Torino Calcio 1906 Fallito!!!!, Ed adesso sono cazzi di Cimmy

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robdelso6
view post Posted on 17/11/2005, 16:56




CALCIO: DICHIARATO FALLITO IL TORINO DI CIMMINELLI

(ANSA) - TORINO, 17 NOV - Il Torino calcio di Franco
Cimminelli e' fallito. Lo ha stabilito il tribunale, che ha
respinto una richiesta di concordato preventivo.
 
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taurus1
view post Posted on 17/11/2005, 16:59




si ..però leggere fallimento del TORINO 1906 mi rende triste..

Cimminelli, chi sbaglia paga e tu ancor di più.
 
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robdelso6
view post Posted on 17/11/2005, 17:03




CITAZIONE (taurus1 @ 17/11/2005, 16:59)
si ..però leggere fallimento del TORINO 1906 mi rende triste..

Cimminelli, chi sbaglia paga e tu ancor di più.

Mi rende trististissimo.
Diciamo che da una società leggendaria come il Torino Calcio 1906 è nato uno stupendo figlio il Torino FC.

Però Cimmy e Tilly li voglio vedere dietro alle sbarre!!!!!!!!!!!!!!
 
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pachele
view post Posted on 17/11/2005, 17:07




godo!
 
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valter1
view post Posted on 17/11/2005, 17:27




Ti ho aspettato per 5 lunghissimi anni, bastardo.
E' stato duro e faticoso restare sulla riva del fiume , guardando a monte, in attesa del tuo arrivo.
Ma finalmente eccoti qui, bastardo di un cadavere di porco.
Sei fallito miseramente.......... ed i 4 coglioni , finalmente possono tornare a sorridere e respirare.
Crepa , merda.



Metto subito tra gli importanti........ rolleyes.gif cool.gif
 
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view post Posted on 17/11/2005, 17:29
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Lui era il braccio, i gobbi la mente, credevano di piegarci, ma non ci sono riusciti. Insieme al nuovo condottiero saremo il vostro incubo, come nei peggiori film dell'orrore, vi inseguiremo fino al compimento della vendetta.

Edited by paco69 - 17/11/2005, 17:30
 
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robyprete
view post Posted on 17/11/2005, 17:43




CITAZIONE (paco69 @ 17/11/2005, 17:29)
Lui era il braccio, i gobbi la mente, credevano di piegarci, ma non ci sono riusciti. Insieme al nuovo condottiero saremo il vostro incubo, come nei peggiori film dell'orrore, vi inseguiremo fino al compimento della vendetta.

cimmy bastardo e romero porco adesso pagherete tutto...voglio vedervi sotto i portici di via roma a suonare chitarra e fisarmonica con simmerda cimminelli che va a raccattare i soldi col cappellino...ho 1 euro pronto per voi!!!!
 
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robdelso6
view post Posted on 17/11/2005, 17:44




Pensava di cavarsela con le briciole....adesso anche la casa gli devono mangiare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Se viene indagato per Bancarotta Fraudolenta, ci sono i margini per presentarci come Parte Civile ad un suo eventuale processo, chiedendo un euro di risarcimento morale ma facendogli dire da un giudice che è un coglione???????
 
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simonweb
view post Posted on 17/11/2005, 18:03




DALLA FONDAZIONE AL PRIMO SCUDETTO

Il Football Club Torino, quello che diverrà una delle società calcistiche più gloriose e ricche di storia, nacque il 3 dicembre 1906 in una birreria di Torino, esattamente la Birreria Voigt di Via Pietro Micca. Alfred Dick, uno dei fondatori, aveva appena lasciato la Juventus a causa di dissidi interni. Il primo presidente granata fu lo svizzero Hans Schoenbrod. La prima partita fu disputata il 16 dicembre e fu subito una vittoria: 3-1 in casa della Pro Vercelli.
Nel campionato del 1907 il Torino fu protagonista, aggiudicandosi entrambi i derby, con somma gioia di Alfred Dick, che divenne poi presidente della società. Le gare dei granata di svolgevano al velodromo Umberto I, dove oggi sorge l’ospedale Mauriziano. A partire dal 1912 il Football Club Torino ricevette nella sua famiglia Vittorio Pozzo, un uomo che farà la storia del calcio nazionale. Con Pozzo alla guida il Torino intraprese nel 1914 una vera e propria avventura: una tournèe in Sud America. Il viaggio fu trionfale, sei partite e sei vittorie contro avversari quotati come la Nazionale argentina ed il Corinthians. Al ritorno i granata scoprirono una tragica notizia: era scoppiata la Prima Guerra Mondiale, il tempo di giocare a calcio era, almeno per un po’, terminato. Nei campionati disputati sino a quel momento il Torino aveva colto un ottimo secondo posto nel 1907 mentre nei tornei successivi i granata si attestarono sempre tra il 3° ed il 4° posto.
La prima vera beffa, di una lunga serie che caratterizzerà la storia del Toro, avvenne nel campionato 1914-15. Nel girone finale a quattro squadre il Torino si trovava a due punti dal Genoa capolista ad un turno dalla fine: si doveva ancora giocare Genoa-Torino, quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale ed il torneo fu sospeso. Il Genoa fu arbitrariamente dichiarato Campione d’Italia (da notare che nella gara di andata Torino-Genoa terminò 6-1). Così il primo scudetto sfumò, il campionato sarebbe ripreso nel 1919 ed il momento magico dei granata svanì. Da ricordare, in questi primi anni di vita del sodalizio granata, giocatori come Bachmann I, i fratelli Mosso, Debernardi I: il fenomeno dei fratelli in una sola società era diffusissimo ed il caso dei quattro Mosso, che, seppur in annate diverse, vestirono la maglia granata, è emblematico. Dopo la guerra il campionato riprese nella stagione 1920-’21 ed il Torino, giunto in semifinale, disputò contro il Legnano la gara ufficiale più lunga mai giocata in Italia terminò 1-1 e dopo due supplementari si era ancora in parità. L’arbitro decise di far disputare un terzo supplementare, ma dopo 8 minuti le squadre, sfiancate, si arresero. La ripetizione, di comune accordo, non fu disputata. Negli anni venti iniziò al Toro la serie dei fratelli Martin, quattro come i Mosso. Martin II sarà il più forte e disputerà ben 359 gare di campionato con la maglia granata. Anche Bachmann giocava ancora, mentre il giovane e promettente Janni iniziava ad affacciarsi sulla grande ribalta. Il 7 aprile 1922 arrivò la brutta notizia delle dimissioni di Vittorio Pozzo, per motivi familiari e professionali. Nel 1924 vi fu una svolta nella storia del Torino: alla presidenza fu infatti eletto il Conte Marone Cinzano, che riuscirà a far vivere momenti di gloria alle casacche granata. Fin dall’estate 1925 Cinzano diede inizio alle sue operazioni di mercato che furono sempre mirate ad acquistare il meglio in circolazione per fare grande il Toro. Fu prelevato Julio Libonatti, che con Baloncieri e Rossetti diede vita al famoso “trio delle meraviglie”. Rossetti era la potenza, le sue fucilate imprevedibili per qualsiasi portiere. Arrivo al Torino dallo Spezia, all’inizio del campionato 1926-’27, il Conte Cinzano lo pagò 25.000 lire! Baloncieri e Libonatti, invece, erano due giocatori di grandissima classe, con il pallone facevano ciò che volevano, dribbling e finte erano il loro verbo: più funambolo Libonatti, più trascinatore Baloncieri.

