Letteratura Egiziana

Libri consigliati dei piu' rappresentativi scrittori egiziani

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  1. kiccasinai
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    Ziedan, Azazel

    Una cella di due metri per lato. Una fragile porta di legno sconnessa. Una tavola, con sopra tre pezze di lana e lino, e un tavolino con un calamaio e una vecchia lampada con lo stoppino logoro e la fiamma danzante. A Ipa, il monaco egiziano, non serve altro per vivere nel monastero sulla vecchia strada che collega Aleppo e Antiochia, due città la cui storia ha inizio nella notte dei tempi.
    È il V secolo, un momento decisivo nella storia della Cristianità. Sono anni di violenza religiosa, di lotte e contrasti feroci, e la fede nel Cristo vuol dire scegliere una fazione, abbattere i propri nemici, e così decidere del proprio stesso destino.
    Nestorio, l’abba che ha preso Ipa sotto la sua protezione, il venerabile padre con cui a Gerusalemme e Antiochia il monaco ha discusso liberamente dei libri proibiti di Plotino, Ario e degli gnostici, è nella tempesta. Nel 428 d.C. è stato ordinato Vescovo di Costantinopoli e ora, due anni dopo, è accusato di apostasia, la più terribile delle accuse, l’abbandono e il tradimento della fede nel Cristo. Il Patriarca Cirillo, l’Arcivescovo di Alessandria, ha scritto dodici anatemi contro l’«apostata», colpevole ai suoi occhi di non riconoscere che «il Cristo è Dio nella sostanza e che la Vergine è Madre di Dio».
    Che Chiesa è mai quella che scomunica un saggio dal volto radioso, un uomo santo e illuminato che ha il solo torto di ritenere assurdo che «Dio sia stato generato da una donna»? Che Chiesa è quella rappresentata dal Patriarca Cirillo, capo di una diocesi dove i cristiani al grido di «Gloria a Gesù Cristo, morte ai nemici del Signore!» hanno scorticata la pelle e lacerate le membra della filosofa Ipazia, «la maestra di tutti i tempi»?
    È un tempo infausto per il monaco Ipa, poiché a tremare non sono soltanto i pilastri della religione, ma anche quelli del suo cuore. Da quando il sole cocente della bella Marta è spuntato per lui ad Aleppo, Ipa ha conosciuto i sussulti dell’angoscia e i fremiti della passione. E gli orrori si sono impadroniti a tal punto della sua anima che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona.
    Affascinante racconto delle peripezie umane, sentimentali e religiose di un monaco, sullo sfondo degli appassionanti conflitti dottrinali tra i Padri della Chiesa e dello scontro tra i nuovi credenti e i tradizionali sostenitori del paganesimo, Azazel è una di quelle rare opere letterarie capaci di gettare uno sguardo profondo e originale sulla Cristianità e l’Occidente, e di raccontare un’epoca in cui le pagine della storia avrebbero potuto essere scritte diversamente.

    autore: Youssef Ziedan, romanziere e studioso egiziano nato nel 1958.
    editore: Neri Pozza
    pagine: 382
    anno: 2010

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    Radwa, Atyàf

    Siamo al Cairo tra il 1967 e il 1968. Nel cuore della sua città moderna e antica, Shagar è tutta concentrata nello studio per la preparazione del magister in Storia egizia. Ma il suo entusiasmo d’un tratto vola via: nei giornali, alla radio, sulla bocca di tutti circolano notizie e discorsi sul Sinai e i soldati dispersi nel deserto. Per gli arabi è stata la seconda grande sconfitta. E la giovane fa fatica a ritornare agli dei e ai gloriosi faraoni, dimenticando quel che succede ora nella mitica terra del Nilo…

    autrice: Radwa Ashur, nata al Cairo nel 1946, è una nota scrittrice egiziana. Il suo romanzo più famoso è Granada, del 1994.
    editore: Ilisso
    pagine: 219
    anno: 2008

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    Mahfuz, Vicolo del mortaio

