La speciale teoria della relatività

Le basi spiegate in maniera elementare

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. soulat0
     
    .

    User deleted


    La speciale teoria della relatività


    Premessa

    Trattasi di una mia traduzione dei primi 2 paragrafi (quelli esplicativi che fanno capire l'essenza della teoria, non quelli applicati che ricavano formule come la famosa ed inesatta E = m * c^2) del capitolo sulla relatività di un validissimo testo americano di elettrodinamica. La trattazione è ad un livello piuttosto semplice e comprensibile anche a chi non ha grosse basi matematico-fisiche. Il primo paragrafo è una introduzione in parte storica che alla fine arriva ad enunciare i 2 postulati di Einstein. Vi sono molti semplici esempi e poche formule, per cui la lettura scorre piuttosto veloce. Non preoccupatevi se non conoscete o non risultano chiare le poche formule perché non è necessario capirle o sapere da dove arrivano per seguire il filo del discorso (ovvio che, trattandosi di testo scientifico, qualche formula prima o poi salta fuori). Il secondo paragrafo è quello più affascinante e che mette in mostra come vi siano molti modi di guardare la realtà oggettiva, tutti equamente giusti anche se apparentemente contradditori. Anche qui viene snocciolata qualche semplice formula (più che altro geometrica o legata al concetto di velocità intesa come rapporto fra uno spazio percorso in un certo tempo) che però non impedisce di comprendere gli esempi e gli (apparenti) paradossi che vengono mostrati. Diciamo che per passare al secondo paragrafo in realtà basta ricordarsi che c indica la velocità della luce ed i 2 brevi ed elementari (anche se rivoluzionari all'inizio del 1900) postulati di Einstein che si trovano alla fine del primo paragrafo. Quando lessi queste cose rimasi (come molti altri studenti) sorpreso e affascinato da come spazio e tempo non sono in realtà ciò che razionalmente sembrano nella vita di tutti i giorni. A causa della lunghezza direi che è meglio non leggere tutto assieme, anche perché credo che in questo modo si rimarrebbe un po' confusi. Meglio un po' alla volta, ma arrivate in fondo visto che quelli che vengono chiamati paradossi della relatività (che come scoprirete non sono invece dei veri paradossi) sono verso la fine. Se avete domande o commenti postate pure.




    1) I postulati di Einstein

    La meccanica classica ubbidisce al principio della relatività: le stesse leggi valgono in qualunque sistema di riferimento inerziale. Con inerziale intendo che il sistema è a riposo o si muove con velocità costante. (nota: questo fa sorgere un problema d'impaccio: se le leggi della fisica valgono altrettanto in un sistema di riferimento in moto uniforme, allora non abbiamo alcun modo di identificare come "fermo" il primo sistema, quindi non abbiamo alcun modo di controllare che qualche altro sistema di riferimento si muove a velocità costante. Per evitare questa trappola definiamo formalmente come inerziale un sistema di riferimento in cui valga la prima legge di Newton. Se vuoi sapere se ti trovi in un sistema di riferimento inerziale, lancia in giro qualche pietra - se esse si muovono lungo linee rettilinee a velocità costante, ce l'hai fatta a trovarti in un sistema di riferimento inerziale, e qualunque altro sistema di riferimento che si muova a velocità costante rispetto al tuo sarà un altro sistema di riferimento inerziale.) Immagina, per esempio, di aver caricato un tavolo da biliardo su un vagone ferroviario, e che il treno stia viaggiando ad una velocità costante lungo binari piani e rettilinei. Il gioco proseguirebbe esattamente allo stesso modo come se il treno fosse parcheggiato in stazione; non devi "correggere" i tuoi tiri per il fatto che il treno è in moto - in effetti, se tirassi tutte le tendine non avresti modo di sapere se il treno è in moto o meno. Nota invece che te ne accorgeresti immediatamente se il treno accelerasse, o rallentasse, o girasse lungo una curva, o salisse su un dosso - le palle da biliardo rotolerebbero lungo strane traiettorie curve, e tu stesso sentiresti un sobbalzo. Le leggi della meccanica, dunque, non sono certamente le stesse in sistemi di riferimento che accelerano.

    Nella sua applicazione alla meccanica classica, il principio della relatività non è per nulla nuovo; è stato enunciato chiaramente già da Galileo. Domanda: ma tale principio si applica anche alle leggi dell'elettrodinamica? A prima vista la risposta sembrerebbe no. Dopo tutto, una carica in moto produce un campo magnetico, mentre una carica a riposo no. Una carica che si muova insieme al treno produrrebbe un campo magnetico, ma qualcuno sul treno, applicando le leggi dell'elettrodinamica in quel sistema, predirebbe un campo magnetico nullo. Di fatto, molte equazioni dell'elettrodinamica, a partire dalla legge della forza di Lorentz, fanno esplicito riferimento, "alla" velocità della carica. Sembra certamente, dunque, che la teoria elettromagnetica presupponga l'esistenza di un unico sistema di riferimento stazionario, rispetto al quale tutte le velocità devono essere misurate.