Un grande Toro, nato grazie all’ambizione del Conte Cinzano, che voleva prevalere a tutti i costi sui cugini bianconeri ed arrivare al sospirato scudetto. Si arriva così alla stagione 1926-’27. Quella che fu, purtroppo per il sodalizio granata, la sfortunata annata dello scudetto revocato. Il giallo
si riferisce ad un derby, il secondo della stagione vinto dal Torino per 2-1 con gol decisivo di Balacics. Il Torino si aggiudicò anche la vittoria finale del campionato. Si era già nella stagione 1927-28 inoltrata quando il giornale “Lo sport” di Milano pubblicò la notizia di un broglio a favore del Torino nel derby. Notizia che fu ripresa dal “Tifone” di Roma ed ampliata da un giornalista che
abitava nella pensione di Allemandi, terzino della Juventus accusato di aver venduto la partita ai granata. Ci fu in effetti un tentativo di corruzione da parte di un dirigente granata (tale dottor Nani) ma Allemandi, intascata metà della cifra pattuita, cambiò idea e risultò essere uno dei migliori in campo nel derby. Le voci di brogli, ingigantite sul Tifone, fecero scattare l’inchiesta federale.

Il dottor Nani confessò e lo scudetto fu revocato al Torino Allemandi squalificato a vita. Il Torino aveva vinto lo scudetto con pieno merito ma la gioia fu breve, la rabbia per l’ingiustizia subita moltissima! Il titolo italiano nel 1927 non fu quindi assegnato, mentre Allemandi scontò
alla fine solo un anno di squalifica: grazie all’ottimo comportamento degli Azzurri alle Olimpiadi di Amsterdam fu amnistiato. Lo scudetto al Toro, però, non fu restituito... Quel titolo fu conquistato il 10 luglio 1927 battendo 5-0 il Bologna e revocato il 3 Novembre dello stesso anno. La formazione campione virtuale era: Bosia, Balacics, Martin II, Colombari, Janni, Sperone, Carrera, Baloncieri, Libonatti, Rossetti, Franzoni. Allenatore Schoffer. L’anno successivo giustizia fu fatta: il Torino si riconfermò Campione d’Italia, mettendo tutti a tacere. All’inizio della stagione 1927-28 il morale era molto basso, l’accusa di corruzione era un macigno duro da rimuovere infatti il girone di andata risultò disastroso. Ci pensò il vero trascinatore, Baloncieri, il gran capitano, a smuovere gli animi, a reagire: il Toro si trasformò, inizio a vincere senza smettere più sino al termine della stagione. La storia granata, cari amici, è così: per ottenere un successo bisogna sempre meritarne almeno due..., il Conte Marone, però, risultò molto scosso dall’accusa che aveva infangato la sua squadra del cuore perse entusiasmo e passione, si sentì ferito nell’orgoglio. Fu così che, malgrado il trionfo appena ottenuto, non se la sentì di continuare a fare il presidente del Torino e passò la mano a Giacomo Ferrari. Per il sodalizio granata fu una perdita del valore incommensurabile Nella stagione 1927-’28 il Torino si laureò Campione d’Italia il 22 luglio, pareggiando contro il Milan per 2-2. Questa la formazione vincitrice del primo scudetto: Bosia, Martin III, Martin II, Martin I, Colombari, Sperone, Vezzani, Baloncieri, Libonatti, Rossetti, Franzoni. Una squadra fortissima, una vera macchina da gol che, dopo aver vinto il titolo, si concedette una tournée-vacanza in Sud America, per festeggiare il tanto atteso tricolore, il primo della storia granata.


IL GRANDE TORINO

I Campioni d’Italia del 1928 nella stagione successiva sfiorarono nuovamente la conquista del titolo: fu fatale ai granata la sconfitta nello spareggio contro il Bologna, che prese così il posto del Torino nell’albo d’oro del campionato italiano. Con l’inizio degli anni Trenta molte cose andarono cambiando nel mondo del calcio: l’introduzione del girone unico, i giocatori divennero ormai dei veri professionisti, i vivai assunsero sempre più una grande importanza nell’ambito delle società. Quando Adolfo Baloncieri decise di lasciare il calcio (1932) il Torino, in suo onore, creò una sezione giovanile, chiamandola Balon boys: iniziò così l’avventura dei ragazzi del Filadelfia. La direzione del settore giovanile fu affidata a Carlo Rocca detto Carlin, che dedicò la sua vita ai giovani calciatori tra i Balon boys si distinsero personaggi del calibro di Raf Vallone, Federico Allasio, Giacinto Ellena, Cesare Gallea. I giovani del Torino erano i più forti e ben preparati d’Italia, diedero un enorme contributo alla prima squadra fungendo da vero e proprio serbatoio (una tradizione che, come sappiamo, nel tempo è rimasta). Nel primo campionato a girone unico i granata si piazzarono al quarto posto, in un torneo dominato dall’ambrosiana Inter da ricordare i 17 gol del cannoniere Rossetti. Dalla stagione successiva ebbe inizio la serie d’oro della Juventus, capace di vincere ben cinque titoli italiani dal 1930 al ‘35.
Il Torino invece attraversava un momento critico. Dopo l’abbandono della presidenza da parte del Conte Cinzano ci fu una vera e propria girandola di presidenti che caratterizzò il decennio
1928-38. Fu così che il Toro nei primi Trenta si limitò a vivacchiare in posizioni di centro classifica.. Dalla stagione 1935-36 iniziò una rinascita per i colori granata, con un prestigioso terzo posto in campionato alle spalle del Bologna (che spezzò l’egemonia bianconera) e della Roma un pessimo finale di campionato privò il Torino del titolo ma arrivò, consolazione non da poco, la Coppa Italia. Nella stessa stagione ci fu infatti l’esordio di questa manifestazione ed i granata furono i primi ad aggiudicarsi il trofeo il percorso per arrivare alla finale contro l’Alessandria fu travolgente: 2-0 alla Reggiana, 8-2 al Catania, 4-2 al Livorno e 2-0 alla Fiorentina. Finalissima contro i grigi a Genova: Torino Alessandria 5-1, doppiette di Galli e Silano, con l’aggiunta di un gol del bomber Buscaglia.
Nella stagione 1936-37 il Torino cambiò denominazione: da Football Club ad Associazione Calcio, per volere del Duce che esigeva la scomparsa di ogni parola straniera erano anni così. Il Torino in quel campionato terminò terzo, con il Bologna Campione d’Italia per il secondo anno consecutivo, mentre nel torneo 1937-38 i granata chiusero con un anonimo nono posto. Campione d’Italia fu l’Ambrosiana-Inter. Esaltante, invece, la stagione 1938-39, con il Torino al secondo posto, alle spalle di un Bologna fortissimo che superò i granata di 4 punti. In porta, nel Toro, militava Olivieri, detto il gatto magico, allenatore era Mario Sperone, con l’ungherese Egri Erbstein direttore tecnico. La linea mediana che il Torino schierava alla fine degli anni Trenta passò alla storia come la mediana delle sei elle in quanto i tre grandi campioni che la componevano rispondevano ai nomi di Allasio, Gallea ed Ellena. Tutti e tre provenivano dai Balon boys.
Gallea ed Ellena (quest’ultimo ha dedicato la propria vita ai colori granata, restando nei quadri della società ancora ultraottuagenario) giocarono con Grezar, Loik e Mazzola, nell’embrione cioè del grande Torino. Campionato 1939-40: granata al quinto posto, titolo all’ambrosiana Inter. Nel 1939 intanto il Torino passò a Ferruccio Novo e fu la svolta per la società granata: Novo non era un mecenate ma un amministratore attento pronto ad investire nel Torino. Chiamò accanto a sé personaggi di provata fede granata come Janni, Ellena e Sperone: da questo gruppo di ex torinisti nacque una squadra ancora oggi inimitabile. Il primo grande acquisto fu Franco Ossola dal Varese: prezzo 55.000, cifra rilevante per il mercato dell’epoca Ossola esordì nel 1940, in una squadra ancora legata agli anni Trenta. Nel campionato 1940-41 il Torino fu settimo, Bologna ancora Campione d’Italia mentre bomber granata si laureò subito Ossola con 15 reti.

