha una pendenza di 26 gradi, attraversa per 28 metri la muratura della piramide, continua sottoterra per altri 77 metri, prosegue ancora in piano per una decina di metri, e termina in una grande stanza scavata nella roccia ma lasciata allo stato grezzo.image
    Come si può vedere dal disegno, a 25 metri dall'ingresso si apre sul soffitto un corridoio in salita, sempre della stessa sezione e della stessa pendenza. E' il corridoio "ascendente", lungo 39 metri che sbocca nella "grande galleria”. Proseguendo in salita attraverso la grande galleria si arriva alla camera del re o del sarcofago. Seguendo invece il percorso in piano si infila un corridoio largo m. 1,05 e alto m. 1,17 che dopo un percorso di 33 metri sbocca nella "camera della regina".
    Il complesso costituito dal corridoio ascendente e dalla grande galleria è il secondo meccanismo di difesa tutto interno. Il corridoio ascendente era destinato ad essere riempito al momento della chiusura da una fila di blocchi tappo, che dovevano essere conservati a questo scopo sul pavimento della grande galleria. La grande galleria ha la stessa pendenza del corridoio ascendente e ne costituisce la continuazione. E' lunga 46 metri, larga m. 2,05 e alta m. 8,50. Alla base la sua larghezza è di circa un metro, perché ai due lati corrono due banchine alte una sessantina di centimetri e profonde mezzo metro. E' proprio sul pavimento, tra le due banchine, che dovevano essere conservati i blocchi tappo.
    Infatti immediatamente sopra le banchine, sui due lati, sono state scavate delle piccole nicchie verticali (larghe 18 cm., profonde 20 e alte 60) per inserirvi le travi che dovevano tenere fermi i blocchi-tappo. Dal numero e dalla disposizione di queste nicchie si può sapere che erano previsti 23 tappi della lunghezza di un metro e mezzo ciascuno (le prime due nicchie presenti nella grande galleria, nel punto in cui il pavimento è in piano, probabilmente dovevano servire per un trave al quale appoggiare delle assi con cui collegate l'inizio della galleria stessa con la sommità dei blocchi tappo al momento del trasporto nella camera del re del corredo funerario).
    Sulla superficie delle banchine accanto alla parete e in corrispondenza con le nicchie, e anche nei quattro angoli del corridoio, ci sono delle fossette che probabilmente sono servite in un primo tempo per erigere un'impalcatura, e poi per fissare dei picchetti per le corde durante il trasporto nella camera del re degli oggetti più pesanti.
    I primi 5 metri della grande galleria non hanno il pavimento inclinato tra le due banchine, che invece è in piano e conduce all'ingresso del corridoio orizzontale, che viene così a trovarsi esattamente sotto il pavimento in salita della grande galleria. I primi 5 metri della grande galleria si percorrono quindi camminando sulle banchine laterali.
    Per completare la descrizione, su un lato del “pianerottolo” si apre un passaggio che porta al "pozzo di servizio", che sbocca alla fine del corridoio discendente. Infine ai lati di questo primo segmento in piano, ci sono 5 coppie di incavi per l'inserimento delle travi con cui doveva essere ripristinata, al momento opportuno, la continuità del pavimento tra il corridoio ascendente e la grande galleria.
    Tutti questi ambienti sono stati costruiti con grandi blocchi di marmo perfettamente squadrati, e sono protetti dal peso sovrastante da una struttura di protezione molto robusta, come si può desumere dal fatto che in generale sono ben poco dissestati. Solo in due casi è possibile osservare questa sovrastruttura.
    La porta d'ingresso alla piramide, ora che manca il rivestimento di marmo, consente di vedere una sezione del corridoio discendente. Questo minuscolo passaggio è sormontato da due spesse architravi sovrapposte, poi da un enorme blocco di forma triangolare che ha la funzione di scaricare il peso sulla muratura laterale, e infine da due ordini di colossali lastroni di marmo dello spessore fino a due metri disposti a capriata. Inoltre, grazie a un cunicolo che si apre nel punto più alto del soffitto della grande galleria, è stato possibile osservare l'impressionante sistema di protezione della camera del sarcofago, costituito da cinque camere di scarico realizzate con un centinaio di colossali architravi di marmo e di granito pesanti fino a 50 tonnellate ciascuno. Ma bisogna immaginare per la camera della regina, per la grande galleria e per gli altri corridoi un sistema di protezione altrettanto solido e robusto.
    Già la costruzione di questi ambienti megalitici era oltremodo impegnativa. Ma i piccolissimi e ciò nondimeno ciclopici corridoi in discesa e la grande galleria hanno comportato ulteriori problemi. Infatti, a causa dell'inclinazione, il peso dell'intero corridoio tende a concentrarsi nella parte più bassa.
    Il corridoio discendente è stato costruito realizzando prima un solido piano inclinato su cui posare i blocchi di pavimentazione, poi facendo scorrere sopra di questi i blocchi che fanno da pareti, e infine le architravi a mo' di soffitto, sempre facendole scorrere dall'alto lungo il piano inclinato. Poiché questo corridoio termina sulla roccia del basamento, non corre il rischio di cedimenti a causa della sua inclinazione.
    Ma il corridoio ascendente, per non gravare troppo sul corridoio inferiore su cui si appoggia, è stato costruito alternando blocchi disposti lungo il piano inclinato con monoliti di enormi dimensioni disposti su un piano verticale, successivamente scolpiti in opera per ripristinare la continuità delle superfici di pavimento, pareti e soffitto. Tutto ciò allo scopo di evitare che il peso dell'intero corridoio finisca col gravare sulla parte più bassa. Anche nella grande galleria sono presenti delle soluzioni per evitare un carico eccessivo nella sua parte più bassa; alcune di queste sono visibili, mentre le altre possono solo essere immaginate.
    Ma per quale motivo era così importante costruire un efficace sistema di difesa dalle incursioni dei ladri, e quindi una piramide così grande? Cheope voleva che la sua piramide fosse assolutamente sicura, in modo che il suo corpo potesse conservarsi per i fatidici cinquemila anni necessari per raggiungere l'immortalità. Cheope ha costruito la sua immensa piramide perché voleva diventare immortale!
    E' sorprendente constatare che questa sovrumana impresa (la costruzione della piramide, non la conquista dell'immortalità) è stata effettivamente portata a compimento. Ancora oggi si fa fatica a capire come, ma il dato di fatto è che i sudditi di Cheope hanno sicuramente risolto tutti i problemi, perché a dimostrarlo c'è questo impressionante monumento.

    Il sollevamento e il trasporto dei blocchi di marmo

    Naturalmente, ma questo non attenua la nostra ammirazione, gli antichi egiziani avevano affinato diverse tecniche per rendere più produttivo il lavoro e ridurre per quanto possibile la fatica.
    Per spiegare come riuscivano a sollevare e a trasportare un numero così grande di blocchi di marmo, sono state fatte numerose ipotesi, e molti hanno proposto dei modelli di gru che avrebbero dovuto facilitare il compito. Ma si tratta quasi sempre di ipotesi cervellotiche. Gli egiziani non avevano gru, ma se anche le avessero avute non le avrebbero sicuramente usate, perché avrebbero dovuto azionarle a forza di braccia. I blocchi, invece, li trasportavano trascinandoli con delle slitte di legno lungo piste, o rampe, in leggera salita. Questo sistema, una volta ridotto l'attrito della slitta sulla pista, era molto più efficiente di qualsiasi gru, perché sfruttava la forza delle gambe che sono molte volte più robuste e resistenti alla fatica delle braccia.
    Per ridurre l'attrito, sulle piste venivano fissate a distanze regolari delle traversine di legno (qualcosa di simile alle traversine che sorreggono i binari del treno), che venivano unte con grasso. Su queste traversine di legno unte di grasso le pesantissime slitte potevano scivolare senza fatica.

    Inoltre gli antichi egiziani erano molto abili, molto più di quello che possiamo immaginare oggi, anche nel lavoro di estrazione dei blocchi nelle cave e nello scavo delle gallerie in roccia.

    Lo scavo delle gallerie e la cava dei blocchi.