    Eppure c'è una straordinaria coincidenza che ci rende dubbiosi. Supponiamo di montare un filo metallico circolare su un vagone e facciamo passare il treno fra i poli di un magnete gigante.

    user posted image

    Mentre il filo circolare viaggia attraverso il campo magnetico, una forza elettromotrice (da ora emf) si stabilisce lungo il filo; secondo la legge del flusso,

    emf = - dphi / dt (opposto della variazione istantanea di flusso del campo magnetico).

    Questa emf, ricorda, è dovuta alla forza magnetica sulle cariche nel filo circolare, che si muovono insieme al treno. D'altra parte, se qualcuno sul treno ingenuamente applicasse le leggi dell'elettrodinamica in quel sistema, quale sarebbe la sua predizione? Nessuna forza magnetica, perché il filo circolare è fermo. Ma man mano che passa il magnete, il campo magnetico nel vagone cambierà, e un campo magnetico che varia nel tempo induce un campo elettrico, secondo la legge di Faraday. La risultante forza elettrica genererebbe una emf nel filo data da:

    emf = - dphi / dt (l'opposto della variazione istantanea di flusso del campo elettrico).

    Visto che la legge di Faraday e la legge del flusso predicono esattamente la stessa emf, le persone sul treno arriveranno alla risposta corretta, anche se la loro interpretazione del processo è completamente errata.

    Oppure non lo è? Einstein non poteva credere che questa fosse una pura coincidenza; pensava, piuttosto, che fosse un indizio che i fenomeni dell'elettromagnetismo, come quelli meccanici, ubbidiscono al principio della relatività. Dal suo punto di vista l'osservatore sul treno è altrettanto valido come l'osservatore a terra. Se le loro interpretazioni sono differenti (uno tira in ballo un processo elettrico, l'altro un processo magnetico), così sia; ma le loro reali predizioni sono in accordo.

    Ma sto per passare oltre. Per i predecessori di Einstein l'uguaglianza delle due emf era solo un fortunato incidente; essi non avevano dubbio che un osservatore avesse ragione e l'altro no. Pensavano i campi elettrico e magnetico come tensioni in un mezzo invisibile "tipo gelatina" chiamato etere, che permeava tutto lo spazio. La velocità della carica doveva essere misurata rispetto all'etere - solo allora le leggi dell'elettrodinamica sarebbero risultate valide. L'osservatore sul treno ha torto, perché quel sistema di riferimento si muove rispetto all'etere.

    Ma, aspetta un momento! Come sappiamo che l'osservatore a terra non si muove anche lui rispetto all'etere? Dopo tutto, la terra ruota sul proprio asse una volta la giorno e compie un moto di rivoluzione attorno al sole una volta all'anno; il sistema solare a sua volta ruota attorno alla galassia, e per quanto ne so la galassia stessa potrebbe muoversi ad una elevata velocità attraverso il cosmo. Nel complesso, noi dovremmo viaggiare a molto più che 50 km/s rispetto all'etere. Come un motociclista lungo una strada aperta, incontriamo un "vento etereo" di alta velocità - a meno che per qualche miracolosa coincidenza ci troviamo proprio immersi in un vento a favore della forza corretta, o a meno che la terra abbia una specie di "parabrezza" che trascina con sè il proprio etere. Improvvisamente diventa una questione di cruciale importanza trovare il sistema di riferimento dell'etere, sperimentalmente, altrimenti tutti i nostri calcoli saranno errati.

    Il problema, quindi, è determinare il nostro moto attraverso l'etere - per misurare la velocità e la direzione del "vento etereo". Come facciamo? A prima vista potresti credere che praticamente qualunque esperimento elettromagnetico sia sufficiente: se le equazioni di Maxwell sono valide solo rispetto al sistema di riferimento dell'etere, qualunque discrepanza fra il risultato sperimentale e la predizione teorica sarebbe ascrivibile al vento etereo. Sfortunatamente, come si sono presto resi conto i fisici del diciannovesimo secolo, il citato errore in un tipico esperimento è estremamente piccolo; come nell'esempio di cui sopra, delle "coincidenze" sembrano sempre contribuire a nascondere il fatto che noi stiamo usando il sistema di riferimento "sbagliato". Quindi ci vuole un esperimento di una precisione fuori dal comune.

    Ora, fra i risultati dell'elettrodinamica classica c'è la predizione che le onde elettromagnetiche si muovono nel vuoto ad una velocità di

    c = 300,000,000,000 m/s,

    relativa (presumibilmente) all'etere. In teoria, quindi, uno dovrebbe essere in grado di scoprire il vento etereo semplicemente misurando la velocità della luce lungo varie direzioni. Come un motoscafo su un fiume, la velocità netta lungo la corrente dovrebbe essere massima, visto che qui la luce è trascinata dall'etere; controcorrente, invece, la velocità dovrebbe essere minima.

    user posted image

    Mentre l'idea di questo esperimento non potrebbe essere più semplice, la sua esecuzione è un'altra cosa, perché la luce è così sconvenientemente veloce. Se non fosse per quei "dettagli tecnici" potresti farlo con una torcia elettrica ed un cronometro. Come successo, un elaborato e grazioso esperimento fu ideato da Michelson e Morley, usando un interferometro ottico di fantastica precisione. Non mi addentrerò nei dettagli in questa sede, perché non voglio distogliere la tua attenzione dai due punti essenziali: 1) tutto quello che Michelson e Morley stavano provando a fare era confrontare la velocità della luce lungo diverse direzioni, e 2) quello che in effetti scoprirono fu che questa velocità è esattamente la stessa in tutte le direzioni.