Nell’estate ’41 il presidente ingaggiò Menti dalla Fiorentina, Ferraris dall’Inter e tre giocatori dalla Juventus: Bodoira, Borel e Guglielmo Gabetto, detto il barone. Nella stagione 1941-42 il Torino si piazzò al secondo posto, a tre lunghezze dalla Roma: i granata vantarono il miglior attacco del torneo (60 reti). Novo per il campionato 1942-43 ingaggiò Loik e Mazzola dal Venezia, Grezar dalla Triestina e affidò la direzione tecnica della prima squadra a Janni che sostituì Kutik: il presidente era molto attivo, voleva a tutti i costi uno squadrone! Il Torino vinse il primo dei suoi cinque scudetti consecutivi e, nella stagione 1942-43, si aggiudicò anche la seconda Coppa Italia. Partirono male, i granata, con due sconfitte consecutive contro l’Ambrosiana ed il Livorno ma alla terza giornata vinsero 5-2 il derby con la Juventus: il torneo fu un lungo testa a testa tra Torino e Livorno, risolto solo all’ultima giornata, con la vittoria di Bari firmata da Valentino Mazzola. Torino 44 punti, Livorno 43, nuovamente Campioni d’Italia dopo 15 anni! Un mese dopo aver vinto lo scudetto i granata concessero il bis e si assicurarono la Coppa Italia: Anconitana, Atalanta, Milan, Roma e Venezia (i lagunari sconfitti 4-0 nella finale a Milano) le vittime del rullo compressore granata. La squadra non era ancora quella macchina invincibile degli anni successivi ma centrocampo ed attacco non subiranno rinnovamenti, erano già fortissimi. A causa della guerra il campionato, nel 1944, venne diviso in due gironi: i bombardamenti rendevano difficile lo spostamento delle squadre lungo lo stivale. Tutto era chiaramente a carattere ufficioso, il titolo non sarebbe stato riconosciuto il Torino assunse il nome Torino-Fiat e schierò anche Silvio Piola al fianco di Mazzola e Gabetto. Lo scudetto di guerra lo vinsero, a sorpresa, i Vigili del fuoco di La Spezia, in finale contro il Torino, sconfitto 2-1.
L’inattesa battuta d’arresto era dovuta al fatto che molti granata dovettero sostenere un lungo viaggio in condizioni disagiate a causa di una amichevole giocata a Trieste dalla nazionale di Vittorio Pozzo. La ripresa dell’attività nella stagione 1945-46, con il Toro favoritissimo! Ad inizio campionato il Torino si presentava con Bacigalupo in porta, Ballarin e Maroso terzini, Rigamonti centromediano i quattro di centrocampo erano Grezar, Loik, Castigliano e Mazzola, con Ossola, Gabetto e Ferraris in attacco. Una squadra magnifica, spettacolare: in un torneo ancora diviso in due (Alta Italia e Centro-Sud) i granata dominarono in lungo ed in largo. L’inizio non fu confortante (1-2 contro la Juve!) ma il Toro vinse il girone dell’Alta Italia con 42 punti contro i 39 dell’Internazionale.
Nel girone finale ad otto squadre i granata ottennero ben 11 vittorie e tre sole sconfitte, vincendo il titolo con un solo punto di vantaggio sulla Juventus in un finale trilling! Era l’inizio di una serie di trionfi!
Il calcio, a guerra conclusa era, con il ciclismo, la più grande passione degli italiani. Il 5 maggio 1946 comparvero nella vita degli sportivi i primi segni 1X2 della schedina!
A partire dalla stagione 1946-47 venne ripristinato il campionato a girone unico, le ferite della guerra andavano lentamente rimarginandosi: era un campionato lunghissimo quello che stava nascendo, con 20 squadre e 38 gare. Unico acquisto di rilievo del Torino fu quello di Danilo Martelli, mediano del Brescia. Molte squadre cercarono rinforzi per contrastare i granata, specialmente oltre frontiera: servirono a poco! Ci fu una partenza a razzo del Bologna, che si presentò al Filadelfia all’ottava giornata con 13 punti conquistati sui 14 a disposizione e zero gol subiti in 7 gare!
Bene, finì 4-0 per il Toro, con il portiere felsineo Vanz a dir poco stordito! Da quella gara in poi fu l’ennesima marcia trionfale, con goleade a ripetizione e spettacolo assicurato ad ogni partita. Le cifre a fine torneo sono a dir poco impressionanti: 104 gol fatti, 35 subiti, Valentino Mazzola re dei cannonieri con 29 centri. La Juve, terminò al secondo posto con 10 punti di distacco! Il Torino di Ferrero ed Erbstein fu promosso in maglia azzurra da Vittorio Pozzo ed il record assoluto fu toccato in occasione di Italia-Ungheria, giocatasi a Torino l’undici magio 1947: 10 giocatori granata con la maglia dell’Italia, solo Sentimenti IV in porta non era del Filadelfia.
L’Italia vinse quella partita per 3-2, con due gol di Gabetto ed uno di Loik. Nella stagione 1947-48 il Torino si apprestava a difendere il titolo con una rosa quasi identica mentre la Juve, con Gianni Agnelli nuovo presidente, non badava a spese per rinforzarsi. Unico acquisto di rilievo fu Sauro Tomà, terzino. Molti cambiamenti si registrarono invece al vertice. Ferrero lasciò la guida tecnica, al suo posto Mario Sperone, con Copernico direttore tecnico. Il campionato era un girone unico con 21 squadre, per un totale di 40 partite!
Dopo un girone di andata un po’ stentato, il ciclone granata si scatenò nel ritorno. Due gare sono da ricordare di quel 1948: la batosta storica rifilata agli Ital-Toro degli allora maestri inglesi (4-0 al Comunale) ed una rimonta altrettanto storica rifilata nella fossa del Filadelfia. Il 30 maggio 1948, infatti, la Lazio dopo soli 20 minuti di gioco si trovava incredibilmente in vantaggio per 3-0 Mazzola come vuole la leggenda, si rimboccò le maniche e la gara terminò 4-3 per il Torino, reti di Castigliano (2), Gabetto e Mazzola stesso. Il Torino si laureò Campione d’Italia con 5 giornate di anticipo, circa un mese e mezzo prima della scadenza del torneo!