    Se un uomo di oggi, a titolo di prova, volesse fare lo stesso lavoro di scavo o di squadratura dei blocchi di marmo facendo saltare delle schegge con scalpelli di pietra dura e resistente, il suo lavoro potrebbe risultare anche qualche decine di volte più lento. Non è tanto questione di resistenza alla fatica - sicuramente gli operai egiziani di fatica ne facevano moltissima -, quanto piuttosto di colpo d'occhio e sensibilità di mano.
    L'Egitto delle piramidi, nonostante il livello di organizzazione raggiunto dallo stato, aveva ancora un piede nella preistoria, anzi, per meglio dire, nell'età della pietra. Gli egiziani di allora non disponevano di un metallo come il ferro. Le stoviglie erano di terracotta, e i coltelli, come nell'età della pietra, erano di selce. Nel museo del Cairo si possono ancora ammirare alcuni falcetti di legno per il grano che hanno all'interno, al posto della lama, una scanalatura nella quale sono state inserite delle piccole e taglienti schegge di selce.
    Fabbricare coltelli di pietra facendo saltare delle schegge dalle dure pietre silicee, richiede una consumata abilità. E' necessario capire a colpo d'occhio dove e come colpire, e anche saper colpire con la dovuta precisione. Il colpo deve essere assestato con forza sufficiente, nel punto esatto e con l'esatta inclinazione, allo scopo di ottenere il distacco della scheggia voluta. Una abilità e una sensibilità che in epoca moderna solo pochi esperti di tecniche preistoriche sono riusciti a conquistare, e solo dopo molti anni di esercizio.
    Questa capacità invece era comune nell'Egitto antico, perché tutti dovevano essere in grado, esattamente come nella preistoria, di fabbricarsi i loro strumenti di pietra. Questa abilità che loro avevano, e che noi non abbiamo più, rendevano lo scavo in roccia, e lo scavo delle trincee per l'estrazione dei blocchi nelle cave, molto più spediti di quello che possiamo immaginare oggi.

    Il risultato che Cheope si proponeva, per quanto difficile, faticoso e ambizioso, è stato quindi raggiunto, almeno dal punto di vista costruttivo. Perché per il resto, come si vedrà più avanti, l'operazione si è conclusa con un totale fallimento. Dallo stato del monumento, infatti, risulta evidente che tutto il complesso meccanismo progettato a difesa della piramide è stato sabotato.

    Il meccanismo di difesa.

    La piramide di Cheope è l'unica ad avere le due cripte più in alto dell'entrata, e questo comporta una situazione del tutto particolare per quanto riguarda il problema della circolazione dell'aria.
    Per gli antichi egiziani era abbastanza normale effettuare operazioni di scavo: gran parte delle loro tombe sono scavate nella roccia del deserto che delimita la valle del Nilo. Uno scavo in roccia può procedere solo verso il basso o in piano, non in salita. Ciò a causa del fatto che l'aria calda, meno densa, sale verso l'alto e l'aria fredda scende verso il basso. Durante lo scavo di un pozzo, per esempio, l'attività fisica degli operai e le lampade ad olio scaldano l'aria che può liberamente salire verso l'alto, sostituita continuamente da aria più fresca. In questo modo il ricambio è assicurato. Ma se immaginiamo lo scavo di un tunnel in salita a partire da una parete di roccia, l'aria riscaldata e impoverita di ossigeno, salendo verso l'alto, si accumula proprio nel punto dove si sta scavando, e diventa ben presto irrespirabile. E non è ancora tutto: man mano che diminuisce il tenore di ossigeno la fiamma della lampada comincia a produrre ossido di carbonio, un gas velenoso.
    E' per questo motivo che in tutto l'Egitto non si trova una sola tomba scavata dal basso verso l'alto. Per esempio, la maggior parte delle tombe della valle dei re sono dei corridoi lunghi anche 70/80 metri, scavati nella parete della montagna e che terminano con delle stanze. Questi ambienti si trovano sempre più in basso dell'entrata o al più allo stesso livello, mai più in alto.
    Non c'è dubbio quindi che gli antichi egiziani fossero perfettamente consapevoli dell'impossibilità di fare uno scavo dal basso verso l'alto. E certamente ne erano ben consapevoli anche gli architetti della grande piramide che, avendo progettato due stanze più in alto dell'entrata, sono stati costretti a dotarle di condotti di aerazione, che non a caso sono rivolti verso l'alto. La piramide di Cheope è infatti l'unica ad avere i condotti di ventilazione. Non per ragioni magiche o per rendere un po' più comodo il lavoro, ma perché erano assolutamente indispensabili: senza di essi nessuno avrebbe potuto entrare nelle due cripte ed eseguirvi dei lavori, e nessuno potrebbe entrarvi oggi per una visita turistica.
    Al momento della chiusura della piramide gli ingressi delle due cripte sarebbero stati sigillati, impedendo da quel momento la circolazione dell'aria. A questo punto è difficile credere che nella progettazione dell'apparato di difesa e delle manovre necessarie alla chiusura della piramide, non si sia tenuto conto della particolare situazione della circolazione dell'aria. Probabilmente chi ha progettato le due camere così in alto contava anche sul fatto che i ladri, sbucati nella grande galleria con un cunicolo scavato a partire dal basso, avrebbero trovato un ambiente completamente chiuso e nel quale il rinnovo dell'aria era impossibile. Il ricambio sarebbe stato reso ancora più difficile dal tragitto prima in discesa (primi 25 metri del corridoio discendente) e poi in salita che l'aria avrebbe dovuto percorrere.
    Finché, durante i lavori, i condotti di aerazione assicuravano la circolazione, non c'erano problemi; ma nel momento in cui la camera del sarcofago veniva sigillata, gli operai addetti alle operazioni di chiusura avrebbero potuto contare solo sull'ossigeno contenuto nella grande galleria, che forse anche per questo aveva il soffitto così alto.
    Anche per non aver considerato il problema della circolazione dell'aria, diversi egittologi hanno pensato che durante la costruzione della piramide ci siano stati dei ripensamenti. In un primo tempo si sarebbe deciso di costruire la camera del sarcofago nella stanza sotterranea, poi nella camera della regina e infine nella camera del re. Ma l'architettura degli ambienti interni, finalizzata anche alla costruzione di stanze molto in alto nel corpo della piramide, sembra invece il frutto di un progetto unitario e coerente, nel quale la circolazione dell'aria gioca un ruolo di primo piano. Di questo progetto faceva parte integrante anche il pozzo di servizio, che è un elemento essenziale del meccanismo di difesa, e che è servito a suo tempo per migliorare la ventilazione nella stanza sotterranea mentre veniva scavata. Per quanto riguarda quest'ultima è da escludere che fosse stata concepita come camera del sarcofago, perché il corridoio d'accesso non era stato predisposto per essere rivestito da lastre di marmo. Secondo Vito Maragioglio e Celeste Rinaldi, essa avrebbe potuto comunque servire come camera di sepoltura nel caso che il faraone fosse morto prima che la piramide venisse completata; a piramide completata, invece, essa è servita solo come comoda discarica delle macerie.
    Ma anche la cosiddetta camera della regina non può essere il risultato di un ripensamento. Infatti essa contiene una grande nicchia, che sicuramente aveva una precisa funzione rituale: probabilmente doveva contenere la statua d'oro del faraone di cui si parla nel Testo delle Piramidi. Se ci fosse stato un ripensamento la camera del re avrebbe dovuto presumibilmente contenere, oltre al sarcofago, anche la stessa grande nicchia.
    La camera della regina si trova esattamente sotto il vertice della piramide, mentre la camera del re è un po' spostata verso Sud. Dato che l'entrata è a Nord, l'apparato di difesa dispone così di un po' più di spazio, occupato dal locale delle saracinesche di bloccaggio, e potrebbe essere proprio questa la spiegazione della posizione non centrale della camera del sarcofago.
    Ma come avrebbe dovuto funzionare l'intero meccanismo di difesa?

    Le operazioni di chiusura della piramide.

