Primi antichi ALFABETI

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  1. Ya_aghla_habib
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    L'ALFABETO E LA SCRITTURA...

    ... sono un complesso di segni (lettere che in sostanza sono segni o disegni di un oggetto) corrispondenti a suoni di una lingua.
    Rudimentali forme di "alfabeto" possono considerarsi le prime scritture petrografiche, anche se correttamente queste fanno parte della scrittura ideografica, espressa cioè attraverso ideo-pittografiche, cioé rappresentazioni grafiche simboliche di un concetto. Che non sembra, ma sussistono ancora perfino sulla tastiera del nostro computer. (£, $, @, &, % ecc.)

    La scrittura nelle più antiche società rappresentò essenzialmente uno strumento pratico. Quando le organizzazioni statali si consolidarono, le classi al potere capirono che la scrittura era uno strumento decisivo per il controllo dell'ordine e quindi divenne una necessità del potere economico e politico a servizio dei quali si pose una classe di specialisti, gli Scribi, occupati a preparare documenti di ogni genere, essenzialmente sembra per i commerci, documenti da inviare a sovrani stranieri, ricevute di tasse, elenchi di produzioni varie. I sovrani naturalmente utilizzarono la scrittura anche come strumento di propaganda per "reclamizzare" le proprie imprese, per imporre la propria volontà in luoghi lontani dal palazzo; per contribuire a legittimare il proprio potere.

    Importante poi la scrittura per redigere i documenti di contenuto legislativo: ordini, raccolta di leggi, o disposizioni per i funzionari locali (ad e esempio è giunto fino a noi un ordine di coscrizione).
    Queste primi passi furono fatti con il segno "scrittura" pittografico o ideografico; l'ideogramma è un segno o un disegno che corrisponde a un'idea, quindi é anch'essa una forma di scrittura.

    A tutt'oggi in alcuni territori del pianeta, non alfabetizzati, queste forme semplici di scrittura ideografica, si usano ancora per le attività appena elencate. Come ad esempio in molti sperdute località della Cina. Alcune bollette delle tasse hanno dei segni inequivocabili nei più remoti territori, anche se la lingua parlata è completamente diversa. Non é raro che in Cina due soggetti di due province non si capiscono parlando (la lingua cinese fra l'altro é quasi tutta monosillaba) ma si intendono benissimo scrivendo. Alcuni di questi segni (pittografici) molto ricorrenti non sono mai mutati da circa quattromila anni, e hanno sempre permesso di comunicare senza riferirsi ad alcuna forma linguistica parlata.

    Nata dunque inizialmente per queste funzioni, solo più tardi la scrittura venne concepita come uno strumento al servizio dell'uomo attraverso la quale si potevano esternare anche pensieri e sentimenti. Cominciarono a diffondersi documenti di letteratura sapiensale contenenti proverbi, consigli, preghiere, inni alla divinità.

    PARTIAMO DALL'ANTICHITA'

    Le più antiche iscrizioni che compaiono prima del 3000 a.C. sono tutte a graffiti su rocce o su antichissimi monumenti. Più che iscrizioni sono incisioni di figure simboliche. Le iscrizioni su supporti mobili e maneggevoli (sua ossa, avorio, gusci di tartaruga ecc.) sono datate molto prima del 3000 a.C.

    Ultimamente ne sono state rinvenute in Egitto già con la tecnica pittografica su placchette di osso, e di argilla databili 3400 a.C. Sembra dunque che l'invenzione della scrittura sia attribuibile agli egiziani e non ai Sumeri come finora ritenuto. L'archeologo Dreyer le ha rinvenute in una necropoli reale ad Abydos nella provincia di Suhah a circa 400 chilometri del Cairo. Forse é la tomba di Re Scorpione I; uno dei tre re noti del periodo che precedette la prima dinastia dei faraoni. Sono delle iscrizioni su tavolette che sembrano essere delle ricevute di imposte riscosse dal sovrano. Tavolette di argilla che avevano questa finalità; ma della stessa epoca sono state rinvenute anche in Mesopotamia. Fu dunque una invenzione sollecitata dal bisogno di avere un documento che attestasse un dovere assolto. La tecnica l'abbiamo accennata era pittografica.

    Sempre presso gli Egiziani la scrittura, dopo circa 400 anni si manifestò con segni pittografici isolati (potremmo dire mobili) e iniziano a chiamarsi pittogrammi. Gruppi di questi segni messi in sequenza vanno quindi a creare non più la rappresentazione di un oggetto, ma da come sono disposti riescono a formare una frase, ma con il vantaggio di usare solo 20/30 figure come base per esprimere uno o più concetti ben precisi. Non é ancora un vero e proprio alfabeto ma la filosofia della costruzione concettuale é quella. (cioè dei "caratteri mobili" che qui diventano "figure mobili" che distribuendole in un certo modo, o in una sequenza compongono una frase ben precisa)
    (per fare un esempio possiamo paragonarlo al classico gioco enigmistico dei rebus più facili - ovviamente riferendosi a particolari oggetti che normalmente indichiamo con la nostra lingua)

    Queste figure egiziane sono ancora oggi chiamate impropriamente GEROGLIFICI, dal nome greco dato da Clemente Alessandrino "grammata ieroglifica", cioè lettere sacre incise, anche se di sacro all'inizio non c'era proprio nulla, erano a quanto pare delle vere e proprie bollette delle tasse. Tuttavia i sacerdoti capirono l'alta potenzialità della scrittura, e la monopolizzarono subito, continuamente modificandola, rendendola sempre più incomprensibile quindi esclusiva, fino a farla diventare ierocratica (ierocrazia = dominio della casta sacerdotale)

    Se la SCRITTURA IERATICA da una parte con i sacerdoti procedeva verso l'alto con regole ideo-grammatiche sempre più difficili per la comprensione del volgo, dall'altra l'intera scrittura con i numerosi "geroglifici" che nel corso del tempo erano diventati tanti, con il nuovo sistema camminava verso il basso, diventando la scrittura e la lettura, diciamo non proprio volgarizzata, ma enormemente facilitata. Nacque così la SCRITTURA DEMOTICA, cioè popolare (volgarizzata - cioè l'uso di pochi segni per costruire frasi correnti)

    La chiave per decifrare i geroglifici fu trovata dal francese J-F Champillion nel XIX secolo in seguito alla scoperta di una iscrizione ( STELE DI ROSETTA) redatta in tre alfabeti: geroglifico ieratico, demotico e greco.

    Una volta che si sono capite le regole, leggere i geroglifici non é poi così difficile. Naturalmente bisogna conoscere l'antica lingua egiziana; " pa " corrisponde alle prime due lettere di "pa-ne" in italiano, ma non certo a pane in lingua egizia (esempio: se non conosciamo l'inglese non possiamo certo risolvere un rebus fatto per gli inglesi)

    EGITTO - GEROGLIFICI CORRISPONDENTI ALL'ALFABETO

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    LA LINGUA SCRITTA EGIZIANA NASCE COME IDEOGRAMMATICA
    cioe' ad ogni SEGNO GRAFICO corrisponde
    una persona, un oggetto, un animale, un'azione.
    Presto si comprese che una scrittura composta esclusivamente di ideogrammi era impossibile da gestire, non si poteva infatti INVENTARE e RICORDARE UN SEGNO PER OGNI COSA.
    (sembra che ne esistessero circa 3000 - ma pur essendo così tante non era facile esprimere una parola astratta o un verbo)
    Gli ideogrammi si specializzarono allora in
    FONOGRAMMI
    cioe' ad ogni SEGNO GRAFICO corrisponde un suono.
    I fonogrammi, a loro volta,si suddivisero in:
    Segni che rappresentano UN suono detti:UNILITTERI
    Segni che rappresentano DUE suoni detti:BILITTERI
    Segni che rappresentano TRE suoni detti:TRILITTERI
    Poichè la lingua egiziana, come le lingue semitiche, non faceva uso, nella lingua scritta, delle vocali capitava frequentemente che parole OMOFONE (cioe' dal suono simile) quando venivano scritte, diventassero indistinguibili per chi le avrebbe lette. Per evitare questa confusione ad alcuni IDEOGRAMMI fu attribuita la funzione di distinguere un geroglifico da un altro specificandolo; presero il nome di: DETERMINATIVI

    DISPOSIZIONE E LETTURA DEI SEGNI
    Ragioni di ordine RELIGIOSO, ESTETICO, PRATICO, facevano sì che il modo di inquadrare i geroglifici fosse variabile si potevano iscrivire in...
    ... UN QUADRATO, in 1\2 QUADRATO VERTICALE, oppure ORIZZONTALE, o in 1\4 DI QUADRATO.
    inseriti in COLONNE VERTICALI, o in LINEE ORIZZONTALI.
    mentre la direzione della scrittura poteva andare... ... DA DESTRA A SINISTRA, DA SINISTRA A DESTRA. DAL BASSO VERSO L’ALTO, DALL’ALTO VERSO IL BASSO, o essere MISTA: un movimento detto BUSTROFEDICO. (come i rebus più difficili)


    GLI UNILITTERI:

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    Abbiamo poi la scrittura SUMERA-BABILONESE - La disputa che si trascina da anni è se nacque prima quella Egiziana o quella Sumerica.
    Mentre in Egitto i pittogrammi- ideografici restano ieratici (di esclusivo uso sacerdotale poi da questi derivarono quelli demotici, più popolari - come in Italia il latino e il volgare) scritti su papiro (gli egiziani disponevano di questa singolare risorsa) presso i Sumeri l'evoluzione nel pittogramma diventa quasi subito un segno alfabetico, in una forma cuneiforme inciso su una tavoletta di argilla.
    La scrittura cuneiforme è un tipo di scrittura i cui segni sono una combinazione di tratti a forma di cuneo; venivano incisi con uno stilo triangolare su tavolette di molle argilla. Di questi segni alcuni sono rappresentativi, altri simbolici, altri ancora fonetici con il valore di una sillaba. La scrittura inizialmente sillabica, divenne subito dopo solo alfabetica. La più antica iscrizione sumera è del 3000 a.C., quindi contemporanea a quella egiziana. Questo ha scatenato una disputa sull'invenzione della scrittura tra i due Paesi che tutt'oggi non è ancora finita.
    Ognuno di essi afferma che ha imitato l'altro. Questo fino a pochi anni fa.

