Come salvare la rivoluzione egiziana

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  1. kiccasinai
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    un articolo come sempre interessante scritto da Alaa al-Aswani alaa460 scrittore egiziano, icona della rivoluzione, autore di molti best sellers tra cui palazzo yacoubian, La rivoluzone Egiziana", Chicago...

    fonte: www.arabismo.it/2012/04/27/come-sal...ana-in-4-punti/

    COME SALVARE LA RIVOLUZIONE EGIZIANA
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    Un’analogia perfetta
    Immaginate per un momento di vivere in un appartamento, e che di fronte a voi abiti una persona che non vi piace e con cui avete avuto numerosi problemi in passato a causa del suo egoismo. Questa persona parla bene ma razzola male, soprattutto quando in gioco ci sono i suoi interessi. Di conseguenza, i vostri rapporti si sono deteriorati al punto che avete completamente chiuso con lui. Finché una notte, un incendio terribile divampa nel palazzo in cui abitate e le fiamme divorano l’intero edificio: come vi comportereste col vostro vicino? Andreste da lui a dirgli: non ti aiuterò neanche se l’intero palazzo venisse mangiato dal fuoco con i tuoi figli intrappolati dentro? O la gravità della situazione vi spingerebbe a collaborare con lui nel tentativo estremo di estinguere il fuoco che minaccia il palazzo e i condomini? La scelta fra le due opzioni è piuttosto ovvia.

    L’analogia riassume perfettamente la nostra situazione attuale: l’Egitto è il palazzo, il vicino che ha preferito il suo gioco egoista, e che ci ha deluso tante volte, sono i Fratelli Musulmani e questo momento della storia egiziana non è meno pericoloso dell’incendio che divampa nel palazzo.

    Un vicino invadente: i Fratelli Musulmani

    I Fratelli Musulmani sono responsabili, insieme alla giunta militare, di averci portato nel tunnel buio da cui ancora tentiamo di riemergere. La Fratellanza si è alleata con i militari per ideare quei vergognosi emendamenti costituzionali di cui ora si lamenta; ha mobilitato le persone ad accettarli senza che li capissero davvero e ha trasformato il referendum sulla costituzione in una lotta tra fedeli e infedeli. I Fratelli hanno abbandonato i ribelli nei massacri di piazza Maspero, a via Mohamed Mahmoud (entrambe al Cairo, NdT) e in quelli davanti al Consiglio dei Ministri e non sono riusciti a condannare la giunta militare per questi massacri, ma anzi, hanno condannato i ribelli stessi accusandoli di essere degli arroganti e tacciandoli di collaborazionismo.
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    Sono quegli stessi Fratelli Musulmani che si sono appropriati della commissione costituzionale per monopolizzarla e adattare la nuova costituzione ai propri interessi, che hanno voluto mettere sotto controllo l’organizzazione centrale per la revisione dei conti tramite un disegno di legge che avrebbe reso possibile, per il rappresentante dell’assemblea del popolo, nominare il responsabile dell’organizzazione. È stata la Fratellanza a commettere tutti questi errori al solo scopo di perseguire i propri miseri interessi. Peccato che però i costi siano ricaduti su una rivoluzione interrotta, che non è riuscita a raggiungere quegli obiettivi per cui si sono sacrificati centinaia di giovani uomini e donne d’Egitto, queste ultime abbandonate dai Fratelli e violentate dai soldati nelle strade.

    Solo alla fine i Fratelli Musulmani hanno scoperto che tutte le loro vittorie politiche si erano risolte in un nulla di fatto perché i militari li avevano usati solo come marionette da manovrare a loro piacimento. Solo allora hanno deciso di mettersi contro i militari, si sono riappacificati con la rivoluzione e hanno presentato un progetto di legge di “isolamento politico” (che proibisce agli ex quadri del regime di scendere in politica), che da tempo la rivoluzione chiedeva. E sono tornati in piazza, per chiedere la caduta dei militari.

    Cosa dovremmo fare noi ora con i Fratelli Musulmani? Dovremmo stare al loro fianco per ritornare tutti uniti, ancora una volta come durante i primi giorni, oppure ogni progetto di collaborazione con loro finirà come sempre, ovvero, abbandoneranno i propri principi per seguire gli interessi politici? A questa domanda si può rispondere solo capendo cosa sta davvero accadendo in questi giorni in Egitto.