    Dopo la morte del faraone, una volta portate all'interno la mummia, il tesoro e gli arredi funerari, potevano avere inizio le lunghe e complesse operazioni di chiusura della piramide. Per prima cosa bisognava chiudere il corridoio d'accesso alla camera della regina.
    Questo corridoio è un po' particolare. Di solito i corridoi di piccola sezione hanno le pareti laterali costituite da un solo blocco. In questo caso, invece, poco dopo l'ingresso e per una ventina di metri, le pareti sono formate da due ordini di blocchi sovrapposti alti poco più di mezzo metro e lunghi un metro. Inoltre anche i loro spigoli verticali sono sovrapposti anziché sfalsati, e si corrispondono ai due lati del corridoio. Questa disposizione ha lasciato perplessi gli archeologi, ma una spiegazione potrebbe esserci. Come sappiamo, se questi corridoi sono così piccoli non è per costringere i visitatori a procedere curvi o inginocchiati, ma perché era previsto che dovessero essere chiusi da blocchi tappo oppure murati. Dato che il corridoio che porta alla camera della regina non è in discesa ma in piano, forse doveva essere riempito con blocchetti più piccoli, affiancati a quelli delle pareti e delle stesse dimensioni, cioè alti e larghi mezzo metro e lunghi un metro, in modo da confondere i ladri. Un cunicolo scavato nella camera della regina, ha mostrato che oltre le pareti della stanza per diversi metri c'è una muratura formata da blocchi di marmo perfettamente squadrati, per cui è probabile che tutti gli ambienti interni siano circondati da un involucro di questo tipo.
    Quindi degli ipotetici ladri, sia che scavassero a destra che a sinistra o in avanti avrebbero probabilmente trovato per molti metri blocchetti delle stesse dimensioni, e avrebbero fatto fatica a capire se c'era un corridoio.
    I blocchetti avrebbero potuto essere immagazzinati nella grande galleria, appoggiati sulle banchine nello spazio rimasto vuoto tra i blocchi tappo e le pareti. Le loro dimensioni di circa un quarto di metro cubo sarebbero state tali da consentirne lo spostamento ed il collocamento nella loro posizione definitiva.
    Dato che sul pavimento della grande galleria c'è posto per 23 blocchi tappo, sulle banchine laterali avrebbero potuto trovare posto 46 blocchetti, più forse qualche altro nella parte più bassa e nella parte più alta. Di questi forse 8 erano destinati al corridoio d'accesso alla camera del sarcofago, mentre i rimanenti dovevano servire per chiudere il corridoio orizzontale, che avrebbe quindi potuto essere murato per una dozzina di metri.
    Sigillata la camera della regina, sarebbe stata la volta della cripta principale. La camera del sarcofago è costruita interamente con grandi blocchi di granito (pavimento, pareti e soffitto) dello spessore da un metro e mezzo a due metri, ed è preceduta dal locale delle saracinesche pure di granito. Ha un unico ingresso di poco più di un metro di lato ricavato in una parete di granito che in quel punto ha uno spessore di due metri e sessanta. Anche questa porta, delle stesse caratteristiche di un corridoio di piccola sezione, era sicuramente destinata ad essere murata con blocchetti di granito, di dimensioni tali da poter essere spostati fin lì dalla grande galleria. Infatti, anche se a volte il modo di pensare degli antichi egiziani è diverso dl nostro, sarebbe stato fuori da ogni logica ispessire in quel punto la parete, se poi l'ingresso non doveva essere chiuso.
    Nel momento in cui veniva sigillato l'ingresso della camera del sarcofago si interrompeva la circolazione dell'aria, e da questo momento gli operai avrebbero potuto respirare solo quella presente nella galleria. Le successive operazioni prevedevano la calata delle saracinesche di granito (tre lastre dello spessore di mezzo metro ciascuna), e la chiusura del locale delle saracinesche.
    Chiuse le due cripte, gli operai avrebbero dovuto liberare dai loro fermi i 23 blocchi tappo per farli scivolare ad uno ad uno lungo il piano inclinato del pavimento fino a riempire tutto il corridoio ascendente. Completata questa operazione, potevano finalmente uscire all'aperto attraverso il pozzo di servizio, lo stretto cunicolo che partendo dal "pianerottolo" sbocca quasi 60 metri più in basso, alla fine del corridoio discendente.
    Una volta usciti, altri operai avrebbero provveduto a murare lo sbocco del pozzo di servizio, a chiudere e camuffare con una lastra di marmo l'inizio del corridoio ascendente (che si apre sul soffitto di quello discendente), e a riempire dall'esterno la parte di questo corridoio scavata nella roccia con macerie, e il resto con blocchi di marmo. A questo punto la piramide poteva finalmente essere sigillata con la posa dell'ultima lastra per camuffarne l'entrata tra le pietre del rivestimento.
    Per arrivare al tesoro i ladri avrebbero dovuto individuare l'ingresso, demolire i blocchi tappo e arrivare fino alla fine del corridoio discendente. Accortisi che la camera sotterranea era vuota, avrebbero dovuto scoprire l'ingresso del corridoio ascendente e, scavando un cunicolo lungo il percorso del corridoio, raggiungere la grande galleria.
    Già questa operazione avrebbe comportato grosse difficoltà, dato che lo scavo avrebbe dovuto avvenire dal basso verso l'alto. A dimostrarlo c'è anche la constatazione che, quando nel 1817 Giovanni Battista Caviglia tentò di liberare dal basso il pozzo di servizio ingombro di macerie, fu costretto ad interrompere il lavoro a causa della mancanza d'aria, nonostante che il condotto non fosse completamente otturato.
    Se però i ladri, dopo qualche anno di duro lavoro, fossero ugualmente riusciti a sbucare nella grande galleria, si sarebbero trovati in un ambiente completamente sigillato nel quale era impossibile la circolazione dell'aria, e non avrebbero quindi potuto svolgervi alcuna attività.
    In sostanza la piramide era stata pensata come una specie di enorme cassaforte, e degli ipotetici ladri, supponendo che ignorassero la disposizione degli ambienti interni, avrebbero dovuto affrontare tre ordini di problemi. Innanzitutto avrebbero dovuto fare un enorme lavoro di scavo e demolizione e per di più in gran parte in salita, e quindi già in condizioni molto difficili. Poi, una volta arrivati nella grande galleria avrebbero dovuto fare ancora tantissimo lavoro che comprendeva la demolizione di uno spessore di granito di diversi metri; infine questo lavoro avrebbero dovuto farlo in condizione di totale mancanza d'aria.


    Edited by kiccasinai - 20/4/2008, 16:08
     
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    IL MISTERO DELLA SFINGE



    - seconda parte -
    Il sabotaggio della Grande Piramide.
    Chi è il responsabile?
    L'operazione di sabotaggio.
    La piramide di Chephren e la Sfinge.
    Altri indizi.
    Il mistero della camera segreta.
    La lavorazione del granito.
    Le successioni dinastiche nell'antico Egitto.
    L'estrazione dell'oro nelle miniere.



    Il sabotaggio della Grande Piramide.

