Ken il Guerriero - Hokuto No Ken.it

HNK: Re del Pugno

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Sebastian Traitor
view post Posted on 2/10/2016, 00:29     +2   +1   -1




Sigla d'apertura
www.youtube.com/watch?v=P9V-tGUou-M

Molto tempo addietro, Croce del Sud

Il volto del re era sconvolto dall'ira e dalla paura in egual misura.
Yuria aveva tentato la fuga aiutata dalla sua serva Saki, ma era stata scoperta e riportata subito da otto uomini al cospetto di Shin.
La sua eccitazione era palpabile e i suoi stessi uomini preferivano stargli alla larga il più possibile.
"Niente! -disse in tono isterico- Niente di ciò che mi circonda ha senso senza di te! Nente di tutto questo ha una ragione d'esistere!"
Con la mano stesa indicò la città fuori che circondava il palazzo, un cumulo di edifici in rovina ricostruiti per volere dello stesso re.
"Ogni cosa qui attorno esiste solamente per un unico motivo: tu!"
Shin prese a forza per un braccio Saki e le stracciò le vesti.
"Ma se tu non ci sei... -disse a voce più bassa- se tu non ci sei niente ha ragion d'essere.."
Costrinse la ragazza ad inginocchiarsi facendo leva sull'arto e alzò la mano destra al cielo pronto a colpirla, poi la calò urlando: "Nessuno!"
"Cedo!" urlò Yuria disperata, in lacrime.
"Mi arrendo, sarò tua! Ma ti prego, basta! Basta con le morti! Basta con le stragi!"
La mano di Shin si fermò a pochi millimetri da una Saki terrorizzata che per la paura si era pisciata addosso senza accorgersene.
Il re guardò l'oggetto del suo sconfinato desiderio con occhi tra l'incredulità e la gioia.
"Lasciala andare, ti prego. Sono stata io a chiederle di aiutarmi a fuggire. Ti prego."
"Avevi giurato che mi avresti amato...avevi giurato! E sei fuggita!"
"Non fuggirò più. Io mi arrendo ai tuoi voleri, solo...ferma il sangue che scorre in questa città da troppo tempo. Ti prego, lasciala andare."
Shin continuò a guardare Yuria con occhi sgranati. Poi disse:
"Io...no. Io non posso crederti! Tu fuggirai di nuovo! Non c'é niente di quello che ho fatto che ti tratterrà qui!"
L'uomo alzò di nuovo la mano pronto a colpire quando, con lo stupore di tutti gli astanti, Yuria si strappò le ricche vesti donatele dal re gettandole a terra, rimanendo nuda.
"Ti prego...fermati. Non lotterò più."
Gli uomini ai lati della donna la guardarono con occhi lussuriosi, ma un fugace sguardo d'intesa tra i due gli suggerì di prestare attenzione al volto del re: si ritirarono alacremente il loro esempio fu seguito dagli altri sei.
Il re si avvicinò a Yuria, gli occhi faticavano a metterla a fuoco tale era l'emozione, il cuore gli esplodeva nel petto, si tolse il mantello e glielo mise sulle spalle; dapprima le si inginocchiò davanti e le baciò le mani quasi piangendo, lei teneva gli occhi fissi su di lui reprimendo l'impulso di ritrarre le braccia.
Di scatto Shin si alzò e la baciò a forza sulle labbra serrate come una morsa, cosa che fece quasi riaffiorare la rabbia nell'uomo.
"Non sprechiamo neanche un momento mia amata! Andiamo!"
Così dicendo iniziò a trascinarla verso le proprie stanze e lei dovette sforzarsi il più possibile di non puntare i piedi e provare a opporre resistenza.
Intanto, nel salone, una Saki lasciata sola sopra la propria urina scoppiò in un pianto liberatorio.
Dopo l'amplesso, Shin stette sopra Yuria per alcuni attimi a rimirare il suo volto, quel volto che per tutto il tempo s'era volto al soffitto o alla mobilia, ma mai verso di lui, verso i suoi occhi.
"Ancora mi resisti...ancora mi resisti!"
"No!" Disse lei, finalmente sostenendo il suo sguardo ignorando i dolori provocati dal suo prenderla violentemente.
"Non puoi più scappare! -aggiunse lui afferrandole la gola- Non puoi più scappare, ricordatelo!"
Continuando a fissare quegli occhi carichi di follia lei lasciò andare le lenzuola a cui s'era aggrappata tutto il tempo e aprì le braccia in un gesto di totale sottomissione.
Shin si chinò su di lei baciandola, sulle labbra sempre chiuse, poi s'alzò dal letto e uscì dalla stanza.

Circa un anno e mezzo dopo, Shin stava appoggiato al davanzale di una terrazza, guardando le luci della città che rischiaravano la sera fredda e cupa del celo perennemente plumbeo dell'era postcatastrofe.
Stava così, a torso nudo, incurante della temperatura, con la mente affollata da mille pensieri.
Senza che se accorgesse, Yuria lo fissava da dentro la stanza, le mani giunte all'altezza della vita, lo sguardo sempre triste ma meno rassegnato.
In quei lunghi mesi, a poco a poco, una sorta di rispetto per il prossimo sembrava si fotte fatto strada nella testa del re, l'essere sempre al suo fianco, le sue parole ripetute giorno per giorno, la sua arrendevolezza avevano scavato una breccia nel muro dell'ossessione dell'uomo, anche se il suo cuore rimaneva attanagliato da qualcosa di misterioso. Ambizione? Paura, o rabbia, forse.
Dopo ancora qualche attimo ancora si decise a parlare:
"Mina reclama suo padre. Non vuole...a quanto pare non vuole dormire senza...te."
Le pareva perfino strano che ci fosse una persona in tutto il mondo potesse desiderare la presenza di Shin, ma in effetti, chi altri se non la figlia?
Il re si girò, passò oltre la sua donna senza quasi guardarla, gli occhi carichi di una grave preoccupazione. Era da quel pomeriggio che si comportava in tal maniera, subito dopo aver ricevuto in privato un messaggero.
Yuria si avvicinò un poco al davanzale e lanciò uno sguardo fugace alla città, prima che il vento freddo la ricacciasse dentro. Chiuse i balconi per non far entrare l'aria e si diresse verso la propria camera, sua e di Shin.
Vide una concubina uscire dalla stanza, recante una brocca d'acqua in mano, vestita di teli rosa e bleu trasparenti; da quanto si era arresa al suo desiderio, Shin non aveva più avuto a che fare con quelle donne, trattandole come domestiche qualsiasi, tuttavia, continuava a pretendere che si truccassero e si vestissero in quella maniera, per mantenere la propria immagine di signore assoluto.
Yuria provava sempre imbarazzo e pena per loro, dato che nessuna era lì per propria scelta, neanche coloro che erano state prostitute nelle desolazioni fuori la città.
Shin era sdraiato su un letto grande abbastanza per sei persone, stava sopra le coperte, la piccola Mina d'un anno appena invece, sotto al caldo, accoccolata al fianco destro del padre dormiva tranquilla, i capelli biondi come il grano non contaminato accarezzati dalla sua mano forte, le palpebre chiuse su due occhi azzurri come il cielo d'un tempo.
Un leggero sorriso s'abbozzò sul volto di Yuria vedendo padre e figlia insieme; Mina con la sua sola esistenza aveva dato un grande impulso al cambiamento del padre, forse era davvero l'unica persona che realmente amasse oltre se stesso, qualcosa che ormai era così palese che anche lui se n'era accorto. Ne era certa, era per la bambina se il re cercava sempre meno dei momenti d'intimità con lei stessa.
La stanza era illuminata soltanto da quattro candele, una su ciascun comodino ai lati del grande letto e due su un comò; Yuria entrando le spense entrambe con un solo soffio, poi andò dalla parte del letto di Mina e si denudò, quindi aspettò qualche secondo rivolta al re che fissava un quadro antico sul muro di fronte.
Quella sera era così assorto dai suoi pensieri che sembrava quasi incredibile che si fosse ricordato del resto dell'esistenza; vedendo che non la reclamava per sé, spense anche la candela dal proprio lato, si infilò sotto le calde coperte e si mise su un fianco accanto alla figlia, appoggiando il capo a quello della piccola nonostante la mano del padre.
"E' colpa mia."
Shin parlò improvvisamente, facendo sussultare Yuria, come se quella sera avesse rotto l'ordine degli dei di restare in silenzio.
"Se non fosse stato per me, adesso saresti felice, lontano da qui, senza lei che ti ricorda costantemente il mostro che sono."
Nella penombra Yuria tremava, non capiva le parole, non ne capiva il senso, si chiese come se ne fosse accorto della particolare relazione tra lei e la figlia.
"So come a volte la guardi."
"Sono...-provò a replicare- sono solo degli attimi. La amo davvero come una madre."
"Tranne che per degli attimi."
Shin si protese verso la candela dal proprio lato e la spense con la mano, poi tornò a coricarsi verso le donne che amava, quella che lo ricambiava istintivamente e quella che aveva barattato il proprio corpo per la vita di chissà quali persone.
"Questa notte puoi parlare liberamente: dimmi sinceramente i tuoi sentimenti per me."
"Io ti amo, sei il mio re..."
"Sei libera ti dico, conosci la mia voce, sai che non mento."
Dopo qualche attimo d'esitazione, Yuria si decise a parlare, tutto d'un fiato, una diga sbrecciata.
"Pietà, per il tuo cuore rotto, chiuso ai sentimenti di chiunque, compassione, per la tua mente obnubilata dall'ossessione, odio, tanto odio per quello che hai fatto a me, a questa gente...a...Ken."
Dopo aver pronunciato quel nome, rimase in silenzio alcuni secondi, mordendosi le labbra e temendo il peggio. Tutto era fermo.
"E affetto...difficile ammetterlo, ma in parte anche questo, per Mina. Io ti ringrazio solo per questo, per l'amore che hai per Mina."
Shin stese il braccio sinistro per abbracciare la figlia e sua madre, e nell'oscurità aggiunse:
"Domani espierò i miei peccati, o avrò una seconda occasione per essere un uomo diverso. Indugio da troppo in quest'illusione."

Nella tenda del Re del Pugno, in qualità di capitano della guardia del copro, Reina era l'unica fidata abbastanza da poter restare lì mentre Raoh dormiva.
Lo osservava respirare nel sonno, il petto largo che s'alzava e s'abbassava, incredibilmente silenzioso, con gli arti fermi, steso su tappeto di pelli, quasi fosse sveglio e lo facesse apposta.
Come cento volte in passato, si tenne i capelli con la mano sinistra e s'abbassò sul suo volto, ponendo il suo naso vicino a quello dell'uomo e inspirando il suo fiato.
Sarebbe morta se lui o chiunque altro se ne fosse accorto, letteralmente, perché non avrebbe esitato a togliersi la vita se si fosse saputo.
Si alzò e uscì dalla tenda, alcuni soldati, nonostante gli ordini, stavano ancora gozzovigliando, per scacciare l'ansia della battaglia.
Guardò intorno, controllò che ogni cosa fosse al suo posto, che fra tutte quelle tende col simbolo del Re del Pugno non ci fosse niente di anomalo. Era una notte fredda e tranquilla.
Sentì l'aria che le solleticava appena il naso e decise di rientrare prima di mettersi a starnutire.
Si sdraiò accanto al suo signore, senza toccarlo, strinse la spada sguainata al petto, pronta all'uso, si mise sopra una coperta e chiuse gli occhi.

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www.youtube.com/watch?v=ic97ecymD0Q

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P.S.: non é finita.

Edited by Sebastian Traitor - 10/10/2016, 00:19
 
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view post Posted on 2/10/2016, 08:39     +1   -1
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Non è male, ma Shin che stupra Julia non ce lo vedo.
Lui vuole il suo cuore e così sa bene che ha ottenuto il suo corpo.
Vediamo con Raoul che cosa succede.
 
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view post Posted on 2/10/2016, 13:32     +1   -1
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Direi che più che una FF su HNK mi pare una reinterpretazione a mo' di HARMONY.
Non male davvero, ma siamo lontanucci dai miei gusti personali : IO IN MEZZO AL RACCONTO VOGLIO SOLO MAZZATE.
Le scene di sesso o d'ammmmmore ci possono anche stare ma solo come intermezzo.