    A scompaginare poi tutto, arrivarono le 14 "Tavolette Tartaria" rinvenute pochi anni fa, però sui Balcani (quindi non in Egitto e nemmeno in Mesopotamia - cioé dove secondo gli studiosi non ci dovevano essere. Cioè nella Tracia antica - nulla a che vedere con la Tracia romana - sul Mar nero, una ancora sconosciuta civiltà databile nel 5/6000 a.C. - Ne abbiamo parlato in "Roma Fondazione" Anno 3000 a.C. - E sugli "Etruschi" - vai a vedere). Una scoperta che è diventato un giallo, perchè sono state scritte nel 3500 a.C. in una forma quasi cuneiforme ma con aspetti pittografici (ma sappiamo che anche la cuneiforme sumera nacque inizialmente pittografica). In pratica sono delle piccole figure o segni incisi, che corrispondono non sempre a un oggetto. Vi appare ad esempio la "n" che sia in sumero sia in egizio rappresenta l'acqua mossa di un fiume. Ed é un segno che hanno utilizzato tutti per dire la stessa cosa. Un segno che non è mai stato abbandonato dagli alfabeti successivi, dal fenicio, fino ai nostri giorni. Già questo è abbastanza singolare. Sarebbe una coincidenza poco credibile. Qualcuno deve aver "copiato". Anche se non corrispondeva al fonema sillabico di uno stesso oggetto nella rispettiva lingua il segno è stato comunque adottato integralmente in tutte le lingue.
    (Molto interessante l'ultimo libro di Heinz-Siegert. I Traci, edito da Garzanti, nel 1986 - riporta le ultime clamorose scoperte archeologiche avvenute in questi anni nell'area balcanica. E soprattutto ci svela l'antica civiltà dei Traci. Che sembra essere più antica di quella Egiziana, Sumerica-Babilonese).
    Il giallo consiste in questo: la cuneiforme più tardi (500 anni dopo le Tavolette) compare in Mesopotamia nel 3000 a.C. e appare quasi subito come una specie di alfabeto fatto di segni incisi nell'argilla, ma nello stesso 3000 a.C. in Egitto appare la pittografica modificata in pittogrammi che diventa anch'essa quasi alfabetica. (gli egiziani cercarono dunque di modificare le figure ideografiche esistenti, in ideogrammi e contemporaneamente alcuni di essi in ideo-fonogrammi

    Fu necessario perchè prima la scrittura geroglifica, pur avendo un numero notevole di ideogrammi (circa 3000) permetteva una limitata capacità espressiva; non era per esempio possibile trovare un segno che esprimesse parole astratte, nè verbi . Per sopperire alla necessità di una più ampia espressione scritta fu adottato quel sistema acrofonico di scrittura. Ogni rappresentazione ideogrammatica aveva un suono corrispondente. Questo suono acquistò il valore di una sillaba e fu usato per comporre quelle parole che non potevano avere un'espressione ideogrammatica, in cui appunto ricorresse il suono. Si estendevano così - con pochi segni- le possibilità di espressione della scrittura ideogrammatica.

    Insomma l'idea egiziana è la stessa di quella sumerica, cambia la tecnica nel rappresentarla e il supporto. Cioè fare dei segni mobili per creare dei fonemi e quindi delle frasi con pochi segni, quelli di base, quelli che l'uomo é capace di emettere con la laringe (che sono in totale - le consonanti più le vocali - 122 suoni ) Base che sostiene l'idea sostanziale di tutti gli alfabeti. E su questa base i fenici lavorarono, ma omettendo di scrivere assieme alle sillabe le vocali.

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    Dizionario Babilonese 1800 a.C.

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    Tavoletta per i compiti in classe di geometria - Babilonia 1800 a.C.


    Arriviamo dunque al vero e proprio alfabeto nella scrittura:

    AL FENICIO

    In Grecia, Plinio ci tramanda nel 70 d.C. le sue ricerche-conoscenze in proposito: scrive che la scrittura alfabetica nacque a Tebe dall'eroe Cadmo, che la introdusse dalla fenicia nel 1519 a.C. (vedi il link VI FU UN TEMPO...) con 16 lettere, che Palamode nel 1220 a.C. ne avrebbe aggiunte altre tre, e che infine nel 627 a.C. Simonide altre quattro (ma altri narrano che fu Epicarmo ad aggiungere queste ultime quattro, e solo nell'anno 472 a.C.). Non sappiamo quanto ci sia di vero su queste date e sui personaggi. Qualcosa certo ci nascosero.

    Ai fenici, le ultime scoperte inducono a non contestare più a questa popolazione il merito dell'invenzione o scoperta dell'Alfa-Beto (che sono poi questi i primi due segni della serie dei 22 fonogrammi) che corrispondono tutte a un suono articolato- la novità fu appunto questa).
    Abbiamo accennato scoperta, perchè anche i Fenici sembra che l' idea sia venuta osservando (loro che viaggiavano molto) i segni egiziani, quelli mesopotamici, gli ideogrammi cretesi, e.... ora sappiamo dell'esistenza delle Tavolette di Tartaria in Tracia sul mar Nero, e forse proprio qui ai fenici venne la singolare idea.
    Il più antico documento a noi pervenutoci con i primi 20 segni; detto Alfabeto n. 1, é quello di Ugarit del 1650 a.C. (in questa città era in uso, ed é abbastanza singolare, già da 1350 anni il cuneiforme sumerico con tante variazioni). Ma devono passare altri 664 anni perchè l'alfabeto fenicio arrivi a una evoluzione con quello di 22 lettere (detto Alfabeto n. 2) nel 986 a.C., sempre a Ugarit (Iscrizione della Stele d'Hiram).


    Primo testimonianza scrittura fenicia 1650 a.C.
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    Fonte: cronologia




    )

    Primi
    antichi
    ALFABETI


    (seconda parte)


    IL FENICIO - L'ETRUSCO -




    Da quello fenicio, nei successivi
    secoli (circa 16), prendendo diverse direzioni, derivarono poi tutti gli altri
    3 grandi gruppi:

    Dall'ARAMEO, deriva l'Arabo, l'Armeno, l'Ebraico, il Georgiano, il Mongolo,
    il Parsi, il Pehlevi e il Siriaco

    Dal SABEO, l'Etiopico e l'Indiano e si divide il primo,
    in Amarico, Birmano, Coreano, Giavanese, T'ai, Singalese. Il secondo in Nagari-Dravico,
    con il Bengali, Cascemir, Malese, Tibetano, Kanarese, Tamil, Telugu.

    Dall'ELLENICO  deriva il Copto, il Greco, il Latino, il Russo.



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    . 1 FENICIO ARCAICO 1

    ..2 EBREO ARCAICO

    ..3 MOABITO

    ..4 FENICIO 2

    ..5 GRECO ARCAICO

    ..6 GRECO ORIENTALE

    ..7 GRECO OCCIDENTALE

    ..8 GRECO CLASSICO

    ..9 ETRUSCO ARCAICO

    10 ETRUSCO TARDO

    11 LATINO ARCAICO

    12 LATINO ITALICO

    13 LATINO ROMANO

    14 LATINO GOTICO

    15-16 - MODERNA


     


     


     




    IL MISTERO DELLA
    LINGUA ETRUSCA

    (o meglio dire dei Tirreni)


    Giallo anche qui
    nei riguardi della lingua Etrusca. I primi abitanti abbandonarono l'Egeo guidati
    da Tirreno nell'anno 1195, quindi portarono con sè in Italia in Umbria e Toscana
    l'alfabeto Fenicio n.1. Trascorsero 400 anni dopo la prima ondata migratoria;
    una verso la Toscana unendosi ai primi, un'altra nel meridione d'Italia (Magna
    Grecia) e nel Lazio. Ma qui e quindi anche nel Lazio invece di mutuare l'alfabeto
    etrusco Fenicio n.1, l'alfabeto Latino-Romano arcaico del VII sec a.C. utilizza
    i segni del nuovo alfabeto dei nuovi arrivati e imposta il nuovo romano-latino
    guardando al Greco-Classico nato col Fenicio n.2, e non  a quello usato
    dai  toschi-etruschi (Fenicio n.1, uguale a quello greco-arcaico). 
    Del resto i rapporti dei romani con i confinanti etruschi a nord del Lazio
    non erano certo idilliaci; a Roma c'erano più scambi culturali  dal VI
    al IV secolo con la Magna Grecia e quindi con la lontana Grecia che non con
    la vicina Toscana-Umbria con i ricchi etruschi chiusi nel loro aristocratico
    ed egocentrico mondo).



    Analizzando  i due alfabeti scopriremo che quello etrusco, ha infatti,
    conservato i segni del Fenicio n.1  anatolico mentre quello romano-latino
    proviene dal Greco-Fenicio n.2 dell'anno 800 a.C. quando nell'Egeo avvenne
    la rivoluzione nella grafia sillabica dei vecchi segni, quelli che si erano
    portati dietro gli Etruschi nel 1195.

    Non essendoci in Grecia e nei dintorni con il primo alfabeto alcun testo letterario
    conservato, il primo alfabeto proprio nei luoghi dov'era nato era del tutto
    scomparso con l'avvento del nuovo: che é poi quello che darà inizio finalmente
    alla grande produzione di testi scritti, che comparvero numerosi in Grecia
    proprio dopo l'800 a.C. (il Greco classico).

    In questa trasformazione l'Etruria resta assente,  distante e isolata. 
    In seguito (come il Fenicio n. 2 a Cartagine) quando gli Etruschi saranno
    sconfitti e integrati con i romani, oltre che il sistema politico crollò
    anche l'intera loro cultura e insieme il vecchio modo di scrivere. Dopo 4-5
    generazioni l'Etrusco svanisce nel nulla. Creando in seguito grandi 
    difficoltà agli studiosi per comprendere  la lingua che Tirreno dalla
    Lidia-Fenicia si era portato dietro.  Difficoltà anche quando l'abate
    Barthelemy nel XIX sec.  riuscì a decifrare l'alfabeto fenicio n. 2.


    Salvo qualche iscrizione funeraria, testi letterari scritti in etrusco fino
    ad oggi non sono ancora venuti alla luce, sempre che esistono. Del resto gli
    etruschi al pari dei Fenici non usavano la scrittura per compilare opere letterarie.

    (Qualcosa del genere accadde in altri luoghi; anche in Italia. Nel 1414 ad
    esempio,  a Firenze il Consiglio della città, stabilì che tutte le scritture
    concernenti atti, contratti ecc. dovevano essere stesi non più in latino ma
    in volgare per essere capiti da tutti. Il latino insomma dopo duemila anni
    rimase relegato agli studiosi e solo dentro la Chiesa. Scomparve dalla scena
    quotidiana della popolazione).