    Le cose però sono andate diversamente: dallo stato del monumento sembra evidente che questo colossale apparato di difesa è stato sabotato, e il sabotaggio deve essere avvenuto fin da quando la piramide era in costruzione e al momento della sua chiusura.
    L'ipotesi del sabotaggio è fondata su una migliore comprensione del meccanismo di difesa, che grazie alla particolare situazione della circolazione dell'aria, avrebbe reso la piramide inviolabile per migliaia di anni. E poi sulla constatazione che di questo complesso apparato sono stati messi in opera solo quegli elementi che potevano essere facilmente demoliti o aggirati, mentre non sono stati attuati proprio quelli che sarebbero risultati insuperabili.
    Per prima cosa sul fondo della grande galleria sono stati collocati a suo tempo solo tre dei 23 tappi di granito previsti, e con questi è stato a suo tempo chiuso solo l'inizio del corridoio ascendente, dove si possono vedere ancora oggi. Secondo gli archeologi è da escludere che oltre ai blocchi di granito siano stati spinti nel corridoio anche una fila di blocchi di marmo, e che poi questi ultimi siano stati demoliti dai predatori, perché non ci sono indizi che lo facciano pensare. I blocchi tappo potevano essere predisposti sul fondo della grande galleria solo quando questa era ancora a cielo aperto. Per questo si può affermare che il fatto, se di sabotaggio si tratta, è avvenuto quando la piramide era ancora a un terzo della sua altezza.
    Vale la pena ricordare che tutta la piramide è stata costruita in funzione del corridoio ascendente e della grande galleria. L'aggiunta di un secondo sistema di difesa tutto interno e di dimensioni adeguate, è l'elemento che ha costretto i progettisti a disegnare una piramide così grande.
    Nelle descrizioni della piramide di Cheope non si legge mai la parola sabotaggio, eppure la situazione è la stessa di chi si fa costruire una costosissima cassaforte, fabbricata con materiali indistruttibili, ma poi si dimentica di comprare la chiave o non la compra per risparmiare.
    Per una situazione come questa non ci sono spiegazioni ragionevoli. Al momento della chiusura di quella grande cassaforte di pietra che è la grande piramide, dopo tutto il lavoro che aveva richiesto, qualcuno si è "dimenticato" di girare la chiave nella serratura: veramente strano! Basti dire che sarebbero stati sufficienti appena 20 blocchi grezzi di granito o anche solo di marmo, quando per il rivestimento ne sono serviti oltre 100.000, tagliati con grande precisione e levigati con cura.
    Ma anche il modo con cui sono stati chiusi gli ingressi alle due cripte fa pensare ad un sabotaggio.
    La camera della regina è preceduta dal corridoio orizzontale. Come è stato detto sopra, esso doveva certamente essere murato per gran parte della sua lunghezza, ma non ci sono segni che ciò sia avvenuto.
    E poi la camera del re. Come tutti i passaggi di piccola sezione anche l'ingresso ricavato nella parete di granito doveva essere chiuso da una muratura, ma anche questo sicuramente non è mai stato murato.
    Per quanto riguarda il locale delle saracinesche, sono state demolite le due lesene che delimitano le sedi dei tre blocchi mobili, ed è stato spezzato lo spigolo superiore della porta di granito della camera del sarcofago, che presenta un'ampia frattura per tre quarti della sua lunghezza. Maragioglio e Rinaldi riferiscono anche di alcuni frammenti di granito con tracce di fori trovati nella parte inferiore della piramide che fanno pensare che le tre saracinesche siano state regolarmente messe in opera e calate al momento della chiusura.
    Inoltre era stato sicuramente murato anche il passaggio dalla grande galleria al locale delle saracinesche che si apre in una parete di marmo di un metro di spessore. Qui sono evidenti i segni dello scalpello, che ha demolito tutto il lato destro di questa porta vista dalla grande galleria.
    Oltre al modo con cui sono state chiuse le due cripte, c'è ancora un altro elemento che avvalora l'ipotesi del sabotaggio, ed è la constatazione che i ladri hanno dimostrato di conoscere molto bene la disposizione degli ambienti interni. Essi sapevano anche che era stato bloccato solo l'inizio del corridoio ascendente. Si sono quindi limitati a scavare un cunicolo orizzontale lungo una trentina di metri che arriva all'altezza dei tre tappi di granito, li hanno scavalcati e sono penetrati all'interno.
    Questo cunicolo orizzontale ha messo in collegamento la grande galleria con l'esterno, e l'ha anche collegata in maniera più diretta, tagliando un percorso che prima costringeva ad una discesa e poi ad una salita.
    Grazie al fatto che era stato bloccato solo l'inizio del corridoio ascendente, i predatori hanno potuto raggiungere la grande galleria senza la necessità di un lungo e disagevole scavo in salita. Ma sarebbe stato sufficiente questo collegamento più diretto per assicurare un adeguato ricambio dell'aria? Adesso l'ingresso della camera del re era situato trentacinque metri più in alto dell'entrata, e distava da questa 110 metri. Inoltre quello scavato dai ladri era allora solo uno stretto cunicolo, e non il largo passaggio che oggi viene percorso dai turisti. Il problema è: c'era adesso nella grande galleria un ricambio d'aria sufficiente per tutti i lavori necessari a demolire le barriere di marmo e di granito che avrebbero dovuto trovarsi davanti alle due cripte?
    E' difficile valutare in astratto la velocità con cui avviene (se avviene) il ricambio dell'aria in simili condizioni, ma si potrebbe verificare la cosa con un semplice esperimento. Bisognerebbe chiudere provvisoriamente con fogli di plastica gli ingressi della camera del re e della regina (e anche l'accesso alle camere di scarico), e collegare il corridoio ascendente con l'esterno tramite un tubo di gomma del diametro di un'ottantina di centimetri che simuli il cunicolo scavato dai predatori, chiudendo con un foglio di nailon il resto della sezione del tunnel. Poi nella grande galleria si potrebbe organizzare un party di fumatori accaniti, e mandare a casa gli invitati quando l'aria comincia a diventare irrespirabile. A questo punto bisognerebbe attendere un tempo sufficiente affinché la temperatura dell'aria si abbassi fino a quella del resto della piramide, e misurare poi la velocità con cui avviene il ricambio dell'aria. Ma sembra davvero impossibile che in simili condizioni i predatori abbiano potuto sfondare uno spessore di granito di almeno 2,6 metri. La mancanza di ossigeno li avrebbe ben presto costretti ad uscire, e al di là delle evidenze archeologiche, anche questa considerazione porta ad escludere che la camera del sarcofago sia stata chiusa da una muratura di blocchetti di granito come sicuramente era stato previsto.
    Chi volesse sostenere il contrario dovrebbe spiegare come avrebbero fatto i predatori nel Primo Periodo Intermedio a demolire in quelle condizioni una simile barriera di granito, e senza far uso del fuoco. Infatti già da allora era iniziata la spoliazione dei blocchi del rivestimento, a dimostrazione che la piramide era stata espugnata dai ladri. Ma i ladri, che in quel periodo sono penetrati all'interno di tutte le altre piramidi, evitavano in tutti i modi di aggredire direttamente il granito, proprio a causa della sua estrema durezza. E se lo facevano, era solo con l'aiuto del fuoco.


    La lavorazione del granito.

    Gli antichi egiziani disponevano di diverse tecniche per la lavorazione di materiali duri e tenaci come il granito, la quarzite, il basalto o la diorite. Potevano tagliare i blocchi di granito (come quelli di marmo) servendosi di seghe di rame, costituite da una lunga lama senza denti che veniva fatta scorrere all'interno di guide che assicuravano la massima precisione del taglio. Mentre due operai tiravano alternativamente la sega avanti e indietro, un terzo da sopra il blocco versava acqua e sabbia abrasiva. L'azione della sega incideva lentamente la pietra per effetto dell'abrasione della sabbia premuta dalla lama sulla superficie di taglio. Gli antichi egiziani riuscivano anche ad eseguire fori di tutti i diametri con trapani o cilindri perforatori di rame azionati a mano più sabbia abrasiva. Inoltre sempre con pietre abrasive venivano sagomate le superfici curve e incavate. E' con queste tecniche che sono stati realizzati i vasi in pietre dure trovati in gran numero nei sotterranei della piramide di Djoser a Sakkara, e che venivano "scolpite" statue come quella famosa del faraone Chephren.Ma come facevano gli antichi egiziani ad estrarre dalle cave i blocchi di granito?
    Nella cava di Assuan si può ancora vedere un grande obelisco abbandonato perché durante il lavoro per estrarlo si era spaccato. A definire i contorni di questo obelisco lungo quaranta metri, ci sono due trincee larghe un metro e profonde tre metri. Come hanno fatto gli operai egiziani a scavare simili trincee in un materiale duro come il granito? Hanno usato il fuoco. Il fuoco dilata la pietra e provoca in superficie delle microfratture. Dopo aver scaldato la roccia col fuoco, lo strato più superficiale poteva essere asportato grazie al lavoro di pesanti mazze sferiche di dolerite, che si possono vedere ancora in gran numero nelle cave di granito dei faraoni.