    “Vicolo del Mortaio”, pubblicato nel 1947, è la descrizione, lievemente ironica e distaccata, della vita quotidiana che si svolge in un vicolo del Cairo, durante la seconda guerra mondiale. Mahfuz ci offre il vivido ritratto di un’umanità dolente, spesso molto misera: lo sfruttatore di mendicanti che procura mutilazioni definitive dietro compenso; il proprietario del caffè, esacerbato da un’inclinazione omosessuale e dall’assuefazione alla droga; il giovane barbiere che vuole santificare il suo amore per il Vicolo attraverso quello per una ragazza, Hamida; e poi Hamida stessa, nella cui volontà di fuga dallo squallore del suo quartiere natio è adombrata la ribellione radicale, l’impronta di un eterno e universale ‘esser-giovani’, in opposizione a ogni forma di immobilità. Mahfuz rappresenta tutto ciò con semplicità e insieme con esotica raffinatezza, dosando i dialoghi e i momenti di riflessione in modo da lasciare sempre un varco tra un episodio e l’altro. In ultimo, è la vita, nella sua nudità essenziale e drammatica, a imporsi a tutti come una sorta di riequilibratore deus ex machina.

    autore: Naghib Mahfuz, nato al Cairo nel 1911, è forse il più grande romanziere arabo moderno. Il suo capolavoro è la Trilogia del Cairo.
    editore: Feltrinelli, la storica casa editrice fondata da Giangiacomo Feltrinelli.
    pagine: 256
    anno: 2002

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    Bakr, La leggenda di Attiya


    L’autrice, una tra le più note e affermate scrittrici egiziane, mette a nudo la fragilità e le contraddizioni della società egiziana attraverso personaggi coraggiosi e anticonformisti, come la discussa Atiya: donna di mondo o santa? Al cruciale interrogativo cerca di rispondere un’abile giornalista, che ci introduce nelle atmosfere del Cairo di oggi.
    Il libro ha una postfazione di Maria Avino.

    autrice: Salwa Bakr, nata nel 1949, è una delle prime scrittrici egiziane ad aver acquisito una certa fama al di fuori del suo paese.
    editore: Jouvence
    pagine: 126
    anno: 2007
     
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  2. kiccasinai
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    Zeyna, la donna perfetta
    di Nawal al-Saadawi
    di Nadia Bovino

