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Flama David Von Balthasar
Edited by flama - 10/9/2018, 20:06. -
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Quanto è trascorso da allora?
Giorni, mesi, anni... quanto precisamente?
Un lasso di tempo imprecisato, un periodo indefinito in cui tutti – me compreso – credevano fosse finita.
In fondo è così. È sempre stato così, per ogni storia che si rispetti.
Il tempo passa, passa e passa... Quel finale, inizialmente amaro, diventa leggenda.
Non è più un epilogo ma qualcosa di diverso. Qualcosa che va ben oltre la sua semplice definizione.
Qualcosa di eterno, senza età. Che era, che è e che sarà.
Ancora, nel futuro che in questo momento è presente e sarà presente.
La leggenda continua.
~~~Il cadenzato e rumoroso scalpito dei cavalli si fa sempre più vicino, avvisando chi di dovere del loro imminente avvento. Nubi giallastre di polvere accompagnano la loro corsa, scostandosi ai lati e contornando il carro a seguito come un alone, alle volte, circonda la Luna. Antiche superstizioni si riferiscono ad essa (la luna circondata dall'Alone n.d.s.) come portatrice di sventura, un richiamo all'attenzione poiché qualcosa di spiacevole, molto spiacevole, potrebbe accadere. Beata ignoranza. Mai come in questo caso, tuttavia, paragone si rivelò più azzeccato. Come un fulmine a ciel sereno qualcuno frenò l'apparente irriducibile andatura dei purosangue, bloccandone gli arti con il solo movimento delle dita della sua mano destra. L'ancora considerevole distanza avrebbe reso difficile una lettura del suo profilo alla persona che attendeva sul ciglio della strada, la folata di vento che improvvisamente investe l'intero circondario elevata a impossibile. Ai granelli di terra già in volo ben presto se ne aggiungono altri, creando qualcosa di simile a quello che se avvistato in un deserto viene chiamato “diavolo di sabbia”. L'ignota figura avanza imperterrita contro di esso, giungendo a pochi passi dagli animali. Il feroce fruscio, la terra che velocemente volteggia innanzi il suo volto: nulla sembra scalfire la sua imponenza. Nulla se non quel ghigno estemporaneo che lascia trasparire nel mentre che si accinge a sussurrare parole che nessuno, tranne i malcapitati, avrebbe udito. « Io sono la vostra Salvezza. » Dal carro, ormai immobile, fanno capolino alcuni uomini adeguatamente armati. Ponendo le braccia a protezione davanti il volto spingono con forza le gambe sul davanti, riuscendo a compiere un solo piccolo balzo prima di essere costretti a retrocedere nuovamente a causa del vento. Non avendo quindi soluzioni alternative danno voce a tutto il fiato che hanno in gola, urlando all'indirizzo del misterioso figuro. « Chi sei tu? » Domandano sgarbatamente. « Cosa diavolo vuoi da noi? » Continuano. « Se non ti sposti te la vedrai m... » *Splash*. L'arma di uno di loro si conficca nel petto dell'ultimo che ha aperto bocca, lasciando in questo modo la sua frase incompleta. Dal canto suo l'enigmatico assalitore si lascia sfuggire un « Ops. » di circostanza, spingendo le dita della mano sinistra contro l'aria come se stesse suonando un pianoforte invisibile. Susseguono attimi di terrore: chi cerca invano di sfuggire, venendo investito e messo sotto da uno dei cavalli da traino; chi per paura di essere attaccato, come successo in precedenza, da uno dei suoi compagni prende l'iniziativa essendo il primo a sfoderare la propria arma e avventarla contro chi sarebbe, o forse meglio dire che ancora lo è, dalla sua parte. Tutto si riduce a urla e schiamazzi fino a quando tutti quanti, nessuno escluso, giace a terra privo di vita. Un vero e proprio massacro che pare compiacere l'artefice. « Io sono la vostra Salvezza. » Ripete, innalzando le braccia ai lati coi palmi rivolti verso il cielo. Sui polpastrelli ha origine un piccolo lampo di luce violacea, in quel preciso momento i fili di cosmo tramite i quali manovrava gli sventurati vengono meno. Cala il sipario sullo spettacolo, il vento (originato dallo stesso misterioso individuo n.d.s.) cessa improvvisamente e dopo qualche secondo il carnefice si volta dirigendosi con passo felpato nella direzione in cui si trova l'unico superstite in quelle lande - forse - desolate. Avanza fino a quando la distanza, oramai esigua, rende visibili i dettagli più importanti del suo corpo: lunghi e mossi capelli color platino, iridi scintillanti color oro, un sorriso sardonico poco più giù del naso delicato con cui crea una bizzarra suggestione; indosso un'armatura scura che non ha di sicuro bisogno di presentazione, non per quella persona in particolare almeno. « Salve. » Si lascia sfuggire in tono canzonatorio, sollevando braccio e mano destra in segno di saluto.