    Sappiamo che i
    22 segni fenici (tutte consonanti -  una grafia sillabica seguita da
    una vocale non scritta) i greci li perfezionarono aggiungendo (ricordiamo
    nell'800 a.C.) le 7 vocali (5 it.)  che i fenici non avevano mai usato
    ( nè col primo nè col secondo alfabeto,  perchè non portati alla raffinatezza
    della letteratura; anzi si pensa che l'alfabeto fenicio (Ugarit 1) sia nato
    unicamente ai fini di semplificare le necessità del commercio di questo popolo
    dotato di grande spirito pratico che come sappiamo derivarono le loro più
    grandi risorse dal commercio e dalla navigazione. Rarissimi sono i testi letterari
    fenici. Del 1400 a.C (quindi dopo 250 anni dall' invenzione del primo alfabeto)
    conosciamo solo rarissime opere, quelle di  Ras-Shamra, e anche dopo
    (con il secondo alfabeto, il Fenicio n. 2) la produzione letteraria fenicia
    é quasi inesistente. Nè bastano i pochi frammenti scoperti dopo 2000 anni
    per darci un idea di come, dove  e quando cambiarono i segni delle lettere
    nell'arco di 14 secoli. L'uso del fenicio sillabico n.2, scomparve poi del
    tutto con la distruzione di Cartagine (nel 146 a.C.) dov'era ancora abbastanza
    diffuso; sostituito  da un locale neopunico che aveva cominciato a far
    uso di alcune vocali, ma che il greco e il latino seppellì  per sempre
    subito dopo. Fino al 1700 non  sentiremo più parlare di questa pionieristica
    invenzione dei Fenici e neppure di questo popolo, quasi del tutto dimenticato
    (Fu Barthelemy a decifrare le prime iscrizioni e a rintracciare nel Fenicio
    le radici di quasi tutti gli alfabeti fonetici delle lingue conosciute. Rendendo
    così giustizia ai Fenici).


    Infatti, da quello
    fenicio derivarono  tutti  gli altri 3 grandi gruppi: ARAMEO, SABEO,
    ELLENICO.

    Dall'ARAMEO, deriva l'Arabo, l'Armeno, l'Ebraico, il Georgiano, il Mongolo,
    il Parsi, il Pehlevi e il Siriaco

    Dal SABEO, l'Etiopico e l'Indiano e si divide il primo, in Amarico, Birmano,
    Coreano, Giavanese, T'ai, Singalese

    Il secondo in Nagari-Dravico, con il Bengali, Cascemir, Malese, Tibetano,
    Kanarese, Tamil, Telugu.

    Dall'ELLENICO  deriva il Copto, il Greco, il Latino, il Russo (e dalle
    ultime due tutte le altre a  ovest, a Nord  e a Est dell'Europa)


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    link esterni <a
    href="http://www.geocities.com/SoHo/Lofts/5443/l_etrus.htm">TUTTO SULL'ALFABETO
    ETRUSCO


    oppure altre
    notizie http://www.etruschi.org/ di
    ANGELO DI MARIO


    di cui diamo un breve accenno


    LA
    LINGUA ETRUSCA



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    Angelo Di Mario, l'Autore di questo volume, è nato
    a Rocca Sinibalda (Ri), risiede a Poggio Mirteto (Ri).



    Fin dal 1966, quando insegnava a Magliano
    Sabina (RI), ha cominciato lo studio sulla lingua etrusca, pubblicando numerosi
    articoli. Con questa opera recente, "Lingua Etrusca - La ricerca
    dei Tirreni attaverso la lingua"
    (Editrice Cannarsa, Vasto) ha voluto
    presentare le più importanti scoperte che trovano sicure corrispondenze
    morfologiche tra la civiltà anatolica e quella degli Elleni arcaici.

    Il libro contiene scritti redatti in vari periodi. Si è creduto opportuno
    metterli assieme in modo che potessero integrarsi e fornire al lettore diversi
    esempi e un buon materiale per la comprensione. Contiene inoltre una serie
    di riferimenti certi e documentati che conducono tutti in Anatolia, sede di
    provenienza dei Tirreni, in località comuni agli Elleni arcaici. Dal
    confronto di molti termini ne scaturirà l'evidente parentela espressiva
    e lo scopo non è quindi soltanto quello di proporre interpretazioni,
    ma di mettere in risalto ogni traccia capace di rivelare la sicura appartenenza.


    Un libro colto e intelligente, una miriade di notizie spesso inedite e comunque
    estremamente interessanti.


    --------------------------------------------------



    Diamo qui -con un'autorizzata riproduzione - alcune
    pagine riguardanti la LINGUA CRETESE, LINEARE A, quella non tradotta ancora
    da nessuno; vogliamo così interessare tutti coloro che si occupano
    del greco omerico, da considerarsi fortemente anatolico, per svariati motivi.




    Lingua cretese, Lineare A.

    Prima parte




    "In molti articoli, e libri, ho esposto
    un sistema di progressione desinenziale in cui appaiono evidenti i meccanismi
    alla base di tutte le desinenze, e della loro molteplice evoluzione/involuzione;
    qui riproduco l’essenziale, ma sufficiente a dimostrarne la fondatezza,
    e l’utilità pratica a scoprire l’iter dei suoni attraverso
    i luoghi e i tempi:



    a) ogni lingua era costituita da poche parole monosillabiche;



    b) in seguito ogni parola veniva integrata da dimostrativi personali (-so/-mi/questo,
    -su/tu/codesto, -si/-se/quello) o indicativi (luce: guarda/ vedi/ questo:
    -sa/ -ka/ -ma/ -na/ -ta….), per riferirla meglio all’oggetto dell’attenzione:
    lat. *LEG-i-si, LEG-i-t(i)/ LEGg-e-lui, PA-te-r, *PAtese/ PA-questo, MA-te-r,
    *MAtese/ MA-questa…..;



    c) le particelle sono facilmente individuabili, chiarissime quelle della terza
    persona/ dativo singolare/ plurale: -si: -se/-ce/-ke, …..; -si-si: -s-si/-s-se…..:
    gr. (dí-)DO-si, dor. (dí-)DO-ti ‘dà-lui’,
    lat. (de-)DI-t(i) ‘dette-lui’, *MON-e-si , *MON-e-ti, lat. MON-e-t(i)
    ‘(am)monisce-lui’; la terza persona plurale raddoppia la -si:
    -si-si/ -s-si: *leg-u-s-si, *leg-u-n-ti, leg-u-n-t ’leggono’;
    *leg-e-Sa-si: *leg-e-Fa-ti, *leg-e-Ba-ti, leg-e-Ba-t ‘leggeva’;
    *leg-e-Sa-s-si: *leg-e-Fa-s-si, *leg-e-Ba-n-ti, leg-e-Ba-n-t ‘leggevano’…..
    *leg-e-su-s-si: leg-e-ru-n-t(i), *legerono(si)/ *leg(e)sero ‘le()ssero’;
    *leg-i-s-se-s-si > leg-i-s-se-n-t(i) ‘avessero/ avrebbero letto’
    ;



    d) i verbi si limitavano ad esprimere solo il presente; in seguito presente
    e passato; solo con l’accumulo delle desinenze, l’uso, le varianze,
    anche delle vocali intermedie, la commistione delle esperienze linguistiche
    di diverse etnie contigue portò al perfezionamento di un sistema complesso
    come quello greco, latino, sanscrito;



    e) la formulazione del pensiero può considerarsi prevalentemente aggettivale/
    genitivale: gr. íppos mélas ‘il cavallo nero’ /
    *iFsos *mel-a-sos; gr. phô-s lamp-á-dos ‘la luce della
    lampada’ / *pho-(s)os *laMFa-sos, etr. LA-sa ‘Luce/ LA-re’;
    lat. lib-e-r po-e-ta-e ‘la corteccia/ pellicola > libro del poeta’,
    *lib-e-se *po-e-ta-se (gr. lep-í-s ‘scorza, corteccia, pelle
    / libro’; lat. lorum / *loFrum ‘correggia’); lat. sa-evi-tia
    lup-i ‘la ferocia del lupo’, *sa-ewi-sja *luposo ( *lup-o-sjo,
    *lup-i-jo, *lup-i-j). Da SMEA, F. V, urarteo: URUArdinidi nunali Ispuinini
    Sarduriehi Menua Ispuinihi “Alla città di Ardini vennero Ispuinini,
    il sarduriese (figlio di Sarduri), e Menua, l’ispuinese (figlio di Ispuini)”
    // *AR-di-ni-thi NU-na-si IS-pui-ni-si SAR-du-rie-si ME-nuFa IS-pui-ni-si.



    Va ricordato che all’inizio non vi era distinzione tra verbo/ nome/
    aggettivo, per questo i dativi originari presentano la stessa medesima desinenza
    del verbo: gr. *GEN-o-se / GÉN-o-s, *GEN-e-sos / GÉN-e-()os,
    *GEN-e-si (lat. GEN-e-ri) / GÉN-e-()i; á-nDr-e-s-si (a- protetica,
    D/TH infissi: NER, a-NÉR ‘uomo’), *(a-)NER-e-s-si ‘agli
    uomini’, á-nTHr-o-Pos / *a-NER-o-Fos ‘uomo’…..;
    *KAL-e-Si / kalÊi ‘al bello’, *DIK-ai-Si / dikaíOi
    ‘al giusto’, *PA-(N)si / pantí ‘a tutto’, *ed-e-si
    / edeî ‘al dolce’, *MEG-a-lo-si/ *MEG-a-no-si/ *MAG-ni-si
    / megáloi ‘al grande’ (lat. mag-no(-(s)i) ), *le-LU-ko-si
    / leLUkoti ‘a chi ha sciolto’, *le-LU-ko-s-si/ *lelukosine / lelukósi(n)
    ‘a quelli che hanno sciolto’….

