Mi ha colpito molto il fatto che sei andato a vedere questo spettacolo, hai fatto un'ottima cosa!
In realtà questo tipo di danza è tipico della Turchia e non dell'Egitto, ma dato che al Cairo si può assistere a questi spettacoli, ecco un articolo dove viene spiegato bene di cosa si tratta: (da non confonders con la "tannura" che normalmente si vede negli spettacoli della serata egiziana nei resort).
I Dervisci Rotanti, non solo danza…SCRITTO DA MARIA LUCIA MELONI
MARTEDÌ 13 APRILE 2010 21:32Sicuramente affascinanti incantano con le loro evoluzioni, accompagnati da musiche da sogno. Si tratta dei Dervisci Rotanti. I Dervisci sono dei danzatori sicuramente particolari e la loro non è solo una danza nel senso stretto del termine. Infatti si tratta di un rito ben preciso nel quale si unisce l’aspetto coreografico a quello musicale. Entrambi questi due elementi per così dire realistici del rituale, si intersecano con il concetto astratto, spirituale e meditativo, dell’avvicinamento dell’uomo a Dio. I Dervisci Rotanti secondo la tradizione Sufi, attraverso i movimenti e la musica, svilupperebbero una singolare arte di comunicazione con il divino e il raggiungimento di un’estasi mistico-spirituale.
Il termine derviscio in persiano e arabo (darwish) significa “povero” e “cercatore di porte”. Nel significato mistico che viene esso attribuito nel caso dei Dervisci Rotanti la parola ha acquistato il significato di “colui che cerca il passaggio”, ossia la soglia, l’entrata che porta da questo mondo materiale ad un differente mondo spirituale. Esistono varie confraternite sufi, tra cui l'Ordine dei Mevlevi, in Turchia, che pratica la celebre danza dei Dervisci Rotanti.
I Dervisci vengono instradati all’arte vera e propria di questa danza da sapienti e monaci, attraverso l’utilizzo di tecniche raffinate. Una tecnica in particolare prevede l’utilizzo di un oggetto simile ad un albero. Dalla sua base, generalmente in legno, si dipartono due o più rami dai quali a loro volta se ne dipartono altri ancora, e così via per un numero preciso di volte. Delle sfere, in genere di avorio, collegano i vari segmenti tra loro. Si viene a creare così un congegno “simile” a un corpo e alle proprie articolazioni. Attraverso questo strumento gli insegnanti imprimono nei discepoli le varie posture che dovranno assumere durante lo svolgimento del rito della danza sufi: dovranno ripeterle innumerevoli volte affinché diventino movimenti assolutamente naturali e “sentiti” in modo totale. L’aspirante danzatore deve seguire una ferrea disciplina mentale oltre che fisica, costituita da penitenza, digiuni e meditazione. Infatti il lavoro sulla mente è essenziale anche durante lo svolgimento dei volteggi della danza; le danze sufi sono molto complesse e necessitano di anni di lavoro per essere apprese nella maniera completa.
La danza si sviluppa in questo modo. In una stanza entrano delle figure maschili, che in genere sono sette danzatori e due maestri del rito. I danzatori arrivano coperti da un mantello scuro con sulla testa dei lunghi copricapi beige. Quando iniziano a muoversi per cominciare a roteare, si liberano del mantello e appaiono vestiti da una blusa bianca, dei pantaloni con sopra una gonna lunga a teli scampanati, anche essi bianchi.
Iniziano a spostarsi lentamente in cerchio, poi a ruotare uno dopo l’altro in senso antiorario. Vi sono dei momenti di alternanza tra rotazioni e musica veloci e ritmi più lenti come una camminata solenne; poi la musica e i Dervisci iniziano a roteare sempre più velocemente. Il susseguirsi di interruzioni e riprese continua diverse volte. il Derviscio appoggia il suo peso sul piede sinistro e inizia a ruotare su se stesso. Mentre la rotazione acquista velocità, la gamba destra dà slancio al movimento avvitatorio. Per evitare il sopravvenire di capogiri, il derviscio tiene la testa leggermente inclinata verso destra e gli occhi fissi sul palmo della mano sinistra che è abbassata verso la terra mentre la mano destra è girata verso l’alto. Quando lo stato di estasi è stato raggiunto attraverso la danza e il ruolo della musica, essa cessa ma i Dervisci, continuano a ruotare nel silenzio, con le gonne bianche che si alzano e fluttuano. Sembra sia un modo per unire cielo e terra: la persona, il Derviscio si pone come collegamento e come centro. Quando poi i Dervisci si fermano, si avvicinano, si inchinano, uno di loro ricopre i compagni con i mantelli scuri e il gruppo silenziosamente si allontana.
La musica sufi contribuisce, anzi ha un ruolo decisivo nello svolgersi del rito dei Dervisci Rotanti. Si tratta di voci e strumenti che si uniscono o si alternano: il nay (flauto verticale) ha un ruolo mistico, un suono dolce e sinuoso che accompagna lo svolazzare dei teli delle gonne bianche e il roteare di piedi, mani, braccia. I Küdum (piccoli timpani in cuoio ricoperti di pelle di capra) fungono da tamburi e scandiscono il ritmo e gli halile (piatti in rame) con il loro suono tintinnante completano il quadro ora descritto. I volti dei Dervisci esprimono totale abbandono, estasi, emanano un senso di soprannaturalità e spiritualità immensi.
Lo spettacolo offerto dai Dervisci è assolutamente intenso, emotivamente e spiritualmente. Alcuni gruppi di Dervisci Rotanti sono stati dichiarati dall’UNESCO “Patrimonio culturale dell’umanità”. Essi oggi rappresentano ormai il simbolo del misticismo orientale che origina in tempi lontani; si fanno risalire le prime danze di Dervisci al tredicesimo secolo circa. Queste danze, secondo i Dervisci Rotanti, sono il loro modo per allontanare la mente da ogni contatto con le cose terrene e per far si che le loro anime si allontanino dai corpi così da potersi riunire a Dio. A noi non resta che ammirare, a volte rapiti e senza fiato, questa forma di arte e misticismo, antica e coinvolgente.
Diario24Notizie