Fu, probabilmente, il miglior Toro di tutti i tempi, la stagione 1947-48 vide giocare una delle più forti squadre di sempre. La classifica dei bomber fu vinta da Boniperti con 27 reti, Mazzola ne segnò 25 e Gabetto 23. Ecco i primati stabiliti dai granata nella stagione1947-48: massimo punteggio in classifica, 65 punti in 40 gare; massimo vantaggio sulle seconde classificate, 16 punti a Milan, Juve e Triestina; vittoria in casa più netta, 10-0 all’Alessandria; vittorie complessive, ben 29 su 40; maggior sequenza di gare utili 21 partite senza mai perdere, dalla ventesima alla quarantunesima, con 17 vittorie e 4 pareggi; maggior numero di punti in casa, 39 su 40; maggior numero di reti segnate, ben 125; minor numero di reti subite, solo 33. Gli squadroni come il Milan, Juve e Inter avevano come obiettivo l’indebolimento della squadra granata , cercando di portare via dal Filadelfia qualche pezzo pregiato, come Mazzola, il capitano. Il quale era attratto dalla lusinga che la società milanesi gli offrivano, l’Inter in particolare: ad inizio stagione il capitano stette fuori squadra per diverbi con Novo ma già alla seconda partita tutto si era appianato, il trascinatore del Toro era di nuovo in campo con il suo 10 sulla schiena.
Nuovo allenatore per il campionato 1948-49 era l’inglese Lievesley. Dopo gare alterne ed un derby vinto solita maniera (3-1), il Torino si trovò al termine del girone d’andata in testa alla classifica alla pari con il Genoa. Intanto al Filadelfia erano arrivati i giovani Operto, Grava e la mezz’ala ungherese Schubert, tutti molto promettenti primavera i granata erano, come tutti gli anni, al massimo della forma e travolgevano ogni ostacolo, volando in vetta alla classifica. Dopo la gara con l’Inter, decisivo il pareggio per la conquista dell’ennesimo scudetto, il Torino si fermò a Milano: infatti i granata erano attesi martedì 3 maggio da una gara amichevole a Lisbona contro il Benfica. I rapporti e le esperienze internazionali erano importanti per un club all’avanguardia come il Torino di Novo e poi la partita era stata concordata dai capitani delle due squadre, Mazzola e Ferreira, che si erano conosciuti in occasione della gara tra Italia e Portogallo giocata a Genova. Ferreira disse a Mazzola che a fine stagione avrebbe lasciato il calcio e avrebbe voluto coronare la sua carriera con un amichevole contro la grande squadra granata. Capitan Valentino si fece subito avanti e l’accordo fu presto fatto, anche perché la trasferta di Lisbona serviva a rimpinguare il bilancio societario, non proprio florido.
L’incontro fu fissato per martedì 3 maggio 1949 ed il Torino ottenne dalla Federazione il permesso di anticipare al 30 aprile la sfida con l’Inter. La gara contro il Benfica fu davvero un’amichevole, tanti gol e Toro sconfitto 4-3: grandi feste per il capitan Ferreira e applausi per tutti. Il giorno seguente, il 4 Maggio, il Torino salì sul trimotore I-Elce per fare ritorno a casa. Il tempo era pessimo, nuvole basse, pioggia: alle 17 l’ultimo contatto tra l’aereo e l’aeroporto di Torino, poi il buio. La Basilica di Superga apparve davanti al pilota all’improvviso: una fiammata, lo schianto tremendo, la morte improvvisa. Tra le 17,01 e le 17,04 del 4 maggio 1949 morì il grande Torino ed iniziò la sua leggenda.
La rotta seguita dall’aereo era quella esatta, volava però troppo basso: sarebbero bastati pochi metri in più d’altezza oppure un piccolo scarto laterale per evitare l’impatto, ma il destino aveva deciso. La notizia della tragedia in un attimo fece il giro del mondo, in tutti lo sgomento fu enorme il compito più ingrato toccò a Vittorio Pozzo, che dovette procedere al riconoscimento dei suoi ragazzi. I morti furono 31, perirono anche i giornalisti Renato Casalbore (Tuttosport), Luigi Cavallero (La Stampa) e Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo). Torino, quella Torino del dopoguerra, aveva bisogno dei granata, dello spettacolo, della gioia che sapevano offrire quei ragazzi: ora non c’erano più, era tutto finito.
Dopo il riconoscimento le salme furono portate a Palazzo Madama, per il saluto della folla: una vera processo rese omaggio alle bare allineate. Una folla immensa partecipò ai funerali il 6 maggio 1949, mezzo milione di persone, forse più: tutta Torino era lungo il percorso del funerale le case erano deserte.
Tutto il mondo dello sport era presente alle esequie, tutte le squadre italiane e molte straniere fra le tante corone di fiori ne spiccava una di rose rosse con questa scritta: Josè Ferreira, ai suoi più grandi amici. In coda al corteo funebre sfilò, mestamente vuoto, il mitico Conte Rosso, il pullman usato per le trasferte dei campioni. Per varie ragioni tre componenti di quella magica squadra non salirono sull’aereo per Lisbona: Giuliano, Gandolfi e il più famoso Sauro Tomà, fermato dal medico per un infortunio al ginocchio. Anche Ferruccio Novo, bloccato dalla broncopolmonite, si salvò, così come il grande Nicolò Carosio che rimase a casa per la cresima del figlio. La stagione 1948-49 fu portata a termine dai giovani del Torino, che disputarono le ultime gare contro le corrispettive formazioni giovanili. Il Torino vinse tutte le rimanenti partite, chiudendo il campionato 1948-49 con 60 punti, cinque di vantaggio sull’Inter seconda: mai trionfo più fu amaro. Il 26 maggio 1949 si assistette allo stadio Comunale ad una gara che rimarrà nella storia. Pochi giorni dopo la sciagura di Superga il presidente del River Plate, Antonio Alberto, telefonò a Ferruccio Novo, mettendosi a disposizione per una gara amichevole con incasso a favore dei familiari degli scomparsi.
Contro il grande River Plate si schierò il Torino Simbolo, un gruppo di undici fuoriclasse in maglia granata: giocarono infatti per il Toro Sentimenti IV, Manente, Furiassi, Annovazzi, Giovannini, Achilli, Nyers, Boniperti, Nordhal, Hansen, Ferrari II, Lorenzi, tutti veri e propri campioni. Stella degli argentini era un certo Di Stefano in un Comunale al limite della capienza la partita-spettacolo terminò 2-2. Aveva così inizio il dopo-Superga, con Novo ancora presidente, sotto choc per la scomparsa dei suoi ragazzi ma con la ferma intenzione di ricostruire il Torino. Sulla base di un grande settore giovanile iniziarono i preparativi per presentare ai nastri di partenza della stagione 1949-50 un Torino dignitoso. Solo un grandissimo presidente come Novo poteva riuscirci!