    Come avrebbero fatto dunque i predatori, con le tecniche di cui disponevano, ad entrare nella camera del sarcofago se l'ingresso fosse stato murato? Avrebbero potuto demolire il granito solo con il fuoco, che però avrebbe subito consumato tutto l'ossigeno presente nella grande galleria. L'unica possibilità sarebbe stata di scavare un tunnel molto in alto sul fianco della piramide per collegarla con l'esterno (lavoro che naturalmente non è mai stato fatto).
    Statua in diorite del faraone Chephren


    Chi è il responsabile?
    Ma chi e perché può aver sabotato la piramide di Cheope?
    Il sabotaggio del sistema di protezione della piramide, documentato dallo stato del monumento, deve essere messo in relazione con i problemi di successione dinastica.
    Le successioni dinastiche nell'antico Egitto.
    Nella società egiziana antica la trasmissione dell'eredità, e anche del trono, non avveniva per via paterna, ma per via di madre. In altre parole, per avere diritto al trono bisognava essere figlio della sposa principale del faraone (quella che si trovava al primo posto nella linea di successione), oppure averne sposato la figlia. Questo spiega il gran numero di matrimoni tra consanguinei, e in particolare tra fratello e sorella. Spesso infatti, il fratello veniva fatto sposare con la sorella allo scopo di mantenere il trono nell'ambito della famiglia.
    A succedere a Cheope avrebbe dovuto essere il principe Kanab, sia perché era figlio della sposa principale del faraone, la "grande regina" Meritites titolare del diritto di successione, sia perché ne aveva sposato la figlia e propria sorella Hetep-heres II, titolare del diritto di successione nella generazione successiva. Ma Kanab non divenne mai re perché fu sepolto in una "semplice" mastaba che si trova, come le tombe degli altri familiari, ai piedi della grande piramide.
    A succedere al trono fu invece Djedefrè, nonostante fosse figlio di una sposa secondaria, e nonostante gli altri figli di Meritites che lo precedevano nel diritto di successione. Djedefrè si procurò il diritto a regnare sposando Hetep-heres II, vedova di Kanab e sua sorellastra.
    Dato che ha scavalcato tutti gli altri principi di sangue reale, gli storici pensano che Djedefrè fosse un usurpatore, e che abbia ottenuto il trono grazie a una congiura di palazzo, nella quale potrebbe avere ucciso il principe ereditario Kanab e costretto Hetep-heres a sposarlo.
    Il faraone Djedefrè


    L'ipotesi che Djedefrè sia un usurpatore trova ulteriore conferma nel fatto che costruì la sua piramide lontano da Giza, come se non si sentisse più parte della stessa famiglia. Inoltre le sue statue appaiono spezzate intenzionalmente, e il suo nome è stato cancellato dalle iscrizioni, oppure non compare nelle liste di faraoni dell'epoca. Fu oggetto cioè di una vera e propria "damnatio memoriae", una condanna all'oblio particolarmente grave in Egitto, perché cancellarne il nome significava annullare magicamente l'esistenza stessa di una persona.
    Djedefrè ha regnato per soli otto anni, e forse è stato fatto uccidere da Chephren.
    Figlio egli pure di una sposa secondaria, Chephren è diventato faraone sposando a sua volta la sorellastra Hetep-heres II, in quel momento due volte vedova (di Kanab e di Djedefrè), riconducendo così il trono nell'ambito della famiglia. Non solo: per evitare altri rischi per la corona, Chephren ha sposato anche la figlia di sua moglie, Meresankh, per evitare che qualcun altro, sposandola, potesse vantare diritti sul trono.
    Come immediato successore di Cheope, è stato Djedefrè a presiedere alle operazioni di chiusura, ed è quindi lui l'unico candidato come responsabile del sabotaggio della piramide e del saccheggio del tesoro che vi era contenuto.
    L'ipotesi è che Djedefrè abbia avuto la responsabilità dei lavori nei vani interni, cosa che gli avrebbe consentito di attuare di nascosto il suo piano di sabotaggio, concluso con l'usurpazione del trono. Alla morte di Cheope, probabilmente, ha adempiuto formalmente a tutte le operazioni previste per la chiusura della piramide, e appena consolidato il potere ha fatto scavare il tunnel per penetrare all'interno e rubare il tesoro. Ma ben preso il furto deve essere stato scoperto, e Djedefrè è stato ucciso e condannato ad essere dimenticato.
    Ecco quello che potrebbe essere successo.

    L'operazione di sabotaggio.

    Sul fondo della grande galleria gli operai di Djedefrè avevano predisposto a suo tempo tre soli blocchi tappo. Lo spazio dei blocchi e dei blocchetti mancanti è stato riempito con materiali diversi, e il tutto ricoperto e tenuto nascosto per anni da un assito di legno, necessario in ogni caso per rendere sicuro l'andirivieni degli operai nella semi oscurità, e per il trasporto del corredo funerario.
    Al momento di chiudere la piramide la camera della regina è stata lasciata aperta, oppure l'inizio del corridoio è stato chiuso da una semplice lastra di marmo facile da demolire.
    Per quanto riguarda invece la camera del re, gli operai sabotatori hanno lasciato aperto l'ingresso della camera del sarcofago, poi hanno calato ad una ad una le tre lastre di granito, ma prima avevano predisposto le cose in modo che questo dispositivo potesse essere facilmente aggirato. Per questo, prima di far scendere i tre blocchi mobili, hanno demolito a colpi di scalpello le due lesene che delimitavano le sedi delle saracinesche, un'operazione molto semplice che può avere richiesto al massimo una mezz'ora.
    Poi è stato regolarmente murato il passaggio dalla grande galleria al locale delle saracinesche. Quest'ultima operazione dimostra che i lavori all'interno erano in qualche modo osservati o controllati da funzionari estranei al sabotaggio, che però sono stati abilmente raggirati.
    A questo punto la maggior parte degli operai sono usciti, e i rimanenti hanno liberato i tre tappi di granito e li hanno fatti scendere in modo da chiudere l'inizio del corridoio ascendente. Dall'altra parte si poteva solo capire che il corridoio era stato bloccato, ma non se era stato riempito in tutto o solo in parte. Chi era nel corridoio discendente non poteva quindi accorgersi dell'inganno. Fatto questo sono scesi per il pozzo di servizio e sono sbucati alla fine del corridoio discendente, e da lì sono usciti.
    Sono seguite normalmente le altre operazioni di chiusura, per far credere che la piramide veniva sigillata come previsto: lo sbocco del pozzo di servizio è stato chiuso e camuffato, così come l'inizio del corridoio ascendente, e finalmente il corridoio discendente è stato chiuso riempiendolo di macerie e gli ultimi metri con tappi di marmo. Come ultima operazione l'ingresso della piramide sulla parete Nord è stato camuffato con una lastra uguale alle altre pietre del rivestimento. Dall'esterno si poteva solo vedere che tutte le operazioni di chiusura si succedevano regolarmente, senza che ci si potesse rendere conto che l'intero meccanismo di difesa era stato sapientemente sabotato.
    Una volta che il nuovo faraone si fu insediato sul trono, pochi operai furono sufficienti per scavare un tunnel lungo una trentina di metri partendo molto in basso sul fianco della piramide, nascosto alla vista dal muro di recinzione. Una volta entrati nella grande galleria i ladri hanno dovuto riaprire l'ingresso del locale delle saracinesche, operazione che deve aver richiesto non più di un giorno o due di lavoro.
    Poi, saliti sopra le saracinesche, hanno infilato un grosso cuneo di legno tra il primo blocco mobile e la parete esterna della camera del sarcofago, e spingendo il cuneo con qualche colpo di mazza, hanno inclinato le tre saracinesche dal lato opposto. In questo modo hanno aperto un varco di una trentina di centimetri tra le saracinesche e lo spigolo superiore della porta d'ingresso, e per allargarlo hanno demolito lo stesso spigolo con qualche altra mazzata. Così in pochi minuti sono potuti entrare nella camera del sarcofago, e se il condotto dell'aria era stato chiuso, hanno potuto immediatamente riaprirlo. Una volta ripristinata la circolazione dell'aria, in un secondo tempo e con più calma, usando trapani scalpelli e mazze, hanno demolito con un lavoro di molti mesi i tre blocchi di granito allo scopo di aprire completamente il passaggio. I frammenti delle saracinesche alla fine sono stati smaltiti attraverso il pozzo di servizio, e alcuni di essi con tracce di fori sono stati trovati dagli archeologi moderni. Qualche anno dopo qualcuno si sarà accorto che la piramide era stata violata, Djedefrè è stato fatto uccidere da Chephren che ha preso il suo posto, il tesoro è stato recuperato e il faraone usurpatore è stato condannato all'oblio.


    Il locale delle saracinesche di bloccaggio.
    Una volta eliminate le lesene divisorie, i predatori hanno potuto aprire un varco inclinando i tre blocchi mobili con un grosso cuneo di legno. Poi hanno rotto lo spigolo superiore della porta di granito per allargare il passaggio.