    Quanto ai nomi/ aggettivi, bastano pochi cenni: il latino FA ‘parlare’,
    dopo una prima desinenza -ma, FA-ma ‘del parlare-quella’, ne aggiunge
    un’altra FA-mo-sus ‘del parlare-di quella-quello’, da rovesciare
    ‘quello-di quella-del parlare’; ora se noi confrontiamo le desinenze
    ci accorgiamo subito che hanno subìto innumerevoli evoluzioni/involuzioni,
    per rispondere all’esigenza delle tante parlate attraverso i millenni;
    così le sequenze fondamentali: -sa, -sa-sa, -s-sa, -sas, -sa-sas, -s-sas,
    -sas-sa, -sas-sas…..; passeranno a -la/ -na/ -ra/ -ta/ -za…..;
    a -s-la, -n-na/ -na, -s-ka, -r-na, -s-na, -s-ta/ -s-za/ -z-ra.….; da
    -sa-sas / -s-sas a -n-nas, -r-nas/ -s-tas/ -t-las/ -t-nas/ -t-ras ……;
    -si > -ni, -ri, -ti…..; da -si-si / -s-si a -n-ni, -s-ki, -s-li,
    -s-ni, -l-li/-li, -n-ni/-ni, -r-ri/-ri, -s-ti, -t-ti/-ti, -n-si, -n-ti, -n-t…..
    ; qualche porzione cadrà (gr. *paid-eu-Si > paid-eú-Ei ‘educa’);
    oppure s’antepone/ inserisce la F/W (: b/F/m/p/u/v), senza contare i
    raddoppiamenti, gli allungamenti, le vocali protetiche, gli infissi, i composti,
    le pre-posposizioni, gli innumerevoli mutamenti, oggetto delle Glottologie;
    ad esempio la varianza della s: c/z/k/q/ch: etr. ca ‘questo’,
    itt. kas, luvio cun. za- (LLI); etr. Cersa / *ser-e-sa/ *ser-e-na ‘Sirena/
    Maiala’, gr. dor. Kírka ‘Circe/ Maiala’, gr. choîr-o-s(a)
    ‘maiale/a’; eteo surna, luvio ger. zurni, gr. kéras ‘
    corno’; eteo suwana-, gr. kúon ‘cane’; eteo asuwa-
    ‘cavallo’ (MEG), miceneo iqo, lat. equus/ ecus; cretese L. A siru/
    *kiru, gr. kár, kára ‘testa’, ave. sarah-, aind.
    siras (LLI), etr. ceren ‘capo’, mic. L. B (demo)koro; notevole
    il preittita SA ‘mano’, *sa-ssis, etr. sa-(r)ris/ *ka-(s)sis ‘mani/
    dieci’, nes. ke-ssar ‘mano’ (MEG), etr. (cezpal–)cha-l(e)s
    ‘(otto volte-)le mani = ottanta’, gr. che-í-res ‘mani’,
    segno X = S/K/CH ‘10’ (altro che numero latino! (i Romani erano
    Tirreni)); ottima conferma l’enclitica etrusca -se / -ce / -c ‘e’:
    -c/-ch/-k: Aninai-c ‘e di Aninai (figlio)’, Velia-k ‘e Velia’,
    Latherial-ch ‘e di Latheria’ (TLE). Nelle lingue antiche spesso
    compare la F/W, etr. FuFluns, da *FeFl-u-nus ‘solare’, etr. aVle
    / AL/ EL ‘Sole /Aulo’, aBélios ‘Abele’; *SaSel:
    *FaFel / *BaBel- ‘Sole’ (Babilonia); VEL/ EL / SEL/ SOLe / VELus,
    VELusa/ VELussa/ VILussa (= FÍL-io-s(-sa)/ FÍL-io-n(-na), gr.
    FÍLios ‘Ilio’, da Omero confusa con Troia )/ VELusla <
    gr. SÉL-a-s ‘splendore’ > gr. ÉL-io-s, *SELios/
    *FELjos ‘sole’; etr. ThuFlthas, da *Thulethas, gr. thêlus,
    thelútes ‘sesso femminile’; eteo Tuwatias, etr. Tite, eteo
    Muwatalis, ittita Muwatallis, etr. Metele ‘Metello’, eteo RU:
    RUwa ‘Sole’, etr. RUma ‘(città) di RA/ ROma’,
    eteo RUwatias (MEG, QSI), etr. RAmatha ‘del dio RA/ RE/ RI/ RO/ RU’
    ‘Solare’: RE-a,‘RE(wa)tia/ RE-zia’, etr. RI-l ‘soli
    > anni’, lat. RUber, RUbus, RUfus ’ ROsso’, gr. e-RU-th-rós,
    *(e-)RU-sh-sos ‘colore di RA / RU/ ROsso’; un nome tra i più
    arcaici e ancora colmo di F/W lo possiamo scoprire in quello del re ittita
    SuPPiluliuMas, dove vengono persino raddoppiate, *SUwwiLunjuwas, ossia un
    *SULunjuMs ‘SOLone/ Solare’, dalla stessa radice SEL/ SOL dialettizzata,
    oscurata; non meno indicativo Etewokereweijo/ Etewok()leweíos ‘Eteocle’.
    La probabile ragione deve risiedere nella scrittura sillabica, lo scrivente
    forse avvertiva un’articolazione intermedia tra le sillabe, che riproduceva
    come esistente, un po’ come noi diciamo duVe, boVe.



    Il cretese A, come vedremo, restituisce una voce verbale di estremo interesse,
    perché contiene tutte le desinenze non contratte, appena evolute s:
    t/r, compresa la F/W: B, integre: (ja/a) jadikitetedubure ‘hanno/ abbiano
    danneggiato’, da scrivere *a-DIK-i-se-se-tu-Wu-s-se, a- privativa, DIK
    radice -te-te-tu-Fs-se quattro desinenze per una terza persona plurale di
    un passato, indicativo, o congiuntivo, del tipo lat. HOR-ta-Ba-n-tu-r(i) ‘esortavano’
    / *HOR-ta--/Ta-ta-tu-ri/ *HOR-ta--/Ba-na-tu-Wu-si; stessa struttura di jan-AK-i-te-te-du-bu-re,
    *ana-AG-i-se-se-tu-WU-se ‘hanno/ abbiano sconsacrato’; ci potremmo
    aggiungere la non meno notevole voce osca con-PAR-a-s-cu-s-te-r(i) (LIA) <
    *cum-FAR-a-s-su-s-se-si ‘avranno *con-PAR-la-to/deciso’, gr. sum-ph(a)r-á-zo
    ‘mi consiglio, delibero’; ma a quell’epoca non credo che
    la distinzione possa ritenersi perfetta; nemmeno il greco sa restituire voci
    verbali definibili con precisione, se non attraverso il contesto. Questi reperti
    verbali cretesi cosa ci testimoniano: che la desinenza -si/-se era già
    passata a -te, due -te-te indicavano l’originario -se-se, l’ulteriore
    aggiunta di -se-si (o -se-s-si): -su-si / -tu-si / -du-Wsi, ci permette di
    ripristinare la composizione come proposto più sopra; con ciò
    facendo scoprire un tipo di protogreco molto arcaico ma anatolico; un luvio
    grecoide; del resto atai()waja/ atai()wae non differiscono troppo dalle composizioni
    greche ostisoûn, etisoûn, otioûn ‘colui che, chiunque’;
    óstis án, étis án, ó ti án ‘chicchessia’;
    come ipinama da epinémo ‘divido in parti’; etr. naper XII
    ( *names XII) ‘parti dodici’ (TLE); quasi identiche le preposizioni
    un per en/ in (o viceversa), unakanasi, *enagisasi (gr. enagízo / *enagiso
    / *enagino; etr. acnaNAsa / *AG-saNAsa ‘cresciuti’, gr. auksáNO
    ‘cresco’), e ipi per epi (o v.), ipinama / *epinema (gr. epinémo).



    E’ da sottolineare che non ho mai tenuto in considerazione né
    il tema, né il suffisso, perché rappresentano sempre desinenze
    (mutate/ regresse/ ridotte): radice SO/ZO ‘vita’, gr. Záo
    / *Sao, ZÔé / *SO-(s)e-(s)e ‘vita’, SÔ-ma ‘quello
    della vita’, SÔ-ma-tos ‘di quello della vita/ del corpo’,
    etr. sVa-las , *SA-sas/ *ZA-sas ‘vita’, gr. ZO-()ós ‘vivente’,
    eteo sPi-sur < *sFi-sus ‘vita, salute’ (MEG), itt. hui-SwA-tar
    / *F-sFa-sas ‘vita’ (AGI), lat. VIR-tus ‘virtù’,
    *VIR-tu(s)-sis(/-tis), *VIR-tu(s)-si(/-ti), eteo HAT-tas-tar-ti (MEG) ‘per
    intelligenza/ CAPaci(s)tà(ssi)(-s-si > -s-ti > -r-ti)’
    < *CAP-a-tis-tas-si; inoltre le desinenze stesse subiscono variazioni anche
    quasi irrisolvibili, ad esempio ÉR-gon ‘lavoro’, ER-ga-sía
    , ER-gá-zo-ma-i ‘lavoro’, si riscoprono attraverso *ER-ko-se,
    *Er-ka-sja, *ER-ka-so-ma-si. Se noi poniamo attenzione ai residui linguistici
    evidenti, ci accorgiamo quanto sviluppo celino certe uscite, partendo dal
    modello originario; la radice ER, ER-á-o ‘amo’ si articola
    attraverso l’uscita primaria *ER-a-s-sos: ER-a-n-nós, ER-a-s-tós,
    *ER-a-t-tos / ER-a-tós, *ER-a-SSFjos / ER-á-sMios ‘amato/
    amabile’ (ss/st/ssF/tt; -nn/-n, -ns, -nd/-nt…..).



    Le desinenze si limitano a dieci, tutte dall’idea ‘luce: vedi
    / questo’: -sa, -ka, -ma, -na, -ta, -sas, -kas, -mas, -nas, -tas, unite
    in vario modo, mutate, ridotte, cadute in parte, con altra vocale; quindi
    vanno esaminate/ individuate e riportate all’origine con lo scopo di
    recuperare il modello. Il metodo è quello da me chiamato CINEFONETICO,
    ossia si ripercorre il mutamento dei suoni per scoprire la struttura, e rivelare
    la RADICE sempre MONOSILLABICA (v, vC, Cv, CvC, CC), seguita da DESINENZE
    sempre MONOSILLABICHE (Cv, ()v, C(), CvC, CC); quasi sempre unite da una vocale,
    a volte accompagnata dalla W/F ( > b/m/p/ph/v/u): amOre, leggEva.….amAssEro;
    eteo ruWa, itt. suPPiluliuMas < *SuWWiluniuWas < *SULunius ‘Solone’…..;
    lat. SOL, gr. SÉLas ‘splendore’ > *saWeljos > *FaFeljos,
    etr. FuFluns < *FuFlusus ‘Sole’, gr. aFélios/ aBélios
    ‘Abele/ sole’, etr. aVle ‘sole/ aUlo/ Aulo’…..