DAL 1950 AGLI ANNI 60

Il CONI concesse a Novo un prestito di 200 milioni, 50 gli furono versati dalla Federazione, il Torino simbolo ne raccolse 16. Il Toro ripartiva, dunque, con Ferruccio Novo al timone. Ad inizio della stagione 1949-’50 regnava la confusione, la fretta era cattiva consigliera: ottimo acquisto fu comunque Beniamino Santos, mezz’ala argentina. Arrivarono al Filadelfia anche Hjalmarsson e Bengtsson oltre a Carapellese ed al portiere Bepi Moro. Unico superstite di Superga in prima squadra Sauro Tomà il Torino era una buona formazione, in grado di non sfigurare contro nessuno. Granata dopo molti anni sconfitti nel derby (1-3), la squadra era ottima in attacco e debole nel reparto difensivo. Chiuse al 6° posto assoluto la prima stagione del dopo-tragedia, con un grande Santos autore di 27 reti. Scudetto alla Juve e granata molto soddisfatti per l’ottima ripartenza. Dopo la reazione emotiva che diede grandi risultati nel 1949-’50, la stagione seguente vi fu il classico calo di tensione la stagione 1950’-51 fu una vera sofferenza anche perché la squadra fu quasi interamente rivoluzionata.
I granata si salvarono alla penultima giornata, chiudendo al quartultimo posto in classifica, senza grosse prospettive per le annate future. Malgrado Novo tenesse duro, stava per iniziare il periodo buio per la società granata nel campionato 1951-’52, con nuovamente Mario Sperone al comando, il Torino soffrì ancora le pene dell’inferno, malgrado potesse contare su Amalfi in attacco. La salvezza sospirata giunse solo all’ultima giornata, con uno 0-0 interno contro l’Udinese. I soldi in cassa erano sempre pochi, Novo doveva affidarsi al suo fiuto ed ai giovani. All’inizio del ’52 vestì la casacca granata quello che si rivelerà un acquisto fondamentale per parecchi anni: Horst Buhtz. I tifosi del Toro seguivano sempre la squadra con enorme passione proprio di quegli anni è la fondazione del club Fedelissimi Granata, primo in Italia per data di nascita. Una fede davvero incrollabile!
Con Jesse Carver come allenatore si ripartiva per il campionato 1952-’53, con Buhtz vero leader fu un torneo senza infamia e senza lode, chiuso al decimo posto, con 31 punti in 34 gare. Ussello allenatore e Jesse Carver direttore tecnico per il campionato datato 1953-’54: salvezza raggiunta con cinque turni d’anticipo, cosa non da poco. Il Torino chiuse al 9° posto, con 33 punti e Buhtz vero mattatore con 11 reti e tanto lavoro svolto.
L’abbandono di Novo segnò l’inizio di un periodo negativo. Dopo un biennio guidato da un Comitato di Reggenza, alla guida del club arrivò Teresio Guglielmone. La nona piazza era ormai abitudine: così fu anche nel torneo 1955-’56, con 33 punti, dopo un ottimo avvio ed il 3° posto alla fine del girone d’andata. Nel 1956 Guglielmone lasciò la presidenza ad un comitato esecutivo, al quale subentrerà in seguito Mario Rubatto: il caos era sovrano, ma la squadra si farà rispettare. Buhtz lasciò il Toro ma arrivano Armano, Ricagni, Arce, Tacchi e Jeppson: un attacco da sogno! Il Torino chiuse una splendida stagione al 5° posto davanti alla Juve di due punti: 35 contro 33, tifosi in delirio. Il presidente Rubatto portò la squadra a giocare al Comunale e concluse un primordiale contratto di sponsorizzazione con la Talmone: nacque così il Torino Talmone.
In porta arrivò Lido Vieri ma non bastò ad evitare la retrocessione, amarissima. Il Talmone Torino chiuse all’ultimo posto, con 23 punti, un vero disastro: la prima grande umiliazione della gloriosa storia granata. Era d’obbligo risalire subito e così fu il presidente Morando che portò un po’ d’ordine in società, la T dal petto fu eliminata, il Torino tornò Toro e basta.
Per i granata fu una grossa occasione mancata non aver potuto e saputo sfruttare appieno le grandi doti di due britannici, Baker e Law. Il Toro finì settimo, si poteva fare molto di più: la cosa più positiva fu un derby vinto 1-0, gol di Baker. Law segnò 10 reti e, a testimonianza della sua classe immensa, nel 1964 vinse il pallone d’oro quale miglior giocatore d’Europa! Nella stagione successiva, partiti i due anglosassoni, si ritornò ad una tranquilla mediocrità, malgrado gli acquisti di Poletti e Gerry Hitchens quest’ultimo fu un vero affare per il Toro. Sulla panchina continuava a sedersi Jo Santos. Chico Locatelli segnava a raffica ed il Torino partì bene, per poi sedersi: terminò ottavo, Hitchens cannoniere con 11 reti. In Coppa Italia granata in finale dopo un cammino trionfale vittorie contro Triestina, Bologna, Sampdoria, Verona e ultimo ostacolo rappresentato dall’Atalanta.
Il sogno svanì nella finalissima di San Siro: Atalanta-Torino 3-1, tre gol di Domenghini e addio ai sogni di gloria. Intanto, nel febbraio 1963, Orfeo Pianelli divenne presidente del Torino e diede stabilità al sodalizio granata: ce n’era davvero bisogno! Primo colpo di Pianelli fu Nereo Rocco sulla panchina del Toro, un ottimo modo di presentarsi! Giunsero a Torino anche Puia, Albriìgi e Moschino.
Con ancora Rocco in panchina fece un ulteriore sforzo ed acquistò il grande Gigi Meroni. Con un Rosato sempre più in evidenza, il Torino era davvero una buona squadra e lo dimostrò: i granata ottennero il miglior risultato del dopo-Superga, un ottimo terzo posto dietro ad Inter e Milan, con 44 punti, ben tre lunghezze in più della Juve. Anche in Coppa delle Coppe i ragazzi di Rocco si fecero valere e giunsero sino allo spareggio di semifinale contro il Monaco 1860, dove vennero sconfitti. Grandi aspettative e puntuale doccia fredda l’anno dopo: una campagna acquisti sbagliata fece sì che il Toro non riuscisse ad andare oltre un grigio decimo posto. Anche nelle Coppe la stagione 1965-’66 fu da dimenticare, due eliminazioni al primo turno. Rocco visse tra le contestazioni il suo ultimo anno al Toro, accusato di troppo difensivismo. I tifosi volevano più spettacolo.
Non migliorò molto la classifica finale, settimo posto, ma in Coppa Italia fu nuovamente finale e, purtroppo, nuovamente sconfitta. Dopo aver eliminato Lecco, Varese, Genoa ai rigori ed Inter in semifinale era derby: il Toro vinse 2-0 sulla Juve, reti di Hitchens e Peirò ed approdò alla finale, contro la Roma. All’olimpico fu 0-0 e, nella ripetizione al Comunale, i giallorossi si imposero per 1-0, gol di Nicolè. Seconda occasione buttata in due anni.
Arrivò l’ennesimo settimo posto, con il solo Gigi Meroni sempre sugli scudi. Edmondo Fabbri venne chiamato da Pianelli sulla panchina granata al posto di Rocco, nell’estate 1967. Il vero protagonista delle vicende del Toro era però sempre lui, Gigi Meroni, così estroverso, così pieno di classe: uno degli ultimi artisti del pallone. Meroni rendeva felice chi lo guardava giocare ma, purtroppo, il destino era in agguato anche per lui, come per i ragazzi del grande Torino. Una domenica d’ottobre, dopo la gara giocata e vinta contro la Sampdoria al Comunale, Gigino fu investito da un’auto in Corso Re Umberto, a Torino. Un’altra botta terribile per il Toro, un destino avverso che sembrava non aver fine.
La gente era sgomenta. Il successivo derby fu vinto 4-0, con rabbia e disperazione il Torino travolse la Juventus in una gara ricca d’emozioni da entrambe le parti. Il campionato fu ancora mediocre, settimo posto finale ma giunse la vittoria in Coppa Italia. Terzo trionfo in questa manifestazione per la società granata che, dopo aver eliminato la Sampdoria, il Napoli ed il Catanzaro nelle gare ad eliminazione diretta, si aggiudicò il girone finale. Milan, Inter e Bologna le vittime del Toro, che colse così un importante trionfo, il primo dell’era-Pianelli.
Nella successiva stagione arrivarono Rampanti e Mondonico e fece capolino Paolo Pulici: era la prima pietra della squadra dello scudetto! Pulici segnerà il suo primo gol in serie A il 6 aprile 1969 a Milano contro l’Inter. Intanto un grande combattente si stava rivelando Aldo Agroppi da Piombino, vero cuore granata ed indomito specialmente negli infuocati derby di quei tempi. Il torneo 1968-’69 si chiuse con il Toro al sesto posto, senza squilli nelle coppe. Fabbri se ne andò per tornare a Bologna e sulla panchina del Torino si sedette Cadè. Altra partenza grave fu quella di Lido Vieri, all’Inter. In compenso arrivò Claudio Sala tassello importante e fondamentale per il futuro. Nel torneo dominato dal Cagliari di Gigi Riva, i granata chiusero con il settimo posto, piazzamento ormai amico delle maglie del Toro. Sesti, settimi, ottavi: sempre lì, sempre a metà classifica, mai un brivido che profumasse di scudetto. Bisognava aspettare ancora qualche anno... Nell’estate del 1970 ecco arrivare a Torino il giaguaro Castellini e Gianni Bui, centravanti di gran classe: malgrado questi arrivi il Toro disputò un campionato in sordina. Fu un ottavo posto, ma ad un solo punto dal Foggia retrocesso! Dopo una bella vittoria nel derby con gol di Pulici il Torino si afflosciò e rischiò grosso. A fine stagione, però, arrivò un’enorme gioia per i tifosi del Toro: il quarto trionfo in Coppa Italia. Dopo che Cancian aveva sostituito Cadè sulla panchina, il Torino riuscì nell’impresa di battere il Milan ai rigori nella finalissima di Genova. L’eroe fu Castellini, che parò due rigori a Rivera e regalò la coppa al Toro. Grandissimo anche Maddè, autore di 5 centri consecutivi. Al termine di un campionato disastroso, la gemma della Coppa Italia regalò un sorriso a Pianelli, che era pronto a ricominciare verso nuovi successi.