    La piramide di Chephren e la Sfinge.
    Se l'ipotesi del sabotaggio fosse vera, e la probabilità è alta perché alle evidenze archeologiche si sovrappone la figura di Djedefrè consegnataci dagli storici, allora Chephren, nel momento in cui saliva al trono e iniziava la costruzione della sua personale piramide, avrebbe dovuto porsi il problema di dare a suo padre Cheope una nuova sepoltura. Del resto lo stesso Cheope, qualche anno prima, aveva dovuto fare la stessa cosa nei confronti di sua madre.
    La seconda tomba più ricca mai trovata in Egitto dopo quella di Tutankamon, è quella della regina Hetep-heres, moglie di Snofru e madre di Cheope. La sua tomba è stata trovata ancora sigillata, e conteneva un ricco corredo di mobili, arredi funerari e gioielli, mentre della mummia non rimaneva più nulla (nella tomba è stato rinvenuto anche un sarcofago completamente vuoto).
    Secondo gli archeologi questa era la seconda tomba di Hetep-heres. La prima, data l'importanza del personaggio sicuramente sormontata da una piccola piramide, doveva essere stata saccheggiata mentre Cheope era ancora in vita. Cheope fece allora costruire una seconda tomba, non più sormontata da una piramide che ne segnalasse la presenza, che è sfuggita per questo alle ricerche dei ladri.
    Ora anche Chephren si trovava nella stessa situazione: non poteva sottrarsi al pio dovere di dare una seconda sepoltura a suo padre. Ma suo padre era un faraone, un faraone-dio, non un comune mortale. Per un faraone non poteva bastare una semplice tomba. E questa tomba non poteva più essere la grande piramide, non solo perché era stata violata da un atto sacrilego, ma anche perché non poteva più essere chiusa. Quasi obbligatorio pensare che questa seconda tomba debba trovarsi all'interno del recinto sacro della piramide di Chephren. Del resto anche la seconda tomba di Hetep-heres è stata trovata all'interno del recinto della piramide secondaria costruita per una delle mogli di Cheope, la regina Henutsen.
    Sicuramente Djedefrè era interessato solo al tesoro e non al resto del corredo. Quando Chephren decise di dare a suo padre una seconda tomba, fece prelevare dalla piramide tutto quello che vi era rimasto. Forse per questo motivo, e non solo perché è la più visitata di tutte, la maggiore delle piramidi è anche l'unica nella quale non è stata trovata alcuna traccia di quello che conteneva. Per portare fuori questi oggetti, alcuni dei quali molto pesanti, probabilmente sono stati di nuovo inseriti dei picchetti nelle fossette ai lati della grande galleria, e le nicchie sono state chiuse con dei blocchetti perché sarebbero state di intralcio.
    Ma se le cose stanno così, è possibile affermare che Cheope ha trovato la sua definitiva dimora nella piramide di Chephren? Un indizio a favore di questa ipotesi è la presenza della Sfinge.
    Sarà una semplice coincidenza, ma sta di fatto che l'unica piramide egiziana con due templi è proprio la piramide di Chephren. Chephren - su questo concordano gli archeologi - accanto al tempio a valle della sua piramide, fece costruire la Sfinge con il suo tempio. Che il tempio della Sfinge sia stato costruito da Chephren lo si deduce dal fatto che i due edifici hanno le stesse dimensioni esterne, sono strettamente affiancati e allineati, e tecnicamente sono costruiti nello stesso modo. La Sfinge e il relativo tempio sono sempre stati considerati un corpo unico con il complesso della piramide di Chephren, e per questo molti hanno pensato che la Sfinge rappresenti questo faraone. In realtà si tratta di un'ipotesi fondata solo sulla mancanza di altre ipotesi, ma per varie ragioni è piuttosto improbabile che questi due templi vicinissimi siano stati dedicati al culto dello stesso sovrano.
    Anche i tratti fisionomici, per quello che ne è rimasto, non sembrano assomigliare a quelli del faraone Chephren. Nella statuaria ufficiale egizia è sempre possibile riconoscere i personaggi rappresentati. E' abbastanza strano, quindi, che la Sfinge e le statue di Chephren non si assomiglino più di tanto. Purtroppo, invece, mancano dei ritratti ufficiali di Cheope con cui fare un confronto. L'unica immagine che possediamo è una statuetta in avorio del faraone seduto, alta cinque centimetri, che non rappresenta necessariamente l'iconografia ufficiale, e i cui lineamenti, per forza di cose, sono un po' approssimativi. Ma non sembrano del tutto incompatibili con quelli della Sfinge.
    Forse il tempio della Sfinge è stato costruito in onore del faraone Cheope, sepolto anch'esso nella piramide di Chephren. Forse c'è una camera ancora sconosciuta all'interno della piramide. Forse la Sfinge, con il suo volto enigmatico, ha protetto per migliaia di anni questo segreto!





    Altri indizi.
    Ci sono ancora altri argomenti a favore dell'ipotesi di una seconda tomba del faraone Cheope all'interno della seconda delle piramidi. In particolare potrebbero trovare finalmente spiegazione alcune particolarità piuttosto strane e finora non spiegate: per esempio il fatto che il pavimento della cripta principale non è stato rifinito, e lo stesso dicasi del sarcofago che non è stato levigato e rifinito all'esterno.
    Effettivamente quella del sarcofago è una stranezza non da poco anche se, in mancanza di qualsiasi spiegazione, nessuno si è mai posto esplicitamente il problema. E' sufficiente pensare a questo monumento che ha richiesto un lavoro immenso. Al centro della piramide c'è la stanza del sarcofago, costruita interamente con grandi blocchi di granito rosa di Assuan dalla superficie perfettamente levigata (salvo appunto il pavimento). Al centro di questa stanza, nel centro del centro della piramide, c'è un sarcofago di granito nero, la cui superficie esterna è stata lasciata allo stato grezzo, mentre le superfici interne sono levigate . Ma dire così è ancora poco. Qualcuno ha ipotizzato che l'aspetto esterno "rustico" sia dovuto a necessità rituali a noi sconosciute, per esempio che dovesse simboleggiare un ritorno alla madre terra. Ma l'esterno del sarcofago non è allo stato di roccia naturale, perché si riconoscono i segni della sega con cui è stata tagliata la pietra: è semplicemente un lavoro lasciato a metà. Per fare un confronto nella piramide di Chephren c'è un sarcofago dello stesso tipo che è stato rifinito anche all'esterno, nonostante sia stato interrato nel pavimento. In realtà è normale che il sarcofago sia stato portato dentro la piramide quando ancora l'esterno non era stato rifinito. Durante il trasporto di un oggetto così pesante le parti esterne avrebbero potuto danneggiarsi. Come in altri casi, la superficie esterna avrebbe dovuto essere levigata dentro la piramide, ma questo lavoro non è mai stato fatto. Ma se è vera l'ipotesi del sabotaggio, allora ci si può spiegare perché alcune rifiniture sono state trascurate: chi ha sabotato il sistema di difesa della piramide con l'intenzione di saccheggiarla, non poteva certo essere interessato a completare questi lavori.
    Un'altra stranezza non spiegata è che la piramide di Chephren, pur essendo più piccola, supera in altezza di alcuni metri quella di Cheope. E' più alta non perché sia più grande, ma perché poggia su un basamento situato dieci metri più in alto, e anche perché ha una maggiore verticalità. Un fatto che non sembra casuale, come se gli architetti abbiano progettato la piramide proprio perché superi in altezza quella di Cheope.
    Come mai questa competizione irrispettosa? Come mai questa offesa al prestigio e alla memoria del padre che, grazie a questi "trucchi", non sarebbe stato più titolare della maggiore delle piramidi? Tutto però si spiegherebbe se la piramide di Cheope fosse stata violata da un atto sacrilego, e se in quella di Chephren fosse stata ricavata anche la seconda tomba di Cheope, che così avrebbe trovato di nuovo dimora nella più grande delle piramidi.
    Georges Goyon ha sostenuto che la Sfinge è opera di Djedefrè, dato che sembra preesistere alla costruzione della piramide di Chephren. Infatti la via cerimoniale deve fare quasi una deviazione per aggirarla.
    L'osservazione non è peregrina perché, se al momento di dare inizio ai lavori ci fosse stato solo un informe rilievo roccioso, probabilmente sarebbe stato demolito per far passare di lì la via cerimoniale. Quindi la decisione di costruire la Sfinge deve essere stata presa prima. Ma non può essere opera di Djedefrè: come sappiamo la sua piramide è andato a costruirsela da un'altra parte. Quindi a costruire la Sfinge non può che essere stato il faraone Chephren proprio all'inizio del suo regno.