    La premessa mi pare sufficiente a presentare alcuni esempi di declinazione
    e di coniugazione, per poi illustrare le iscrizioni, seguite da ricostruzioni
    fonetiche adatte a renderle meglio giustificate e comprensibili.



    Declinazioni latine, limitate ai primi tre casi del singolare:

    RO-sa, *RO-sa-se / RO-sa-()e, *RO-sa-si / RO-sa-()e; *AM-o-se / AM-o-r, *AM-o-sis
    / AM-o-ris, *AM-o-si / AM-o-ri; *NO-me-se / NO-me-n, *NO-mi-sis / NO-mi-nis,
    *NO-mi-si / NO-mi-ni (*MIL-i-si / MIL-i-ti….. PEC-u-di, AN-i-ma-li…..);

    per il verbo mostro il modello essenziale ( presente: -si, -si-si; passato:
    -si-si, -si-si-si-si), che configura l’accumulo della medesima desinenza
    per ottenere, con le varianze, tempi e modi diversi; anche qui mi soffermo
    brevemente ad illustrare una sequenza per le terze persone sing. e plur.:
    *AM-a-si/ AM-a-t(i), *AM-a-s-si/ AM-a-n-t(i); *AM-a-si-si/ AM-a-vi-t(i)/ AM-a-re-t(i);
    *AM-a-si-si-si/ AM-a-ve-ri-t(i) ; *AM-a-si-si-s-si…..AM-a-vi-s-se-n-t(i)…..;
    osco TER-e-m-na-t-te-n-s ‘hanno terminato’ / *TER-mi-na-Se-se-s-si
    / lat. TER-mi-na-Ve-ru-n-t(i); altra voce osca ter-e-m-na-tu-s-t / *ter-mi-na-tu-si-si,
    dal latino risolta con terminata est ‘è terminata’ (LIA).

    “&%$”&%$



    Iscrizioni cretesi, LINEARE A, tratte dal libro TESTI MINOICI TRASCRITTI con
    interpretazione e glossario, a cura di Carlo Consani, CNR, ISTITUTO PER GLI
    STUDI MICENEI ED EGEO-ANATOLICI, Roma 1999; ripropongo in parte quelle presentate
    su vari siti in Internet, e pubblicate su rivista:

    Testi non amministrativi:

    KO Za 1; Base a forma di parallelepipedo: atai*301waja turusa du*314re idaa
    unakanasi ipinama sirute

    “ Colui che/ chiunque rompa la scultura, questi si offra in sacrificio
    con il taglio della testa.”

    PK Za 8; Tavola di libagione: …)nu pae janakitetedubure tumei jasa(sarame)
    unakanasi ( ) ipi(namina sirute)

    “..e quelli che hanno sconsacrato il luogo del sacrificio (gr. thúma,
    thuméle / *thumese) di Assara, si sacrifichi(no) ( con il taglio/ si
    tagli loro la testa).”

    Jasasarame/ Asasarame, -me posposizione, andava scritta *ASara/ *ASana/ *ASna;
    nella sua forma più arcaica doveva presentarsi con la radice KAS >
    KIS/HIS ‘Luce > vedere’, europeo KISHar ( > bab./ass., v.
    LAVO), etr. KASutru, CAS-t-ra (SM**), gr. KÁS-tor, KAS-á-(N)d-ra/
    *KAStra, la città di KIZzuwatna < *KISuwassa > *KIStra ‘(dedicata)
    al dio KISu’, itt. KISari ‘luce > appare’ (AGI, c. s.);
    la città di KUSsara, re preittita piTHAnas ‘dioTHAna’,
    nome etr. THAna ‘Luce/Lucia’; con la perdita dell’iniziale
    si passò all’intermedio europeo *HIS-tar/ VES-per > ISH-tar
    fino ad AStarte; e ad altre uscite, come la città di AS-sur < *(K)AS-sus,
    nome ancora europeo, prima della conquista semita, stessa origine per BaBilonia,
    a sua volta dall’europeo FaFl/aBele, gr. aBélios ‘Sole’;
    ancora: eteo HASusrs (MEG, T.) ’dea > regina’ < *HASusaras,
    lidio ASnil(i)/ gr. ATHenaiéi (DSS) ‘ad ASena/ATHena’;
    iranico ASsara > AHura, av. AHuro (LLI) (con s > h, come ACHaiFoí/
    *ASeiFisi > ACHei ‘(gente) dell’ASia/ Sole’, itt. AHHija-wa/AHHija
    ‘dell’ASia’ (GIT, Lettera di Tawagalawas, re di AHHijawa;
    città MILawanda < *FILawassa > FÍLios); osco ASanas/ ATHenae
    ‘ad ATHena’, laconico ASanãn/ ATHenõn (LIA); senza
    tralasciare la divinità etr. Uni, con più probabilità
    da *Unni < *US-ne ‘dio Sole’, che da SAN > AN > UN/UR
    (n/r, come UNuk/URuk ‘città di AN/AR’).

    PK Za 11; Tavola di libagione: atai*301wae adikitete (.)da piteri akoane asasarame
    unarukanati ipinamina siru(.) inajapaqa

    “Chiunque danneggia, oppure getta a terra l’icona di Assara, si
    uccida (gr. énara, enaíro) con il taglio della testa, o (si
    metta) alle corde (s’impicchi, si(a) trascini(ato))” Mic. L. B:
    anija-phi ‘con redini / corde’.

    PK Za 12; Tavola di libagione: atai*301waja adikite(te) ( )si (asasa)rame
    () a( )ne unaruka(n)jasi apadupa( )ja ( ) (ina)japaqa

    “Chiunque danneggia (?)si di Assara, (?) questi sia ucciso per espiazione,
    (?) o (sia messo) alle corde.”

    PK Za 15; Tavola di libagione: (atai*301wa)ja jadikitetedubure (…..)

    “(Quelli) che hanno danneggiato…..”

    PR Za 1; Tavola di libagione: tanasute ke setoija asasarame

    “ E’ stato fatto questo da Sesto per Assara.”

    SY Za 2; Tavola di libagione: atai*301waja jasumatu OLIV unakanasi OLE vacat
    aja

    “Chi danneggia OLIVi/-e sia consacrato, con OLIo… si faccia.”


    Eteo aia ‘fare’; gr. aúo, si bruci? lat. boiae, si metta
    alla gogna? aísa ‘parte’, si faccia a pezzi?

    ZA Zb 3; Pithos: VIN 32 didikase asamune ase atai()deka arepirena titiku

    “VINo (quantità) 32, donato al (dio) Asamne (*Armne/ arTmus/
    ArTemi(de) ); se qualcuno (lo) ruberà sia consacrato.”

    KN Zf 13; Anello d’oro: arenesi di*301pike pajatarise terimu ajaku

    “Da Arne di Di()pike per Pajatri di Termu (questo) è stato donato.”

    CR (?) Zf 1; Spillone d’oro: amawasi kanijami ija qakisenuti atade

    “E’ per Kanija, è fatto da Qakisnu questo.”



    Testi amministrativi:

    HT 9a: saro TE VIN pade 5JE *386tu 10 dinau 4 qepu 2 *324dira 2J tai*123 2J
    aru 4E kuro 31JE

    “ Località Saro (*Salo, *kaso,*Karo, *Skato…). Per TE (TÉmenos?
    Tempio?), VINo (quantità da dare): Pade (dà) cinque (unità)
    più cinque/decimi, più due/decimi e mezzo; *386tu dieci (unità);
    Dinau quattro (unità); Qepu due (unità); 324dira due (unità)
    più cinque/decimi; Tai*123 due (unità) più cinque/decimi;
    Aru quattro (unità) più due/decimi e mezzo. Quanto(-ità)
    31JE”

    Calcolo: ventinove (unità) + due (unità) per l’aggiunta
    delle misure JE.

    HT 104: tapa TERO dakusene TI 45J idu TI 20J padasu TI 29 kuro 95

    “(Località) Tapa. Formaggio. (Da) Dakusne (come) pagamento (quantità)
    45 e mezzo; da Idu 20 e mezzo; da Padasu 29. Quanto: 95”

    Ossia: 94 + metà + metà; dandoci esattamente il valore di J
    = metà; forse iniziale di *jemisu, gr. émisus ‘metà’;
    mentre kuro è spiegata bene anche da poto- ‘tutto’, gr.
    pâs, pa(N)tós ‘tutto’, per l’eloquente composizione
    potokuro ‘tutto-quanto’ , della HT 122b. La TI, supposto il gr.
    TÍno, chissà che non possa invece corrispondere al valore della
    misura mic. T(i)/ litri 12.

    HT 11b: …) denu rura *86 *77/KA 40 *77/KA 30 *77/KA 50 ru*79na *77/KA
    30 saqeri *77/KA 30 Kuro 180

    “--- elenco(?) (delle) prede: un carro, ruote 40, ruote 30, ruote 50;
    di radice ruote 30, di bronzo ruote 30. Quanto: 180.”

    Ru*78na < *ru(DI?)sa, gr. ríza ‘raDice’; saqeri ‘di
    bronzo’, *kakeri, *kaLkesi; s/k: L infisso, non mancante, come supposto
    per la lin. B: kako/ khaLkoí (v. mic. L. B: l, m, n, r, s…),
    gr. chaLkós(i) ‘lucente > di bronzo’.

    HT 38: vestigia 403vas daropa 1 AU 1 QI 3 KAA DWO 3 WA+*KU 2 WA+*312 1…..

    “…Vaso da cottura uno; maiale uno; pecore tre; pelli unità
    tre; panni di lana due: panno di canapa (lino?) uno…..”

    Questo DWO/ unità potrebbe riconnettersi all’etr. THU/ ‘uno’,
    *th(u)Wu ‘unità’."



