buona lettura
Premessa
Attraverso gli uomini, il bene e il male fin dalla prima alba tentarono di sovrastarsi l'un l'altra, il primo con Dio il secondo con il Diavolo.
Vennero combattute molte guerre in nome di un Dio caritatevole e altruista, tanto caritatevole da permettere ai propri figli di massacrarsi l'un l'altro.
Due elementi cosi diversi ma scissi insieme come l'aria e il fuoco potrebbero distruggersi a vicenda, ma entrambi sono indispensabili per la sopravvenienza reciproca, poiché senz'aria la fiamma si spegnerebbe e una volta estinto uno dei due anche l'altro cesserebbe di esistere; cosi è stato per il bene e il male, tanto lontani ma allo stesso tempo incredibilmente vicini, tanto da da riuscire quasi a toccarsi.
Sullo sfondo di Lutetia capitale del territorio e del Clero si affaccia ia dell'incarnazione del diavolo come servo del signore: Don Bactra Abel Prave.
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INTRODUZIONE
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Il tessuto facciale presenta gravi ustioni nell'intera zona frontale, si può notare la presenza di corpi estranei all'interno di ambedue i bulbi oculuri.
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Abel nasce a inizio secolo in un paesino del circondario e pur essendo nato di parto prematuro, il bambino si mostra fin da subito ricco di vita e in piena salute:
la carnagione chiarissima, quasi cadaverica, presa dalla madre creava un forte contrasto tra i capelli scurissimi e i profondi occhi nero pece, che sposati sopra quel colorito cosi pallido facevano sembrare le iridi del bimbo ancora più grandi di quanto già fossero in realtà.
Pur essendo nato in una famiglia dove già si sfamavano quattro bocche con un poco di pane e un torso di carne, quantità più adatte a una sola persona che a un intera famiglia, il piccolo fu ben accetto da tutti e venne ricoperto d'affetto; quando la mattina i genitori andavano a coltivare i campi per guadagnare quel che bastava per mangiare, Abel stava con le due sorelle maggiori che, per via di quei visi sciupati e dei vestiti trasandati, dimostravano molti più anni di quanto ne avessero realmente.
Già pochi anni dopo il ragazzo accompagnava il padre per i campi aiutandolo come poteva nel duro lavoro di coltivare la terra; passando talmente tanto tempo insieme, i due fortificavano sempre di più il loro rapporto, dato che il padre di Abel adorava il giovane e non perdeva occasione per riderci insieme e lodarlo, e lui d'altro canto contraccambiava assiduamente l'affetto ricevuto.
Pur vivendo nella miseria era una famiglia felice, non pretendevano di avere più di quanto avessero già, bastava quel poco per andare avanti, d'altronde la povertà aveva fortificato il legame familiare facendolo diventare ben saldo... tutto questo, fin quando il padre di famiglia, il sig. Prave fu chiamato per la grande guerra, partì come soldato di fanteria tra la disperazione dei suoi cari; all'età di dodici anni Abel vide sparire quella figura di riferimento, qualcosa cambiò in lui, si chiuse in se stesso e diventò passivo a qualsiasi emozione; il ragazzo felice e solare non si vide mai più, sparì per sempre insieme al padre.
Ora toccava al futuro parroco mandare avanti la famiglia, fu assunto nella bottega di un caro amico del padre come aiuto fornaio; il lavoro gli occupava la mattinata ma con il dopo guerra la crisi era aumentata e fare l'aiutante di certo non bastava per dar da mangiare a tutta la famiglia, così per tutto il pomeriggio stava agli angoli delle strade a racimolare qualche moneta come lustrascarpe. Il giovane non potendosi permettere abbastanza carne, le domeniche mattina si recava a caccia nei boschi vicini al confine in compagnia di un vecchio fucile ad ago ereditato dal suo vecchio, forse più pericoloso che realmente utile; esclusi i grandi abeti che tarpavano il sole con le loro foglie era per lo più una sterpaglia: una grande distesa di terra morta tra rovi e arbusti marci. Questo di certo non facilitava la caccia, animali di grossa taglia come cinghiali erano impossibili da trovare, ci si doveva accontentare di lepri o miseri uccelli anche se, rari anch'essi, ma quando la dea della fortuna baciava il ragazzo per le povere bestiole iniziava l'inferno.
Abel non uccideva subito le sue prede, anzi la maggior parte delle volte sparava di proposito alle zampe inferiori, per poi finirle fracassandogli il cranio con delle pietre o con il calcio del fucile, una sorta di lapidazione; gustandosi l'intera agonia dell'animale.
Quando le carcasse tornavano a casa, la famiglia del ragazzo attribuiva lo stato della selvaggina alla scarsa mira del giovane o all'inefficacia dell'arma, ma in verità ad Abel piaceva cacciare, adorava sentirsi predatore e vedere l'animale dilaniarsi mentre il sangue usciva dal corpo e creava grandi pozzanghere rosse sulla terra ancora umida dalla notte; lo faceva sentire vivo, felice, era appagato dal vedere gli occhi delle sue prede spegnersi di fronte a lui.