    Oggigiorno, quando agli studenti nelle scuole superiori viene insegnato a sorridere all'ingenuità del modello dell'etere, ci vuole un po' di immaginazione per comprendere quanto questo risultato rendesse assolutamente perplessi all'epoca. Tutte le altre onde (onde nell'acqua, onde sonore su una corda) si muovono ad una prescritta velocità relativa al mezzo di propagazione (la materia che fa l'onda), e se il mezzo è in moto rispetto all'osservatore, la velocità netta è sempre maggiore lungo la corrente piuttosto che controcorrente. Nei 20 anni seguenti una serie di schemi improbabili furono inventati nella speranza di spiegare perché questo non accade con la luce. Michelson e Morley stessi interpretarono il loro esperimento come una conferma dell'ipotesi della "resistenza dell'etere", che considerava che la terra in qualche modo trascinasse con sè l'etere. Ma questo si dimostrò inconsistente con altre osservazioni, più precisamente con l'aberrazione della luce delle stelle. Furono proposte varie teorie cosiddette "dell'emissione", secondo le quali la velocità delle onde elettromagnetiche è governata dal moto della sorgente - come sarebbe in una teoria corpuscolare (immaginando la luce come un flusso di particelle). Tali teorie richiedevano modifiche delle equazioni di Maxwell non plausibili, ma ad ogni modo furono screditate da esperimenti che usassero fonti di luce extraterrestre. Nel frattempo, Fitzgerald e Lorentz suggerirono che il vento etereo fisicamente comprimesse tutta la materia (incluse le apparecchiature stesse di Michelson e Morley), proprio di quel tanto da compensare, e dunque nascondere, la variazione della velocità con la direzione. A conti fatti, c'è una granello di verità in questo, sebbene la loro idea della ragione della contrazione fosse piuttosto errata.

    Ad ogni modo, nessuno prima di Einstein si fece un'idea dei risultati di Michelson e Morley dal loro aspetto esteriore, e suggerì che la luce è una costante universale, la stessa in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto dell'osservatore e della fonte. Non c'è alcun vento etereo perché non c'è alcun etere. Qualunque sistema di riferimento inerziale è un sistema di riferimento adatto per l'applicazione delle equazioni di Maxwell, e la velocità della carica non va misurata rispetto ad un (inesistente) sistema di riferimento fermo, né rispetto ad un (inesistente) etere, ma semplicemente rispetto ad un qualunque sistema di riferimento che ti capita di scegliere.

    Ispirato, quindi, sia da indizi teorici interni (il fatto che le leggi dell'elettrodinamica sono tali da dare la risposta corretta anche quando applicate al sistema "errato") sia da evidenze empiriche esterne (l'esperimento di Michelson e Morley), Einstein propose i suoi due famosi postulati:

    1. Il principio della relatività. Le leggi della fisica si applicano a tutti i sistemi di riferimento inerziale.

    2. L'universale velocità della luce. La velocità della luce nel vuoto è la stessa per tutti gli osservatori inerziali, indipendentemente dal moto della fonte.

    La speciale teoria della relatività deriva da questi due postulati. Il primo eleva l'osservazione di Galileo riguardo la meccanica classica allo stato di legge generale, che si applica a tutta la fisica. Ci dice che non c'è alcun vero sistema di riferimento assoluto. Il secondo potrebbe essere considerato la risposta di Einstein all'esperimento di Michelson e Morley. Significa che non c'è alcun etere.

    A differenza del principio della relatività, che pone le sue radici secoli addietro, l'universale velocità della luce era radicalmente nuova - e, a prima vista, assurda. Poiché se io cammino 5 km/h lungo il corridoio di un treno che viaggia a 60 km/h, la mia velocità netta rispetto alla terra è "ovviamente" 65 km/h - la velocità di A (io) rispetto a C (il terreno) è uguale alla velocità di A relativa a B (il treno) più la velocità di B rispetto a C:

    vAC = vAB + vBC (Eq. 1)

    Eppure, se A è il segnale della luce (sia che venga da una torcia elettrica sul treno o da una lampada a terra o da una stella nel cielo) Einstein avrebbe voluto che noi credessimo che la sua velocità è c rispetto sia al treno che al terreno:

    vAC = vAB = c (Eq. 2)

    Evidentemente l'Eq. 1, che ora noi chiamiamo la legge della somma delle velocità di Galileo (nessuno prima di Einstein si sarebbe disturbato a darle addirittura un nome) è incompatibile con il secondo postulato. Nella speciale relatività è rimpiazzata dalla legge della somma delle velocità di Einstein:

    vAC = (vAB + vBC) / (1 + (vAB * vBC / c^2))

    Per velocità ordinarie (vAB << c, vBC << c), il denominatore è così prossimo ad 1 che la discrepanza tra la formula di Galileo e la formula di Einstein è trascurabile. D'altra parte, la formula di Einstein ha la desiderata proprietà che se vAB = c, allora automaticamente vAC = c.