    Il mistero della camera segreta.
    Se l'ipotesi di una seconda tomba di Cheope fosse vera, potrebbe trattarsi di una stanza inaccessibile, che non avrebbe avuto bisogno di essere collegata con l'esterno da corridoi o da particolari meccanismi di difesa. Una stanza che avrebbe potuto essere costruita all'interno, o più probabilmente, sotto la piramide, senza lavori imponenti che dessero nell'occhio, e senza lasciare ricordi tra le migliaia di operai addetti alla costruzione.
    E una tomba con un tesoro degno di un faraone. Quasi certamente Chephren aveva recuperato l'intero tesoro trafugato dalla piramide del padre, e almeno gran parte di esso lo avrebbe destinato alla sua seconda tomba. La disponibilità di questo immenso tesoro, in aggiunta a quello messo insieme dallo stesso Chephren durante il suo governo, potrebbe spiegare l'insolita dimensione della sua camera del sarcofago, e anche la sua disponibilità a destinare risorse per un secondo tempio in onore del proprio predecessore nell'ambito della dinastia.

    L'estrazione dell'oro nelle miniere.
    Una caratteristica della civiltà egiziana è sempre stata la notevole disponibilità di questo prezioso metallo.
    L'oro è ancora oggi un metallo raro e prezioso, ma lo era molto di più in epoca antica. Per quasi tutta la sua storia l'antico Egitto è stato l'unico paese affacciato sul Mediterraneo a possedere delle miniere d'oro. Gli altri paesi l'oro lo potevano ottenere solo attraverso degli scambi commerciali. Ancora in epoca tarda, sotto il regno dei Tolomei, l'Egitto rimaneva il paese con le più abbondanti emissioni di monete d'oro.
    Ma come se lo procuravano l'oro gli antichi egiziani? Lo ricavavano dalle sabbie e dalle ghiaie alluvionali, e anche dalle miniere di quarzo aurifero.
    L'estrazione dell'oro da queste rocce richiedeva un lungo e faticoso lavoro, al quale erano addetti in permanenza alcune centinaia di schiavi. Il lavoro consisteva nello scavare la roccia per estrarne il minerale. La roccia quarzifera veniva poi frantumata con mazze di pietra, e quindi ridotta in polvere fine con mortai dello stesso tipo di quelli usati per macinare il grano. Per separare la piccola quantità d'oro contenuta nella polvere di quarzo, ne veniva steso uno strato su un largo asse di legno ricoperto per tutta la sua superficie da scanalature trasversali. Tenendo l'asse inclinato, veniva versata un po' d'acqua che dilavava la polvere di quarzo, mentre l'oro, più pesante, rimaneva intrappolato nelle scanalature.
    Date le modeste percentuali d'oro presenti nel minerale, occorrevano molte ore di faticoso lavoro per ottenerne appena qualche grammo. Eppure in questo modo i faraoni si procuravano ogni anno molte decine di chilogrammi d'oro, una quantità strabiliante per il mondo antico. La riprova della ricchezza in oro dell'Egitto antico, è data dal tesoro del faraone Tutankamon, il cui regno è durato appena nove anni. Se il suo regno fosse durato abbastanza a lungo, la sua tomba di oro avrebbe potuto contenerne alcune tonnellate.
    Un altro indizio che la piramide di Cheope potrebbe essere stata violata al momento della chiusura, è la constatazione che, da Chephren in poi, non sono state più costruite camere all'interno del massiccio, come se questa fosse la logica conseguenza, da una parte del costo proibitivo di una simile soluzione, e dall'altra di un clamoroso fallimento che ne avrebbe dimostrato l'inutilità. Sta di fatto che la cripta della piramide di Chephren è stata scavata nel basamento sul quale è stata eretta la costruzione, e solo il "tetto" entra nel corpo della piramide, quasi sicuramente con la protezione di più ordini di colossali lastroni di marmo appoggiati sul pavimento di roccia. Il corridoio d'accesso parte molto in basso sul fianco della piramide e percorre solo poche decine di metri all'interno del massiccio, sul bordo esterno del monumento, dove il peso della massa sovrastante è ancora relativamente modesto. Anche la piramide di Micerino ripropone una soluzione analoga: due cripte sotterranee ed un corridoio d'accesso che parte molto in basso sulla facciata del monumento.
    Un ulteriore elemento di questo cambio di strategia consiste nel fatto che le piramidi di Chephren e di Micerino hanno la parte del corridoio che attraversa la muratura tutta in granito, quasi a voler evitare quello che era appena avvenuto, cioè che i ladri, dopo aver scavato un cunicolo, potessero penetrare all'interno demolendo una delle pareti del corridoio. In più la piramide di Micerino era stata rivestita fino a una certa altezza di granito, con lo scopo evidente di impedire lo scavo di cunicoli nella parte più bassa e non in vista, e potrebbe essere proprio questa la ragione delle sue più modeste proporzioni. Infatti, se si fosse voluto rivestire di granito una piramide grande come quella di Chephren, di questa pietra difficile da lavorare ne sarebbe servita una quantità forse troppo grande. Infine anche la piramide appena abbozzata dello stesso Djedefrè, se fosse stata completata, avrebbe avuto la camera sotterranea del sarcofago e il corridoio d'accesso interamente di granito, sarebbe stata rivestita all'esterno ancora con granito e avrebbe avuto le stesse dimensioni di quella di Micerino.
    Quindi una camera ricavata nel corpo della piramide, anche se priva di un corridoio di accesso, non sembra compatibile con questo radicale cambiamento di strategia che ha inizio proprio con la piramide di Chephren. Inoltre, costruire una tomba nel corpo della piramide, avrebbe voluto dire lasciare il faraone insepolto ancora per diversi anni. In teoria nulla è escluso, ma questa sembra un'ipotesi abbastanza improbabile. Sembrerebbe più logico pensare invece che la seconda tomba del faraone Cheope possa trovarsi o sotto la piramide o all'interno del suo recinto, dove però sarebbe già stata trovata.
    In realtà c'è già un ambiente sotto la piramide di Chephren che potrebbe essere, forse, la tomba che stiamo cercando. Scavata interamente nella roccia, a pochi metri di profondità, c'è una seconda camera con il soffitto a due spioventi lasciata allo stato grezzo. Ad essa si accede attraverso una deviazione che si apre sul corridoio di accesso inferiore alla camera del sarcofago.
    Difficile pensare che questo ambiente fosse destinato in origine a cripta principale: le sue dimensioni sono troppo modeste. Inoltre non sembra far parte di un progetto coerente, ma sembra piuttosto il frutto della decisione tardiva che c'era bisogno di un'altra camera.
    Se la decisione venne presa a piramide già iniziata, una nuova camera poteva essere ricavata solo ad una certa profondità e avrebbe richiesto la costruzione di un altro corridoio che doveva avere l'ingresso fuori dalla base della piramide. Il fatto poi che i due corridoi siano sovrapposti e collegati tra di loro, induce a pensare che questa seconda stanza sia accessoria alla prima, e non una tomba autonoma. Infine si può affermare con certezza che in questo ambiente sotterraneo non è mai stato messo un sarcofago.
    Quasi sicuramente Djedefrè aveva rispettato la mummia di Cheope, che in fin dei conti era suo padre. Opinione non dimostrabile, ma rafforzata dalla constatazione che la damnatio memoriae non è durata a lungo, e che ben presto i familiari del faraone usurpatore sono stati riammessi all'interno della famiglia reale come se il torto fosse stato riparato.
    La piccola stanza scavata sotto la piramide di Chephren è interessata da ristagni d'acqua, e quindi ben difficilmente può essere stata usata come tomba e ancora meno senza un sarcofago, necessario, come dimostrerebbe la seconda tomba di Hetep-heres, anche se la mummia non si fosse conservata. Ma il fatto stesso dei ristagni d'acqua a cui i costruttori della piramide hanno invano cercato di porre rimedio, significa che questa camera dopo essere stata scavata è rimasta aperta per molto tempo, è questa sembra la prova definitiva che non può essere diventata la tomba del faraone Cheope.
    Dove potrebbe trovarsi allora la sua seconda tomba? Chephren avrebbe potuto scavare una camera sotterranea, seppellirvi suo padre insieme ad un ricco corredo, e costruirvi sopra la sua piramide. Una simile tomba, non collegata con l'esterno da corridoi o da altri segni che ne indichino la presenza, sarebbe sicuramente sfuggita alle ricerche dei ladri.
    Un'ultima annotazione. Sarebbe stato trovato nel 1952 uno scarabeo con un'iscrizione che farebbe riferimento a una "tomba meridionale di Cheope". Forse esiste veramente una camera segreta ancora da scoprire!