Edited by Haname Hotori - 11/9/2018, 15:46. -
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Ed eccomi qui,
dopo anni,
a tornare in azione.
Un certo tipo di azione che mette euforia,
si spera di tutti quelli che leggeranno e non solamente la mia.
Però, forse, è meglio che mi metta a raccontarvi l’ultima (?) storia di quell’uomo.
L’uomo si tocco la barba rossa che gli cresceva, ogni giorno di più, sotto il mento ed era: lunga, ispida e decisamente incolta. Certamente non potevamo definirlo un amante della cura personale, capelli e barba gli crescevano incuranti di un vero e proprio taglio.
Era: vistosamente trasandato.
Lo potevi vedere in piedi, abbandonato sul resto di una colonna, il suo peso sembrava dovesse servire a sostenerla, o forse no? Era diventato un vizioso, pigro, senza principi.
Non riusciva più a divertirsi come nei tempi d’oro di quando suo padre comandava gli Inferi. Quindi, non sapendo più che fare, si era buttato su ogni tipo di droga.
Già,
proprio di droga,
che tristezza penserete, vero?
Invece no.
Non quella che intendete voi lettori, non quella che crea dipendenza da una sostanza puramente chimica e costruita, bensì parliamo di adrenalina.
Ogni tipo di azione che possa scaldargli il cuore diventava il passatempo finché non bruciava più il suo animo, purtroppo però recentemente nulla poteva farlo. Era depresso e uccidere gli uomini dell’Imperatore Hyoga non lo rendevano più soddisfatto come un tempo.
Dopotutto erano passati nove anni dall’ultima volta.
Nove incredibili e lunghi anni.
Ma vi starete chiedendo: nove anni da cosa?
Bé, da quando si era sentito: vivo.
Vestito di un jeans e una camicia bianca, non attillata, abbastanza larga e con i polsini rigirati all’altezza dell’avambraccio, sedeva all’interno della sua carrozza purpurea.
Accese una sigaretta, poi cominciò ad aspirare il fumo, il suo gusto acre gli inondò palato e polmoni per poi, successivamente, ripercorrere lo stesso infausto percorso e terminare in una serie di piccoli anelli che galleggiarono nell’aria.
Ognuno di quei piccoli artefatti si schiantò sul tettuccio della carrozza, riversandosi in un alone di fumo bianco. Non era una semplice sigaretta, forse.
Però qualcosa lo attrasse.
Un piccolo battito del suo cuore sembrò un terremoto.
Stava vivendo.
Sentiva vivo il suo interesse.
Un Cavaliere doveva aver appena usato il suo cosmo.
Non era un cosmo qualsiasi, era il cosmo di un cavaliere dorato di Atena, quella pazza dea della giustizia, colei che rinchiuse diverse volte il suo sire nei campi elisi.
Si riconosceva la sua potenza, se ne percepiva il calore, però sembrava quasi macabro.
Fece un cenno al cocchiere di fermare la carrozza e rapido ne scese.
Non doveva essere lontano dal luogo del misfatto, si poteva percepire un odore strano, il sangue era mischiato ad un altro profumo dolce, come di rosa.
Non ne era certo,
quindi richiamò la sua surplice.
Essa lo ammantò come un mago, apparve dal nulla e si materializzò sul suo corpo, longilineo e muscoloso nei punti giusti. L’elmo invece era riposto tra il suo braccio destro e il pettorale, vi erano incisi dei segni di una ferita grave, uno dei due corni era stato mozzato di netto.
Quella era un’eredità,
l’eredità del Granduca degl’Inferi,
la surplice di Capricorn,
le violacee vestigia di suo padre.