LO SCUDETTO DEL ‘76

Ecco Gustavo Giagnoni sedere sulla panchina granata e fu subito, 1971-’72, un campionato eccezionale! La carica venne trasmessa alla squadra che arrivò ad un punto dallo scudetto! Alcune decisioni arbitrali contrarie, come a Genova in occasione di Sampdoria-Torino (gol negato ad Agroppi), non permisero ai granata di coronare il sogno ma fu comunque una stagione grandiosa. La gente si strinse attorno a quella squadra, dove Pulici, Sala, Mozzini e Castellini facevano le prove scudetto. Il campionato seguente fu inaspettatamente anonimo, dopo tante speranze il Torino si sedette un po’ e chiuse al sesto posto, con Pulici che si aggiudicò la sua prima classifica cannonieri con 17 reti. Perle non da poco furono i due derby, vinti entrambi: Giagnoni nelle stracittadine non perdonava! Nel 1973 arrivò al Toro Ciccio Graziani che esordì in serie A il 18 novembre, in occasione di Sampdoria-Torino. Giagnoni lasciò il Torino e approdò al Milan: a torneo in corso, infatti, sulla panchina del Toro tornò a sedersi Mondino Fabbri, che guiderà i granata anche nel 1974-75. Toro quinto e primi 6 gol in serie A di Graziani. Nel 1974 furono acquistati Santin e Zaccarelli Fabbri disponeva di un’ottima squadra, la faceva però giocare con troppa prudenza.
E siamo al magico anno-scudetto! Radice in panchina e Caporale, Pecci e Patrizio Sala gli ultimi ritocchi per un Toro tutta grinta e gran gioco, vero calcio moderno. A primavera il sorpasso sui cugini della Juve, che persero tre partite di fila e così dilapidarono un vantaggio di 5 punti sul Toro.
I gemelli del gol Graziani e Pulci imperversavano, andando a segno tutte le domeniche, grazie anche ai proverbiali assist del poeta Claudio Sala. Il Toro conquisterà il titolo con il pareggio interno contro il Cesena, l’unico punto perso al Comunale in tutta la stagione, un record. Settantamila tifosi salutarono il ritorno del Toro sulla vetta del campionato, la città era in delirio, una festa per il popolo torinista. La squadra di Gigi Radice chiuse con 45 punti, due in più della Juventus. Pulici si laureò capocannoniere con 21 reti, seguito da Graziani con 15 gol.
Rileggiamo ancora la formazione campione d’Italia 27 anni dopo Superga: Castellini, Santin, Salvadori, Patrizio Sala, Mozzini, Caporale, Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici. Ancora una volta però il destino era in agguato: l’8 novembre morì Giorgio Ferrini, il Capitano per eccellenza, l’uomo che più di ogni altro aveva saputo impersonificare in tutta la storia del Toro il grande spirito granata.
Intanto con l’acquisto di Danova i granata erano pronti per la Coppa dei Campioni e per difendere il titolo la stagione 1976-’77 fu una delle più belle e sfortunate per il Toro, di tutta una storia. Un Campionato eccezionale, con 50 punti fatti, non bastò però a riconfermarsi campione: la Juve ne fece 51, incredibile. Toro secondo, con Graziani capace di segnare 21 gol e Pulici autore di 16 realizzazioni. In Coppa dei Campioni il Torino superò brillantemente il primo turno contro gli svedesi del Malmoe poi si fermò contro lo squadrone tedesco del Borussia Moenchegladbach dopo aver perso 1-2 al Comunale, in Germania fu 0-0, in 8 contro 11 e Graziani in porta. Nel 1977-’78 il Toro disputò un buon campionato ma non diede mai l’impressione di poter vincere il titolo. Fu un secondo posto a pari merito con il Vicenza di Paolo Rossi, 5 punti dietro la Juve.
I gol venivano a fatica, anche i gemelli iniziavano ad appannarsi un po’ e nel torneo seguente vi fu un ulteriore passo indietro, con il Toro che chiuse al quinto posto, con pochi squilli. Molti giocatori dello scudetto non vestivano più il granata: Castellini, Mozzini, Santin non c’erano più, la difesa era stata rivoluzionata ma era l’attacco a stentare terribilmente. Con Rabitti al posto di Radice il Torino chiuse la stagione 1979-’80 al quarto posto e con l’amaro in bocca per la finale di Coppa Italia persa a Roma contro i giallorossi ai rigori. I granata erano in netto vantaggio nei tiri dal dischetto ma non bastò: vinse la Roma 3-2. Pianelli, intanto, viveva grosse difficoltà economiche e il suo impegno per la causa granata andava via via affievolendosi: voleva lasciare, era stanco e sfiduciato. Nel torneo 1980-’81 ritornavano in Italia gli stranieri ed il Toro acquistò Van de Korput. Rabitti prima e Cazzaniga poi guidarono un Toro modesto. Ancora in finale di Coppa Italia, ancora contro la Roma e ancora sconfitti: questa volta si giocò anche il ritorno a Torino ma, dopo un duplice 1-1, furono i rigori ad essere fatali ai granata. Torino tutto giovani nel 1981-’82, con Giacomini mister, Pulici e Zaccarelli a guidare il gruppo. Graziani e Pecci erano andati a Firenze, del Toro-scudetto erano rimasti Paolino e Zac. Campionato gagliardo dei granatini ed obiettivo salvezza raggiunto con largo anticipo non poteva mancare la chicca della finale di Coppa Italia, persa, e così fu anche in questa stagione, la terza consecutiva.
Contro l’Inter non ci fu nulla da fare, sconfitta 1-0 a San Siro e pareggio 1-1 al Comunale. Il cambio di timone al vertice fu cosa fatta nella primavera del 1982: via Orfeo Pianelli, con le lacrime agli occhi, e Sergio Rossi nuovo presidente, con tanta voglia di fare e di vincere. Squadra tutta nuova (anche Pulici lasciò il Toro) con i tifosi entusiasti del nuovo presidente. Gli arrivi di Selvaggi, Hernandez, Galbiati, Borghi, con Bersellini in panchina facevano ben sperare ma fu un torneo mediocre quello datato 1982-’83.
Unico grande acuto il derby di ritorno che passò alla storia: i granata, sotto di due reti, riuscirono a capovolgere il risultato in 3 soli minuti, andando a segno con Dossena, Bonesso e Torrisi: incredibile! Torino-Juventus 3-2 e Maratona in stato di puro delirio! Il torneo fu chiuso all’ottavo posto, fuori dalle coppe, una vera delusione.
Grandi speranze fece nascere l’acquisto di Schachner da parte di Sergio Rossi. Pareva il bomber che mancava al Toro per il salto di qualità dopo un ottimo avvio di campionato i granata di Bersellini si sedettero nuovamente e non bastò un grande Dossena a riportare le maglie granata nelle coppe europee e il Toro terminò al quinto posto.
Ancora Sergio Rossi protagonista e grosso colpo sul mercato: Junior arrivò al Filadelfia nell’estate 1984, partì Hernandez e sulla panchina vi fu un grande ritorno, quello di Gigi Radice. Con Serena e Schachner in attacco ed un centrocampo con Junior, Zaccarelli e Dossena nessun sogno era proibito: il Torino disputò un torneo di grande livello e giunse secondo dietro al Verona. Ancora un grande derby, un derby granata: Serena al 90° piegò la Juve e fece impazzire la gente del Toro. Il ritorno di Radice a Torino era stato molto positivo, la squadra aveva ritrovato la grinta antica ed un gioco spettacolare. Serena, dopo un trasferimento contestato, passò alla Juve. Nel torneo 1985-’86 i granata chiusero al quinto posto. Nelle coppe, dopo aver superato il Panathinaikos, l’Hajduk Spalato impose lo stop ai granata. Annata piuttosto deludente. Wim Kieft fu ingaggiato per la stagione 1986-’87 ma, dopo una partenza a suon di gol, il centravanti olandese si infortunò gravemente in una trasferta di Coppa UEFA in Ungheria, saltando quasi tutto il campionato. Torneo sofferto per i granata che però, in Coppa, giunsero fino ai quarti di finale eliminati dal .Tirol Innsbruck. Rossi lasciò la società al duo Gerbi-Definis. Se ne andarono anche Dossena, Zaccarelli e Junior. Il centrocampo si era impoverito di molto ma in attacco giunse Tony Polster, autore di un’ottima stagione. Era il Torino di Cravero, Ezio Rossi, Crippa, Comi, Sabato: una buona squadra, che terminò sesta in campionato, alla pari con la Juventus. Nello spareggio per andare in UEFA il Torino fu sconfitto ai rigori dai cugini, dopo un deludente 0-0.
Anche in Coppa Italia andò male: finalissima contro la Sampdoria e sconfitta: dopo avere perso 2-0 a Marassi ed aver saputo ribaltare il risultato a Torino, un gol di Salsano nei supplementari condannò il Toro. Nella stagione 1988-’89 gli acquisti di Muller, Edu e Skoro avevano fatto pensare ad un grande Toro: mai ci si sbaglio in maniera più netta! Radice fu contestato fin dall’inizio, al suo posto subentrò a dicembre Claudio Sala ma la squadra non reagì, gli stranieri non giravano e si scivolava sempre più in basso in classifica. Sala fu a sua volta avvicendata da Vatta nelle ultime cinque giornate ma non ci fu nulla da fare: Toro in B 30 anni dopo. Nel marzo 1989 avvenne però una svolta: Borsano comprò il Torino ed allestì subito uno squadrone per riportare il sodalizio in alto, tra i grandi della serie A.