    Ma come può la legge di Galileo, che sembra contare su nient'altro che il senso comune, essere in qualche modo errata? E se lo è, qual'è l'impatto su tutta la fisica classica? La risposta è che la speciale relatività ci costringe ad alterare le nostre stesse nozioni di spazio e tempo, e quindi anche le quantità da esse derivate come velocità, quantità di moto ed energia. Sebbene essa si sia sviluppata storicamente dalla contemplazione di Einstein dell'elettrodinamica, la speciale teoria non è limitata ad alcuna particolare classe di fenomeni - piuttosto, è una descrizione dell' "arena" spazio-tempo nella quale tutti i fenomeni fisici hanno luogo. E nonostante il riferimento alla velocità della luce nel secondo postulato, la relatività non ha niente a che vedere con la luce: c è evidentemente una velocità fondamentale, e capita che la luce viaggi a tale velocità, ma è perfettamente possibile immaginare un universo nel quale non ci siano cariche elettriche, e quindi campi od onde elettromagnetiche, ed eppure la relatività prevarrebbe ugualmente. Visto che la relatività definisce la struttura di spazio e tempo, rivendica l'autorità non solamente su tutti i fenomeni attualmente conosciuti, ma anche su quelli non ancora scoperti. È, come direbbe Kant, un "prolegomeno a tutta la fisica futura".




    2) La geometria della relatività

    In questa sezione presento una serie di esperimenti gedanken (pensati) che servono ad introdurre le tre conseguenze geometriche più importanti dei postulati di Einstein: la dilatazione del tempo, la contrazione di Lorentz, e la relatività della simultaneità.

    (i) La relatività della simultaneità. Immagina un vagone che si muova ad una velocità costante lungo binari piani e rettilinei.

    user posted image

    Nell'esatto centro del vagone pende una lampadina. Quando qualcuno la accende, la luce si diffonde in tutte le direzioni alla velocità c. Visto che la lampadina è equidistante dalle due estremità del vagone, un osservatore sul treno scoprirà che la luce raggiunge l'estremità anteriore nello stesso istante in cui raggiunge l'estremità posteriore. i due eventi in questione - (a) la luce raggiunge l'estremità anteriore e (b) la luce raggiunge l'estremità posteriore - accadono simultaneamente. Tuttavia, per un osservatore a terra questi stessi due eventi non sono simultanei.

    user posted image

    Poiché mentre la luce parte dalla lampadina, il treno stesso si muove in avanti, quindi il raggio che va verso l'estremità posteriore ha una distanza più breve da percorrere rispetto a quello che va verso l'estremità anteriore. Secondo questo osservatore, dunque, l'evento (b) accade prima dell'evento (a). Infine, un osservatore che si trovasse a superare il nostro vagone con un treno espresso riporterebbe che (a) precede (b). Conclusione:

    Due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento inerziale in generale non sono simultanei in un altro sistema di riferimento inerziale.

    Naturalmente, il treno deve andare tremendamente veloce prima che la discrepanza possa essere notata - ecco perché tu non lo noti mai.

    Ovviamente, è sempre possibile che un testimone ingenuo cada in errore sulla simultaneità: tu senti il tuono dopo che hai visto il lampo, e un bambino potrebbe dedurre che la sorgente della luce non sia simultanea rispetto alla sorgente del suono. Ma questo è un errore banale, non avendo nulla a che vedere con l'osservatore in moto o con la relatività - ovviamente, devi tenere conto del tempo che il segnale (il suono, la luce, il piccione viaggiatore, qualsiasi sia) ci mette a raggiungerti. Quando parlo di un osservatore, intendo qualcuno che ha il senso di fare questa correzione, e un'osservazione è quello che un osservatore registra dopo aver fatto ciò. Quello che vedi, quindi, non è uguale quello che osservi. Un'osservazione non può essere fatta con una telecamera - è una ricostruzione artificiale dopo il fatto, quando tutti i dati sono noti. Di fatto, un osservatore saggio eviterebbe l'intero problema, piazzando degli assistenti in posizioni strategiche, ognuno equipaggiato con un orologio sincronizzato ad un orologio master, cosicché le misurazioni possano essere svolte proprio sulla scena. Insisto su questo punto per enfatizzare che la relatività della simultaneità è una genuina discrepanza fra le misurazioni fatte da osservatori competenti in moto relativo, non un semplice errore sorto dalla dimenticanza di tener conto del tempo di spostamento del segnale luminoso.