INFATTI SPARTACUS SANGUE E SABBIA è uno dei miei telefilm preferiti. BOTTE, mazzate e tanto sangue e scene SPLATTER intervallate da scene di sesso senza censura. L'ammmmmmore è solo un incidente di percorso fra una mazzata e una t... Vabbeh ci siam capiti. :laugh.gif: :biggrin.gif:
 
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view post Posted on 2/10/2016, 14:08     +1   -1

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Direi carina, diversa da tutte le altre fan fic dato che si concentra sui momenti intimi e sui pensieri. Mi aspetto anche un po' d'azione nel seguito.
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 2/10/2016, 23:51     +1   -1




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www.youtube.com/watch?v=P9V-tGUou-M
Tigre contro Tigre

La mattina polverosa del giorno dopo era più cupa del solito, le coltri tossiche s'erano addensate nel cielo, un muro di morte contro il sole assassino.
Gli uomini del Re del Pugno erano intenti a smontare le tende per riprendere la marcia, tra quattro ore o poco meno, avrebbero raggiunto la Croce del Sud e combattuto l'armata di Shin.
Raoh uscì dalla tenda con indosso il suo elmo dorato e il mantello nero, passeggiò tra i soldati pensieroso, senza degnarli di considerazione e del resto, anche loro si comportavano così nei suoi confronti, avevano imparato che il Re del Pugno preferiva essere trattato come un primo tra pari quando era in marcia.
Souga, capitano della retroguardia, gli si avvicinò con passo svelto, facendo tintinnare fortemente la sua gamba artificiale.
"Ogni cosa è pronta Raoh -lui era tra le poche nell'armata che gli si rivolgeva chiamandolo per nome- l'esercito di Shin è più debole di quanto stimato mesi fà. Kenshiro si é scontrato più volte coi suoi uomini decimandoli, cosa che ha comportato anche un tentativo di rivolta. La Croce del Sud é difesa solo da qualche veterano e dai coscritti dei villaggi vicini."
"Sarà una vittoria facile questa volta, non come l'assedio alla fortezza della regina Patra." Rispose Raoh.
"Tuttavia..."
"Mmh!? Che c'é Souga, qualche complicazione?"
"Shin un tempo era tuo amico, anche se avete appreso kempo diversi avete condiviso i medesimi insegnamenti sotto lo stesso tetto, perché iniziare da lui?"
"Non eravamo amici, solo compagni. Questo mondo devastato ha portato il caos tra i discepoli di Nanto, e ora quel caos si é riversato in queste lande maledette. Questa terra ormai non fa che trasformare ogni uomo normale in una bestia assetata di sangue, e ogni guerriero in un demone. E i pugni di Nanto non sono comuni guerrieri. Molti ne ho sconfitti in duello o si sono arresi col ricatto. Alcuni mi seguono volontariamente, ma sono uno sparuto gruppo, e comunque, non ho davvero bisogno di loro. Tuttavia, prima si arrenderanno e prima potrò riunire questo cupo cielo nella mia mano. Per questo adesso ho intenzione di affrontare direttamente i sei sacri pugni e di sconfiggerli. Forse vedendo il mio potere gli altri piegheranno il capo senza fare storie. Anche se già uno mi segue volontariamente -riferendosi a Ryuga- evidentemente non basta.
Shin é il maestro del Nanto Seiken, la scuola originale, il guerriero più forte di tutti. Gli offrirò una possibilità in ricordo dei vecchi tempi, ma se rifiuta non avrò pietà. Tu piuttosto, sei sicuro di entrare in azione anche questa volta?"
"Si Raoh, non lascierò che tu abbia tutto il divertimento per te!"
Souga rispose con un sorriso, quasi a sfidare il Re del Pugno, ma Raoh vedeva bene quanto costava all'amico.
"Ti preoccupi troppo per mio fratello, Raoh! -intervenne Reina da dietro le spalle del re- Mio fratello continua ad essere uno dei più forti combattenti al mondo!"
Al tempo, Reina non sapeva ancora della malattia allo stadio terminale di Souga.

Era quasi mezzogiorno, Shin parlò di nuovo con un messaggero, a voce bassa, di modo che Yuria non potesse sentire.
"Pranzeremo ora, anche se é un po' più presto del solito. Per te va bene mia cara?"
"Cosa? -rispose Yuria perplessa- Si, va bene. Ma cosa stà accadendo? Hai dato l'ordine alla servitù e ai soldati di non dirmi niente. Cosa mi tieni nascosto?"
"Concedimi solo qualche minuto, ancora solo qualche minuto per noi tre, vuoi?"
Yuria guardava gli occhi di Shin, le sembrava che stessero per velarsi di lacrime e non oppose altre domande.
Seduto su suna sedia di legno tutta intarsiata, Shin sbocconcellava appena il cibo sulla tavola, intento com'era a guardare Yuria che dava da mangiare a Mina aiutata da Saki, commuovendosi per un quadro del quale non aveva mai fatto davvero parte.
La porta della ricca sala da pranzo sbatté d'improvviso, e il messaggero di prima arrivò tutto trafelato.
Shin lo fulminò con gli occhi ma quello non se ne curò e annunciò con voce ferma:
"Sire! L'esercito di Raoh é qui! Tra un quarto d'ora o meno entreranno in città!"
Yuria guardò sgomenta Shin, capendo finalmente cosa attanagliasse i pensieri dell'uomo: dalle terre più lontane erano giunti racconti orrifici dell'orda di Raoh, un esercito che radeva al suolo ogni città e villaggio che incontrava nel suo errare, senza fermarsi mai in nessun posto.
Yuria prese in braccio Mina, si alzò di scatto e rivolta a Shin disse:
"Se Raoh vine qui...! Se Raoh viene qui, noi...!"
"Non hai niente da temere. E' me che vuole. Oggi la sua marcia insanguinata finisce qui."
Il re uscì dalla stanza dando ordine che tutti gli uomini prendessero posizione, poi aggiunse tra sé e sé:
"E comunque, anche lui ti sempre amato, non corri alcun pericolo, Yuria."

Fuori dal perimetro della Croce del Sud ormai gli uomini del Re del Pugno si erano schierati pronti per la battaglia; Raoh stava davanti a loro, affiancato da Reina e Ryuga, poi, quando vide le truppe di Shin prendere posizione, fece un cenno a Balga, capitano degli arcieri.
Cento frecce furono scoccate, cento soldati di Shin caderono trafitti lasciando sgomenti i loro compagni.
"Shin! Cento dei tuoi già sono cibo per vermi! Possono essere i soli caduti questo giorno, o i primi di un massacro più grande, dipende da te! Arrenditi!"
Shin, dall'alto di un palazzo mezzo in rovina, rise schernendo Raoh:
"Molto divertente! Pensi davvero che il grande Shin si lasci impressionare per così poco! Io ho versato cento volte di più il sangue dei miei nemici! Al mio confronto non sei altro un predone che si dà tante arie ma che vale poco più dei sorci del deserto!"
A quelle parole il volto del Re del Pugno si squarciò in un sorriso amaro:
"Uomini! Massacrate quei maiali!"
Ancora una volta Balga diede ordine agli arcieri di tirare, mentre i soldati, col Re del Pugno in testa sul suo cavallo, partivano in una carica sfrenata lanciando urla di guerra.
Shin non provò nemmeno a dare lo stesso ordine ai sui soldati, sapeva bene che ormai erano in preda al terrore ed era più probabile che battessero in ritirata, non avrebbe concesso anche quell'umiliazione al nemico, restò fermo in attesa del suo avversario.
Raoh cavalcava Re Nero dritto verso i nemici senza indugio, coloro che gli si paravano davanti venivano travolti dal suo cavallo che pareva un demone furioso, schiacciati e maciullati dai suoi zoccoli, oppure il capo gli veniva fracassato da un pugno del cavaliere, esplodendo cervella e schegge d'osso nell'aria.
Arrivato ai piedi del rudere dove stazionava Shin, Raoh attese un paio di attimi che Reina e Ryuga lo raggiungessero, poi smontò agilmente e si aprì un varco nel muro con un calcio, l'interno era deserto, vide le scale e le salì di corsa.
Stette attento a che non vi fossero trappole, memore del fatto che l'amico Saouga perse la gamba in quella maniera.
All'ultimo piano c'era solo una scaletta a pioli per raggiungere il tetto attraverso una botola, Raoh decise direttamente di saltare e sfondare il tetto con un pugno.
Vedendolo emergere come un titano dalla lava, Shin attaccò direttamente il Re del Pugno con un calcio volante, e con un veloce gioco di mani aprì un profondo squarcio a forma di croce sul petto del suo avversario.
"Ah! Il Re del Pugno é già spacciato! Sei solo un pallone gonfiato Raoh! Un pagliaccio!"
Senza aspettare alcuna risposta Shin caricò il suo avversario; i due si scambiarono violente raffiche di calci e pugni senza quasi a parare o schivare, la loro lotta mortale era una vera e propria gara di resistenza, mentre il piano sotto loro si tingeva cremisi dal sangue che grondava abbondantemente.
In un momento di stallo, quando entrambi si bloccarono le braccia a vicenda, Shin disse a Raoh guardandolo con occhi accesi:
"Lode al Re del Pugno, vedo che durante gli anni di addestramento sei riuscito ad imparare anche le basi del Nanto Seiken. Ma questo non ti basterà."
"Io mi prenderò la tutta la forza di ogni uomo che si opporrà a me per dominare il cielo!"
Raoh si disingaggiò saltando all'indietro e mettendosi in posizione per un attacco volante, Shin lo imitò.
"Guarda bene, io non mi sono accontentato solo delle basi!"
Scattarono l'uno verso l'altro quasi contemporaneamente, per poi saltare ed affrontarsi in aria.
Altri due tagli comparirono sugli avambracci di Raoh, mentre dal petto di Shin sgorgava il sangue come da una fontana; il maestro di Nanto cadde sulle proprie ginocchia, ed infine crollò dritto al suolo.
Finito il duello, il corpo di Raoh urlò tutto il dolore inflittogli; con passi incerti, tenendosi il fianco sinistro, l'uomo si avvicinò all'amico morente, e gli cadde in ginocchio per raccogliere le sue ultime parole, nel caso vi fossero state.
"Sono contento -attaccò Shin, con voce incerta e la faccia verso il basso- che sia stato tu. Non ho avuto esitazioni con te. E poi...Mina...per Ken, sarebbe stata...più di una pugnalata."
Tossì sangue, mentre Raoh sopportando il male cercò di piegarsi verso il moribondo.
"Chi é Mina?"
Con uno sforzo estremo, Shin volse il capo verso il Re del Pugno.
"Occupati di lei...di sua...madre."
Furono le sue ultime parole.
Qualche istante dopo, la tromba di Souga annunciava la vittoria, la battaglia era giunta cruentemente alla fine.
Mani che applaudivano beffarde, passi svogliati, Raoh alzò la testa e vide un uomo che portava un elmetto con una maschera di ferro.
"Ti é piaciuto lo spettacolo, Jagi?"
Quello si limitò ad aprire le braccia agitandole debolmente.
"Scommetto che avresti preferito che morissimo entrambi, eh?"
"No... fratello, avrei preferito avere Kenshiro al tuo posto. Perché più giovane, più coriaceo, avrei potuto torturarlo per un bel po' di tempo...stuprare la sua donna davanti ai suoi occhi, fare a lui ciò che lui ha fatto a me..."
"Non mi pare proprio che le cose siano andate così..."
"Tu non sai niente...me ne andai subito dopo quel giorno e tu hai sentito solo la sua versione. Dei delinquenti comuni avevano aggredito una ragazza, e il nostro Ken, l'ingiustamente successore della scuola di Hokuto, era intervenuto ad aiutarla. C'ero anch'io lì, e vedendo che li aveva lasciati in vita decisi di completare l'opera."
"Lui ti fermò prima che potessi finirli con le tecniche di Hokuto, dicendo che ti era proibito usarle e che il tuo comportamento non sarebbe stato approvato dal maestro, così ti storpiò la faccia. Questa parte la so già."
"Quello che non sai, é che quei bastardi tornarono, si presero di nuovo la ragazza... e la violentarono. Ma questa volta, il grande Ken non c'era. Loro morirono per i miei pugni, lei...tra le mie mani."
"Capisco..."
"Il grande Kenshiro, il successore della Divina Scuola di Hokuto non riesce a comprendere che decidere se qualcuno vive o muore, non ha effetto solo quella persona, ma anche su tutti coloro che la incontreranno o meno!"
Raoh stette in silenzio un momento, considerando le parole del fratello.
"Comunque, grazie a te ora posso prendermi Yuria senza problemi. Kenshiro é a due o tre giorni di distanza, presto sarà qui, giusto in tempo per vedermi violentare la sua donna così forte da farla strillare come una scrofa per poi sgozzarla! Ah ah ah!"
Quelle parole diedero nuove energie allo spirito combattivo di Raoh, il quale trovò la forza di alzarsi; nel mentre, Reina era giunta sul tetto del rudere per accertarsi delle condizioni del suo re.
"Non farai niente di tutto questo, Jagi. Non alzerai neanche un dito su Yuria."
"Sei debole, Raoh. Shin ti ha pestato per bene, manca solo darti il colpo di grazia -disse stendendo le mani al cielo e poi chiudendole a pugno- e i sentimenti per quella vacca non ti fanno ragionare bene. Non puoi battermi ridotto così!"
"Avanti, testa di latta! Finiscimi ora! E diventa tu stesso Re del Pugno! O preferisci continuare a piagnucolare in ricordo della tua amichetta!?"
A quelle parole Jagi scattò in avanti, così velocemente da cogliere perfino Raoh di sorpresa, e lo colpì violentemente al fianco sinistro; la gamba di Raoh cedette un momento da quel lato.
Di rimando Raoh era riuscito solo a escoriargli una spalla con un pugno.
"Ah ah ah! Fratello! Te l'ho detto! Ormai sei già morto!"
"Bene! Un ultimo colpo, no? -lo incalzò Raoh- Avanti lattina! Prenditi tutto già che ci sei!"
Jagi scattò di nuovo accecato dall'ira, tentando la stessa mossa, ma ora il Re del Pugno era pronto, lo respinse con una serie di pugni, quindi premette una serie di tsubo per bloccarlo temporaneamente e lo buttò a terra, poi, gli si avvicinò.
"Voglio proprio vedere il grande Jagi! Il successore della Divina Scuola! Kenshiro era troppo sensibile da accettare fin da subito i rigori del nuovo mondo, ma abbastanza resistente da sopportare questo!"
Raoh calò senza indugio l'indice destro sul petto di Jagi perforandolo e strappandogli un urlo insanguinato; la mano di Raoh calò ancora tre volte sul petto ed il ventre del fratello, fino a segnarli sette cicatrici, sette stelle come quelle di Kenshiro.
"Reina...aiutami ad alzarmi. Lasciamo pure qui questo stupido a diventare cibo per gli uccelli"
"Sarebbe meglio finirlo subito!"
"Lascialo lì. Non ho mai capito perché Ryhuken decise di addestrare anche lui. Anche se suo figlio era palese che non avesse la determinazione necessaria. Chissà, magari é davvero più forte di quanto sembri."
Detto questo, Reina aiutò il suo re a scendere dall'edificio e a ricongiungersi coi suoi uomini in festa.

Ryuga aprì le porte della camera di scatto e tanta fu la sua meraviglia per ciò che vide che fece quasi un passo indietro: strette tra loro stavano tre femmine tremanti.
Un'infanta dai capelli biondi, una ragazzina terrorizzata e infine una donna, sua sorella.
Erano passati anni da quando avevano scelto cammini differenti, lei come semplice donna, lui come spada del Re del Pugno, per portare ordine nel caos senza fine della loro era.
Yura, dalla paura, impiegò qualche secondo a capire chi le stava davanti, ma quando riconobbe il fratello gli tese la mano con cui stringeva Saki e lo chiamò a sé.