    Angelo
    Di Mario





    Bibliografia:

    Studi Micenei ed egeo-anatolici, F. V (SMEA);

    Anna Giacalone Ramat – Paolo Ramat, Le lingue indoeuropee (LLI);

    Piero Meriggi, Manuale di eteo geroglifico (MEG; Testi);

    Fiorella Imparati, Quattro studi ittiti (QSI);

    Massimo Pallottino, Testimonia linguae etruscae (TLE);

    Archivio glottologico italiano, V. LXXXI, F. I (AGI);

    Vittore Pisani, Le lingue dell’Italia antica oltre il latino (LIA);

    Giovanni Rinaldi, Le letterature antiche del Vicino Oriente, LAVO;

    Giacomo Devoto, Scritti Minori **, SM**;

    Johannes Friedrich, decifrazione delle scritture scomparse, DSS;

    O. R. Gurney, Gli Ittiti, GIT; Angelo Di Mario, Lingua etrusca;

    Lingua etrusca (percorsi);

    La lingua degli Etruschi;

    Lingua etrusca. La ricerca dei Tirreni attraverso la lingua; John Chadwick,
    Lineare B;

    Charles Dufay, La civiltà minoico-cretese;

    Anna Sacconi, Corpus delle iscrizioni in lineare B di Micene;

    Jean-Pierre Olivier, Les scribes de Cnossos;

    Jacques Raison – Maurice Pope, Index du linéare A…..



     


    Tra
    breve Angelo Di Mario darà alle stampe un'altra
    importante opera:

    "ISCRIZIONI TIRSENE E VELSINIE (etrusche) A CONFRONTO".





    Altre notizie http://www.etruschi.org/



     




    <p align="center">ALFABETO EBREO


    image WIDTH="396" HEIGHT="256"
    ALT="mondo04a.JPG (24451 byte)">




     




    <p align="center">ALFABETO ARABO


    imagewidth="272" height="278"
    alt="mondo04b.jpg (13143 byte)">




     




    <p align="center">CARATTERI ALFABETICI RUNICI


    image HSPACE="9" WIDTH="252" HEIGHT="316">




     




    <p align="center">Le kohau rongo-rongo, sorta di notiziari lignei
    dell'Isola di Pasqua.

    Ne esistono 19 esemplari. Un enigma. Gli abitanti forse erano Europei ?





     




    <p align="center">Stonehenge? No, é Sillustani a Umayo, Perù, 2000 a.C.

    Un enigma. Forse gli allievi dell'architetto di Stonehenge ?.


    image WIDTH="432" HEIGHT="202"
    ALT="mondo04i.jpg (22887 byte)">


    <p>






    Edited by kiccasinai - 10/3/2008, 16:00
     
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  2. eloyse
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    user posted image A Aquila Questa A non è una vocale ma una consonante debole. Corrisponde pressappoco al suono che c'è tra una e amica.

    user posted image i Fiore di Giunco Anche questa i è una consonante debole

    user posted image Y Fiori di Giunco Consonante debole. La lettura è Y da pronunciare i. Si può scrivere anche con due tratti obliqui "\\".

    user posted image A' Braccio Suono che non esiste nelle lingue europee ma solo in quelle semitiche. Si pronuncia A.

    user posted image U Pulcino di Quaglia Il suono equivale a U ma la trascrizione fonetica è W ( come quella inglese ).

    user posted image B Piede La gamba dritta ed il piede si leggono B.

    user posted image P Sgabello Sgabello, o supporto solido, base di qualche cosa si legge P

    user posted imageF Vipera Cornuta[/b] Si legge F.

    user posted image M Civetta La civetta vista di fronte si legge M e indica l'interiorità

    user posted image N Acqua Oltre ad indicare l'acqua indica anche tutte le altre forme di energia. Si legge N

    user posted imageR Bocca Questo geroglifico rappresenta la bocca aperta. Si legge R.

    user posted imageH Casa Questo geroglifico rappresenta una costruzione, un edificio, un muro, senza dubbio un recinto o un riparo. Si legge H però quasi come una C toscana.

    user posted imageHh Matassa Suono che non esiste nella nostra lingua viene resa come una H simile alla precedente

    user posted imageKh Placenta Il suono corrisponde ad una C molto aspirata o al CH del tedesco.

    user posted imageHch Ventre di Mucca Anche qui non c'e nessuna attinenza fonetica con la nostra lingua. Si legge CH come la precedente.

    user posted imageZ Chiavistello Corrisponde al suono S.

    user posted imageS Panno Ripiegato Corrisponde al suono S.

    user posted imageSc Lago Si pronuncia SH ed equivale al nostro SC di scena o sciupare.

    user posted imageQ Colle Corrisponde al suono Q.

    user posted imageK Paniere O canestro munito di manico, corrisponde al suono K.

    user posted imageG Sostegno per Orci Corrisponde alla G dura dell'italiano come ghirlanda o gusto.

    user posted imageT Pagnotta Corrisponde al suono T.

    user posted imageC Pastoia E' la nostra C dolce di cena o ciuffo.

    user posted imageD Mano Corrisponde al suono D.

    user posted imageG Serpente E' la nostra G dolce di gelato o giusto

    Edited by eloyse - 4/10/2005, 09:30
     
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  3. kiccasinai
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    Etnografologia: Le magnifiche 10

    Di: Edoardo Triscoli (etno-grafologo pirografista Libraio in Trieste)
    tratto da
    “La scrittura esiste solo in una civiltà e una civiltà non può esistere senza scrittura”

    Così come “l’uomo scrivendo descrive se stesso” (M: Pulver) altrettanto accade per un popolo: la stessa forma delle lettere è la storia dei popoli stessi.

    Viaggio, alla scoperta delle magnifiche 10

    E’ in questa prospettiva che si pone questo nostro viaggio tra le principali scritture del mondo attuale: un excursus inevitabilmente parziale che cercherà di cogliere “da dentro” le particolarità di un popolo analizzando le sua uniche ed irripetibili scritture.

    Lontano dal voler essere una storia della scrittura e delle sue particolari derivazioni, questo breve e riassuntivo viaggio nelle principali scritture del mondo, non tiene conto delle scritture scomparse (anche se vi faremo inevitabili riferimenti) ma solamente di quelle più diffuse e a tutt’oggi ancora in buona salute linguistica e culturale.

    Le nostre magnifiche 10 compagne di viaggio, ordinate alfabeticamente, sono le scritture:

    ARABA image

    CINESE image

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    EBRAICA image

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    LATINA image

    THAILANDESE image

    TIBETANA image

    Le scritture, per evitare fastidiose classifiche di importanza, vengono qui proposte in ordine alfabetico che, data la natura dell’ opera, ci è sembrata la scelta più adatta e meno soggetta a sterili (e dannosi) campanilismi linguistici di cui le storie della scrittura sono purtroppo spesso piene.

    Scrittura ARABA
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    Derivata dall’ antico alfabeto aramaico, la scrittura araba è uno dei tre moderni alfabeti semitici (insieme all’ ebraico e al siriano). Diffusa anche fuori dei paesi arabi (in Iran, Afghanistan e Pakistan) questa scrittura oggi è parlata da più di 200 milioni di persone e include oltre 30 varietà linguistiche (egiziano, algerino, marocchino, maghrebino…). L’ alfabeto arabo, composto da 28 lettere base, si scrive da destra verso sinistra, un segno grafologico legato all’ introspezione, al passato, all’ attaccamento alla propria origini e alla diffidenza per il nuovo. Le lettere si presentano fluide, legate l’ una all’ altra da un filetto che lo scrivente può prolungare a suo piacimento. Grafologicamente questo permette un’ espressione continua e “libera” della propria energia, senza stacchi che interrompano il fluire dell’ azione. E’ una scrittura altamente sinuosa che ricorda i segni lasciati sulla sabbia dalle creature del deserto (non potrebbe essere diversamente) e che somiglia graficamente ad un orizzonte formato da dune incessantemente scolpite dal vento. E’ una scrittura che rivela un carattere nervoso e sicuro, forte ma elastico al tempo stesso.

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    Scrivere in arabo significa dover possedere un dinamismo grafico (segno di grande vivacità mentale e fisica) che ha bisogno di mano ferma e sicura dotata di una grande qualità del tracciato. Gli insuperabili maestri calligrafi arabi ne sono uno straordinario esempi: guerrieri con la penna al posto della spada. La ricca varietà grafica dei vari stili calligrafici della lingua araba ci mostra una scrittura con svolazzi, ricci e tratti extramodello, tutti segni che indicano passionalità, energia da spendere e amore per il gesto enfatico, a volte eccessivo ma che serve a sottolineare il discorso. Rigore e misura coperti da fantasia e passione.

    Scrittura CINESE image

    Priva di alfabeto e usata da più di un miliardo di persone, quella cinese può vantarsi di essere una delle scritture più antiche del mondo: troviamo tracce di pittogrammi cinesi già 6.000 anni fa. Dal disegno all’ idea, dal pittogramma all’ ideogramma, il passo non fu breve ma, soprattutto grazie alla scoperta della carta con conseguente uso del pennello, la scrittura cinese venne codificata nei primi secoli dopo Cristo, quando la Cina, per ovvie questioni politico-amministrative, impone ai suoi sudditi (quelli che potevano e sapevano scrivere) una scrittura comune che resisterà immutata sino ai giorni nostri. Derivata da scritture magico-oracolari scritte su ossa piatte (scapole di bovino) o gusci di tartaruga, la scrittura cinese restò fedele a sé stessa garantendo così l’ unità linguistica della Cina. E’ curioso notare come i cinesi parlino centinaia di dialetti diversi ma usino un unico modello scritturale.

    La Cina fu per secoli un enorme paese agricolo dal potere fortemente centralizzato, chiusa nei suoi immensi confini. La direzione della scrittura è infatti verticale, e le colonne così ottenute vengono allineate da destra verso sinistra. Grafologicamente il significato è uno scavo interiore e individuale (rappresentato dalla prevalente dimensione verticale della scrittura) che però resta chiusa nell’ ambito della sua cultura (direzione sinistrorsa). Questo atteggiamento viene rafforzato dal modello calligrafico di base: tutti i caratteri cinesi devono venir inscritti in un quadrato perfetto (simbolo grafologico di stabilità e sicurezza) al cui interno l’ ideogramma deve essere equilibratamente eseguito con tratti morbidi che non devono somigliare né a bastoni nè a chiodi. Abbiamo perciò una scrittura basata su tanti imagequadrati che al loro interno “ospitano” rapidi e vivacissimi caratteri: un immenso condominio formato da appartamentini regolari e tutti uguali ma abitati da inquilini che non stanno mai fermi e che differiscono l’ uno dall’ altro. Ogni singolo carattere cinese ha poi una rigidissima gerarchia nel venir tracciato: prima il tratto orizzontale e poi quello verticale, prima il tratto discendente sinistro e poi quello ascendente destro e via gerarchizzando. Tutte queste regole non depongono certo a favore della spontaneità della scrittura cinese che diventa così espressione di un atteggiamento trattenuto, non immediato e piuttosto complesso. Ma ancora una volta l’ arte viene in soccorso della libera espressione (grafologica) dell’ uomo: i calligrafi cinesi erano lodati ed onorati per le loro splendide calligrafie (quasi sempre illeggibili) solamente da un punto di vista estetico. In questo modo essi potevano esprimere tranquillamente la loro personalità permettendosi di ignorare i modelli ufficiali e statali di scrittura. La libertà dello spirito in alternativa alla rigidità del potere. E’ solo dopo la seconda Guerra Mondiale che la Cina “occidentalizza” la sua scrittura adottando la direzione orizzontale e destrorsa: il drago non scruta più solo al suo interno ma comincia a guardarsi attorno, oltre i suoi confini. La Cina è vicina.