    (ii) La dilatazione del tempo. Consideriamo ora un raggio di luce che parta dalla lampadina e colpisca il pavimento del vagone esattamente sotto di essa. Domanda: quanto ci mette la luce a compiere questo tragitto? Dal punto di vista di un osservatore sul treno, la risposta è semplice: se l'altezza del vagone è h, il tempo è:

    t1 = h / c. (l'indice 1 indica la misurazione fatta sul treno)

    D'altra parte, se osservato da terra lo stesso raggio deve percorrere una distanza maggiore, perché il treno è in moto.

    user posted image

    Secondo il teorema di Pitagora, questa distanza è rq(h^2 + (v x t2)^2), quindi:

    t2 = rq(h^2 + (v * t2)^2) / c. (l'indice 2 indica la misurazione fatta da terra; rq(y) è il simbolo che uso per indicare la radice quadrata di y)

    Risolvendo rispetto a t2 otteniamo:

    t2 = h / c * 1 / rq(1 - v^2 / c^2),

    quindi

    t1 = t2 * rq(1 - v^2 / c^2)

    Evidentemente il tempo trascorso fra gli stessi due eventi - (a) la luce parte dalla lampadina, e (b) la luce colpisce il centro del pavimento - è differente per i due osservatori. Di fatto, l'intervallo t1 misurato sull'orologio del treno è più breve del fattore

    g = 1 / rq(1 - v^2 / c^2)

    Conclusione:

    Gli orologi in movimento scorrono più lentamente.

    Questa è chiamata dilatazione del tempo. Non ha niente a che vedere con la meccanica degli orologi; è un'affermazione riguardante la natura del tempo, che si applica a tutti i cronometri ed orologi che funzionino correttamente.

    Di tutte le predizioni di Einstein, nessuna ha ricevuto una conferma più spettacolare e persuasiva della dilatazione del tempo. La maggior parte delle particelle elementari sono instabili: si disintegrano dopo un tempo di vita caratteristico che varia da una specie all'altra. Il tempo di vita di un neutrone è 15 min, di un muone è 0,000002 sec, di un pione neutro è 0,00000000000000009 sec. Ma questi sono tempi di vita di particelle a riposo. Quando le particelle si muovono a velocità prossime a c durano molto di più, poiché i loro orologi interni (qualunque cosa dica loro quando il loro tempo di vita è finito) scorrono lentamente, in accordo con la formula di dilatazione del tempo di Einstein.

    Potrebbe venire in mente che la dilatazione del tempo non sia consistente con il principio della relatività. Poiché se l'osservatore a terra afferma che l'orologio sul treno scorre più lentamente, l'osservatore sul treno potrebbe a sua volta rivendicare in egual modo che è l'orologio a terra a scorrere lentamente - dopo tutto, dal punto di vista del treno è il terreno ad essere in moto. Chi ha ragione? Risposta: hanno ragione entrambi! Ad una più ravvicinata ispezione la "contraddizione", che sembra così forte, scompare. Lasciami spiegare: per controllare la rapidità dell'orologio sul treno, l'osservatore a terra usa due dei suoi orologi:

    user posted image

    uno per confrontare i tempi all'inizio dell'intervallo, quando il treno passa per il punto A, l'altro per confrontare i tempi alla fine dell'intervallo, quando il treno passa per il punto B. Ovviamente egli deve stare attento a sincronizzare i suoi orologi prima dell'esperimento. Quello che scopre è che mentre l'orologio sul treno ha misurato, diciamo, 3 minuti, l'intervallo fra le letture dei suoi due orologi è 5 minuti. Egli conclude che l'orologio sul treno scorre lentamente.

    Nel frattempo, l'osservatore sul treno sta controllando la rapidità dell'orologio a terra con la stessa procedura: usa due orologi sul treno attentamente sincronizzati, uno in testa e l’altro in coda al treno, e confronta i tempi con un singolo orologio a terra mentre questo passa accanto ai suoi due.

    user posted image

    Egli scopre che mentre l'orologio a terra ha misurato 3 minuti, l'intervallo fra i suoi orologi sul treno è 5 minuti e conclude che l'orologio a terra scorre lentamente. C'è una contraddizione? No, poiché i due osservatori hanno misurato cose differenti. L'osservatore a terra confronta un orologio sul treno con due orologi a terra; l'osservatore sul treno confronta un orologio a terra con due orologi sul treno. Entrambi hanno seguito una procedura sensata e corretta, confrontando un singolo orologio in moto con due orologi fermi. "E allora?" ribatti tu, "gli orologi fermi erano sincronizzati ad ogni istante, quindi non può importare che ne abbiano usati due diversi". Ma qui sta il punto: gli orologi che sono opportunamente sincronizzati in un sistema non saranno sincronizzati se osservati da un altro sistema. Non possono esserlo, poiché dire che due orologi sono sincronizzati significa dire che essi indicano mezzogiorno simultaneamente, e noi abbiamo già imparato che ciò che è simultaneo per un osservatore non è simultaneo per un altro. Quindi mentre entrambi gli osservatori hanno condotto una misurazione perfettamente accurata, dal proprio punto di vista, uno dei due osservatori, guardando il processo dell'altro, considera che egli ha fatto l'errore più grossolano, usando due orologi non sincronizzati. Ecco come, nonostante il fatto che il proprio orologio "effettivamente" scorra lentamente, ognuno dei due osservatori riesce a concludere che sono quelli dell'altro a scorrere lentamente.