Mamiya stava in disparte sulle scale della locanda, guardando con disprezzo gli uomini di Jackal che si rilassavano dopo un incursione nel territorio del Clan della Zanna, una mossa azzardata da lei stessa condotta per vendicare la razzia di quei bruti avvenuta tre notti prima in un villaggio vicino.
Ormai il territorio di caccia del Clan si estendeva sempre più, così molti villaggi avevano scelto di ingaggiare direttamente intere bande di predoni per difendersi, considerandoli il male minore; in alcuni casi, quei banditi erano de facto diventati i nuovi signorotti degli insediamenti che dovevano proteggere, in altri, una volta dentro le mura s'erano dati essi stessi alla razzia, visto che nessuno poteva più fermarli.
Tutto sommato, Jackal e i suoi erano stati anche abbastanza corretti e limitato gli "incidenti" al minimo, comunque, era sempre un rischio averli attorno.
Jackal in quel momento stava dando un'occhiata ad un sacco strappato dal cadavere di un membro del Clan, con le gambe stese su tavolo e quasi sdraiato sulla sedia in bilico, mentre fumava un sigaro; rimase stupito quando trovò il modellino da collezione di un'automobile rossa e prese ad ammirarla per quando era ben conservata.
Un bambino di non più di sei anni gli si avvicinò e si mise a guardarlo con gli occhi grandi e la bocca aperta, rivelando diversi buchi nella sua dentatura.
Quando Jackal se ne accorse gli tirò in testa un tozzo di pane secco per mandarlo via, ma il bambino restava lì a fissarlo.
"Che c'è? Che vuoi? Vuoi questa? E' mia! Non te la do! Pussa via!"
A quelle parole la faccia del bimbo s'intristì visibilmente, tuttavia rimase fermo dov'era.
"Ah! E va bene! Tieni, tanto non me ne faccio niente!"
Uno straniero entrò nella locanda, aveva una sacca sulle spalle, i capelli lunghi e un mantello grigio.
Si sedette ad un tavolo, ed ordinò qualcosa all'oste che gli si era avvicinato; aveva delle scatole di carne da barattare per qualcosa di fresco e cotto.
Mamiya si affiancò a Jackal; lui meccanicamente le allungò la mano nell'interno coscia della donna e prese a salire, lei più velocemente gli posò la daga affilata come un rasoio sul collo.
L'uomo ridacchiò tra sé, mentre la mano arrivava al sesso e una sottile scia rossa gli scendeva lungo il collo.
"Mollami, e va a vedere chi é quel tipo. Non mi piace."
"Eh...si, signora." Disse mentre posava i piedi a terra e mollava la presa.
Si passò una mano sul collo, tastando l'ennesimo taglio che gli aveva fatto, più in là con quella donna non si poteva andare senza rischiare la testa, letteralmente. Per lui era già un successo che gli consentisse di essere così "intimi", l'unico di tutto il paese che avrebbe potuto vantarsi di una cosa simile; pensò sempre che non fosse un'idea intelligente vantarsene.
Dal suo tavolo, Rei aveva osservato tutta la scena senza darlo a vedere.

Sigla di chiusura:
www.youtube.com/watch?v=ic97ecymD0Q
Continua

L'angolo della posta!

@Zahara: ma infatti quando lo fa la prima volta é tutto esalatato e non se ne rende conto subito, poi con la nascita di Mina le cose iniziano a cambiare.

@Raoul: a me piace il fanservice di qualunque tipo, però bisogna mettercelo per bene, come gli ingredienti per fare una torta.

@davemustaine_88: beh, visto che nessun mi paga posso prendermi delle libertà che agli autori non erano consentite!

@Virginia_di_Cioé: per la ventisettesima volta, NO! Non rimani incinta se bevi dallo stesso bicchiere di un ragazzo!

Edited by Sebastian Traitor - 10/10/2016, 00:33
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 4/10/2016, 23:29     +1   -1




Sigla d'apertura
www.youtube.com/watch?v=P9V-tGUou-M

Confronti



Nella sala del trono, Reina guardava Yoh che curava le ferite del suo signore; lo scontro con le truppe di Shin era stato breve e facile, i suoi uomini erano così terrorizzati e inesperti che alcuni soldati del Re del Pugno si erano fermati perplessi durante lo scontro, guardando a lei per sapere se dovevano continuare il massacro o tanto valeva lasciarli andare.
Al contrario, il duello col defunto re della Croce del Sud aveva lasciato diverse ferite permanenti sul corpo di Raoh, il quale solo una volta si trovò in difficoltà contro un singolo avversario che lei sapesse.
Era visibilmente stanco, i suoi occhi fissavano il pavimento non concentrati su un pensiero, ma resistendo alla stanchezza, pareva quasi che il Re del Pugno non si sarebbe più rialzato da quel trono.
Intanto Souga si consultava con altri soldati su cosa fare della città: la popolazione era completamente asservita al nuovo padrone, vi erano due pozzi d'acqua, in mezzo a quel deserto era un bene assai prezioso, ma era priva di mura, tutto il materiale da costruzione era stato usato per il palazzo del re, lasciando agli abitanti i ruderi della città che sorgeva lì prima della guerra atomica, e inoltre non si poteva coltivare niente per via del terreno, forse pesantemente inquinato, così dipendeva dai villaggi attorno che in realtà non erano poi così vicini.
A tutto questo bisognava sommare che il potere di Raoh ora si concentrava più a nord, e che la prossima tappa li avrebbe portati a nord-ovest, quindi probabilmente la cosa migliore da fare era di prendere tutto ciò che fosse di qualche utilità e lasciare al suo destino la città coi suoi abitanti; questo avrebbe portato a misure estreme, ovviamente.

Ryuga indietreggiò uscendo dalla camera da letto di Shin, chiamò a sè due soldati e ordinò loro di non fare entrare nessuno nella stanza, quindi si chiuse dentro; serrate le porte Yuria corse ad abbracciare il fratello lasciando Mina a Saki, sperava che alla fine ci fosse una via d'uscita da quella situazione.
"Sono passati anni dall'ultima volta, sorella. Onestamente, avrei voluto rivederti in momenti più lieti."
"Io credevo che ormai fossi morto. L'unica cosa che sapevamo del nord è che l'orda di Raoh massacrasse chiunque incontrasse sul suo cammino, senza lasciare sopravvissuti."
"Non é del tutto vero. E comunque, tante di queste voci sono messe in giro direttamente da noi."
"Da noi!? Dunque tu lo segui? Perché?"
"Lo faccio per te."
"Non ho mai voluto tutte queste morti."
"Una casa con un giardino. Magari un poco fuori città, solo per te e i tuoi amori. Se non ricordo male era questo che desideravi."
"Come può un mare di sangue darmi anche solo una frazione di ciò?"
"Questo mondo devastato é ormai impazzito, i suoi figli calcano la terra scannandosi l'un l'altro perché non hanno altro nella vita che la morte. Serve ordine in questo caos, e l'unica maniera di ottenerlo é rimodellare questo con la forza, solo eliminando chi egoisticamente esiste a scapito degli altri potremo avere un mondo diverso, solo quando saremo riuniti tutti sotto lo stesso cielo potremo smettere di dissetarci di sangue."
"Ti sbagli. Non é tutto così, anche ora ci sono persone che cercano di vivere senza essere predatori del prossimo, ma usano le proprie forze per costruirlo il mondo nuovo che tu sogni, di modo che chi ha scelto la strada della violenza o vi sia stato costretto, possa avere un'alternativa, seguendo l'esempio di ha perseguito la pace."
"Sarebbe bellissimo...ma nel frattempo chi parla di pace è preda di coloro che non si fanno scrupoli a versare il loro sangue...e la fame spinge anche l'uomo più mite a divorare il proprio amico pur di sopravvivere...la siccità e la malattia obbligano la madre a scegliere quale figlio vivrà e quale no. Io tutto questo l'ho visto più e più volte."
"Ma come puoi non temere di diventare come le bestie a cui dai la caccia continuando a seguire questo cammino? O sei forse davvero certo che la coscienza di Raoh non si corromperà alla fine, come quella di molti, un omicidio dopo l'altro?"
"Yuria, vuoi essere tu quella coscienza?"
"Cosa?"
"Ho preso impropriamente il mantello di sesto guardiano sperando di portare ordine tra le scuole di Nanto, per far sì che i suoi pugni contribuissero a forgiare una nuova era anziché amplificare la follia che regna ora. Mi sbagliavo, io non sono altro che la spada del guardiano. La tua."
"Ti aggrappi a un vecchio ordine che doveva estinguersi già decenni fa."
"Forse, ma è un ordine che alcuni degli uomini più forti di quest'epoca seguono ancora. Le centootto scuole di Nanto riunite sarebbero una forza inarrestabile, una forza che diretta da te potrebbero..."
"Anche se volessi ormai...questa terra malata ha contagiato anche me e poi..."
Yuria si girò a guardare Saki che teneva in braccio sua figlia, mentre guardava col cuore in gola i due parlare aspettando di sapere quello che sarebbe stato il suo destino.
"Dopo la sua nascita, il mio corpo é ancora più debole. E' una vita a cui devo rinunciare a prescindere per il suo bene."
"Lei è la figlia di..."
"Si."
"E' stato violento con..."
"Ci sono stati dei momenti d'affetto tra noi...non subito...io, vorrei solo ricordare quelli e dimenticare il resto."

Jackal si avvicinò sicuro allo straniero e si sedette sulla sedia di fronte a lui dandogli il fianco, aspirò dal suo sigaro e gli soffiò il fumo in faccia.
Quello sorrise.
"Allora...non si vedono tante facce nuove da queste parti."
"Quelle brutte invece vedo che abbondano"
"Ho altre qualità." rispose indicando in basso con lo sguardo.
"Il tuo capo non sembra apprezzarle davvero."
"Nah...é solo la sua giornata no. Di solito é più affettuosa."
"Ah...ti fa leccare i suoi stivali? O é una di quelle a cui piacciono le fruste?"
"Eh...vedo che sai cosa vuoi. Ascolta, c'è una città, un poco più a nord da qui, è praticamente un immenso bordello, sono sicuro che là troveresti una baldracca che ti prenderebbe a frustate."
"Se conosci quel posto, perché non ci vai tu stesso? Potresti avere tutto l'affetto che ti è mancato da quella puttana di tua madre."
"Mmm...il mio capo è un tipo di quelli gelosi, sai, quelle donne che pur di non mollarti ti affettano."
"A me sembrava esattamente l'opposto."
In quello arrivò l'oste con un piatto fumante di fagioli.
"No, é solo il suo modo di dirmi che che mi vuole bene!"
"Un bene da morire." disse con la bocca piena.
"Eh...continua ad essere strano il fatto che tu sia qui. Tanto per cominciare potresti dire il tuo nome."
"Mi chiamo Rei. Ma non credo tu l'abbia mai sentito."
"No, non mi dice niente."
"Per forza, altrimenti saresti già morto."
"Benissimo, e di grazia, che ci fa qui un assassino come te?" disse Jackal facendo uscire silenziosamente la lama nascosta dalla sua manica.
"Sto cercando mia sorella."
"Ah...c'é una città, un poco più a nord da qui..."
Gli occhi di Rei si erano riempiti di colpo d'odio, tanto che anche Jackal se ne accorse.
"Ci sono già stato. Non c'è. Nessuno l'ha vista. O così dicono."
"Beh, se sei un tipo così pericoloso, potevi convincere quelle puttane a parlare con un paio di ceffoni, no? Magari te la davano anche gratis!"
"Dicono che ci sono due possibilità: o l'hanno presa i predoni delle montagne a ovest, o le bestie, verso sud."
"Allora va a ovest. Se l'hanno presa i membri del clan della zanna, c'è poco da fare: continuano a ingravidarle finché non si consumano, poi se le mangiano. Quelli delle montagne...sono violenti, ma pare che si comportino da umani, più o meno."
"Bene, resterò qui."
"Dì, ma sei scemo o cosa?"
"Scarterò per prima la peggiore delle ipotesi."
Dal fondo della locanda Mamiya guardava con aria stizzita i due, domandandosi perché diavolo Jackal perdesse tempo ogni volta con qualunque farabutto che capitasse in paese.