DAGLI ANNI ’90 AI GIORNI NOSTRI


Oltre 18.000 abbonamenti in serie B, un record: il popolo granata aveva ritrovato l’entusiasmo. Con Fascetti in panchina il Toro dominò la serie B, in testa dalla prima all’ultima giornata: giocavano in granata Marchegiani, Policano, Romano, Muller, Cravero, uno squadrone che poteva benissimo figurare bene in serie A. Nel maggio 1990, con la vittoria per 3-0 sul Messina, il Torino di Borsano saluto il vecchio Comunale: dalla stagione successiva si sarebbe giocato al Delle Alpi. Mondonico, Martin Vazquez, Fusi: questi nomi del Toro 1990-’91, che si riaffacciava alla massima serie di carico di grinta e con un entusiasmo alle stelle. Mondonico entrò come pochi altri tecnici nel cuore dei tifosi. Il Toro, che seppe fare 3 punti su 4 nei derby e concludere la stagione al 5° posto, in piena zona-UEFA, era una formazione solida e spettacolare. Tifosi in esultanza, tifosi che sottoscrissero oltre 26.000 abbonamenti per il campionato 1991-’92. Casagrande e Scifo si aggiunsero alla rosa e si formò così l’attacco delle cinque stelle: Lentini, Scifo, Casagrande, Martin Vazquez e Bresciani. Borsano però stava iniziando a vivere le sue vicissitudini a livello giudiziario e la società granata andava così incontro ad uno dei periodi più bui della sua storia.
In campo sportivo però tutto procedeva a gonfie vele, sia in campionato che in Europa.
La squadra girava, in Coppa UEFA dopo aver eliminato il Reykiavik, il Boavista ed l’Aek di Atene il Torino era giunto ai quarti di finale. In marzo, dopo aver superato il Bk Copenaghen, nelle semifinali era in programma la grande sfida contro il Real Madrid. Delle Alpi ribollente di passione per una sfida di ritorno incandescente, dopo la sconfitta per 2-1 a Madrid: l’atmosfera era davvero magica ed un grande Toro si impose 2-0, volando in finale contro l’Aiax. Dopo un sofferto 2-2 a Torino ad Amsterdam successe di tutto: il Toro prese ben 3 pali, uno dei quali al novantesimo, ma la coppa fu vinta dagli olandesi. Il sogno svanì, tra molte lacrime. In campionato il Toro fu ottimo terzo, ma la delusione per la sconfitta in coppa superò ogni altro sentimento. L’estate del 1992 fu un’estate calda, a Torino: Borsano cedette mezza squadra, da Policano a Cravero a Benedetti per chiudere con l’affare Lentini, che scatenò la rabbia dei tifosi.
Una squadra indebolita si apprestava a vivere la stagione 1992-’93. .Malgrado il caos, Mondonico e Moggi seppero isolare la squadra che condusse così un campionato dignitoso e, dulcis in fundo, riuscì nell’impresa di conquistare la sua quinta Coppa Italia. Ma che sofferenza! Dopo aver eliminato la Juve in semifinale, il Toro affrontò la Roma: dopo una superba gara a Torino vinta per 3-0 il ritorno nella capitale doveva essere poco più di una formalità. Ma quando mai il Toro avrebbe potuto stare un po’ tranquillo? Grazie ad un arbitraggio a dir poco discutibile, la Roma usufruì di 3 rigori ma non bastarono: finì 5-2, una partita da infarto, ma la coppa era granata! Ecco la formazione del Torino di quella incredibile notte: Marchegiani, Bruno, Mussi, Fortunato, Cois, Fusi, Sordo, Venturin, Aguilera, Scifo, Silenzi, con Emiliano Mondonico in panchina. In campionato il Toro fu nono, senza infamia e senza lode. Gian Mauro Borsano, nel frattempo cedette la presidenza al notaio Governi. In primavera l’addio di Moggi, primo segno di un cedimento inesorabile. Il Mondo restò al Toro anche 1993-’94, quando la squadra viveva sull’inventiva di Carbone e sulla vena realizzativa di Silenzi, autore a fine campionato di ben 17 reti. In Coppa delle Coppe, dopo aver eliminato il Lillestroem e l’Aberdeen, i granata si arresero nei quarti di finale all’Arsenal. In Coppa Italia, invece, in semifinale il Toro perse contro l’Ancona.
Ma era in società che gli avvenimenti stavano precipitando. Nella primavera 1994 Gian Marco Calleri rilevò il pacchetto di maggioranza del Torino e salvò la società: Calleri intraprese una politica di rigore assoluto per riuscire a ripianare un bilancio disastroso.
Il nuovo presidente trovava buchi ovunque, una situazione da far rabbrividire. Nell’estate del 1994 fu interrotto il rapporto con Mondonico, e sulla panchina granata sedette Rosario Rampanti. Per poco, però: infatti Rampanti fu presto rilevato da Nedo Sonetti, più esperto. Un Torino
totalmente rivoluzionato disputò un ottimo campionato: partito infatti con l’obiettivo primario di non retrocedere, i granata si trovarono addirittura nelle condizioni di lottare per la Coppa UEFA. Il Torino non centrò la qualificazione ma riuscì nell’impresa di vincere entrambi i derby, grazie ad un Rizzitelli stratosferico: 4 gol in due stracittadine e 19 reti totali a fine campionato!
Calleri, poco alla volta, continuava nella sua politica di risanamento, necessaria e indispensabile. Il Toro allestito per la stagione 1995-’96 pareva una buona squadra: confermato Sonetti, anche Pelé, Angloma e Rizzitelli restarono granata gli acquisti Hakan e Milanese dovevano garantire il salto di qualità. Non fu così come tutti sapete. Il Torino partì male e terminò peggio la stagione. Sonetti a dicembre, dopo una batosta per 5-0 nel derby, venne allontanato e al suo posto fu chiamato Scoglio.
Il professore diede una scossa ma arbitri e sfortuna girarono le spalle al Toro: anche Scoglio fu allontanato e Lido Vieri chiuse la stagione, con il Toro che scese per la terza volta in B, quasi senza combattere. Si era partiti con molte ambizioni, si finì davvero in malo modo. Hakan non si rivelò secondo le attese e le varie riparazioni sul mercato novembrino non servirono a nulla. Il Torino era in B. Il campionato ’96/97, dopo un avvio dignitoso prosegue senza particolari acuti. Solo a cavallo fra dicembre e gennaio i granata confermarono le previsioni della vigilia che indicavano il Toro tra i protagonisti della serie B. Ma l’illusione durò poco e a marzo, un contestatissimo Calleri lasciò la guida del club a Massimo Vidulich, presidente dell’ Hsl. L’impatto fu positivo, nel vocabolario granata entrarono nuovi termini: merchandising, marketing e così via. La stagione seguente solo uno sfortunato spareggio a Reggio Emilia contro il Perugia negò al Toro, passato dalla conduzione tecnica di Souness a quella più razionale e pragmatica di Reja, la gioia del ritorno in A. La società decise di cambiare: sulla panchina granata Emiliano Mondonico, che centrò al primo tentativo (1998/99) la promozione. Ma il futuro della società
non prometteva nulla di buono: le voci sui problemi finanziari si fecero sempre più insistenti. La squadra, inevitabilmente, ne venne coinvolta e dopo un avvio di stagione promettente, scivolò inesorabilmente verso il fondo classifica. Il Club viveva momenti difficili, lo spettro del fallimento aleggiava nuovamente sul Torino. E, quando la crisi sembra a un passo dal travolgere i granata,. intervenne Francesco Cimminelli a salvare il Toro, la sua storia, il suo nome e tutto il mondo granata. L’arrivo della nuova proprietà restituì dignità ai colori granata. L’intervento fu onerosissimo: oltre 200 miliardi per tagliare con un passato ricco solo di parole ma povero, troppo povero, di concretezza.
Ristrutturata la società, alla cui guida dopo una breve parentesi di Beppe Aghemo, viene chiamato Attilio Romero, grande tifoso granata e manager di alto profilo, Cimminelli rivoluziona l’area tecnica: responsabile Sandro Mazzola, figlio di Valentino, mentre il vivaio è affidato a Renato Zaccarelli, che riesce a creare, in collaborazione con Benedetti e Comi, una struttura vincente e all’avanguardia nel panorama calcistico nazionale. La squadra viene affidata a Gigi Simoni,. inizia la nuova stagione in B in modo altalenante. I risultati non vengono e, il 30 ottobre 2000, sulla panchina viene chiamato Giancarlo Camolese, tecnico della Primavera. Tra lo scetticismo generale, Cimminelli e Romero (che in estate hanno compiuto notevoli sforzi nella campagna acquisti) puntano così su un allenatore giovane, all’esordio assoluto come responsabile tecnico. Ma l’ennesima scommessa di Cimminelli si rivela vincente. Inizia così una serie di risultati eccezionali, che portano al Toro un’infinità di record assoluti: 73 punti in campionato, otto successi consecutivi, dieci vittorie in trasferta. Numeri impressionanti! La città si riscopre granata e la promozione viene festeggiata con una grande festa popolare per le vie e le piazze di Torino La stagione seguente i granata conquistano un importante 11° posto e il diritto a partecipare all’Intertoto. Ma il 2002-03 vede il Toro protagonista di un campionato deludentissimo. Ad ottobre viene esonerato Camolese, ma l’ingaggio di Ulivieri non porta i frutti sperati. Ultimo poso finale e nuova retrocessione in serie B. Cimminelli e Romero cambiano radicalmente la guida tecnica: responsabile Renato Zaccarelli, direttore sportivo Roberto Cravero ed allenatore Ezio Rossi. Dopo un avvio promettente, la squadra si smarrisce, scivolando a metà classifica tra la contestazione dei tifosi.