    Visto che gli orologi in moto non sono sincronizzati, è essenziale focalizzare l'attenzione su un singolo orologio quando si controlla la dilatazione del tempo. Tutti gli orologi in moto scorrono lentamente dello stesso fattore, ma non puoi cominciare a cronometrare su un orologio e poi passare su un altro perché essi non erano sincronizzati già dall'inizio. Ma puoi usare tutti gli orologi fermi (fermi rispetto a te osservatore) che vuoi, poiché essi sono propriamente sincronizzati (gli osservatori in moto lo contesterebbero, ma questo è un loro problema).

    Esempio: il paradosso dei gemelli. Al suo 21esimo compleanno, una astronauta decolla su un'astronave alla velocità di 12/13 * c. Dopo che sono passati 5 anni sul proprio orologio, lei si gira e fa rotta di ritorno alla stessa velocità per riunirsi con suo fratello gemello, che è rimasto a casa. Domanda: che età ha ognuno dei due gemelli alla loro riunione?

    Soluzione: La gemella in viaggio è invecchiata 10 anni (5 anni per andare, 5 anni per tornare); arriva a casa giusto in tempo per celebrare il proprio 31esimo compleanno. Tuttavia, se vista dalla terra, l'orologio in moto scorreva lentamente del fattore

    g = 1 / rq(1 - (12/13)^2) = 13/5.

    Il tempo trascorso sugli orologi terrestri è quindi 13/5 * 10 = 26, e suo fratello starà festeggiando il suo 47esimo compleanno - egli è ora 16 anni più vecchio della sorella gemella! Ma non farti ingannare: questa non è la fonte della giovinezza per la gemella in viaggio, poiché sebbene lei possa morire più tardi di suo fratello, non avrà vissuto di più - l'avrà solo fatto più lentamente. Durante il volo, tutti i suoi processi biologici - metabolismo, pulsazione, pensiero, il parlare - sono soggetti alla stessa dilatazione del tempo che subisce il suo orologio.

    Il cosiddetto paradosso dei gemelli nasce quando provi a raccontare questa storia dal punto di vista della gemella in viaggio. Lei vede la terra allontanarsi a 12/13*c, si gira dopo 5 anni, e torna indietro. Del suo punto di vista, sembrerebbe che è ferma, mentre suo fratello è in moto, e quindi è lui che dovrebbe essere più giovane alla loro riunione. Un'enorme quantità di cose è stata scritta riguardo il paradosso dei gemelli, ma la verità è che qui non c'è proprio alcun paradosso: questa seconda analisi è semplicemente sbagliata. I due gemelli non sono equivalenti. La gemella in viaggio sperimenta un'accelerazione quando si gira per tornare a casa, mentre suo fratello no. Per metterla giù con un linguaggio più appropriato, la gemella in viaggio non è un sistema inerziale - più precisamente, lei è in un sistema inerziale all'andata e in uno completamente diverso al ritorno. La gemella in viaggio non può rivendicare di essere un osservatore inerziale perché non si può essere sottoposti ad un'accelerazione e rimanere allo stesso tempo stazionari (fermi o in moto uniforme).


    (iii) La contrazione di Lorentz. Per il terzo esperimento gedanken devi immaginare di aver montato una lampada ad una estremità di un vagone coperto ed uno specchio all'altra, in modo che un segnale di luce possa andare e tornare.

    user posted image

    Domanda: quanto ci mette il segnale a completare il percorso di andata e ritorno? Per un osservatore sul treno, la risposta è:

    t1 = 2 * x1 / c, (Eq. 3)

    dove x1 è la lunghezza del vagone. Per un osservatore a terra il processo è più complicato a causa del moto del treno. Se t3 è il tempo necessario alla luce a raggiungere la prima estremità , e t4 è il tempo necessario a tornare alla lampada, allora:

    user posted image

    t3 = (x2 + v * t3) / c, t4 = (x2 - v * t4) / c,

    oppure, risolvendo rispetto a t3 e a t4:

    t3 = x2 / (c - v), t4 = x2 / (c + v).

    Quindi il tempo per andare e tornare è

    t2 = t3 + t4 = 2 * x2 / c * 1 / (1 - v^2 / c^2). (Eq. 4)

    Frattanto, questi stessi intervalli sono legati dalla formula di dilatazione del tempo:

    t1 = rq(1 - v^2 / c^2) * t2

    Applicando ciò alle Eq. 3 ed Eq. 4, concludo che

    x1 = x2 / rq(1 - v^2 / c^2).

    La lunghezza del vagone misurata da un osservatore sul treno non è uguale a quella misurata da un osservatore a terra - dal punto di vista a terra è in qualche modo più corta. Conclusione:

    Gli oggetti in moto sono accorciati.

    Questa viene detta contrazione di Lorentz. Nota che lo stesso fattore,

    g = 1 / rq(1 - v^2 / c^2)

    compare sia nella formula della dilatazione del tempo che nella formula della contrazione di Lorentz. Questo lo rende molto semplice da ricordare: gli orologi che si muovono rallentano, le bacchette che si muovono si accorciano, ed il fattore è sempre g.