La porta s'aprì, Yuria sussultò quando vide il Re del Pugno, era più alto di quanto ricordasse, lui la guardava severo. A grandi passi, l'uomo s'avvicinò a Saki e le prese la bambina, lei non osò opporre resistenza; Raoh si mise a guardarla tenendola sospesa, Mina non sembrava affatto spaventata.
Yuria, agitata, gli si avvicinò chiedendo con le braccia di riaverla.
"Sei sempre bellissima -disse mentre le porgeva la piccola- Ryuga lasciaci soli per favore, e porta via questa ragazzina."
Quando il fratello uscì dalla stanza Yuria si sedette sul grande letto stringendo Mina a sé e tenendo lo sguardo basso.
"Non devi temere per lei...ne per te."
Si sedette al suo fianco, una smorfia di dolore sfuggì alla sua consueta impassibilità, lei se ne accorse.
"E' stato uno scontro cruento. Era davvero necessario?"
"Il tuo uomo mi ha quasi ucciso."
"Non era il mio uomo. Lei...non è come pensi."
"Non hai niente di cui vergognarti."
Il suo respiro era tornato pesante, cercava continuamente di riassumere il portamento del conquistatore di fine secolo, ma ormai il suo stesso fisico gli si ribellava.
"Dovresti stenderti e riposare un po'"
"Tu cosa farai?"
"Resterò qui finché non mi dirai altrimenti."
"No...intendevo se avevi dei progetti per te o la bambina. A proposito, come si chiama?"
"Mina. Io...Kenshiro ormai é vicino. Andrò con lui."
"Un finale lieto...ma non accadrà."
Si alzò, fece il giro del letto e vi si distese, crollandoci.
"Sono conscia dei sentimenti che avevi per me...però, ti prego!"
"Quello che provavo non centra niente, non c'è più amore in me."
Lei sentiva la menzogna nelle sue parole, una bugia che il Re del Pugno raccontava a sé stesso.
"Devi morire, Yuria."
La donna iniziò a lacrimare, e sentì la rabbia che le saliva dentro, questa volta non l'avrebbe fermata.
"Perché!?"
"Per me..."attaccò Raoh.
"Perché?" ripeté a voce più alta.
"...per Ryuga..."
"Perché?" strillò.
"Per Kenshiro."
Si girò di scatto, il volto sgomento, lasciò Mina impaurita sul letto e attraversò le coperte fino a gettarsi su Raoh; la sua faccia era a pochi millimetri da quella dell'uomo, voleva dire così tante cose contemporaneamente che non riusciva a proferire parola, così lo guardava, colpendolo debolmente sul petto con la mano sinistra, emettendo solo dei mugugni.
"Andrai a Cassandra, e finché non avrò conquistato questo cielo o mio fratello non mi avrà ucciso, resterai lì con Mina, e per tutti sarai morta. Sarai solo un ricordo."
Il pianto di lei si fece incontenibile, le lacrime gli bagnavano il volto, e la decisione di abbandonare ogni sentimento e di non confortarla nemmeno con un abbraccio gli faceva più male che tutti i pugni dell'amico appena morto.
Ancora una volta gli chiese: "perché?"
"Kenshiro ha un potenziale straordinario, ma é frenato dai suoi stessi sentimenti. Se tu fossi al suo fianco, non accetterebbe mai di confrontarsi con me. Non proverebbe mai a fermarmi."
"Perché? Che senso hanno i tuoi massacri se vuoi che lui ti fermi?"
"O lui o me. Il caos che regna queste lande finirà in un modo o nell'altro. O io riuscirò a unire tutti questi uomini, tutte queste schegge impazzite nella mia mano, o questo gravoso fardello spetterà a lui. Ma ora non é ancora pronto."
"Non ha mai avuto nessun desiderio di dominare."
"Non importa. Il mio regno sarà la mia eredità per lui. I miei uomini saranno i sui. Ma questo sarà poca cosa."
In quello Reina entrò nella stanza, restando interdetta nel vedere la donna sopra il suo signore; intrattenitrici e prostitute non mancavano certo nelle orde del Re del Pugno, ma lui non s'era mai abbandonato alle loro arti.
Yuria si girò di scatto per vedere la nuova venuta e colse tutto il suo imbarazzo e mortificazione.
"Io...volevo vedere...volevo sincerarmi delle vostre condizioni." Reina si sforzò di dare del voi al suo re dato che si trovava in presenza di una sconosciuta.
"Sto solo riposando un poco. Yoh e Souga sono perfettamente in grado di gestire tutto quanto da soli."
"Sono inoltre arrivate notizie dal comandante Hiruka, dice che la sua orda arriverà ove concordato entro un giorno."
"Bene, dì a Yoh che domani riprenderemo la marcia."
"Maestà, volete che vi faccia portare da mangiare?"
"Porta qualcosa per la donna e la bambina. Fallo tu stessa, nessuno deve sapere della loro esistenza, é chiaro?"
"Agli ordini."
Quando uscì, Yuria gattonò sul letto fino a Mina, quindi tirò fuori dal cassetto una bambolina e la diede alla figlia.
"Ti ama. Nonostante tutto ti ama, é per questo che ti segue."
"Lei come me é guidata dal desiderio di conquista."
"Continua pure a mentire a te stesso. Che cos'è Cassandra?"
"Mmm?"
"Cassandra. Prima hai detto che mi avresti mandato lì. E' un villaggio? Una città? Non l'ho mai sentita."
"E' una città fortificata. Per molti dei suoi abitanti, una prigione."
"E' la capitale del tuo regno?"
"La sola capitale che ho avuto fin'ora é stata la mia tenda. Cassandra é dove imprigiono le belve a cui darò un'ultima possibilità alla fine del tempo."
"Non sei un dio Raoh. Credevo che Shin fosse pazzo, guidato dalla sua ossessione per me, ma tu sei addirittura peggio."
"Non sono un dio, hai ragione. Ma nonostante questo dovrò confrontarmi con un demonio spaventoso. Comunque, starai lì finché questo cielo non sarà nella mia mano, mia o di Kenshiro."
"Fammi ciò che vuoi, ma lascia fuori da tutto questo Mina."
"Verrà con te. Come ho detto, non devi temere per la sua vita."
"Che vita sarà quella dentro una cella?"
"Potrei portarla con me, e con essa ricattarti, la sua vita per il suo silenzio."
A quelle parole Yuria scattò in piedi sul letto.
"Comunque sia -continuò incurante Raoh- non lo farò. A Cassandra sarete al sicuro, e non dentro una cella, ma non dovrete mai abbandonare la città, ne fare in modo che si sappia di voi all'esterno. Non é chiedere troppo."
"Potresti lasciarci in un villaggio qua vicino, e nessuno sentirà mai più parlare di noi."
"A Cassandra c'é anche Toki. Lui si prenderà cura di voi."
Reina tornò con un carrello portavivande e si avvicinò al bordo destro del letto, in ginocchio provò a far mangiare del brodo a Mina che ora, calma, le sorrideva.
"Hai perfino imprigionato Toki." commentò Yuria scendendo dal letto e ricomponendosi.
Raoh sorrise al pensiero del fratello, il suo ricordo ogni volta faceva riaffiorare in lui sentimenti che inutilmente provava a reprimere.
"Credi davvero che si possa trattenerlo da qualche parte contro la sua volontà?"

Sigla di chiusura:
www.youtube.com/watch?v=ic97ecymD0Q

Continua

P.S.: so che vi sembra poca roba, ma in times new roman 12 sono circa tre facciate.

Edited by Sebastian Traitor - 10/10/2016, 00:46
 
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view post Posted on 5/10/2016, 07:52     +1   -1
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"Kenshiro, ha un potenziale straordianrio, ma é frenato dai suoi stessi sentimenti. Se tu fossi al suo fianco, non accetterebbe mai di confrontarsi con me. Non proverebbe mai a fermarmi."

Tra "Kenshiro" e "ha" non ci va la virgola. Attento.
A parte questo vediamo come prosegue.
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 6/10/2016, 00:53     +1   -1




Occhi



La sua pelle scura scura si confondeva con il buio della notte, le dita forti e sottili scalavano la pietra come le zampe di un ragno, gli occhi non avevano bisogno di luce alcuna per vedere.
Durante la mattina era rimasto in un buco profondo, così stretto che pareva impossibile potesse contenere un uomo, aspettando pazientemente la fine della battaglia.
Per tutto il giorno poi non fece altro che scivolare da un'ombra all'altra, scrutando ogni spazio del palazzo alla ricerca della sua preda.
Nessuno guardava l'esterno, tanto valeva rendere le cose semplici ed entrare direttamente dalla terrazza.
Aprì lentamente il balcone e scivolò leggero e silenzioso nella camera, il coltello stretto in bocca, strisciò piano ai piedi del letto e si issò poco alla volta, il cuore quasi fermo così che nessun rumore potesse tradirlo.
Prese il coltello nella mano destra e un debole raggio di luna illuminò quel rozzo colosso profondamente addormentato.
Fece per pugnalarlo, ma la lama non penetrò mai quelle carni, una forza invisibile la spinse nella sua stessa spalla; quella stessa forza poi gli serrò la gola, così che non potesse emettere alcun suono, né respirare.
Indietreggiò un poco, e vide in quella fioca luce il colosso in piedi, ritto, una sagoma nera così grande che a stento si conteneva nella stanza, e lo guardava con occhi di fuoco, i suoi occhi brillavano di luce propria.
Il colosso levò una mano sopra di lui, e poi non vide mai più niente.

Raoh afferrò il cadavere dell'assassino, aprì un poco il balcone e lo scaraventò fuori, era già il secondo in meno di un mese; uscì dalla stanza, senza fare rumore, e si aggirò per il palazzo ove tutti o quasi dormivano. Si affacciò a una finestra rivolta a sud, la notte era buia, priva di qualsivoglia luce a rischiararla, anche la luna se n'era tornata fra le sue coltri di nubi; eppure egli poteva vedere una grande luce in lontananza, una luce così splendente da fare male in tutto il corpo, così intensa che chiunque ne fosse al cospetto non poteva fare altro che prostrarsi per non soccombere.
Ma più terribile era il fuoco che stava oltre, un orrido fuoco nero che avrebbe consumato qualunque cosa, un fuco così distruttivo che neanche la luce splendente avrebbe mai potuto fermare.
"Solo io posso, perché solo io conosco chi lo alimenta."
Tornò nella camera da letto, fermandosi un attimo a contemplare Yuria che dormiva distesa, alla sua destra la piccola Mina, alla sinistra, a lei abbracciata, Reina; in qualche modo era riuscita a convincerla coi suoi modi materni a riposare almeno una notte come una donna normale.
Si sedette ai pie' del letto dal loro lato, e così aspettò l'alba.

La mattina i soldati presero metà di tutto il cibo che c'era in città, uccisero sommariamente tutti i malati, gli storpi e coloro troppo vecchi anche solo per muoversi, poi vuotarono un camion e presero tanti bambini quanti ce ne stavano sopra di quelli in grado di camminare la cui testa non arrivasse all'altezza del cassone: non ne lasciarono giù alcuno.
L'esercito di Raoh riprese la sua marcia verso nord-ovest, tra la disperazione e lo sgomento della gente che restava, ma un piccolo convoglio si diresse verso nord-est, il camion coi bambini seguì questa seconda direzione.
Dietro di loro lasciaro solo due lapidi di pietra, col monito di non danneggiarle in alcun modo: sopra vi erano incisi frettolosamente e ricoperti di colore nero i nomi di Shin e Yuria.

La notte prima si era trascinato in un alloggio disabitato, una stanza senza soffitto, probabilmente distrutto dalle bombe; era quasi sorpreso di essere ancora vivo; la cosa gli piaceva in maniera perversa, toccandosi le sette cicatrici sul petto non poteva far a meno di pensare che non c'era bisogno di altre prove ad indicare che lui e solo lui era il legittimo successore della Divina Scuola di Hokuto.
All'alba raccattò una pannocchia mezza marcia e se ne stette quatto quatto ad osservare i soldati che falciavano le vite degli immeritevoli e portavano via gli infanti, le urla isteriche delle donne lo eccitavano e gli contraevano il volto sfigurato in un ghigno che gli doleva e tuttavia non riusciva a scacciare.
Vide Ryuga entrare in una casa, e poi uscirne con una donna e la sua piccina in braccio, dirigersi verso il camion coi bambini e farle accomodare nella cabina, quindi dare una lettera al conducente.
Lo vide poi tornare a palazzo e uscirne poco dopo seguito da quattro soldati che reggevano una grande cassa, ai quali non faceva che ripetere di fare attenzione e di posarla delicatamente su un altro camion dove stava anche il suo cavallo; a quanto pareva, avrebbe guidato lui stesso quel veicolo.
Vide i due mezzi pesanti e tre jeep partire verso settentrione prima del resto degli uomini, vide erigere le due lapidi e non poté fare a meno di ridere: il lupo ammaestrato l'aveva fatta sotto il naso del suo ottuso signore.
Quando tutti se ne furono andati uscì dal suo nascondiglio e si diresse nel punto in cui aveva nascosto la sua moto sotto la sabbia e quando l'ebbe riportata in superficie partì all'inseguimento del piccolo convoglio; durante il viaggio stette molto attento alle tracce degli altri veicoli, in particolare, era sicuro che un camion ad un certo punto avrebbe svoltato per conto proprio.