    Ferrara, versione 15/5/2005



    BIBLIOGRAFIA

    V. Maragioglio e C. Rinaldi - L'architettura delle piramidi menfite - Torino-Rapallo - 1964 / 1975

    Franco Cimmino - Storia delle piramidi - Milano 1990 - Rusconi

    Georges Goyon - Il segreto delle piramidi - Roma 1990 - Newton Compton Editori

    Kurt Mendelssohn - L'enigma delle piramidi - Milano 1990 Mondadori

    Alan Gardiner - La civiltà egizia - Torino 1997 - Einau



     
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  3. kiccasinai
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    ...un bellissimo foto diario sulle enigmatiche piramidi egizie :invis:
    tratto da http://it.qsbd.com/


    Egitto: l'enigma delle piramidi


    Da migliaia di anni, l'Egitto è andato esercitando il suo fascino sul resto del pianeta. Una civiltà ambita dai suoi nemici ittiti, romani, hyksos... e ammirata da tutti. I faraoni pretesero di mantenersi nel tempo, e senza dubbio lo conseguirono.
    Nomade.- Della civiltà egiziana si è scritto quasi tutto. Dalle tesi più rigorose basate sull’archeologia preistorica e sulla paleoantropologia, fino alle teorie che si basano sull’esoterismo e anche sull’ufologia.
    Si è parlato della magia degli antichi egiziani, dei poteri nascosti degli schiavi o della loro cultura stranamente progredita per la loro epoca, dato che mentre l’era faraonica era in pieno splendore, in Mesoamerica si iniziavano appena a fabbricare le prime ceramiche e in Europa si viveva in piena Età della Pietra, essendo il complesso di Stonehenge la "cattedrale" della cultura megalitica.




    La sfinge di Giza, guardiana dei segreti delle piramidi.

    Ma nulla ha scatenato tanto l’immaginazione, nulla ha sfidato tanto la scienza come la costruzione delle piramidi. Non passa un mese senza che qualche egittologo sveli una nuova teoria su come collocavano le pietre o a che cosa servivano i loro corridoi interni.

    Non mancano neppure le interpretazioni che le mettono in relazione con rappresentazioni dell’universo, dato che si sono trovate sconcertanti coincidenze tra la geometria degli elementi delle piramidi e le costellazioni come la Cintura di Orione, l’Orsa Minore, Andromeda e altre.


    image© Nomade
    Dromedari pronti a portare a spasso i turisti intorno alle piramidi.

    Dal principio dei tempi, esiste un’ombra sull’origine di queste costruzioni. Fu il greco Erodoto, il primo storico conosciuto, che nel V secolo avanti Cristo attribuì le piramidi del pianerottolo di Giza a Cheope, Chefren e Micerino. Ma se prendiamo in considerazione che da quando si costruirono fino a quando Erodoto scrisse la sua cronica passarono mille anni, come venne a conoscenza lo storico di questo dato?

    Se ai noi ci domandassero oggigiorno, senza sapere leggere né scrivere, senza libri né stampa, senza strade, chi ordinò di costruire l’acquedotto di Segovia, lo sapremmo?



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    In primo piano, la piramide rossa, attribuita a Micerino ma di cui non si sa quasi nulla.

    Si conoscono circa 100 piramidi di dimensioni e forma diverse lungo il Nilo. Di tutte quelle, le più appassionanti sono quelle del pianerottolo di Giza, nel Cairo, e soprattutto tra quelle, risalta quella di Cheope, con i suoi 147 metri di altezza e i suoi due milioni e mezzo di blocchi di pietra, ognuno con un peso di varie tonnellate.

    Dall’antichità, è considerata come una delle sette meraviglie del mondo e si dice che 100.000 uomini si sostituirono ogni tre mesi, per venti anni, per terminare la sua costruzione. Gli ultimi studi assicurano che questi uomini non erano schiavi, ma tutto il contrario: guadagnavano per il loro lavoro e si sentivano molto orgogliosi di contribuire alla più grande gloria del loro re.

    Di tutte le piramidi, si crede che la più antica sia quella del faraone Zoser a Saqqara, la necropoli della leggendaria città di Menfis. Si afferma che è la prima costruzione eretta dall’umanità, almeno con quelle dimensioni. In quella le mastabe formano la scala che portava l’anima del faraone al cielo.


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    Piramide Di Zoser, costruita da Imothep, il celebre architetto egiziano.

    Ogni cosa in questo luogo è enigmatica, forse perché dalla notte dei tempi, più di 40 secoli fa, già si seppellivano lì i morti. Accanto alla strana piramide, le bellissime tombe persiane, le cui camere funerarie sono le più profonde del mondo.

    Qui, a Saqqara, ha anche avuto luogo recentemente il ritrovamento di Immacolata, battezzata così dagli scienziati per essere la mummia più bella della storia dell’Egitto.


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    Una gigantesca immagine di Ramses giace coricato all’entrata di Menfis.

    Ma ci sono piramidi quasi sconosciute che sono i veri rompicapi per i ricercatori, come quella di Djedefre, grezza e incompiuta, che il faraone ordinò di costruire a metà della torrida pianura di Abu Roash. Perché…?

    Djedefre arrivò al trono immediatamente dopo suo fratello Cheope, regnò per nove anni e dopo di lui lo fece Chefren. Ma perché non scelse Giza, come gli altri, per costruire la sua piramide? Perché è costruita così male rispetto a quelle del suo antecessore e predecessore?

    Prendendo in considerazione che in così breve spazio di tempo i maestri tagliapietre e operai dovettero essere gli stessi, che successe realmente?


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    Oggi, gli unici tagliapietre a Giza sono quelli che si dedicano a restaurare le piramidi.

    Le teorie più innovatrici assicurano che sia Cheope sia Chefren non costruirono le loro piramidi, ma le occuparono: per tanto, erano già lì da molto tempo. Djedefre non volle essere un "occupante" e, volendo ottenere più importanza, ordinò di costruire la sua piramide, senza ipotecare la sua gloria a "eredità prestate".

    Se questa tesi arriva a dimostrarsi, significherà che le piramidi di Giza sono state costruite da molti più anni. Allora… che età ha questo complesso monumentale?

    Realmente, continua ad essere un dato sconosciuto, anche se gli ultimi studi scientifici le collocano verso il 5.000 avanti Cristo, cioè, circa 7.000 anni di età, quando l’Europa neolitica ancora intagliava asce di selce!


    Quando costruiamo una casa copriamo i tramezzi di mattone con legna, massa dipinta o lastre di ceramica. Nelle piramidi si faceva lo stesso: quello che vediamo adesso non è in realtà il loro aspetto originale, ma la loro faccia nascosta, dato che per terminarle si rivestivano con uno strato di lastre di granito rosa portato dalle cave di Nubia. Si possono ancora vedere resti di queste rifiniture nella piramide di Chefren.


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    Si fa sera sulle piramidi. Per noi, finisce un giorno; per loro, è appena passato un secondo.

    Mi preparo ad entrare all’interno di queste piramidi. Il calore torrido dell’atmosfera si riflette sull’ardente sabbia e sono disidratato. All’interno di quelle è vietato fotografare, cosicché conservo la fotocamera nel mio zaino quando verifico con orrore che le pellicole si stanno deformando e sciogliendo.

    Scendo attraverso i corridoi e le rampe fino alla camera mortuaria. Là sotto, soltanto un sarcofago. Una vecchia lampadina di luce tenue illumina la camera. In solitudine, di fronte al blocco di granito, sotto una volta di milioni di tonnellate di pietra, sento che la piramide mi copre con il suo manto di magia e silenzio.

    Rannicchiato in un angolo, non posso evitare un brivido di seduzione.



    Edited by kiccasinai - 7/4/2008, 19:31
     
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    In base al ritrovamento del papiri di Wadi al-Jarf ; cosa sappiamo ora di come vennero costruite ?
     
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