    La situazione attuale

    Per tutti i 14 mesi successivi alla caduta di Mubarak, la giunta militare non ha fatto altro che negare le richieste di cambiamento della rivoluzione. Il popolo egiziano è caduto vittima di uno schema preorganizzato e mirato a svuotare la rivoluzione dei suoi contenuti, farla abortire, diffamarla ed esercitare pressioni sugli egiziani tramite terribili crisi artificiose, come la mancanza di sicurezza, le crisi alimentari e una gravissima crisi economica. Quando, alla fine, la vita della gente è diventata un vero inferno, è spuntato il nome di Omar Suleiman come candidato alle presidenziali, quasi fosse il salvatore degli egiziani che li avrebbe condotti fuori dal disastro in cui erano precipitati. Che la sua candidatura venga considerata valida o meno, resta il suo significato formale, che rispecchia le intenzioni della giunta di mettere fine alla rivoluzione e restaurare il regime di Mubarak ad ogni costo. Ciò che la Commissione Suprema per le Elezioni sta facendo è conferma del fatto che le sue decisioni sono politiche e non giuridiche, dal momento che ogni cosa deve passare al vaglio della giunta, anche se quasi mai coincide con il Diritto.

    Come è stato possibile candidare Suleiman senza aver mai esaminato i numerosi reclami presentati contro di lui? In che modo Suleiman è riuscito a raccogliere, in soli due giorni, 50.000 deleghe a supporto della sua candidatura e perché subito dopo è stato escluso per un futile quanto insoddisfacente motivo? Come è stato possibile che il capo dei servizi segreti abbia sbagliato nel contare queste deleghe presentate per candidare Suleiman alla presidenza? Perché la commissione elettorale non mostra ai media il passaporto del candidato Sheikh Hazem Abu Ismail che prova che la madre di quest’ultimo è cittadina americana? Il fatto che la commissione vi si sottragga può essere indice di due cose: primo, che la Commissione non è in possesso di tale prova; secondo, che stia deliberatamente confondendo le acque per provocare i migliaia di sostenitori di Sheikh Hazem per farli scendere in strada a creare disordini e impedire lo svolgimento delle elezioni. Ma ancora viene da chiedersi: perché la stessa Commissione ha accettato la candidatura di Ahmed Shafiq prima ancora di esaminare le 35 denunce che lo accusavano di avere sperperato fondi pubblici, portate innanzi all’ufficio del procuratore generale ben un anno fa che tuttavia non le ha mai esaminate? L’ufficio ha confermato di avere inviato i documenti contro Shafiq al Tribunale militare, ma i funzionari militari negano di averli mai ricevuti.

    Quanto accade in Egitto conferma che la giunta ci sta portando di fronte uno scenario già pensato e pronto, che potrebbe avere due vie di uscita: alle presidenziali vincerà un candidato sostenuto dalla giunta, che avrà poi il compito di resuscitare il regime di Mubarak, ma con gli alti gradi dell’esercito dietro le quinte a guidarlo; o, nell’ipotesi che il loro candidato non riesca ad imporsi, ci saranno problemi e disordini nelle strade così da non permettere lo svolgimento delle elezioni, il che farà sì che i militari resteranno al potere per un tempo indefinito.

    Quattro punti per salvare la rivoluzione egiziana
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    La rivoluzione egiziana sta attraversando la fase più difficile della sua storia: il pericolo che la minaccia somiglia ad un grande incendio che infuria in un palazzo abitato da molte persone. Perciò è nostro dover di cittadini impegnarci per salvare la rivoluzione, ma questo obiettivo non può essere raggiunto se prima non realizziamo questi quattro punti:

    Primo: i Fratelli Musulmani devono chiedere scusa per i gravi errori commessi che ci hanno portato in questo caos. Devono dare prova della loro buona volontà contribuendo a far sì che all’interno della commissione costituzionale si crei un consenso vero, che soddisfi tutte le fazioni e i partiti e che dia alla costituzione una vera legittimazione. Dal canto loro, le forze rivoluzionarie civili devono accettare le scuse dei Fratelli e ricostituire quella necessaria unità rivoluzionaria che può salvare la rivoluzione.

    Secondo: tutti noi dobbiamo imparare a convivere con quelli con cui non andiamo d’accordo e rispettare i loro diritti. I liberali e la sinistra devono imparare che i Fratelli Musulmani e i Salafiti non sono un gruppetto di fascisti retrogradi, ma sono cittadini e patrioti che hanno partecipato alla rivoluzione e hanno subito anch’essi molte vittime fra le loro fila. È un fatto che essi abbiano un progetto politico islamico per cui non ha alcuna importanza se non lo condividiamo: nostro compito è rispettarlo e proteggere il loro diritto a rivendicare questo progetto e proporlo al popolo egiziano. Da parte loro, i Fratelli e i Salafiti devono comprendere che non possono sostenere il peso di guidare l’Egitto da soli, anche se sono la maggioranza, e che non potranno mai cambiare l’identità dell’ Egitto per renderlo simile all’Afghanistan o all’Arabia Saudita. È importante che capiscano che i liberali non sono nemici dell’Islam, né tanto meno dei libertini degenerati o agenti al soldo dell’Occidente e che alcuni di loro non sono meno religiosi di tanti islamisti. Semplicemente, non condividono l’idea di un Islam politico. La furiosa battaglia fra le due anime della rivoluzione (islamisti e liberali) è stata purtroppo uno dei fattori principali di cui si è servita la giunta per impedire all’Egitto di cambiare.