La stagione 2004-2005 segna il ritorno del Toro nell’Olimpo del calcio. In panchina ad inzio stagione ancora Ezio Rossi. Si parte a fari spenti, la regola è il profilo basso. Bastano però le prime cinque giornate di campionato, ed altrettante vittorie, per capire che il Toro rivestirà un ruolo da protagonista. I posti per la promozione diretta sono solo due. A contenderseli e granata, il Genoa e l’Empoli. Tanti gli alti e bassi, ma il Toro resta sempre in corsa. Nel momento decisivo della stagione arrivano i pareggi di Catanzaro e Terni, che costa il posto a Rossi. In panchina va Renato Zaccarelli, con il Toro condannato alla roulette russa dei play-off. In semifinale i granata hanno ragione dell’Ascoli, battuto per 1-0 al Del Duca e 2-1 al Delle Alpi. La finale è contro il Perugia: al Curi il Toro passa per 2-1, grazie ai gol di Balzaretti e Marazzina. Il Perugia vince per 1-0 al Delle Alpi ma dopo la soffenza dei supplementari si fa festa: il Toro è tornato in serie A.

I CAMPIONI CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL TORO



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E adesso ditemi:..........STRACCIO di più il c...o in Umorismo w00t.gif .....o quando sono seria????????????????? sick.gif laugh.gif
 
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marazza
view post Posted on 17/11/2005, 20:07




Pur felicemente sorpresa dalla notizia,

sei riuscita ad intristirmi
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simonweb
view post Posted on 17/11/2005, 20:41




CITAZIONE (marazza @ 17/11/2005, 20:07)
Pur felicemente sorpresa dalla notizia,

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granatasun
view post Posted on 17/11/2005, 21:00




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simonweb
view post Posted on 17/11/2005, 21:56




CITAZIONE (granatasun @ 17/11/2005, 21:00)
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valter1
view post Posted on 17/11/2005, 23:19




17 novembre 2005 - 21:15

Il fallimento del Torino Calcio 1906


Il tribunale di Torino, accogliendo le richieste del PM Bruno Tinti, ha dichiarato il fallimento della vecchià società di Cimminelli e Romero, respingendo la richiesta di concordato preventivo avanzata dai legali dell'ex patron granata.

E adesso cosa succede, in concreto? La sentenza di fallimento è immediatamente esecutiva ed obbliga il debitore (Torino Calcio 1906) a presentare entro 24 ore i bilanci e le scritture contabili, fissa un termine entro il quale i creditori possono presentare domanda di ammissione al passivo e nomina un giudice delegato e un curatore fallimentare. Il fallito può, inoltre, presentare entro 15 giorni opposizione alla sentenza.
La sentenza di fallimento di una Spa non comporta conseguenze penali per il legale rappresentante (l’impareggiabile presidente Romero), tuttavia può avere effetti su quest'ultimo se lo stesso viene condannato per bancarotta (vedi fidejussione falsa).
Siamo solo all'inizio: ora si inizierà ad indagare su tutti i movimenti fatti dal Torino Calcio nei due anni precedenti per capire, da un lato, se vi sono altre responsabilità dei legali rappresentanti e, dall'altro, se vi sono crediti che possono entrare nell'attivo fallimentare.

Sarà necessario approfondire la vicenda della SIS, la società di Cimminelli che si è impegnata con il Comune di Torino per la vicenda stadio Comunale e la questione Filafelfia. Per quanto riguarda il futuro stadio “Grande Torino” si attendono ancora le deliberazioni del Tar, visto che c’è un’istanza in corso tra i legali di Cimminelli e quelli del Comune (per il costo complessivo dell’opera, ritardi nella ristrutturazione, annessi e connessi).

Il PM Tinti potrebbe aver insistito sul fallimento anche per avere la possibilità di continuare ad indagare. Se fosse stata accolta la proposta di concordato tutto si sarebbe fermato.

I prossimi passi: 1) nomina il giudice delegato per la procedura; 2) nomina il curatore; 3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è ancora stato eseguito a norma dell'articolo 14; 4) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni trenta dalla data dell'affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande; 5) stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si procederà all'esame dello stato passivo. Il che significa che a metà gennaio tutto sarà (o dovrebbe essere) molto più chiaro.

E si capiranno quali conseguenze ci saranno per Ergom e i patrimoni del patron, se Romero rischia il carcere (in caso di bancarotta fraudolenta), cosa riusciranno a portare a casa i creditori. E che fine faranno il marchio, i trofei e i cimeli storici. Destinati, quasi certamente, a finire all’asta.

 
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pupi65
view post Posted on 18/11/2005, 08:17




Era ora.
Per il marchio non temo nulla, sono sicuro che il presidente lo riacquistera' dal curatore fallimentare per utilizzarlo durante i festeggiamnti del centenario.
Ho invece parecchi timori per i cimeli : quel porco pur di fare un dispetto e' capace di buttarli nel cesso, o venderli a qualche collezionista senza dire nulla a nessuno.
Ricordatevi che al momento sono nascosti e nessuno ha idea di dove si trovino.
 
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35 replies since 17/11/2005, 16:56   800 views
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