Jackal lasciò perdere Rei e tornò dal suo capo:
"Cerca la sorella, pare che l'abbia presa qualcuno, o quelli delle montagne o le bestie. Io ho gli detto che se sono state le bestie c'é poco da fare e quindi é meglio che vada verso le montagne..."
"Se é nelle montagne é meglio che s'ammazzi da sola."
"Uh!? Non conosco quella gente, perché dici così?"
Mamiya guardò duro l'uomo, poi lanciò uno sguardo tagliente allo straniero, girò i tacchi e uscì.
"Hei!? Ma che ho detto? Mamiya! Mamiya! Ah, al diavolo, avrà le sue cose. Oste! Portami il solito! Il grande difensore del villaggio ha sete!"
Mamiya si diresse verso una casa come tante, in cui però c'era una scala che portava in basso, verso un posto che pareva impossibile esistesse in quelle terre: una vasca d'acqua termale.
Non era chiaro come potesse trovarsi lì, probabilmente era una falda che partiva dalle montagne vicine, fatto sta che la donna si tolse i vestiti e s'immerse totalmente per lavare via i pensieri del suo passato, di quando lei stessa fu catturata e portata nelle montagne, a servire come schiava nel palazzo di un folle omicida.
Rei l'aveva seguita, aveva ammirato il suo fisico ben scolpito, ma più di tutto, era interessato a un marchio che aveva scorto sulla spalla sinistra.
Quando Mamiya uscì dall'acqua, non sembrava sorpresa della sua comparsa, prese un asciugamano grande vicino alla vasca, lo stese per terra e ci si adagiò sopra a gambe aperte, con un ghigno quasi crudele.
"Il tuo uomo non sembra un tipo tanto sveglio -disse avvicinandosi piano- per esempio, poteva chiedermi come si chiamasse mia sorella, o del perché la cerchi in queste zone."
"Lascia perdere quell'idiota e vieni qui!" il suo tono non era per niente dolce o invitante, si sforzava palesemente.
Rei si tolse la giacca e la maglietta, le sorrise e si girò di scatto tagliando con un fendente della mano la lama da braccio di Jackal; in quello Mamiya si allungò verso i suo vestiti, prese la daga e la scagliò allo straniero il quale l'afferrò al volo, quindi la tirò di rimando verso le sue gambe piantandola per terra.
"Vedo che l'ospitalità per i viaggiatori non é tenuta in gran conto da queste parti."
"Se aspetti qui una trentina di secondi vado a chiamare quattro dei miei che poi ti spiegano loro il nostro concetto di ospitalità."
"Lascia perdere Jackal – disse Mamiya iniziando a rivestirsi – non hai idea con chi hai a che fare."
"Tu lo sai?" Le chiese Rei.
"Ho visto quel kempo...quand'ero schiava. Il padrone – sputò a terra – e i suoi sgherri praticavano quest'arte marziale con la quale tagliavano qualunque cosa a mani nude."
"Interessante. Come trovo interessante il marchio che porti: é uguale al simbolo che avevano quattro damerini che ho ucciso una settimana fa. Stavano prendendo con la forza una ragazza e i suoi due fratelli da una fattoria più a ovest."
"Allora potevi chiedere a loro!"
"In effetti, alleggeriti di un arto o due, quelli uccellini hanno iniziato a cantare: dicevano, che visto che la casa di mia sorella era vicino a questo villaggio, era più probabile che fosse stata rapita dai membri del clan della zanna."
"Se é così allora non c'é più niente da fare."
"Me l'hanno già detto in molti, voglio vedere coi miei occhi."
"Ma dimmi te se c'é uno più ostinato di questo! – intervenne Jackal – Gliel'ho anche spiegato prima! Stuprano le donne finché non le ingravidano, e alla fine sono così consunte che quando vedono che non ce la fanno più le mangiano!"
"Anche questo mi é stato detto più volte."
"E allora che stracavolo ci fai qui!?"
"Perché anche se é successo due anni fa forse é ancora viva! Anche se c'é solo una piccola possibilità..."
Mamiya non riuscì a controllare la propria espressione e involontariamente tradì i suoi pensieri.
"Allora tu sai qualcosa, parla!" disse Rei avvicinandosi repentinamente.
"Hei!" Jackal provò a fermarlo da dietro ma in tutta risposta ricevette un pugno sull'occhio sinistro che lo spedì al tappeto.
"Avanti parla! – incalzò la donna tirandola per un braccio – Cos'è che sai? Chi é stato? Le zanne? O i seguaci di Yuda?"
A sentire quel nome Mamiya fu scossa da un tremito e sentì le gambe venir meno, così Rei la prese in braccio.
"Eri sua schiava vero? Quanto tempo fa?"
"Yuda. Sono stati gli uomini di Yuda."
"Come fai ad esserne così sicura? Perché? Perché non le zanne?"
"Io...é da poco che il clan della zanna ha esteso il suo territorio di caccia fino a qui. Fino a quattro ani fa eravamo sotto la protezione di Yuda."
"E per protezione intendi venire fatti a pezzi?"
"Non era così...pagavamo i tributi in cibo e bei ragazzi, maschi o femmine non faceva differenza."
"Poi cosa é successo?"
Mamiya scoppiò in un pianto disperato.
"Parla dannazione! Perché le cose sono cambiate?"
"Adesso basta." Jackal si era rialzato e aveva estratto la piccola balestra che portava sotto il pastrano, la puntava alla testa di Rei.
"Ti avverto grand'uomo, questa é più veloce di te. Mollala!"
Rei decise di non andare oltre per il momento, così lasciò andare Mamiya e restò fermo guardando i due andarsene.
Jackal sorreggeva Mamiya per la vita, era così sconvolta che faticava a camminare.
"Adesso chiamo i ragazzi e gli diamo una bella lezione!"
"No."
"Vedrai, kempo o non kempo quello é spacciato!"
"No! Ho detto di no!"
Jackal si fermò per un attimo a guardare la donna, gli occhi gonfi di lacrime, il volto scosso dall'emozione, non l'avevai mai vista così fragile.
"Va bene, andiamo a casa adesso. In culo anche lo straniero!"

L'Orda procedeva lenta e compatta verso la sua meta, si sarebbe unita con quella comandata da Hiruke e poi avrebbero marciato fio alla Terra di Dio a occidente: una landa fertile attraversata da un fiume, qualcosa che aveva fatto gola a tutti i signori della guerra lì attorno, eppure nessuno era riuscito a conquistarla, anzi, i loro cadaveri ora concimavano i campi.
Quella zona era sotto il controllo del Colonnello, un ex-soldato che col proprio battaglione decise di stanziarsi in quel posto e di creare il mondo perfetto: un luogo in cui solo i membri della razza eletta potevano esistere, solo coloro che non portavano segni di malattie o mutazioni.
A tal scopo, venivano selezionati fin dalla nascita, chi presentava qualche difetto veniva considerato un essere inferiore e tenuto in schiavitù, se per caso una donna aveva la tendenza a partorire bambini malati o con qualche anomalia, veniva messa a morte come traditrice della razza.
Quegli uomini inoltre erano addestrati fin da giovanissimi alla tecnica del pugno silenzioso di Nanto, un'arte assassina affinatasi direttamente sul campo di battaglia e così più efficace di altre arti marziali confinate nel dojo.
In effetti possedendo ormai l'intero Kanto e parte del Tohoku le orde di Raoh non avevano il problema della carestia, il re invero intendeva aggiungere quei soldati efficienti alle sue armate; non sarebbe stato facile però, il Colonnello aveva fama di essere un fanatico, si considerava mandato da qualche dio in terra a fondare una nuova nazione che spazzasse via i finti uomini di quella vecchia.
Con tutta probabilità, la faccenda si sarebbe conclusa in un bagno di sangue, ma un tentativo valeva la pena comunque di farlo.
Souga e Yoh non erano di quest'avviso, anche Balga e Zaku, capitano delle truppe d'assalto al posto di Uighur, sembravano dubbiosi, un attacco a sorpresa sarebbe stato meglio, dando a quegli assassini l'opportunità di organizzarsi si sarebbe perso un grande vantaggio e si metteva in forse la conquista di quella zona.

Kenshiro entrò in città verso sera assieme a Bat e Lin, rimanendo sorpresi di non trovare nessun uomo di Shin ad attenderli. La gente intorno a loro li guardava impaurita, molti si chiusero dentro le proprie case o cercarono rifugio dagli sguardi dei tre nuovi venuti.
"Ma perché fanno così? Eh Bat?"
"Mah, forse Shin gli ha detto che se ci davano confidenza poi li ammazzava tutti. Ehi! Gente! Qui c'é il grande Kenshiro! Forza! Uscite fuori! Adesso il regno di terrore di Shin finirà una volta per tutte!"
"Bat ferma la Jeep – disse Ken mentre scendeva con un salto – anzi, é meglio se tu e Lin vi allontanate un po' dalla città, potrebbe essere molto pericoloso per voi restare assieme a me."
"Uh!? O-ok, che peccato però! Tanta strada e tocca perdere il combattimento finale!"
Mentre i suoi due giovani amici si allontanavano, Kenshiro si diresse verso il palazzo di Shin, al centro della città, gli pareva strano però che non fosse illuminato.
Quando fu di fronte all'ingresso le vide, due lapidi bianche, con un nome per ciascuna.
Avanzò ancora un poco e cadde in ginocchio piangendo di fronte a quella dell'amata.
Saki osservava la scena da dietro una tenda, vedendo la reazione dello straniero si fece coraggio e avanzò cauta.
"Si-signore...scusatemi...signore io...voi conoscevate la regina?"
Kenshiro cercò di ricomporsi un poco, asciugandosi le lacrime con la mano destra.
"Era la mia donna...e lui il mio più caro amico, fino al giorno in cui me la portò via con la forza."
Una rabbia improvvisa e incontenibile assalì Ken dal profondo e questi per sfogarla fece per sferrare un pugno contro la lapide di Shin ma si fermò appena in tempo, appena prima di colpire Saki che le faceva da scudo col proprio corpo.
Ken si alzò e poggiò una mano sulla spalla della ragazza cercando di rincuorarla.
"Perdonami, ormai non servirebbe più a niente."
Tremante dalla paura, Saki riuscì a stento a spiegare il suo gesto:
"Se succede qualcosa a queste tombe...se si crepano o qualcuno le danneggia...lui...lui ha detto che tornerà e ci ucciderà tutti!"
"Lui? Lui chi?"
"Raoh, il Re del Pugno."

Continua

P.S.: Il mio Jackal é ispirato a Cheyenne di "C'era una volta il West" di Leone.

L'angolo della posta!

@Zahara: grazie e continua così! Che passata la mezzanotte a uno gli cala un po' la palpebra ed é facile che gli errori sfuggano!

Edited by Sebastian Traitor - 10/10/2016, 01:03
 
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view post Posted on 6/10/2016, 12:22     +1   -1
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"rinquorarla"
Attento.
Ma una Mamiya che non diventi una frignona davanti a Rei la vedremo mai?
Comunque, voglio vedere cosa scopre Ken ora.
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 10/10/2016, 00:11     +1   -1




Allora, ho avuto un po' da fare in sti giorni, intanto ho riletto e corretto le tre parti già scritte, adesso sono leggibili anche da chi non ha una laurea in lingue demoniache.
Se va tutto bene domani (stsera quindi) dovrei essere in grado di postare il pezzo nuovo, che per la verità é già mezzo scritto.

Nel frattempo, beccatevi sto video che non centra una mazza:
www.youtube.com/watch?v=Y9zAptMlHFI
Oppure si!? O_o
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 10/10/2016, 23:13     +1   -1