    Ovviamente, l'osservatore sul treno non pensa che il proprio vagone sia accorciato - il suo metro è contratto dello stesso fattore, quindi tutte le sue misure risultano uguali a quelle che farebbe se il treno fosse fermo in stazione. Di fatto, dal suo punto di vista sono gli oggetti a terra ad essere accorciati. Questo fa sorgere un nuovo problema paradossale: se A dice che le bacchette di B sono corte, e B dice che le bacchette di A sono corte, chi ha ragione? Risposta: entrambi! Ma per far quadrare le rivendicazioni della controparte dobbiamo studiare attentamente il reale processo con il quale sono misurate le lunghezze.

    Supponi di voler determinare la lunghezza di una tavola. Se è ferma (rispetto a te) posi semplicemente il tuo righello sulla tavola, segni le letture ad entrambe le estremità, e le sottrai per ottenere la lunghezza della tavola.

    user posted image

    (Se sei veramente furbo, allineerai l'estremità sinistra della riga con l'estremità sinistra della tavola - poi devi solo leggere un numero)

    Ma cosa succede se la tavola è in movimento? Stessa storia, solo che questa volta, ovviamente, devi stare attento a leggere le sue estremità allo stesso istante di tempo. Se non lo fai, la tavola si sposterà nel corso della misura, e ovviamente tu otterrai la risposta errata. Ma in questo giace il problema: a causa della relatività della simultaneità i due osservatori sono in disaccordo su ciò che costituisce lo stesso istante di tempo. Quando la persona a terra misura la lunghezza del vagone, legge la posizione delle sue estremità allo stesso istante nel proprio sistema. Ma la persona sul treno, guardandola fare ciò protesta che lei legge prima l'estremità di testa, poi aspetta un po' prima di leggere l'estremità di coda. È ovvio che la misura viene fuori più corta nonostante il fatto che per la persona a terra stia usando (secondo quella sul treno) un metro di lunghezza inferiore, che altrimenti avrebbe portato ad un numero troppo grande. Entrambi gli osservatori misurano le lunghezze correttamente (dal punto di vista dei propri sistemi di riferimento inerziali) ed ognuno trova che le bacchette dell'altro sono accorciate. Eppure non c'è alcuna inconsistenza, poiché stanno misurando cose differenti, ed ognuno considera improprio il metodo dell'altro.

    Esempio: il paradosso del granaio e della scala. A differenza della dilatazione del tempo, non c'è nessuna conferma sperimentale diretta della contrazione di Lorentz, semplicemente perché è troppo difficile avere un oggetto di dimensioni misurabili andare ad una qualunque velocità prossima a quella della luce. La seguente parabola illustra quanto sarebbe bizzarro il mondo se la velocità della luce fosse più accessibile.

    C'era una volta un agricoltore che aveva una scala troppo lunga per farcela stare nel granaio.

    user posted image

    Gli capitò un giorno di leggere un po' di relatività, ed una soluzione al suo problema si suggerì da sola. Disse a sua figlia di correre con la scala il più velocemente possibile - in modo che la scala in movimento si Loretz-contraesse ad una dimensione per la quale il granaio potesse accoglierla comodamente. Avrebbe poi dovuto precipitarsi attraverso la porta, dopodiché l'agricoltore avrebbe sbattuto la porta dietro di lei, in modo da imprigionare la scala all'interno.

    user posted image

    Ma la figlia aveva letto un po' oltre nel libro e fece notare al padre che nel proprio sistema di riferimento il granaio, non la scala, si sarebbe contratto, e la misura della scala sarebbe stata ancora peggiore di quanto non fosse a riposo.

    user posted image

    Domanda: chi ha ragione? La scala ci starà nel granaio oppure no?

    Soluzione: hanno ragione entrambi! Quando dici "la scala è nel granaio", intendi che tutte le parti di essa sono all'interno ad un istante di tempo, ma alla luce della relatività della simultaneità, quella è una condizione che dipende dall'osservatore. In effetti ci sono due eventi rilevanti qui:

    a. L'estremità posteriore della scala ce la fa ad entrare nella porta.
    b. L'estremità anteriore della scala colpisce la parete più lontana del granaio.

    L'agricoltore dice che a accade prima di b, quindi c'è un tempo nel quale la scala è interamente all'interno del granaio; sua figlia dice che b precede a, quindi questo tempo non c'è. Contraddizione? No - solo una differenza di prospettiva.