    Zeyna è il titolo dell'ultimo romanzo di Nawal al-Saadawi. E' prima uscito in francese a Bruxelles, poi in arabo (Dar al-Saqi, Beirut 2009). Zeyna è una donna eccezionale. Ha un talento straordinario, una forza unica, una vita incredibile. Figlia di NN, come si usava dire una volta, non tantissimo tempo fa.... Abbandonata dalla madre, non sposata, sul ciglio di un marciapiede polveroso del Cairo, abitato da gatti e cani randagi, e poi raccolta e cresciuta da donne sole, che hanno perso i loro affetti, e scelgono lei come nuova ragione di vita, Zeyna non si distacca mai da quella che considera il suo ambiente naturale, quello in cui è stata ritrovata, la sua terza madre, la strada. In strada conosce la violenza e la prepotenza. In strada impara non solo a sopravvivere, ma soprattutto a vivere, ad essere sé stessa, senza vergogna, sempre a testa alta.
    Porta con orgoglio il cognome della madre di adozione, indifferente al disprezzo dei professori, maschi, che non tollerano che una ragazza possa venire al mondo e crescere senza conoscere il cognome del padre. Zeyna è circondata da un mondo crudelmente maschilista, ma la cosa non riesce a scalfirla. Impara a difendersi con unghie e denti dalle aggressioni maschili fin da tenera età, e rifiuta la parte della vittima, scegliendo invece di vivere, di cantare, ballare, comporre musica, ignorando categoricamente tutte le avances provenienti dall'altro sesso.
    Zeyna basta a sé stessa, non rinuncia mai alla sua indipendenza, e, così facendo, fa infuriare i suoi corteggiatori abituati a ben altro genere di donna.
    Anche in questo romanzo alla società egiziana non viene risparmiata la critica. Corruzione, vanità, falsa meritocrazia, interesse, branchi di bambini di strada, apparenze da salvare, maschilismo.
    Con agghiacciante naturalezza Nawal Al-Saadawi presenta al lettore le aggressioni dei maschietti a danno di bambine inermi, o a danno di donne un po' meno inermi. I personaggi maschili sono accomunati dalla certezza dell'impunità, tanto nessuna donna avrà mai il coraggio di denunciare la violenza subita. Denunciare, rompendo un tabù, comporterebbe conseguenze più pesanti della violenza stessa. In effetti i personaggi maschili rappresentano un po' il tradizionale ruolo del “cattivo” del romanzo. Vittime di violenze da bambini, e poi autori e fautori di violenza da adulti, gli uomini del romanzo sono perfetti custodi e veicoli di trasmissione della cultura della sopraffazione del maschio sulla femmina, in tutte le sue forme.
    Dall'altra parte c'è un mondo di personaggi femminili, decisamente più variegato.
    C'è la donna passiva, colpevole di accettare le umiliazioni del marito, i suoi tradimenti, vizi e sopraffazioni, colpevole di recitare insieme a lui la commedia della coppia felice, ma c'è anche molto di più. C'è la donna che divorzia ogni volta che scopre le ipocrisie dei mariti, e che non teme la solitudine, non teme il giudizio della gente, e ha perfino il coraggio di parlare delle sue tendenze blandamente omosessuali.
    C'è la donna che si dedica anima e corpo al lavoro, dopo che la sua vita privata è stata guastata, tanto per cambiare, dal bigottismo della società egiziana, e il suo impegno viene ricompensato dalla soddisfazione massima, da Zeyna, la grande famosa artista Zeyna, risultato dei suoi insegnamenti.
    E poi, naturalmente, c'è Zeyna. Bella, forte, slanciata, sinuosa, profonda, energica. Zeyna è la perfezione. Zeyna è l'opposto della madre naturale. Zeyna è coraggio puro, energia vitale, autosufficienza. Zeyna sembra fatta apposta per contraddire le teorie maschiliste. Non ha bisogno di nessun uomo, lei. Non le serve un padre, un fratello, mai e poi mai un marito, e nemmeno un amante. Zeyna sembra un dispetto di Madre Natura. Bellezza femminile e talento finalizzati all'autosoddisfazione, mai regalati a un uomo, ma allo stesso tempo desiderio di tutti gli uomini.
    L'autrice si è divertita a inventare un personaggio graffiante, usa Zeyna in senso provocatorio. Zeyna lancia un messaggio chiaro agli uomini e alle donne: è possibile vivere senza un uomo, senza compromessi.
    Sarà vero? E' mai possibile che in Egitto l'unica maniera per le donne di conservare la propria dignità è tagliare i ponti con gli uomini? In effetti i personaggi maschili fanno davvero brutta figura in questo romanzo, mentre i personaggi femminili sono tanto migliori quanto più prendono le distanze dal mondo maschile...
    Zeyna è la migliore di tutte perchè non si compromette mai, non concede nulla di sé, né corpo né cuore, a nessuno. Che razza di donna è? Sarebbe questo un femminismo vincente? Gli uomini amano Zeyna perchè lei non si concede. E più fa la preziosa più loro si accaniscono nello sforzo di conquistarla. E se lei cedesse, loro prenderebbero a disprezzarla come fanno con tutte le altre. Non è forse questo il solito becero stereotipo maschilista? La donna preda che deve difendersi dal cacciatore , e che, se raggiunta, viene sopraffatta?
    Ci propone questo l'autrice? E' un quadro parecchio fosco, e non c'è da stupirsi che abbia suscitato un certo strascico di polemica in Egitto.
    Dal punto di vista stilistico il romanzo presenta una costruzione moderna, di un collage di flashback, salti temporali, confessioni sul lettino dello psicanalista, sogni ricorrernti che ossessionano un po' tutti i personaggi, scene ripetute più e più volte, come fossero i ritornelli della musica di Zeyna. Il tempo cronologico non esiste, esiste solo quello psicologico, e infatti spesso gli episodi si intrecciano a monologhi interiori, impressioni e sguardi puntati sulla protagonista, da mille angolazioni, che ci fanno conoscere Zeyna attraverso le impressioni che tutti i personaggi hanno di lei, anche se il narratore, bravissimo a scavare nelle ragioni e nei pensieri di tutti, evita poi di addentrarsi proprio nella mente della protagonista. E infatti Zeyna non si stende sul lettino dello psicanalista. Non conosciamo i suoi sogni e le sue ossessioni. Possiamo solo immaginarli, attraverso i racconti degli altri personaggi. E dunque Zeyna resta inviolata anche dal punto di vista narrativo. I suoi pensieri restano suoi, e l'autrice, gelosissima, non permette e nessuno, nemmeno al lettore, di possedere la sua Zeyna, che rimane, fino all'ultima pagina, un mistero danzante