    Scrittura CIRILLICA
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    Due fratelli,Metodio e Costantino (che prima di morire prenderà i voti con il nome di Cirillo), ricevettero dai principi di Kiev l’ immane compito di unificare la Russia partendo da un punto di vista linguistico-religioso. Questo enorme paese aveva due anime: quella occidentale che scriveva in greco e quella slava che si esprimeva con l’ antica scrittura glagolitica (presente in Croazia quasi sino alla fine del 1.800).

    [IMG]https://image.forumfree.it/6/9/0/6/9/2/1204134301.jpg Metodio e Cirillo (da cui il nuovo alfabeto prenderà il nome) attraverso le sacre scritture misero le basi per unire linguisticamente la Russia e i paesi di cultura slava. La storia farà scegliere ai paesi vicini all’ area cattolico-romana il latino, mentre i restanti adottarono il cirillico, ancor oggi usato da 257 milioni di russi e da 160 milioni di persone di altre etnie (serbi, macedoni, bulgari…). Modellato sul greco ma con “debiti” anche latini, l’ alfabeto cirillico si fa subito notare per la sua maestosità: una frettolosa occhiata lo potrebbe scambiare per il latino inciso sui monumenti con cui divide una certa solennità grafica, ma non è così, la somiglianza è ingannevole (la loro B corrisponde alla nostra V e la P è la nostra R, ad esempio).

    E’ un alfabeto con prevalenti segni diritti (simbolo di volontà) e verticali (indizio di autoaffermazione); presenta anche linee curve, quasi sempre però accompagnate da un tratto dritto. In una analisi grafologica, trovandosi davanti alla presenza contemporanea di tratti curvi e rettilinei, sappiamo che lo scrivente “ospita”allo stesso momento sensibilità e rigore, dolcezza e durezza, sentimento e volontà: La letteratura russa, una delle più famose ed importanti del mondo, ne è una magnifica testimonianza.
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    Le lettere dell’ alfabeto cirillico presentano quasi tutte un piedino, un trattino finale che “stoppa” le aste, terminandole bruscamente: è un segno di grande e costante autocontrollo, di una volontà che sa (spesso dolorosamente e con sforzo) quando fermarsi per impedire agli impulsi di tracimare. E’ l’ anima russa, buona e triste, forte e tragica, espressione di un popolo che ha sofferto ma senza mai perdere la sua grandezza.

    Scrittura DEVANAGARI
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    Attualmente la scrittura devanagari (letteralmente la scrittura della città di Dio) serve a trascrivere l’hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell’India (che ospita più di 500 idiomi diversi) parlata oggi da mezzo miliardo di persone. Appartenente alla grande famiglia delle lingue indiane settentrionali e derivante dall’ antica brami, la scrittura devanagari viene anche usata per trascrivere il sanscrito, la lingua essenziale della cultura indiana. Un po’ come il nostro latino, il sanscrito fu usato in passato per scrivere i testi religiosi, filosofici e letterari della sapienza indiana. Da sempre culla di civiltà l’India ha dato (e continua a dare) al mondo gli straordinari frutti della sua cultura (quelli che noi chiamiamo numeri arabi sono in realtà indiani); il suo misticismo, oramai patrimonio dell’ intera umanità, continua ad attirare milioni di persone in cerca di risposte spirituali. La scrittura devanagari si riconosce immediatamente per una sua curiosa caratteristica: ogni parola inizia con un marcato trattino orizzontale detto mantra (potenza) sotto a cui si traccia il resto della lettera, dando così l’ impressione che le parole siano “appese” al rigo (e non “appoggiate” come le nostre). Simbolicamente il rigo rappresenta il confine tra conscio ed inconscio, tra socialità e istinto, è la porta sull’ abisso delle nostre pulsioni irrazionali e sconosciute.
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    La struttura della grafia devanagari, così simile alle radici di un albero, rappresenta perfettamente la spiritualità indiana: uno scavo interiore, un percorso individuale (pensiamo allo yoga) che l’uomo fa nella incessante ricerca di sé. E’ uno scendere dentro le oscure profondità della nostra anima per capire e raggiungere la nostra vera essenzaimage L’abbondanza di tratti curvi indica che la strada non è facile e rettilinea, bisogna aggirare gli ostacoli e le trappole del nostro pensiero (la mente che mente, diceva Osho) , ma questo impegnativo viaggio va intrapreso per raggiungere quella coscienza di sé che ci renderà perfetti e poi maestri in grado di portare gli altri al nostro stesso livello. E’ questo il grande messaggio di pace e di fratellanza della cultura indiana, di quella sapienza che Gandhi definiva “antica come le montagne”.

    Scrittura EBRAICA
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    Parlato a tutt’ oggi da oltre dieci milioni di persone l’ ebraico affonda le sue radici nella lingua dei Fenici che, grazie alla loro abilità di navigatori e mercanti, imposero la loro lingua (facile da capire e da scrivere) come la lingua commerciale di tutto il Mediterraneo antico. Estinto poi nel 250 a. C. con l’ adozione dell’ aramaico (la lingua degli Aramei, carovanieri dediti ad attività commerciali), l’ ebraico sopravvisse solamente come lingua letteraria e liturgica fino al XIX secolo in cui ritornò come lingua degli ebrei di Palestina. Un rarissimo caso di resurrezione linguistica che testimonia la fedeltà culturale del popolo ebraico verso le proprie radici. La grafia della lingua ebraica, infatti, è rimasta inalterata per venti secoli con variazioni stilistiche ma non strutturali.
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    Orientata da destra verso sinistra (caratteristica grafologica rivelante grande attenzione e difesa della propria identità culturale), la scrittura ebraica viene usata anche per trascrivere altre lingue come lo yiddish (lingua indoeuropea tedesca) e il ladino (lingua neolatina spagnola) dimostrando la fortissima capacità di adattamento degli ebrei, caratteristica che ritroviamo nella grande sinuosità dell’ ebraico corsivo. Completamente diversa e più nota esteticamente è la forma tipografica della scrittura ebraica, detta quadrata, che in effetti quadrata non è, essendo inscrivibile in un rettangolo verticale.

    Ci troviamo di fronte ad una scrittura solenne, scandita da un ritmo regolarissimo (come la musica ebraica e le litanie religiose dei fedeli davanti al Muro del Pianto).

    E’ una scrittura che non ha maiuscole (anche se sembra tutta maiuscola) e che non spezza le parole in fine riga. Nell’ ebraico la parola è sacra ed ha un valore assoluto: Dio crea il mondo con la Parola. Espressione di una cultura forte ed antica dagli intensi contenuti esoterici, la scrittura ebraica sembra “fiammeggiare”: le lettere presentano tutte un segno più o meno lungo con una piccola punta che si dirige decisamente verso l’ alto, segno di una insopprimibile e costante tensione verso lo spirito e il divino. Ricorda il roveto ardente dove Dio diede a Mosè le Tavole della Legge, scritte sulla pietra, scritte per durare in eterno: la parola di Dio che viene consegnata all’ uomo attraverso la scrittura.

    Scrittura ETIOPE

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    La scrittura etiope, o meglio, i suoi caratteri (detti fidel) servono trascrivere il tigrigna (la lingua dell’ Eritrea), il ge’ ez (lingua dell’ Abissinia) e l’ amarico (lingua dell’ Eritrea). E’ proprio negli antichi territori dell’ Eritrea dei primi secoli dopo Cristo che, grazie soprattutto all’ influenza dei greci, imagei monarchi di Axum vollero modificare la loro scrittura , staccandosi dai modelli semitico-meridionali dell’arabo del sud per creare questa originale forma scritturale che chiameremo per comodità scrittura etiope (anche se non è linguisticamente corretto). Complessivamente usata da quasi quaranta milioni di persone, questa scrittura presenta 32 consonanti a cui, per ottenere le vocali, vengono aggiunte lievi modifiche: cerchietti, piccole appendici, “bandierine”, allungamenti di alcuni tratti. E’ un sistema ingegnoso che, oltre ad avere una indubbia gradevolezza estetica, rivela l’attitudine di questi popoli a “infiorettare” e “decorare” le loro abitudini: è come aggiungere in casa soprammobili, quadri e altri oggetti che, pur non alterando la struttura di base, ne raffinano e completano l’ assieme.

    Le forme della scrittura etiope sono forti e decise, spia di un atteggiamento risoluto ed energico. Simile a diverse altre forme grafiche africane, la scrittura etiope è tracciata con evidentissimi segni verticali che terminano con una piccolissima direzione verso destra (la direzione anche della scrittura etiope): un segno di grande autoaffermazione che però non resta chiusa in sé stessa ma che si orienta verso l’ altro, tenendone conto. E’ l’ antica eredità orientale dell’ ospitalità, è il guerriero che rispetta e onora il nemico.