Questo mare di emozioni avvolgeva i pensieri del ragazzo come una barriera, la scomparsa del padre aveva distrutto la mente del ragazzo, troppo fragile per un trauma del genere ma abbastanza forte per non collassare e creare un disturbo dissociativo dell'identità:
Nei meccanismi della sua psiche si crearono due personalità: se Abel fosse stato una sfera la parte colpita dalla luce poteva essere il suo Io cosciente mentre la parte in ombra il suo alter ego soffocato nel buio.
La psiche del ragazzo diventò più fragile di un calice di cristallo e con il passare degli anni insieme a un corpo da uomo si fecero spazio piccolissime fratture che intaccavano quell'organo tanto delicato, così tante che prima o poi quel calice cosi prezioso e complesso si sarebbe frantumato, mettendo a nudo il nuovo Abel assopito dentro se stesso. Quel momento non tardò ad arrivare, si presentò al compimento della maggior età con la scomparsa della madre che per via di una forte artrite reumatoide fu costretta a passar la maggior parte del tempo sdraiata su di un vecchio letto, diminuendo drasticamente il flusso sanguigno nelle arterie principali, causando uno scompenso cardiaco letale.
Fu l'ultima goccia che fece traboccare il vaso, come successo con il padre, Abel morì dentro per la seconda volta, il dolore incendiò l'animo del giovane fino a ridurlo in cenere; e come succede con le fenici, risorse, ma insieme al ragazzo apatico ma sempre gentile rinacque anche Bactra, la parte in ombra della sfera di Abel.
Quando finalmente il silenzioso cacciatore dei boschi venne allo scoperto si presentò come un soggetto ancora più apatico di Abel: un corpo carico d'odio con uno sguardo incredibilmente infelice, inquietante. Diversamente a quanto accade solitamente, Bactra e Abel non solo condividevano la stessa storia ma anche gli stessi genitori, il primo sapeva di essere Abel ma a differenza di quest'ultimo, odiava i propri procreatori e il ricordo della loro morte poteva solo farlo sorridere.
Pur odiando l'intero mondo e probabilmente anche se stesso, l' astuto e freddo calcolatore che si divertiva a giocare al Tristo Mietitore, mostrava un insicurezza in se stesso fuori dal comune,
l'incapacità di un confronto con un altro uomo, portò alla nascita di un mutismo acquisito nella sfera del cacciatore. Bactra era silenzioso e letale come la lama di un pugnale affilato e ora più che mai, aveva il pieno controllo della situazione.
CAP I
Dopo la morte della madre, Abel ancora sotto shock per la perdita del suo ultimo genitore, provò a restare insieme alle sorelle ma quelle mura domestiche cosi calde che l'avevano ospitato fin da quando era nato, tutto ad un tratto diventarono gelide come il marmo lasciato sotto le stelle in una notte d'inverno; per diverse settimane l'insonnia lo tormentava durante la notte, il pensiero che fu proprio quella posizione ad accompagnare la donna, carne della sua carne, al traghetto di Caronte non gli diede pace. Non riuscì a resistere nemmeno due mesi in quello stato, non appena le forze lo abbandonavano e le palpebre si serravano sui bulbi interrompendo il fascio della poca luce notturna; l'inferno gli si presentava di fronte agli occhi serrati:
la donna che lo portò in grembo e lo fece crescere, era li, dentro le sue pupille molto più giovane rispetto a quando lo aveva lasciato: lo abbracciava con solo l'amore che lei poteva dargli, sorridendo timidamente tra le braccia del figlio amato. Terminato quel gesto cosi caldo e affettuoso, si allontanò un poco dal busto del ragazzo per poi avventarcisi contro; sul viso dolce e pallido della giovane, appariva una smorfia disumana, le sopracciglia, si inarcarono, gli occhi si spalancarono e quel tenero sorriso si trasformò in una bocca spalancata che sputava saliva e rilasciava un sottilissimo grido, quasi soffocato.
Le mani che solitamente accarezzavano i capelli di Abel, ora gli premevano sulla faccia; le intere falangi dei pollici erano spinte contro gli occhi, fino a infiltrarsi nel bulbo, inserì anche gli indici, rasentando le ossa craniche, stringendoli per strapparglieli dal corpo; Abel lasciò scappare un grido di dolore misto a terrore direttamente dalla gola; lo spettro si leccò le dita sporche di una strana sostanza gelatinosa, gli occhi gli si spalancarono ancora di più, sul viso apparve un altro sorriso per poi scomparire e far tornare quell'espressione raccapricciante. Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, la madre di Abel Prave aveva appena strappato l'anima al proprio figlio.
Questo accadeva ogni qualvolta che il ragazzo riusciva ad addormentarsi, stremato dagli eventi e in preda alla disperazione si trasferì nelle campagne vicine..continua
Edited by vandam - 29/8/2012, 13:17