Servi di Hokuto


Parte 1

Arrivati in un piccolo villaggio a metà strada fra Cassandra e la Croce del Sud Ryuga si separò col proprio camion dal resto del convoglio e proseguì verso Occidente.
Dopo poco, lontano dalle case, si fermò, salì sul cassone dove c'era il suo cavallo e aprì la grande cassa di legno: come vide la luce la piccola Mina iniziò a strillare, non ne poteva più di stare in quello spazio angusto con sua madre, inoltre aveva un bisogno urgente di essere cambiata.
"Dove siamo? Quel villaggio là in fondo...ci lascerai con quelle persone?"
"No sorella, quello é poco più di un punto di rifornimento per le armate di Raoh, è tranquillo ma passano molti soldati per di là, inoltre è abitato per la maggior parte da veterani fedeli al re, non vorrei che qualcuno raccogliendo un po' di chiacchiere in giro capisse chi siete."
"C'è ancora qualche luogo che non sia dominato da Raoh?"
"Ormai no, non qui nel Kanto, tuttavia ci sono delle persone che vivono per conto proprio ai margini del suo potere, ignorandolo per lo più e pensando solo ai fatti propri. Io ne conosco una in particolare che saprà tenervi al sicuro evitandovi una vita da recluse."
"Un'intera città usata come prigione...l'unica cosa che abbia costruito."
"Non è l'unica, e comunque Cassandra é molto di più, ma per voi lo sarebbe stata di certo."
I tre ripresero il viaggio sul camion, passarono alcuni villaggi nella pianura, piccoli e grandi, in alcuni il potere di Raoh era rappresentato solo da un ufficiale e da poche guardie, altri erano praticamente delle grandi caserme.
Passarono territori deserti, colline di polvere e cimiteri di vecchi edifici le cui travi affioravano a stento dal suolo, lande ove le piante crescevano contorte e inquietanti a causa delle radiazioni e dei veleni, altre zone invece erano distese giallognole di coltivazioni tristi e stentate.
Videro anche qualche mandria al pascolo, proprietà di solito di qualche ricco soldato ricompensato per meriti sul campo e ora ridotto a mandriano a causa di qualche ferita che lo aveva reso un invalido.
Seguendo la scia delle orde Yuria s'accorse che il percorso inverso era calcato da reduci di guerra, ciechi, monchi, claudicanti, malati, impazziti, tutti diretti a Cassandra su carri tirati da buoi o camion sgangherati.
Ad accompagnarli, carichi di giovani e prigionieri di guerra, oppure dissidenti in catene, presi con le loro famiglie al completo.
Lei non poteva fare a meno di chiedersi che destino attendesse tutti loro in quella misteriosa città.
Arrivarono ai piedi dei monti a ovest, in un paese chiamato Campane Bleu: un'alta torre d'osservazione stava al centro di una piazza, tutt'intorno case costruite dopo il disastro nucleare a due o tre piani, larghi edifici bassi destinati a vari usi e un'ampia area quadrata coperta da un tetto basso e sorretto da colonne.
L'intero insediamento era circondato da un muro di pietre e terra, intervallato da torrette più piccole con in cima delle baliste coperte, sull'entrata principale stava una grande insegna col nome del posto.
Intorno c'era terra coltivata a sudore e sangue, mentre la collina più su si ricopriva un poco alla volta di alberi come un tempo.
L'aria correva fra le case, per le vie, salendo sulle terrazze e scendendo sulle porte e i balconi, facendo suonare dolcemente svariate campane blue d'ogni forma, da cui il nome del luogo.
La luce grigia del giorno si faceva sempre più fioca, nuvole nere si stavano addensando rapidamente.
Superata la cinta si poteva parcheggiare i veicoli in uno spiazzo apposito subito sulla destra; Ryuga fece smontare il cavallo mentre Yuria guardava meravigliata quelle case e la gente che la osservava con curiosità priva di malizia.
Un soldato alto, biondo, con la barba, gli occhi chiari e la tipica veste nera si avvicinò al capitano di Raoh e lo salutò con reverenza, una ragazzina di non più di dodici anni si avvicinò di corsa, il soldato le disse qualcosa così lei si inchinò profondamente verso di Ryuga e poi si diresse sempre correndo verso una casa grande e alta vicino alla torre centrale, mentre il soldato portava il cavallo alle stalle.
"Sembra che la guerra qui non ci sia mai stata." disse Yuria avvicinandosi con Mina.
"C'è stata eccome, ma la gente ha saputo ricostruire questo posto per bene, inoltre la terra da queste parti è meno avara e malata."le rispose il fratello seguendo la ragazzina a passo lento e facendo segno a Yuria di venire con lui.
"E' tutto così sulle montagne?"
"No, dipende, alcuni posti sono come qui, altri invece come le desolazioni, a seconda se sono stati bombardati o se il vento vi ha spinto le polveri radioattive."
"Qui è bello."
"C'è un uomo che vive poco lontano da qui, fuori dal paese, lui si prenderà cura di te e di Mina."
"Una sorta di eremita?"
"Più o meno. Koryu, forse questo nome ti dice qualcosa."
"Ricordo un uomo con quel nome, ogni tanto veniva a trovare il maestro Ryuken."
"Da oggi sei la sua nipote dispersa a causa della guerra."
In uno slargo tra le case delle donne stendevano ad asciugare i panni, a tinta unita oppure con diverse fantasie e Mina rimase a bocca aperta per quella festa di colori; più in là, sotto il colonnato delle altre imbandivano lunghe tavole da pranzo, mentre quattro uomini corpulenti e canuti si occupavano di un grosso paiolo e due grandi marmitte sotto un enorme camino lì adiacente.
"Mangi! Mangi!" disse la piccola affamata indicando la scena.
"Tra poco mangeremo piccolina." disse Ryuga alla nipote prendendosela sulle spalle.
Altre campane suonarono più forte e le donne sulla cinta chiamarono verso i campi: giunsero un gruppo di ragazzi vestiti di nero come i soldati, guidati da una donna di non più trent’anni d’età, portavano tutti delle sciabole di buona fattura.
La ragazzina aspettava i tre sull’uscio di una grande casa con accanto un uomo grasso e muscoloso, pelato, con la barba bionda e fluente. Era guercio, l’occhio destro coperto da una benda nera, con una protesi di legno al posto della gamba sullo stesso lato; superò la ragazzina e accolse gli stranieri a braccia aperte:
“E’ per me un buon giorno quello in cui il capitano Ryuga viene in visita qui! Il comandante di Campane Bleu vi porge i suoi saluti!”
“E’ passato tanto tempo Elisey, dallo scontro con le bande di Jermoni nelle piane subito a est di qui, tremila assassini che scuotevano la terra con le loro moto e jeep, e noi che allora non arrivavamo neanche a mille.”
“Non abbastanza da salvarsi dalle nostre lame e dalla furia del re, abbastanza da ridurmi in questo stato!”
“Sono piuttosto sicuro che quella pancia te la sia procurata da solo facendo fuori gli ultimi cinghiali della zona!” entrambi scoppiarono a ridere.
“Chi sono queste due signorine che vi accompagnano?”
“Lei è Saeko, una nipote di Ryuken dispersa anni fa dalla guerra, questa invece é sua figlia Eriko. Quell’eremita vive ancora qui vicino, vero?”
“Si capitano, viene ogni tanto per scambiare le sue conoscenze mediche con quello che gli serve. Ora direi invece che è tempo di entrare in casa, il pranzo è pronto e tra poco pioverà acido a dirotto.”
In casa Elisey presentò al capitano la sua figlia maggiore, Jennifer, di dodici anni,che aveva ereditato dal padre il biondo dei capelli, e Haranobu, di anni quattro.
“Chi è la madre di questi bambini?” Chiese Yuria pentendosi quasi subito per non aver considerato che poteva essere morta.
“Mia moglie Sachiko, ora é lei che nei fatti gestisce il villaggio. Il capitano ha ragione, io mi sono lasciato molto andare da quando sono sui. Forse l’avete vista, lei é anche la depositaria della tecnica della sciabola d’aria del monte Taishan, e la insegna a gruppetti di reclute per le orde del re.” rispose Elisey mentre continuava a mangiare la zuppa avidamente.
“Ho visto una donna molto giovane con una sciabola.”
“E’ lei. Ha ventotto anni, la metà esatta dei miei.”
“Signora! Signora! Da dove vieni?” Chiese Jennifer piena di curiosità.
“Ecco io…”
Vista l’indecisione della sorella, Ryuga fece per intervenire ma Yuria lo precedette:
“Io vengo da una città molto più a sud di qui, ma ora non c’è più. La carestia ha costretto tutti ad andarsene.”
“Papà dice che capita spesso. Dice che il terreno é malato e un anno si può coltivare, ma poi gli anni dopo non si sa, e allora bisogna spostarsi da un’altra parte. Dice che qui siamo fortunati perché anche quando viene l’anno di carestia si può coltivare qualcosa. E’ vero che una volta si poteva coltivare sempre? Ogni anno?”
“Si, una volta la terra non era malata e non bisognava spostarsi anno dopo anno.”
“Papà dice che la gente va via via verso oriente, perché una volta lì c’era una terra piena d’acqua, ma adesso l’acqua non c’è più ed è meno malata. Però dice anche che ci sono pochi pozzi, è difficile trovare l’acqua da bere lì, più ti allontani dalle montagne più è difficile. Però il re ha trovato un pozzo, e di anno in anno non ha mai diminuito l'acqua che portava, così lì ha fatto costruire Cassandra, la nostra grande città! Quanto era grande la tua città? Quanta gente c’era?”
“Ecco...credo che contenesse sei o settecento persone.”
“Papà dice che Cassandra é ancora più grande! Dice che tutte le orde del re possono stare lì dentro e che si continua a costruire nuove mura di cinta perché Cassandra continua a crescere! Dice che Cassandra può contenere diecimila soldati!”
“Quanto è grande questo villaggio?”
“Questo è più piccolo di Cassandra, siamo circa trecento. Io quando sarò più grande voglio andare a Cassandra, voglio vederla coi miei occhi!”
“Adesso basta Jennifer – intervenne Elisey – lascia un po’ mangiare in pace la signorina.”
“Dite capitano, il re ha finalmente deciso di conquistare anche le montagne?”
“Ormai si. Le pianure sono state per questi anni una forte attrattiva per le grosse bande di predoni, ma ora il Kanto è pacificato e la sua orda e quella di Hiruka si possono dedicare alle montagne occidentali.”
“Le altre quattro sono sempre impegnate a nord?”
“Le città libere ci danno noia, ma il più grosso problema è l'imperatore di Nanto, è riuscito a stabilizzare velocemente l’Hokkaido e ora ci minaccia tutti.”
“Finalmente marcerà dritto verso le cittadelle di Yuda.”
A quel nome Yuria ebbe un piccolo sussulto, Elisey se ne accorse ma non lo diede a vedere al capitano.
“Non subito – proseguì Ryuga – prima vuole prendere la Terra di Dio.”
“E’ una maledetta valle di tagliatole! Sarà come passare da uno scannatoio!”
“Il re sa quello che fa. Vuole provare a convincere il colonnello a passare dalla sua parte.”
“Eh! Mi cavo io stesso l’occhio buono se ci riesce!”
Fuori la pioggia scendeva fitta, verso sera rincasò Sachiko, sulla testa una cerata per proteggersi dall’acqua velenosa; dopo cena le due donne poterono scambiarsi qualche confidenza mentre Ryuga intratteneva i bambini con le storie sulle ultime conquiste del re.
“Mio padre morì durante la guerra per le radiazioni – raccontava la padrona di casa – mia madre si lasciò morire dalla depressione, così fui allevata da mia nonna, lei mi insegnò a usare la sciabola. All’epoca, quando arrivammo qui c’erano solo delle baracche, però la gente si dava da fare. Negli anni il posto attirò via via altre vittime della guerra e purtroppo, anche gli sciacalli che le seguivano. Mia nonna era forte ma sola, ogni paio di braccia non impegnato a procurarsi il cibo erano due o tre bocche a digiuno, specie quelle di noi bambini, così se i predoni erano pochi ci pensava mia nonna, era davvero forte, al contrario, ci nascondevamo nelle grotte sulle montagne, cercando di portare con noi quanto più cibo possibile. Spesso però non potevamo far altro che scappare lasciandoci tutto dietro. Nelle grotte abbiamo incontrato questo eremita, stava lì coi suoi due figli. Lui è una specie di dottore, o uno stregone per alcuni, e sa anche combattere come nessun altro. Comunque, non so perché ma non ha mai insegnato il suo kempo ai figli o ad altri e si è sempre rifiutato di usarlo se non per difendersi. Mia nonna aveva un grande rispetto per lui, io invece lo disprezzavo per il fatto che non prendesse mai l’iniziativa per aiutarci. Nel periodo in cui un certo Jemoni riuscì a riunire così tante bande da formare un esercito vero e proprio pensavamo ormai di essere spacciati, fu allora che venne il re. Con la sua piccola orda massacrò quegli assassini e poi proseguì verso le nostre baracche. Noi come al solito fuggimmo, ma niente, lui era lì per noi! Così, il giorno seguente mia nonna andò a parlare con lui, e con mia grande sorpresa la seguì anche l’eremita. Io sperai invero che tornassero dicendoci che l’avevano battuto e mandato via, mentre tremavo per la paura di perdere anche l’ultima persona della mia famiglia, ma non avrei mai immaginato quello che sarebbe accaduto: mia nonna ed il re erano giunti ad un accordo, il villaggio sarebbe stato protetto dai suoi uomini e lei gli avrebbe insegnato la sua tecnica con la sciabola. E piansi, non hai idea di quanto piansi, quando seppi che io, ragazzina di quindici anni pelle e ossa, per siglare l’accordo, sarei andata in sposa ad un uomo grande come una montagna, col doppio dei miei anni e a cui mancavano anche un occhio e una gamba!” dette quelle parole Sachiko non poté trattenere le risate.
“Sei riuscita almeno ad essere felice ogni tanto?” le chiese Yuria apprensiva guardando in modo particolare Mina.
Sachiko s’accorse dello stato d’animo della donna, intuiva che qualcosa di simile le fosse capitato, così le si fece più vicino sorridendole.
“Almeno due volte – rispose guardando ai figli – e ora tre.” disse prendendo la mano destra di Yuria e portandosela sul ventre.
“In verità anche di più. Forse non ho mai perdonato del tutto mia nonna, penso più per aver deciso tutto da sola senza interpellarmi prima, però sono anche stata fortunata; di certo con quell’accordo il villaggio è cresciuto e non abbiamo avuto più problemi coi banditi. E poi Elisey vuole davvero bene a me e ai suoi figli e io col tempo ho imparato a volergliene.”
Il mattino dopo Ryuga con le due femmine salutarono la famiglia di Elisey e si diressero su per il monte, con Mina sul cavallo bianco che stava zitta, quasi intimorita da tutti quegli alberi, non ne aveva mai visti così tanti insieme.
Occhi attenti e sgranati seguivano i tre, occhi silenziosi, passavano sotto una foglia, tra un filo d’erba e l’altro, in parte di una radice, a pelo d’acqua su una pozzanghera, senza perdere mai di vista il loro obbiettivo, senza mai rivelare la loro presenza.

Continua

P.S.: stava diventando lungo, intanto posto questa parte qui.
Comunque, sono abbastanza certo che gli spiegozzi stiano per finire, poi saranno mazzate.

L'angolo della posta!

@Zahra: grazie della segnalazione, ho corretto e avuto gli incubi della professoressa di italiano tutta la notte!
Non ti anticipo ancora niente su Mamiya, ti dico solo che non s'é messa a piangere proprio per Rei.
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 11/10/2016, 22:13     +1   -1




Parte 2
Era arrivato la notte prima, aveva abbandonato la moto distante, con l’oscurità s’era addentrato nel paese senza che nessuno lo notasse, ormai era un maestro in questo, rubò del cibo e della benzina dove poteva e passando per le stalle riconobbe il cavallo bianco.
Uscì dal paese e si incamminò sul monte, salendo silenzioso portando a mano la moto per non fare rumore, trovò un luogo adatto e vi si nascose, da lì poteva osservare l'insediamento sottostante senza essere notato: prese il suo binocolo e attese.
Come previsto, Ryuga e le altre due non ripresero la strada da cui erano arrivati, salirono invece il monte come aveva fatto lui; aspettò immobile che lo superassero e quando sentì che erano sufficientemente oltre li seguì. C’era una casa di legno, nascosta tra la vegetazione, vicino a una piccola fonte e a una grotta poco più in alto, tre uomini, due giovani e un vecchio accolsero il trio con l’infanta.
“Hokuto chiama Hokuto.” commentò Jagi tra sé riconoscendo Koryu.

Poco dopo che i suoi ospiti se ne furono andati, Elisey indossò il vecchio mantello nero; non accadeva spesso, ormai lo portava solo quando intendeva ricordare alla gente del posto chi era formalmente il capo da quelle parti.
Uscì di casa con in mano una lettera sigillata con la cera e il timbro del re, dirigendosi verso il deposito dei veicoli; un uomo, un corriere, si esercitava con la sciabola per conto proprio, quando vide Elisey col mantello scattò sull’attenti.
Il capo villaggio consegnò la lettera al corriere e parlò con tono deciso e gravoso:
“Dirigiti a sud, segui le orde, consegnala personalmente al re, hai capito?”
Era la prima volta che Elisey spediva un comunicato direttamente al Re del Pugno, il soldato iniziò a pensare alla venuta del capitano Ryuga e in che modo la cosa potesse essere collegata.