Edited by Theseus - 11/9/2018, 23:41. -
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Flama David Von Balthasar. -
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Socchiude leggermente gli occhi, muovendo una mano per aria gesticolando un ampiamente comprensibile 'sempre la solita tiritera' , per poi sbuffare platealmente non appena l'odiato interlocutore termina di dare fiato alla propria voce. « Al solito, sei di una noia mortale. » Commenta seccamente, ricambiando l'espressione divertita con una visibilmente infastidita. D'altronde ora davanti i suoi occhi si palesa il nemico di sempre, quello che in passato lo ha sconfitto una volta sì e l'altra pure. Un forte desiderio di vendetta accresce ma, senza darlo assolutamente a vedere, lo combatte relegandolo in un piccolo angolino dentro se stesso. Assicuratosi quindi che l'istinto non prevalesse sulla ragione, rotea lievemente il capo all'indirizzo dell'altro possessore di surplice. « Si aspetta collaborazione. » Sogghigna. « Mi raccomando. » Nel mentre che attende una reazione, lascia scivolare una mano tra le lunghe ciocche di capelli, tirandoli debolmente all'indietro e lasciandoli nelle grinfie del fresco filo d'aria nello stesso modo, circa, in cui agiscono i suoi fili di cosmo con le loro vittime. Osserva con attenzione l'indietreggio del cavaliere di Atena, naturale se si considera la pessima reputazione di cui godono gli Spettri come lui, accennando pochi istanti dopo dei piccoli passi atti a diminuire ancora una volta la distanza tra i due. Non solo diminuirla, gli si affianca intrepidamente conscio del fatto che non sarebbe sopraggiunta offesa alcuna. « Non stare sulla difensiva. » Sussurra. « Non provo il minimo interesse nello salvare uno come te. Non più almeno. » Cerca quindi lo Spettro del Capricorno con la coda dell'occhio, aumentando improvvisamente il volume della voce. « Io vi darei volentieri un passaggio ma, come potete constatare, sono a piedi. » Avanza di qualche passo, superando il Santo, prima di fermarsi nuovamente. Sul suo volto compare il solito, ormai caratteristico, sorriso beffardo.
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Sgrana gli occhi in chiaro segno di meraviglia, non aspettandosi assolutamente di ricevere il sorriso del Cavaliere d'oro. Non in quella data circostanza almeno. « Curioso, già. » Si lascia sfuggire socchiudendo le palpebre. In quella domanda postagli c'è qualcosa di più, percepisce un significato che va ben oltre le semplici parole. Forse è solo frutto della sua immaginazione, magari ci sta solamente pensando un filo di troppo. Fatto sta che non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di contrasto generata dall'espressione, da ciò che ha detto considerando soprattutto chi lo ha detto. « Chissà... » Interviene, rendendosi conto di essere rimasto per troppi secondi in silenzio. L'espressione emblematica comparsa sul suo volto lascia nuovamente posto al tipico sorriso beffardo. Lo sguardo si scaglia con apparente ferocia all'indirizzo del Santo. « Forse perché se al peggior nemico, solitamente, si augura la morte, nel mio caso ritengo che per te vivere sia un destino decisamente più crudele. » Solleva l'attenzione al cielo, osservando il tramonto. « O magari perché oltre la mancanza di ragione esiste una possibilità esigua di riuscirci. » Quest'ultima frase viene pronunciata con una tonalità quasi malinconica, come a volerne evidenziare l'importanza. Attimi di quiete susseguono, durante i quali il Santo rompe la postura e si libra in volo, non prima di aver dato mostra di un'abilità incredibile quanto bizzarra. « Oh... » Rimane immobile stupefatto. « C'è qualcosa di storto in questa scena. » Sogghigna, portandosi la mano sul volto. La stessa mano che, assieme a l'intero arto, qualche secondo più tardi si smuove di lato con uno scatto fulmineo rivelando al contempo le ali in dote alla sua surplice. « Arrivo. » Sentenzia battendo le ali più volte fino a sollevarsi da terra lasciando, incurante, lo Spettro del Capricorno nel bel mezzo di una nube di polvere. Per quanto veloce, palesemente il Santo non adopera la sua abilità a piena potenza. Lo dimostra il fatto che non ci vuole molto tempo affinché i due si ritrovino nuovamente affiancati.
« Carino questo trucchetto. » Commenta una volta giunto a una distanza tale da permettere all'altro di poter udire la sua voce. « In fondo, forse, non sei così noioso. » Il tutto può per caso non essere accompagnato dal suo caratteristico sorriso? Domanda retorica. Procede spedito seguendo il 'passo' dell'altro, rivolgendogli di punto in bianco un quesito che probabilmente lo avrebbe colto di sorpresa. « Cosa rappresenta per te la salvezza? » Il suo viso si è indurito e fatto più serio, così come l'argomentazione proposta. “Non desideri salvarmi perché non lo merito o perché non ve n'è più motivo?” Queste parole gli risuonano ancora nella testa, suscitando sorpresa e curiosità sfociate, per l'appunto, nel suo tentativo di comprendere meglio il suo, fino a quel momento, odiato rivale.. -
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