    "Ma andiamo!" ti sento protestare, "quando è tutto finito e la polvere si è posata, o la scala è nel granaio, o non c'è. Non ci può essere disputa su ciò". Proprio così, ma tu ora stai introducendo un nuovo elemento nella storia: cosa accade mentre la scala si ferma? Supponi che l'agricoltore afferri fermamente l'ultimo piolo della scala con la sua mano, mentre chiude la porta con l'altra. Nell’ipotesi che rimanga integro (l’agricoltore), la scala ora deve allungarsi alla sua lunghezza di riposo. Evidentemente, l'estremità anteriore continua ad andare avanti, anche dopo che la parte posteriore è stata fermata! Espandendosi in questo modo, l'estremità anteriore della scala sbatte contro la parete più lontana del granaio. In verità, l'intera nozione di corpo rigido perde il suo significato in relatività, poiché quando esso cambia la propria velocità, parti diverse in generale non accelerano simultaneamente - in questo modo il materiale si allunga o si accorcia per raggiungere la lunghezza appropriata alla sua nuova velocità.

    Ma tornando alla domanda in questione: quando la scala finalmente si ferma, è dentro il granaio oppure no? La risposta è indeterminata. Quando l'estremità anteriore della scala colpisce la parete più lontana del granaio, qualcosa deve fare, e l'agricoltore o rimane con una scala rotta all'interno del granaio, o con una scala intatta che spunta fuori attraverso un buco nel muro. Ad ogni modo, è improbabile che sia soddisfatto del risultato.

    Un ultimo commento sulla contrazione di Lorentz. Un oggetto in moto è accorciato solo lungo la direzione del suo moto:

    Le dimensioni perpendicolari alla velocità non sono contratte.

    Infatti, derivando la formula della dilatazione temporale ho preso per certo che l'altezza del treno è la stessa per entrambi gli osservatori. Ora giustificherò ciò, usando un bel esperimento gedanken suggerito da Taylor e Wheeler. Immaginiamo di costruire una parete accanto ai binari ferroviari, e 1 m sopra le rotaie, misurato da terra, tracciamo una linea orizzontale. Quando passa il treno, un passeggero si sporge dalla finestra tenendo un pennello 1 m sopra le rotaie, misurato dal treno, tracciando una linea orizzontale rossa sulla parete. Domanda: La linea rossa del passeggero giace sopra o sotto la linea blu? Se la regola fosse che le direzioni perpendicolari si contraggono, allora la persona a terra predirebbe che la linea rossa si trova più in basso, mentre la persona sul treno direbbe che si trova più in basso quella blu (per il secondo, ovviamente, è il terreno a muoversi). Il principio della relatività ci dice le ragioni di entrambi gli osservatori sono ugualmente giustificate, ma essi non possono avere ragione entrambi. Nessuna sottigliezza di simultaneità o sincronizzazione può razionalizzare questa contraddizione; o è la linea blu a trovarsi più in alto o lo è la rossa - a meno che esse non coincidano perfettamente, che è infatti l'inevitabile conclusione. Non può esserci una legge di contrazione (o di espansione) delle direzioni perpendicolari, poiché porterebbe a predizioni inconciliabilmente inconsistenti.
     
    .
  2. soulat0
     
    .

    User deleted


    Cause di forza maggiore (studio) mi terranno lontano dal forum per circa 3 settimane (tentazioni permettendo, che comunque credo che terrò a bada). Al mio ritorno leggerò i vostri commenti (sperando di trovarne! ) ed eventualmente proverò a rispondere ai vostri dubbi. Buona lettura ed assimilazione!
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    JAG BORDE I STOCKHOLM

    Group
    Member
    Posts
    2,253
    Location
    The Flat Field(where I do get bored..)

    Status
    Offline
    interessante...grazie x il lavoro..
    l'esempio del granaio è un po confuso però..
     
    .
  4. TENEBRA di novembre
     
    .

    User deleted


    bello! grazie...
    domani leggero' con calma
     
    .
  5. TENEBRA di novembre
     
    .

    User deleted


    sono solo arrivato al paradosso 1 e già non ho capito. tieni conto che io sono un liceale che lavora solo ed esclusivamente sulla meccanica classica.

    scusa ma mettiamo caso che la luce viaggi a 10m/s e che la lampada sia messa al centro di un treno che viaggia a 5 m/s. dopo un secondo l'osservatore nel treno vede che la luce ha raggiunto la parete(quindi la lunghezza della carrozza è di 20 metri)
    l'osservatore a terra, secondo la teoria I, vedrebbe che dopo un secondo la luce ha, nella parte posteriore, raggiunto e superato la carrozza; mentre in quella anteriore dovrebbe ancora fare5metri?
    mi sembra un po' alla zenone.....

    cmq ottimo articolo

    Edited by TENEBRA di novembre - 27/1/2005, 18:05
     
    .
  6. fa_
     
    .

    User deleted



    CITAZIONE
    scusa ma mettiamo caso che la luce viaggi a 10m/s e che la lampada sia messa al centro di un treno che viaggia a 5 m/s. dopo un secondo l'osservatore nel treno vede che la luce ha raggiunto la parete(quindi la lunghezza della carrozza è di 20 metri)
    l'osservatore a terra, secondo la teoria I, vedrebbe che dopo un secondo la luce ha, nella parte posteriore, raggiunto e superato la carrozza; mentre in quella anteriore dovrebbe ancora fare5metri?
    mi sembra un po' alla zenone.....



    leggi l'esempio del granaio
     
    .
5 replies since 20/1/2005, 04:02   1178 views
  Share  
.