Koryu stava ritto sulla porta di casa mentre vedeva Ryuga avanzare, l’ultima volta non si erano incontrati in circostanze davvero amichevoli e ora si domandava come mai fosse lì con la sorella e una bambina.
“Ti sei stancato di correre dietro a Raoh? O forse ha finalmente finito di conquistare queste terre?”
“Né l’una né l’altra vecchio. Sono qui per loro e spero che tu mi possa aiutare.”
“Ho rinunciato spontaneamente alla successione dell’Hokuto Shinken più di venti anni fa e ho sigillato il mio pugno promettendo di non usare più quel kempo, ormai sono fuori da tutta questa storia, lo sai.”
“Allora non ti sarà di peso occuparti di loro due, giacché sono morte.”
“Che intendi?”
“Raoh ha comandato la loro morte. Avrei dovuto portarle a Cassandra e rinchiuderle lì. Cosa cambia se spariscono anche loro dalla storia e restano con te?”
Koryu aspettò qualche momento in silenzio meditando su quelle parole:
“Capisco, dunque non riesce ancora a liberarsi dei suoi demoni. Se continua così, tutte le sue conquiste non serviranno a niente. Lasciami pure quelle due qui e vattene subito, più tempo resti con me e meno ne servirà al Re del Pugno per capire il tuo inganno.”
Ryuga salutò velocemente sorella e nipote e ripartì al galoppo per Campane Bleu.
Dentro casa il maestro si fece raccontare da Yuria come mai fosse finita in quel posto sperduto, quando la donna finì di parlare commentò amaramente:
“Se tutto fosse andato per il verso giusto, non sarebbe stato necessario niente di tutto questo. Ho capito cosa intende fare Raoh, la spada che egli stesso si è puntato alla gola, o lui o Kenshiro. Prova dei sentimenti per te, lo sai no?”
“Se servirebbe a impedire che quei due si combattano accetterei di stare con Raoh così come mi rassegnai a stare con Shin.”
“No...in ballo c’è molto di più, ecco perché ti ha allontanata e vuole far credere a Ken di averti uccisa. Hai mai sentito parlare della terra degli shura?”
“No, non conosco nessun luogo chiamato così.”
“Dopo gli sconvolgimenti climatici della guerra nucleare, quel posto ora è diventato una specie di isola. Raoh, Toki e Kenshiro vengono da lì. Come saprai Raoh e Toki sono fratelli di sangue, ma forse ignori che abbiano altri due fratelli in quella landa, Kaioh, il maggiore, e Sayaka, la minore, dovrebbe avere la stessa età di Ken, più o meno.”
“Nessuno di loro tre mi ha mai parlato di altri fratelli o di questo posto.”
“Raoh preferisce tacere al riguardo, e immagino che Toki abbia avuto l’ordine dal fratello di fare lo stesso, quanto a Ken, egli era solo un neonato e non può ricordare. Comunque, quella terra è anche il luogo d’origine dell’Hokuto e delle sue diramazioni. La dinastia principale di Hokuto ha sempre avuto fin dalla sua fondazione una famiglia cadetta, la quale sviluppò un proprio kempo, l’Hokuto Ryka Ken, un’arte marziale che si dice sia in grado di corrompere lo spirito di chi la pratica. Già, dimenticavo un pezzo importante, anche Ken ha un fratello maggiore, Hyoh. Hyoh e Kenshiro appartengono alla dinastia principale e per questo avrebbero dovuto entrambi venire addestrati nell’Hokuto Shinken, tuttavia, Jukei, maestro dello Ryuken decise altrimenti, non chiedermi perché, forse la storia della pazzia è vera. Comunque, all’epoca Kaioh era già uno spetato mostro di potenza, il cui unico obbiettivo era piegare chiunque al suo volere e distruggere ogni cosa. Ignoro perché agisse così, fatto sta che Raoh quando arrivò qui non solo era già allenato nelle tecniche di base, ma era anche convinto di dover fermare suo fratello maggiore, era il suo chiodo fisso; questo però decretò la sua esclusione dalla successione. Fu un peccato, perché sia fisicamente che tecnicamente era superiore agli altri tre allievi di Ryuken, comunque, c’era pur sempre Toki. Quel bambino imitava in tutto il fratello maggiore, per lui era come un dio, così divenne abile quanto lui, perfino di più in realtà, il suo animo non era afflitto dalle preoccupazioni di Raoh, dalle sue paure. Ricordi quando il dojo di Ryuken fu assalito da Fudo detto l’orco un giorno che il maestro non c’era?”
“Me lo ricordo bene, ancora adesso non so come si sia fermato davanti ad una ragazzina che stava per farsela addosso! Ricordo che Raoh non riusciva a muoversi, e anche dopo che Fudo se ne andò io e Toki restammo con lui a lungo per farlo riprendere, era come se fosse stato scosso nel profondo.”
“Tu vedevi un orco, lui un demonio, suo fratello Kaioh. Tu non esitasti a rischiare tutta te stessa accettando la anche la distruzione, questo Raoh non riesce a farlo, per questo teme la sconfitta e la paura segue i suoi talloni ovunque vada.
Quando anche Toki s’ammalò, a Ryuken non restò che designare Kenshiro come successore; in effetti, solo Jagi non aveva la forza di spirito per diventarlo, un peccato, in quanto a fisico era quasi pari a Raoh. Comunque, dopo la nomina di Ken, l’addestramento dei ragazzi non era ancora del tutto completato, ma era chiaro che Raoh e Toki sarebbero stati esclusi dagli ultimi segreti di Hokuto, così, chiesero a Ryuken il permesso di tornare in visita alla loro terra natale; lui acconsentì, sperando invero che si ritirassero lì e che non ci fosse bisogno di sigillare il loro pugno con la forza, e chiese a me di accompagnarli perché li sorvegliassi. Dopo un viaggio faticoso nei giorni più bui della guerra, giungemmo in una terra che sembrava partorita dall’inferno stesso: Kaioh aveva radunato attorno a sé assassini e tagliatole d’ogni genere, spingendoli a commettere ogni sorta di atrocità, mentre diventava lui stesso il signore assoluto di quel posto da incubo. Quando lo affrontammo non era solo, Raoh subì in pieno i suoi colpi e alla fine sarebbe sicuramente morto, e Toki con lui, così non potei fare a meno di scappare coi ragazzi e un paio di loro amici che ci seguirono; mi resi conto del demonio che Raoh s’era prefissato d’affrontare e capii perché il suo cuore non batteva sereno, aveva deciso di portare sulle sue spalle la salvezza di noi tutti, se cade lui, cadiamo tutti. Per questo ha allontanato prima Toki e poi te, e ora vuole trasformare Kenshiro nella sua nemesi. Ha sempre visto il grande potenziale di quel ragazzo, sa che come Toki il suo spirito è libero da tentennamenti e che riuscirà per questo a fare sua la vera forza della scuola di Hokuto.”
“Ma perché combattere allora? Perché non unire le forze?”
“Perché crede che il suo cuore sia ancora troppo sensibile, così vuole obbligarlo a diventare il suo stesso assassino, perché sia forte e determinato a sufficienza per sconfiggere gli shura, come il demone che egli stesso è diventato allontanando da sé tutte le persone che ama in quanto incapace di sostenere il loro stesso amore e le loro sofferenze: alla fine, o Kenshiro sconfiggerà il Re del Pugno diventando il nuovo salvatore di quest’era, o Raoh diverrà un demonio al pari di Kaioh, e condurrà tutti i dannati che ha sottomesso in uno scontro terribile, fratello contro fratello.”
“Ho pianto per la sorte che attendeva me e soprattutto Mina, avrei fatto meglio a lottare per stare al suo fianco.”
“Forse saresti dovuta essere tu il Re del Pugno.” disse Koryu con un sorriso.

La notte iniziava a diventare sempre più fredda alla Croce del Sud, Ken andò velocemente a chiamare i suoi due giovani amici che lo attendevano fuori città, Saki aveva aperto per loro le porte del palazzo di Shin, ormai era l’unica che ancora abitava quel luogo.
Una volta dentro, davanti ad un camino acceso, Saki raccontò loro gli anni della tirannia del re di quella città, di come fosse crudele e spietato oltre misura e di quanto Yuria soffrisse per questo.
Raccontò del tentativo di fuga finito male, di come per salvarle la vita la regina si sacrificò, nel farlo la ragazza non poté trattenere le lacrime e scusarsi per non essere stata abbastanza forte e Ken cercò di consolarla dicendole che Yuria era stata fortunata a trovare un’amica così devota; Saki fu molto riconoscente per quelle parole, costretta alla servitù fin da giovanissima, aveva sempre considerato suo dovere aiutare in tutto e per tutto la sua regina e non aveva mai pensato a lei come la sua unica amica.
Saki continuò a parlare di come negli ultimi due anni il re fosse molto cambiato, soprattutto dopo la nascita della figlia; alla fine raccontò i terribili avvenimenti del giorno prima, di come sia Shin che Yuria trovarono la morte per mano del Re del Pugno e della deportazione dei bambini, compresa forse la stessa Mina.
“Non sai dove li abbiano portati, vero?”
“No, ma ho visto che il camion coi bambini é partito per nord-est, mentre Raoh si è diretto a occidente dopo aver saccheggiato questa città e aver ucciso vecchi e malati.”
“Andiamo a cercare quei bambini Ken?” chiese Lin.
“Domani mattina andremo anche noi a nord-est.”
All’alba Saki diede qualcosa per il viaggio ai tre e nel salutarli aggiunse:
“Spero che riusciate a ritrovare i bambini e...vorrei dirle signore che forse il re non era del tutto cattivo. Per tutti quelli di qui è stato un mostro lo so, ma alla fine io ho potuto vedere che c’era del buono anche in lui. Io...spero che questo non la offenda.”
“No, anzi – rispose Ken – in qualche modo sono sollevato nel sapere che Shin almeno alla fine abbia ritrovato il suo cuore. Addio, e abbi cura di quelle tombe, un giorno pregheremo insieme per i nostri amici che hanno finalmente ritrovato la pace.”

Jackal portò in casa Mamiya sorreggendola, Ko lì guardò con occhi sbarrati per qualche attimo, poi caricò a testa bassa:
“Cosa hai fatto a mia sorella!?”
Jackal lo spinse via con una pedata sullo stomaco, quindi fece accomodare la donna su una sedia.
“Senti un po’ moccioso, renditi utile e valle a prendere dei vesti asciutti. Io intanto metto sul fuoco qualcosa.”
Ko si rialzò piano tenendosi l’addome, continuando a guardare il mercenario con occhi ricolmi d’odio, aveva visto più e più volte quel farabutto allungare le mani sulla sorella e ogni volta si chiedeva come mai lei non si decidesse a toglierlo di mezzo una volta per tutte.
“Sbrigati dannazione! O ti faccio sputare i denti a suon di manrovesci!”
Il ragazzo abbassò lo sguardo e si decise a obbedire, Jackal invece prese a spogliare la donna.
“Cosa faccio con lo straniero, uhm? Magari ne parliamo dopo eh? Davanti a un bel piatto fumante di ceci, si?”
“Quattro anni fa – attaccò Mamiya – gli sgherri di Yuda vennero al mio villaggio per i tributi. Quella volta, includevano anche un gruppo di ragazzi, sarebbe dovuto toccare a Ko… io mi offrii al suo posto. Venni portata con gli altri su, in montagna, in una sorta di cittadella. Lì io e gli altri fummo addestrati a servire i nostri nuovi padroni e a subire in silenzio ogni sorta di umiliazione.”
Mamiya si accucciò sulla sedia tremando non tanto per il freddo quanto per i ricordi, tenendosi le gambe nude con le braccia, l’uomo andò a prenderle una coperta nell’altra stanza, quando tornò lei continuò a raccontare:
“Dopo qualche mese, fui scelta insieme ad altri sette ragazzi tra maschi e femmine di vari paesi per andare a servire direttamente nel palazzo di Yuda… fu semplicemente un inferno. Lui pretendeva che compissimo delle strane danze e ci puniva se sbagliavamo anche un solo passo...e per quanto ci sforzassimo trovava sempre una scusa per punirci. E ogni volta era peggio, finché…finché…finché colmo d’ira non iniziava a farci a pezzi con le sue stesse mani e spargeva le nostre budella per i suoi saloni e poi… e poi…!”
Ko tornò coi vestiti ma stette in silenzio, in disparte, teso ad ascoltare anche lui per la prima volta quel terribile racconto. Mamiya fece un paio di lunghi respiri e poi si decise a continuare:
“Una notte non riuscii a dormire. Ero rimasta l’unica degli otto, ero certa che anche io sarei stata fatta a pezzi…così decisi di scappare, e per farlo…per avere anche solo una possibilità...diedi fuoco alla mia stanza con una lampada a olio. Gran parte del palazzo era fatto di legno e così le fiamme corsero veloci da un’ala all’altra...e io riusci a fuggire senza che nessuno mi notasse...e poi mi fermai. Guardavo quell’immenso incendio che avevo scatenato...sentivo le urla disperate di quelli bloccati all’interno, vedevo uscire dal palazzo servi e guerrieri avvolti dalle fiamme e morire per le ustioni. Un uomo di Yuda, un ragazzo, era più giovane di me, cercava di tenere calmi dei cavalli e ad un certo punto mi vide e iniziò a chiamarmi per nome...io scappai. Lui urlò che stavo scappando, che ero stata io a incendiare tutto...io non so se davvero mi vide farlo o tirò ad indovinare…montò a cavallo e cercò di inseguirmi...io raccolsi una pietra da terra e la scaraventai con tutte le mie forze contro il muso dell’animale...quello impennò...il ragazzo cadde per terra...sbatté la testa...lui...ancora adesso il suo volto compare nei miei incubi. Fuggii nel bosco. In qualche modo ritornai al villaggio...non mi volevano però...dicevano che avrei attirato l’ira di Yuda…avevano ragione. Presi Ko, e venimmo ad abitare qui, ad Acqua Calda...e io ho giurato che nessun uomo avrebbe mai potuto farmi quello che mi ha fatto Yuda...così diventai una guerriera. E per punirmi, Yuda decretò che non avrebbe più imposto la sua protezione su questa valle: da allora siamo territorio di caccia per chiunque.”
Jackal notando Ko si fece passare i vestiti e prese a metterli a Mamiya, lei si lasciava fare come se fosse una bambina piccola; mentre finiva di sistemarle la maglia la donna aggiunse a voce bassa:
“Sai...alle volte Yuda prendeva la carcassa di un poveretto che aveva scannato e piangeva...diceva delle cose, io non capivo, però una volta ho colto un nome: Rei.”
Quella sera, per tutta la vallata si sentirono i tamburi di guerra e le urla esaltate del clan della zanna.

P.S.: sto tagliando il più possibile per ridurre gli spiegozzi al minimo, mi sto rendendo conto che sto triturando gli zebedei a chi legge (se c'è qualcuno che ancora legge, ovvio), comunque adesso manca solo lo spieghino di Jagi e quello dovrebbe essere l'ultimo. Spero.
Lo sapevate? Alla fine Rihaku uccide...
 