    Terzo: tutte le prove confermano che le elezioni presidenziali non saranno né trasparenti né eque. Una volta che l’unità delle forza rivoluzionarie si sarà ristabilita, bisognerà fare pressioni sulla giunta affinché dia garanzie che le elezioni si svolgeranno senza intoppi: è necessario inoltre abrogare l’art. 28 Cost. che protegge le decisioni prese dal Consiglio per le Elezioni da eventuali ricorsi, in quanto è un articolo che va oltre la logica e il diritto. I budget elettorali dei candidati devono essere sottoposti a controllo dei revisori dei conti, e i finanziamenti ricevuti dai candidati vanno resi pubblici. È anche necessario dare reali garanzie affinché le istituzioni dello Stato non siano più influenzate dalla politica durante le elezioni, ciò al fine di evitare che gli impiegati pubblici vengano mobilitati con la forza a votare per il candidato voluto dalla giunta militare (come già accaduto per le richieste raccolte in favore di Shafiq e Suleiman). In attuazione della legge sull’isolamento politico, ratificata dall’assemblea del popolo, bisogna escludere tutti i candidati che appartengano al regime deposto. Infine, si deve indagare sulle accuse rivolte ai candidati Shafiq e Suleiman. Senza delle regole eque che garantiscano trasparenza, pari opportunità e lo stato di diritto, le elezioni presidenziali sono destinate a trasformarsi nell’ennesima trappola ordita ai danni delle rivoluzione e che tutti noi potremmo pagare a caro prezzo. Forse sarà difficile avere delle elezioni giuste, ma non impossibile se uniamo le forze per uno stesso obiettivo. L’esperienza ha dimostrato che la giunta non si muove nella direzione giusta a meno che non sia costretta dalla pressione esercitata dall’opinione pubblica, e lo abbiamo già visto in passato quando le enormi manifestazioni popolari hanno costretto il Consiglio a piegarsi alle richieste delle piazza, a partire dall’apertura del processo contro Mubarak all’esclusione – seppur temporanea – di Suleiman dalla rosa dei candidati.

    Quarto: le istituzioni dello Stato ora sono sotto il controllo dello SCAF, a cominciare dalla polizia e dal servizio di sicurezza pubblico, fino alla polizia militare, responsabile di aver usato violenza contro le donne egiziane e ha ucciso i giovani rivoluzionari, passando per la complicità di alcuni giudici nel rilascio degli americani accusati nel caso dei fondi pubblici. In sostanza la giunta continua ad usare tutti gli strumenti un tempo di Mubarak, per controllare il corso degli eventi. Se però le forze rivoluzionarie si rimettessero insieme, per la prima volta, forse, avrebbero in mano gli unici due strumenti in grado di cambiare davvero le cose: la piazza ed il Parlamento. La piazza rappresenta l’assemblea generale del popolo egiziano, ha visto nascere la rivoluzione e potrà sempre esprimere il volere del popolo. Il Parlamento sarà lo strumento essenziale per proteggere la rivoluzione e realizzarne gli obiettivi.

    Tutti abbiamo visto come tutto l’apparato dell’ex regime ha tremato quando l’assemblea del popolo ha approvato la già citata legge contro i simboli del passato regime. Le forze rivoluzionarie insieme possiedono dunque gli strumenti adatti per far fallire lo schema di cospirazione che è in atto ora per eliminarla.

    La rivoluzione vincerà

    La rivoluzione si trova dinnanzi ad una minaccia che è reale e che si costringe a prendere delle decisioni: possiamo rimanere divisi e continuare a lanciarci accuse e insulti l’un l’altro, ma così facendo faremmo il gioco del regime di Mubarak che, Allah non voglia, metterà fine per sempre alla rivoluzione. O possiamo cercare di superare le nostre differenze e rimetterci insieme per realizzare gli obiettivi di una rivoluzione per cui già migliaia di egiziani hanno pagato un prezzo molto alto.

    La rivoluzione continuerà fin quando l’Egitto non sarà libero dalla tirannia ma, Allah volendo, alla fine vincerà.
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    Di Alaa al-Aswani (17/04/2012) – Traduzione e testo di Chiara Comito

    [email protected]




    Edited by kiccasinai - 30/4/2012, 18:15
     
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