    Scrittura GRECA
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    Ad ulteriore riprova che non sempre un popolo numeroso (o che abita in un vasto territorio) ha una influenza altrettanto grande sulla civiltà, i greci, abitatori di una piccola area del Mediterraneo orientale, sono riusciti ad essere uno dei popoli culturalmente più importanti del mondo occidentale. La loro influenza su filosofia, letteratura e linguaggio dell’ intero Occidente è fondamentale. Dopo una fase iniziale in cui la Grecia era composta da varie etnie (e quindi varie lingue) influenzate dalla civiltà fenicia, i greci, esattamente nel 403 a. C. imprimono alla storia della scrittura una svolta decisiva: stabiliscono per tutte le città della Grecia l’ adozione di un alfabeto comune, detto ionico. Scompaiono così dialetti, lingue locali e i greci diventano un unico popolo che parla la stessa lingua. Il loro alfabeto è un capolavoro di efficienza e semplicità: “inventando” le vocali i greci creano una scrittura estremamente precisa, duttile e capace di trascrivere ogni sfumatura del linguaggio, parole nuove comprese (in una commedia Aristofane scrive una parola di ben 78 sillabe). Prendendo i due classici piccioni con la non meno classica fava, i greci superano le difficoltà delle lingue sillabiche (che non scrivevano le vocali) trasformando alcune consonanti in vocali e assegnando un suono ad ogni lettera. Questa assoluta precisione nel trascrivere il linguaggio parlato fa sì che il pensiero greco possa venir scritto in tutta la sua straordinaria interezza e complessità. L’ influenza della cultura greca è enorme, i modelli estetici, culturali e politici dei greci vengono “esportati” in tutto il Mediterraneo. La loro scrittura è destrorsa (segno di espansione), sapientemente equilibrata tra segni curvi (in leggera prevalenza) e segni dritti, indici grafologici di dolcezza e rigore, di materia e spirito che coesistono senza prevalere l’ uno sull’ altra in un dualismo che ancor oggi è presente nella nostra cultura. Inizialmente nella scrittura greca non c’ erano spazi liberi tra le parole (segno di grande continuità di pensiero e azione), ma poi la insopprimibile capacità di astrazione del popolo greco esplose prepotentemente separando le parole e lo spazio (tra parole) così conquistato è un indice grafologico di capacità rielaborative, chiarezza di pensiero e organizzazione. I fenici chiamavano le prime due lettere del loro alfabeto aleph e beth. I greci alfa e beta e le usarono per comporre la parola alfabeto, la loro più straordinaria invenzione, l’ultima e importantissima tappa della storia della scrittura.

    Scrittura LATINA
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    Graecia capta ferum victorem cepit et artis intulit agresti Latio (la Grecia conquistata conquistò il rozzo vincitore e introdusse le arti nel Lazio contadino). Con questa famosissima frase Orazio sintetizza perfettamente gli elementi fondanti della cultura latina: da una parte la raffinatezza intellettuale ed artistica del mondo ellenico e dall’altra la vitalità e la concretezza del mondo romano. L’ inarrestabile marcia trionfale della scrittura latina (parallela e complementare a quella dell’ esercito romano) prende avvio nel IV secolo a. C. e dalle colline laziali si espande in tutta Italia (spazzando letteralmente via gli Etruschi e la loro lingua) per poi dilagare in Europa e in tutte quelle altre terre che costituirono l’ immenso territorio dell’ Impero Romano. Una storia della scrittura latina (e quindi quella del suo alfabeto) ,meriterebbe molto più spazio data la grandissima importanza culturale che riveste per L’ Occidente (e non solo), ma questa sintetica scheda vuole semplicemente mettere l’ accento sulle caratteristiche di un popolo attraverso le forme grafiche della sua scrittura. Ci limiteremo a dire che il latino (di cui molti di noi conservano ancora indelebili ricordi scolastici), la lingua ufficiale dell’ Impero Romano, fu uno dei primi esempi di interlingua dell’ antichità (un po’ come oggi l’ inglese) e che fu per secoli la lingua colta per eccellenza, la lingua della Chiesa e della scienza (Copernico, Newton e Keplero scrissero le loro opere fondamentali in latino), della letteratura e della medicina (insieme al greco , con cui divide la terminologia medica). Ancor oggi, nella parlata comune, troviamo motti e proverbi latini per tutte le occasioni. La fortuna dell’ alfabeto latino fu dovuta anche alla sua facilità d’ uso e alla sua estrema flessibilità linguistica: oggi, con quasi due miliardi e mezzo di utilizzatori, le lettere latine servono a trascrivere centinaia di lingue sparse in tutto il mondo (anche se non lo capisce, chiunque è capace di leggere l’ inglese, il francese, il norvegese, lo swahili…). Parallelamente alla cosiddetta capitalis quadrata (la lingua delle iscrizioni e delle epigrafi) che esprimeva forza, solennità e sicurezza, troviamo la scrittura latina corsiva, che corre: è veloce (i Romani inventano la stenografia e le abbreviazioni, simbolo di ingegno pratico), precisa e personale. Nel mondo romano si scriveva molto (gli annunci commerciali erano tracciati sui muri e sulle porte con il carbone) grazie ad una organizzata scolarità. L a scrittura latina corsiva, nata da esigenze funzionali (l’ incisione su pietra era troppo lenta e poco pratica), rappresenta uno dei pochi esempi di modello calligrafico “personalizzato”(come oggi), nel senso che ogni scrivente imprimeva alla scrittura (senza nuocere alla sua leggibilità) la sua personale grafia. E’ una grande libertà grafica che riflette la efficiente ed astuta libertà politica del cittadino romano. La legge va rispettata ma lascia sufficiente spazio di manovra al singolo individuo. Prima che l’ inevitabile decadenza la precipitasse negli oscuri secoli del medioevo la cultura latina era solare, terrena ma anche spirituale e morale: vi trovavano posto le oscenità dei poeti licenziosi e il rigore di Cicerone, la disinvolta morale di Orazio alla serietà dei codici della Legge. Tutta questa variegata gamma di elementi si ritrova nella scrittura latina: legata (simbolo di continuità di pensiero), rapida (pensiero veloce ed efficiente) e personale (indice di personalità evoluta), contrapposta a quella grave ed austera delle iscrizioni monumentali (che ci rivelano rigore, autocontrollo e fermezza). Sono le due facce del mondo romano (e probabilmente anche del nostro): corpo e anima, natura e cultura, mens sana in corpore sano.

    Scrittura THAILANDESE
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    Orgogliosa della sua identità culturale, la Thailandia (l’ex Regno del Siam) stabilisce la forma della sua personalissima scrittura nel 1283 ad opera di un re che volle allontanarsi (anche graficamente) dal prototipo indiano giunto fin lì tramite il buddismo. Essendo una scrittura sillabica senza vocali il thailandese scritto ha bisogno di segni diacritici che indichino correttamente al lettore la pronuncia, operazione complicata anche dal fatto che è una scrittura tonale (è attraverso il tono del parlato che si distingue la parola). Questi piccoli segni che all’ occhio del profano assomigliano a lunette, “girini” e virgole, si trovano sopra e sotto il rigo e grafologicamente sono indicatori di piccole “trasgressioni”, di rapide fughe, di schegge che si staccano dall’ ipnotica regolarità del corpo scritturale (che è privo di allunghi inferiori e superiori).

    La scrittura thailandese è formata da tante linee verticali (segno di forte volontà) che si arrotondano e curvano ai vertici rivelando così un grande senso dell’ altro e abilità diplomatica.

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    imageE’ una scrittura che ricorda la foresta e la canna di bambù (elemento onnipresente nel paese) unita ad un “movimento” grafico sinuoso come quello di un serpente (grande e reale pericolo di quei luoghi).

    Parente (perlomeno da un punto di vista grafico) delle scritture dei paesi contigui (Cambogia, Laos…) la scrittura thai presenta un caratteristico e ripetuto cerchietto ai vertici e a metà delle sue lettere: la grafologia ci dice che è un intenso segno di autoaffermazione, è una piccola e perfetta porzione di spazio che il thailandese ritaglia per sé, è una zona personale e inattaccabile della sua anima che non dividerà, mai con nessuno, è l’ Oriente ospitale e labirintico, raggiungibile ma mai completamente accessibile, che ci mostra tanto senza però mostrare tutto. Ed è proprio questo il suo fascino.

    Scrittura TIBETANA
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    La tradizione vuole che nel 630 d. C. il primo re tibetano convertitosi al buddismo inviasse nel Kashmir un suo primo ministro con l’ ingrato compito di “inventare” una scrittura con cui il Tibet potesse tradurre i sacri testi buddisti. Nonostante la dolorosa diaspora a seguito dell’ invasione cinese nel 1950 il tibetano è utilizzato da oltre 6 milioni di persone stabilitesi in India ed in alcuni paesi occidentali. Pur conservando ancora qualche parentela grafica con il sanscrito, la scrittura tibetana presenta per ogni sillaba una evidentissima linea orizzontale superiore da cui partono decisi segni bassodiretti e verso destra: è un soggettivismo marcato che però si direziona verso l’ altro, come uno studioso che approfondisce la sua cultura ma che poi la divide con gli altri.
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    E’ la grande lezione del Buddismo: imparare per insegnare. Il tibetano ha una grafia che risente molto dello strumento scrittorio (cannucce di legno e/o bambù) e il suo andamento è destrorso, elegante ed appuntito. Ci parla di socialità ma anche di acutezza di pensiero, di autodisciplina e di controllo senza repressione. Il segno vocalico per scrivere la “o” è posto sopra il rigo ed assomiglia graficamente ad un uccello in volo dalle grandi ali spiegate. Grafologicamente indica lo spirito che si eleva, che esce dal quotidiano per raggiungere vette più alte, ideali più spirituali. Fedele come pochi al credo buddista il Tibet fu l’ unico paese ad applicare realmente il disarmo unilaterale (e infatti fu subito invaso) dimostrando che lo spirito può sfidare la spada, ma che la spada senza spirito è purtroppo vincente. Non sempre ne uccide più la penna che la spada.
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    Bibliografia essenziale
    Esiste una sterminata produzione editoriale che riguarda la storia della scrittura, la linguistica e la grafologia. Nel maremagnum di questi libri segnaliamo quelle opere che sono fondamentali per la comprensione e lo studio della materia trattata:

    Marco Cimarosti – Non legitur – Stampa Alternativa & Graffiti

    Peter T. Daniels , William Bright – The world’s writing systems – Oxford University Press

    David Diringer – L’ alfabeto nella storia della civiltà – Giunti

    James G. Fevrier – Storia della scrittura – Ecig

    Ignace J. Gelb – Teoria generale e storia della scrittura - Egea

    Hans J. Storig – L’ avventura delle lingue –Vallardi

    Per quanto riguarda la rete, ci limitiamo a riportare quello che a nostro avviso resta un imprescindibile sito per chi si occupa di scritture: http://www.omniglot.com/

    GIULIALIBRI S.a.s. la libreria de “Il Giulia”
    via Giulia 75/3 tel.&fax 040-577661 34126 Trieste

    [email protected]

    Edoardo Triscoli è co-autore con Carlo Chinaglia dei libri:

    Graphologie - Gremese Editore, 1996

    Grafologia. Manuale di analisi psicologica con breve storia della scrittura. L'Airone Editrice Roma, 1994






     
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2 replies since 13/9/2005, 10:48   64450 views
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