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Sebastian Traitor
view post Posted on 17/10/2016, 18:41     +1   -1




Parte 3
Kenshiro guardava assorto il paesaggio desolato dal sedile della jeep, mentre But cantava stonato una vecchia canzone sostituendosi all’autoradio.
D’un tratto Ken vide in lontananza una colonna di fumo alzarsi dritta nel cielo ancora più est rispetto alla loro direzione:
“But, guarda! Andiamo a dare un’occhiata!”
“E’ strano Ken, le tracce lasciate dall’armata di Raoh non portano in quella direzione.”
“Magari avranno svoltato più avanti.” intervenne Lin.
“Oppure adesso che Shin è morto – proseguì il ragazzo – quello che è rimasto del suo esercito si è disgregato in piccole bande che si fanno la guerra.”
Kenshiro non commentò, guardava preoccupato il fumo e intanto si domandava in che razza di mostro si fosse trasformato suo fratello maggiore.
Impiegarono buona parte della giornata ad arrivare a destinazione, un villaggio ormai deserto, costruito con le macerie di ciò che era scampato alla guerra, in cui gli abitanti coltivavano a fatica la terra circostante; il fumo, che ormai andava diradandosi, saliva da un cumulo di cenere al centro delle baracche, che cosa fosse stato ormai non si poteva più capire.
Gli abitanti erano stati tutti uccisi, tagliati in due preferibilmente per lungo con fendenti netti e decisi, chi aveva fatto questo doveva essere più di un semplice predone, uccelli e topi banchettavano con le loro carcasse..
L’unica traccia rimasta del potere di Shin era una bandiera stracciata col suo simbolo.
“Ken! Guarda! – chiamò Lin – Qui c’erano delle spighe!” disse indicando qualcosa vicino alla cenere.
“Hanno dato fuoco al granaio.”
“Non capisco – commentò But – che senso ha? Avrebbero dovuto portarsi via tutto no? Vivono d’aria gli scagnozzi del Re del Pugno?”
“Non è stato Raoh.”
“Come lo sai Ken?”
“Non si è comportato così alla Croce del Sud. Non aveva ucciso tutti gli abitanti e aveva lasciato loro parecchie scorte in definitiva. Per quanto possa essere spietato, quello che è successo in questo posto va ben oltre, e di sicuro non sono stati nemmeno i soldati di Shin.”
Kenshiro continuò a girare per il villaggio deserto, quando su un muro rivolto verso meridione vide un grande glifo dipinto col sangue e degli altri simboli sconosciuti alla sua base.
Iniziò a pensare a cosa potesse voler dire, anche in relazione al massacro e all’incendio, infine, prese a concentrarsi e a raccogliere le forze.
But lo vide assorto, avvicinandosi gli chiese: “che cosa rappresenta questo disegno, lo sai?”
La risposta di Ken fu una serie di potenti calci alla parte malandata che la mandarono in pezzi.
“Non ne sono sicuro, ma forse era un messaggio per qualcuno. In ogni caso, penso sia stato meglio distruggerlo.”
“Ken, forse dovremmo andarcene in fretta da qui – disse Lin – non mi piace questo posto.”
Ripresero il viaggio, cercando nella polvere le tracce del convoglio coi bambini e alla fine giunsero in un villaggio dove campeggiava la bandiera del Re del Pugno; cerano parecchi soldati e gente comune intenta a erigere delle fortificazioni, erano ormai a buon punto , probabilmente i lavori procedevano da una settimana.
Due soldati di Raoh puntarono ai tre le loro balestre e si avvicinarono circospetti:
“Da dove venite?”
“Da un piccolo villaggio a sud – rispose pronto Kenshiro – abbiamo sentito della sconfitta di Shin e siam scappati prima dell’arrivo dei predoni.”
“E’ strano...non c'è nessun altro che venga da sud.”
“E questi marmocchi?”
“I loro genitori sono morti, me ne occupo io.”
I soldati guardarono intensamente But e Lin, soffermandosi specialmente sulla bambina scambiandosi sguardi d’intesa.
“Eh...capito. Il capitano è un po’ rigido, forse ti farà un offerta per il ragazzo, per la bimba invece ricordati di noi due. Ti assicuriamo che la tratteremo molto meglio, eh! Dai forza, passa pure!”
Tra poche ore la notte sarebbe calata anche su quel posto e più l’oscurità s’avvicinava e più i soldati spronavano la gente comune a finire i lavori mentre alcuni iniziavano a posizionare torce e lampade in giro e accendevano grandi bracieri; era come se si aspettassero un attacco proprio di notte.
Un guerriero enorme, a torso nudo, le braccia grosse come alberi, la faccia seminascosta da una orrifica maschera in cuoio, frustava i lavoratori che gli capitavano a tiro affinché si sbrigassero, senza lesinare insulti e minacce.
Ad un certo punto un ragazzo che trasportava dei mattoni cadde in ginocchio, schiacciato dalla fatica e dai rigori della giornata di lavoro; il gigante non perse tempo e iniziò a frustarlo ripetutamente minacciandolo di morte se non si fosse rialzato subito.
Ken disse ai due ragazzini che lo accompagnavano di cercare un riparo dentro una casa e restare nascosti, quindi si diresse a passo svelto verso il soldato e il giovane a terra:
“Porterò io quei mattoni.”
L’energumeno mise un piede sopra il ragazzo e quando Ken gli fu a tiro sferrò a quest’ultimo un poderoso destro; Kenshiro deviò il braccio dell’uomo colpendo velocemente un punto di pressione per diminuire la sua forza temporaneamente, tuttavia, rimase stupito nel constatare che non ebbe quasi effetto, e il soldato riuscì quantomeno a spostarlo.
Poi, come se non fosse stato altro che una formica, schiacciò il ragazzo uccidendolo:
“Il cibo del re non è per gli scansafatiche – guardandosi il braccio colpito da Ken – né per chi pratica il kempo al di fuori di Cassandra, ora farai la sua stessa fine.”
Kenshiro fu scosso dalla crudeltà e dalla forza smisurata dell’uomo, la furia cieca scorreva in ogni fibra del suo essere e attaccò a testa bassa, il suo avversario però dimostrò una velocità inaspettata, era infatti in grado di pare quasi ogni colpo oltre a incassarne parecchi, tuttavia ad un certo punto si rese conto di non riuscire quasi più a muovere gli arti superiori.
“Com’è possibile? Che stregoneria è questa!?”
Le sue braccia presero a gonfiarsi sempre più mentre i muscoli iniziavano a stritolare le ossa.
“Ormai la tua vita è giunta al termine.”
Kenshiro si limitò a premere un punto sul petto e subito gli arti dell’uomo esplosero uccidendolo per lo shock.
I soldati tutt’intorno rimasero basiti, ma uno al contrario, alto, slanciato, con un volto inquietante e rasato a zero si fece avanti.
“Bene, bene, bene! A quanto pare l’attesa è finita! Il re non sapeva quando saresti arrivato, ma era sicuro della tua venuta: avanti shura! Vediamo di cosa sei capace!”
“Credo proprio che tu mi abbia scambiato per qualcun altro.” rispose Ken mettendosi in guardia,
Il soldato, scattò in avanti, fece per colpire frontalmente ma poi saltò all’improvviso e fece per colpire dall’alto con degli artigli metallici che indossava sulle dita.
Kenshiro ebbe appena il tempo di schivare quell’attacco e rispondere con un calcio, tuttavia il soldato rapido come il vento saltò subito indietro, lasciando l’avversario a colpire l’aria.
“Magnifico! Dunque questa è la forza degli assassini del sud, i demoni che tanto preoccupano il nostro re. Bah! Morirete come tutti!”
“Continuo a non sapere di che parli.”
Il soldato balzò di nuovo in avanti pronto a colpire, il suo attacco fu rapido ma stavolta Kenshiro decise di subirlo in pieno: le unghie d'acciaio si conficcarono nel suo petto, ma evitò che penetrassero in profondità contraendo i muscoli, poi con la sinistra lo prese per il bavero e iniziò a tempestare la sua testa di pugni finché non esplose.
Vedeva il terrore tra le facce dei soldati e l’incredulità della gente.
“E’ un assassino del sud! E’ senz’altro un assassino del sud!”
Uno dei soldati si fece avanti, cercava di nascondere invano la paura, si mise in posizione di guardia, Ken la teneva bassa per cercare di sembrare meno minaccioso; d’un tratto una delle guardie che lo avevano fermato all’ingresso scagliò un quadrello verso di lui, non fu abbastanza veloce a scansare il colpo e lo ferì profondamente al braccio sinistro.
Vedendo il suo opponente ferito il soldato si fece coraggio e attaccò Ken, era dotto in una qualche forma di kempo ma portava i colpi con ancora poca convinzione così i suoi pugni vennero bloccati e poi buttato a terra dai pugni dell’avversario.
Presto si rese conto di non riuscire più a muovere nessun arto e preso dal panico iniziò a urlare:
“Ah! Non voglio morire! Non voglio morire!”
“Non stai per morire e nessun altro morirà oggi – rispose calmo Ken tenendo d’occhio i guerrieri con le balestre – ma questo dipenderà da voi. Io non sono uno di questi assassini del sud di cui parlate.” detto questo si chinò circospetto sul soldato ai suoi piedi e premette tre punti di pressione, immediatamente quello poté di nuovo muoversi.
Si rialzò e indietreggiò da Ken un poco mentre un altro si avvicinava, le mani in tasca, una sigaretta in bocca, era molto giovane rispetto agli altri; si mise davanti all’uomo con le sette cicatrici sul petto e gli chiese: “E’ tutto qui quello che sai fare? O puoi essere ancora più forte?”
“Che intendi?”
Per tutta risposta il giovane si diresse verso il cadavere senza braccia dell’energumeno e gli tirò via i pantaloni: era castrato.
Tirò via anche la maschera di cuoio e sotto il suo viso era scarnificato e privo di naso, gli altri soldati restarono disgustati.
Si diresse all’altro cadavere, scoperse il petto, era stato come marchiato con dei ferri roventi, sembrava una sorta di tortura, poi anche a questo cavò le braghe: era in realtà una donna, mutilata e infibulata.
Si avvicinò di nuovo a Kenshiro: “Sei anche più forte di così si o no?”

L’attesa è un’arte. Non si tratta solo di avere pazienza, l’attesa va pianificata, va preparata in precedenza.
L’attesa non è la sorellastra dell’ozio, è un insieme di azioni e considerazioni che è necessario compiere per arrivare all’obbiettivo.
Perché ciò che la gente spesso crede dell’attesa è errato e confuso con l’impotenza.
Attendere è azione tanto psicologica quanto fisica, attendere è preparare la situazione e preparasi perché ciò che si attende effettivamente accada.
Questo è attendere.
Lui era diventato un maestro dell’attesa.
Come spia, come informatore, l’attesa era l’essenza del suo ruolo.
Almeno, lo era stata, da quando Shin era morto e suo fratello aveva tentato di ucciderlo quasi per scherzo infliggendo anche a lui sette cicatrici sul petto, l’unico ruolo che ricopriva ormai era la sua stessa vita.
Una vita in fondo misera, spesa sotto il tallone dei potenti attendendo che il giorno della sua rivalsa sarebbe infine arrivato.
E non si sbagliava.
Sapeva fin troppo bene che c’è una nemica implacabile di ogni guardiano, di ogni sentinella, di ogni custode: l’abitudine.
E’ sempre lì, in agguato, pronta a colpire. E colpisce.
Lo fa ripetutamente, senza pietà, è una madre che esasperata dai figli li accoltella nella maniera più cruenta possibile, non solo per eliminarli, ma anche per vendicare tutto quello che le hanno fatto patire.
E bisogna esserci però.
Perché questa volta non è la madre che genera i suoi bambini, ma il contrario, e questi bambini, sono totalmente assuefatti alle sue coltellate da non rendersene neanche conto, anzi, le esigono.
Va tutto bene, tutto è come dev’essere finché la madre accoltella i suoi bambini, e il ciclo riprende ogni giorno uguale all’altro, finché qualcosa non interviene a stravolgerlo.
E allora accade ciò che sembra totalmente innaturale: il figlio non sentendo più il coltello della madre che gli perfora il cranio si ribella e cerca disperatamente di tornare a quella situazione di morte continua della coscienza.
Perché è dolorosa la coscienza quando è sveglia, viva, attiva, ricorda il dolore, ricorda la fine di ogni cosa, i fallimenti.
La coscienza conosce le bugie degli altri, le menzogne che si raccontano in giro per far sì che la madre non smetta mai di pugnalare il bambino.
La coscienza fa male, un dolore continuo, e allora ben venga la madre col coltello, che ogni giorno perfora il cranio dei suoi figli.
E appunto, bisogna esserci, non nel singolo istante, ma in tutti gli attimi in cui la madre leva il coltello e in quelli in cui l’affonda, in tutti quelli in cui il figlio muore, la sua coscienza muore, vede ciò che ha attorno ma non guarda davvero, se qualche inezia è fuori posto il bambino dirà una bugia perché la madre lo pugnali ancora, e ancora, e ancora.
Bisogna esserci, aver pianificato tutto, per cogliere ogni cosa è indispensabile essere preparati, per capire come muoversi tra le bugie, come sostenerle, come non infrangerle, ogni cosa dev’essere progettata con cura, il caso non può avere spazio quando si ha a che fare con la madre, il caos bloccherebbe la sua mano.
Di certo lui non voleva assolutamente che quella mano si fermasse.
I bambini vanno uccisi ogni ora, ogni giorno, tutti i giorni.
I bambini sono felici di tornare sotto il coltello della madre e così dev’essere.
Giorno dopo giorno, Koryu entra nella caverna per meditare, Yuria si lava alla fonte, Aus scherza con Mina, mentre Zeus raccoglie un po’ di legna.
Giorno dopo giorno, Koryu coltiva il suo orto, Yuria veste Mina, Aus caccia un uccello, Zeus fa bollire l’acqua dentro una vecchia pentola.
Giorno dopo giorno è l’abitudine.

Continua

P.S.: la parte di Kenshiro è stata un travaglio, non so perchè.
 
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12 replies since 2/10/2016, 00:29   283 views
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