    Fonte: http://www.arabafenicenet.it/index.php?opt...1308&Itemid=224

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    Nawal al-Saadawi

    Le prigioni della mente araba
    di Tarek Heggy


    di Federica Zoja per l'Araba Fenice
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    Un ‘vulcano’ che rifiuta i sintomi di arretratezza delle società arabo-islamiche, promuovendo umanità, civiltà e progresso. Così Tarek Heggy, intellettuale egiziano liberale, definisce se stesso, “vulcano di rabbia perché gli arabi non perdono mai l’occasione per perdere l’occasione”. E denuncia, attraverso saggi ed articoli, senza ambiguità né timori, i difetti che affliggono la società egiziana e, più in generale, quella araba individuando le “prigioni mentali” che ne ostacolano lo sviluppo economico e culturale. Ora una raccolta di suoi scritti è disponibile in italiano*, in un volume denso di spunti di riflessione curato dall'arabista Valentina Colombo.
    Articolo dopo articolo, la raccolta guida il lettore alla scoperta dell’universo cognitivo di Heggy, commentatore amaro ma mai rassegnato di un mondo in cui il ragionamento ha da tempo lasciato il posto all’imitazione, in cui la classe media – con il suo bagaglio culturale – è stata erosa e svuotata di rappresentatività, in cui le minoranze – copta e sciita le più consistenti - sono brutalmente schiacciate in nome di una pretesa infallibile interpretazione dei testi sacri islamici che rifiuta l’Altro.
    Heggy individua i temi caldi dell’attualità arabo-musulmana e li mette a nudo senza la retorica consueta dei colleghi analisti: affronta il nodo politico dei partiti religiosi islamici, cui si oppone perché, a suo giudizio, solo sulla carta musulmani e in realtà bramosi di potere; si rivolge agli uomini di religione affinché siano al passo con i tempi, così come i primi pensatori musulmani - ad esempio Ibn Rush (1126-1198, il cui nome latinizzato è Averroé) - da cui, paradossalmente, la cultura cristiana ha tratto maggiore profitto di quella musulmana. L’intellettuale egiziano riconosce, poi, nella corrente interpretativa wahhabita (Mohammed ibn Abd al-Wahhab, 1703-1792) del Corano la responsabilità della deriva fondamentalista nei paesi a maggioranza islamica, resa possibile da contesti culturali ed economici svantaggiati, e dai petrodollari della dinastia saudita.
    Heggy rileva la tendenza tutta araba a vedere nella realtà di tutti i giorni cospirazioni e complotti, scaricando le responsabilità su nemici esterni troppo potenti per essere sconfitti. Tutto questo grazie a regimi dispotici che dai loro cittadini-sudditi vogliono obbedienza e non senso critico.
    Lucido e ironico fotografo della propria realtà, non tralascia il diffuso fenomeno sociale della fobia di un’invasione culturale occidentale che privi i paesi arabi della loro specificità: sintomo di insicurezza e di senso di inadeguatezza che traspare anche dal linguaggio. Negli anni, è diventato sempre più diffusa la pratica linguistica della ‘spacconata’, dell’iperbole, dell’esagerazione, biasimate in Occidente e ‘coltivate’ in Medio oriente.
    Infine, una curiosità che Tarek Heggy consegna ai lettori dei suoi articoli perché meditino sulla forma mentis araba: per la parola ‘compromesso’, abbondantemente utilizzata in svariate lingue occidentali e orientali, non esiste un corrispettivo termine arabo, se non la composizione haal uasat, letteralmente ‘soluzione di mezzo’.

    Nato a Port Said il 12 ottobre del 1950, Tarek Heggy ha studiato Giurisprudenza e gestione d’impresa presso l’ateneo di Ain shams, al Cairo, per poi specializzarsi a Ginevra. All’insegnamento presso diversi atenei arabi, fra cui quello marocchino di Fez, ha alternato la carriera dirigenziale nell’ambito petrolifero, facendo il suo ingresso nel gruppo Shell international petroleum nel 1979. Esperto in contratti petroliferi, primo cittadino mediorientale a guidare la sede regionale di Shell, è uscito dal gruppo olandese nel 1996 per poter dirigere la propria società, Tana petroleum. E dedicarsi alla scrittura.
    Dal 1978 ha pubblicato quindici libri, di cui cinque tradotti in inglese. E’ editorialista per testate e siti internet liberali arabi, dalle cui pagine promuove riforme sociali, economiche, politiche e religiose nel mondo arabo e in Egitto in particolare. Bernard Lewis lo definì: “La più coraggiosa e lucida voce d’Egitto”.
    Tarek Heggy vive al Cairo.

    * Tarek Heggy, Le prigioni della mente araba, a cura di Valentina Colombo, Marietti 1820, pp. 116, euro 18
     
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1 replies since 6/8/2010, 11:44   1932 views
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